sabato 29 dicembre 2012

L'uno per l'altra

E' evidente che io e Milano non siamo fatti l'uno per l'altra; è un peccato perché la città meneghina offre moltissime cose da vedere, ma proprio tantissime.
Con la storia che si ritrova alle spalle è inevitabile che, nel corso del tempo, si siano accumulate, entro le mura cittadine, meraviglie d'arte.
Dovrò comunque tornarvi per vedere Sant'Ambrogio che non ho mai visto dal vero, ma solo dalle pagine dell'Argan e di altri testi parenti.
Da giovane iniziavo ad avere mal di testa e nausea già in vista dell'hinterland; mi si chiudeva lo stomaco e non riuscivo a mangiare nulla.
Le rare volte nelle quali mi veniva fame e mi nutrivo, il cibo era sempre... commestibile, ma nulla di che.
La mia esposizione a Milano deve essere breve altrimenti vinco qualcosa: mal di testa, nausea e, quest'anno, raffreddore.
Non so bene dove l'abbia trovato, se l'ho recuperato al cimitero o se l'ho incontrato per strada, magari verso la stazione centrale, quando ho rischiato di perdermi, ma ho portato a casa un simpatico virus che sto combattendo a suon di suffimigi.
Non possiamo andare avanti così Milano; qui dobbiamo raggiungere un accordo, un armistizio, ci sono troppe cose interessanti da vedere ed io non posso sempre avere la peggio.
Ho trovato un accordo con il martedì; troverò un accordo anche con Milano.

giovedì 27 dicembre 2012

Dracula alla triennale

Oggi sono andato, in treno, a vedere questa mostra tenuta nel palazzo della triennale in quel di Milano.
Non ero mai stato in questo palazzo e quindi ne avrò anche per la struttura.
La mattina è iniziata benissimo, anche se sul tardi, ma del resto sono ancora in vacanza e sarebbe stato fuori luogo alzarmi all'alba, nella visita del Cimitero Monumentale di Milano.
Se non vi siete mai stati, ve ne consiglio assolutamente la visita. Al di là delle personalità ivi sepolte, più o meno importanti, è l'opulenza, per me quasi eccessiva, di moltissime delle cappelle gentilizie.
Un tripudio di statue, nei materiali più disparati, e di cappelle gentilizie, molte figlie degli anni venti del novecento, che sono un tripudio di elementi decorativi cari all'art déco e alla secessione viennese.
Alcune imitano chiese o monumenti famosi.
C'è tantissima roba da vedere; non ultimo il famedio e quanto vi sta immediatamente intorno.
Fortuna c'è stata la visita al cimitero.
La mostra in sé, parliamo prima di questa, è... minimale; caruccia, ma davvero striminzita.
Dopo un inizio ben fatto, un corridoio scuro con alcuni elementi, non da ultimo un demone sotto vetro, vi sono un paio di stanze e un corridoio. Le due stanze sono ampi ambienti riempiti in modo minimale con un paio di scatole lignee; in una, con... soporifero commento dell'architetto che si è occupato di questa scatola, c'è un ipotetico studio di un vampiro, che ho trovato in tema e ben fatto, non ostante la verve del commento sonoro; nell'altra scatola, attraverso alcuni fori ad altezza adulto, vi si proiettano una serie di immagini di "baci" del vampiro.
Quest'ultima scatola lignea è metà del materiale cinematografico in mostra; l'altra metà è costituita da una serie di pannelli, molto grandi e allestiti in una sala molto ampia, che proiettano spezzoni di film in tema... con, decisamente, troppo "twilight" e film annessi.
Su una parete c'erano anche pochissimi fogli della storyboard del "Dracula" di Coppola.
In un corridoio, introdotto da un filmato, molto bello, della costumista del "Dracula" di Coppola, Eiko Ishioka, bravissima, e l'armatura del protagonista del film appena menzionato.
Il corridoio espone costumi presi da varie pellicole, o allestimenti teatrali, non necessariamente connesse con il vampiro, ma con la "vamp".
Chiude la mostra una sequenza, imponente, di piccole foto di abiti maschili ispirati alla figura del vampiro, fossero state appena più grandi di un A5 le si sarebbe guatate meglio, o almeno offrite una lente di ingrandimento... ah; c'è anche una serie di vignette di Crepax nelle quale Valentina si ciuccia Dracula.
Non ne posso valutare la qualità; Valentina mi è sempre stata sugli zebedei e non mi è mai piaciuto, per quanto possa essere bravo, e lo è davvero, Crepax.
Che dire? La mostra è caruccia, ma solo se state a Milano, se venite da fuori bisogna attaccarci la visita a qualcosa d'altro e il cimitero Monumentale merita davvero.
Il ristorante annesso al palazzo della triennale non è vegan, o veggie, friendly; di tutto il menù c'è giusto un piatto di verdure, mentre quelli di pesce, qualora, come me, è solo la carne che non mangiate, hanno prezzi proibitivi. Se per caso volete qualcosa di caldo che non sia un primo, scordatevelo; per i vegetariani c'è giusto un'insalata.
La gentilezza è merce rara, anche se uno dei camerieri ne fa sfoggio di un po'; soprattutto ha dei prezzi proibitivi, tutto sommato anche comprensibili per il luogo, per del cibo con delle gran pretese e dei risultati davvero mediocri.
Forse la colpa è anche del fatto che io, essendo emiliano, sono abituato male.

sabato 22 dicembre 2012

Auguri

Buon Natale!
Non è detto che in questo periodo festivo io abbia tempo, o voglia, di scrivere sul blog e quindi vi lascio con un'immagine, bella grande che volendo la potete anche schiaffare dove vi pare, con gli auguri di Buon Natale :) ... è minimal

giovedì 20 dicembre 2012

Mille e non più mille

Che poi, alle volte, basta uno zero, una virgola ballerina e i conti sballano.
Pare che secondo i Maya, i quali al momento si staranno facendo grasse risate, domani arriva l'Apocalisse.
In realtà qui non si sa, letteralmente, di che morte morire o se ascenderemo a un altro livello di coscienza, nel qual caso vorrei avere un loculo ben distante da Silvio; almeno una galassia... grazie.
Qualche tempo fa, due estati fa... tre... boh, fatto sta che era atteso Nibiru; per chi non lo sapesse, Nibiru dovrebbe essere una sorta di Morte Nera, ma buona è!, che ogni tanto interseca il nostro sistema solare e, così, gratuitamente, ci avrebbe fatto ascendere a un nuovo livello di coscienza.
Vi sentite su un altro livello di coscienza, più evoluti e intelligenti? Se si, non so cosa abbiate mangiato ma ne voglio un po'...grazie, se invece vi sentite, come me, il solito pirla... ecco, questo è perché Nibiru ha trovato coda in tangenziale, s'è fermato in autogrill a fare due chiacchiere con i suoi fan e non è riuscito a raggiungerci.
Se ne riparla tra qualche millennio; pazienza... ci tenevo ad ascendere.
Poi ci fu la questione del super allineamento con il centro della galassia; lo so, pare una scemenza perché, del resto, in una ellisse con un centro, dato che per due punti passa una retta, non ci sono molte possibilità di finire fuori allineamento.
Ricordo, però, che l'evento era particolare perché non ci sarebbero stati ostacoli tra noi e il centro della galassia.
Anche in questa occasione ci sarebbe dovuto essere un qualche evento a caso; non ricordo manco cosa ho fatto quel giorno, cosa, della quale, non c'è da stupirsi.
Più o meno in mezzo, o alla fine o che ne so, la Terra sarebbe passata anche attraverso una zona della galassia più densa; solita previsione di eventi catastrofici... e niente.
Le tangenziali galattiche devono essere intasatissime e questo spigherebbe perché i Vogon dovranno intervenire.
Qui pare un po' la favola del lupo e del pastore, c'è da dire, però, che in questa versione si è dato ascolto a Garak e si è cambiato... ehm... versione.
Domani l'Apocalisse mi troverà in studio, in compagnia del capo, che mi resterà attaccato come una camicia, e non è una bella cosa, a contare le ore che mi separano dalle tante sospirate e agognate ferie.
In caso di apocalisse le mie ferie si protrarranno molto a lungo; "always look on the bright side of life"

domenica 16 dicembre 2012

Quella erre un po' così

Ho sempre creduto di avere una erre localissima, ovvero moscia al punto giusto come vuole la pronuncia del mio paese.
Ne avrò già parlato mille volte, anche se ovviamente non me lo ricordo, nel blog e quindi passo all'aneddoto.
Ieri sono andato in un negozio tenuto da salsesi doc, gente che è venuta su dalla terra insieme al sale dai pozzi; vi sono andato per prendere alcune cose e, data la mia ignoranza, la conversazione ha coinvolto un gran numero di erre da entrambe le parti.
A un certo punto mi si chiede:"e quella erre lì da dove viene?"
Ed io:"è localissima"
Vabbè, la cadenza proprio locale non é, mi rendo conto, ho preso cadenze in giro, di qua e di là dall'Enza e solo i Numi sanno da quante altre parti, ma pensavo di aver mantenuto la erre paesana; invece è venuto fuori che la mia erre non è proprio salsese, è più francese, ma non interamente.
Vi garantisco che parlando con questa signora la differenza era palese.
Insomma, morale della favola, ho messo insieme il mio modo di parlare prendendo pezzi provenienti da altre parti, cadenze e pronunce trovatelle disperse e fuori casa; un po' come gli animali dei bestiari composti da pezzi di altre bestie fantasiosamente assemblate.
Mi sento un po' una manticora.

Così; un post utilissimo tanto per usare un po' di bit.


sabato 8 dicembre 2012

Natale 2012

Basta mettere su gli addobbi natalizi per sentire un po' di Spirito Natalizio. Come è tradizione, fedeltà alla quale ne è testimonianza la capanna del presepe, a casa mia, da tempo immemore, la natività è rappresentata da una contadina, la sacra famiglia e una processione di animali variamente assortiti.
Quest'anno abbiamo: un phampi, gyarados, un po' di orsi polari, una tigre bianca, delle pecore, un maiale, che in Emilia è quasi una teofania, una giraffa, un rinoceronte di Giava, una raganella, una papera pirata, uno stambecco e una nutrita compagine di strigiformi... del resto la Glaucopite non può mai mancare.
Mi stavo dimenticando delle due zebre; no... anche qui niente liocorni.
Giove, il pianeta, ovviamente non c'è, l'ho messo per coprire un quadro, ma, onestamente, non ci sta niente male; certo il fondo dovrebbe essere nero.
Ora non mi resta che sperare che Elio faccia il suo dovere e renda transitabile la mia via gelata, affinchè io possa uscire stasera; nel male metto le catene solo per scendere dalla via.

...non so quanto durerà lo slancio natalizio, ma ce lo godiamo sinché dura.

giovedì 6 dicembre 2012

Impressioni

A parte avere l'impressione di non approdare a nulla e di non stare combinando nulla di particolarmente costruttivo, di recente sono anche riuscito a dimenticarmi di una settimana.
L'ho proprio eliminata dal calendario.
Non sto parlando di ricordi, quelli ormai sono dati per dispersi da tempo e forse, o forse no, un giorno riaffioreranno con comodo.
Mi è sempre capitato di perdermi nella settimana, per cui, spesso, sono convintissimo che sia un giorno ben preciso e invece è un altro; mi capita anche di non ricordarmi in quale mese siamo, anche se di recente, visto che devo prendere sempre l'abbonamento, questo aspetto si è smorzato; anche con gli anni le cose non mi vanno benissimo... per dire: sono rimasto nel 2000 per molti anni a venire dopo il secondo millennio.
Non mi era mai capitato, però, facendo i conti di quanti giorni mancano a un dato evento, nella fattispecie le sospirate vacanze natalizie, di perdere una settimana per strada.
Ero convintissimo che dopo il fine settimana dell'otto dicembre, ci sarebbe stato Natale; dimenticandomi completamente della settimana che separa questi due giorni.
Che si stia avvicinando il momento nel quale mi muterò in carasside e la mia memoria si estenderà per ben tre secondi?
Onestamente speravo di avere ancora qualche decennio di autonomia.
Se vado avanti così, però, ci sono buone probabilità ch'io non divenga come Nestore, il cavaliere gerenio, che, nell'Iliade, continua a narrare aneddoti della sua giovinezza in ogni circostanza possibile, per cui i suoi dialoghi sono sempre lunghissimi.

Sto leggendo, giustamente mi pare opportuno saltare di palo in frasca, le lettere di Jane Austen pubblicate da un suo erede; non ne ricordo il nome, ma si tratta del secondo volume pubblicato in argomento.
L'autore della prefazione, o meglio dei capitolo precedenti le lettere vere e proprie, scrive con uno stile che mi piace, anche se un po' pedante; a volte, però, è un po' parco di virgole.

mercoledì 5 dicembre 2012

Finestre

Il pregio del posto dove lavoro è costituito da ampie finestre.
Certo, il panorama non è un granché; zona periferica di Parma, da un lato vista su una serie di brutti palazzoni anni '80, con una chiesa inguardabile, un insieme discutibile di cemento armato, affiancato da scatole in cemento armato sormontate da piramidi, che non definirò architettura sovietica, ma di certo è ben lungi dall'essere della buona architettura, il tutto immerso, per fortuna, in un po' di verde con qualche albero che, ahimé, non sono sufficienti a stemperare la bruttezza del quartiere; dall'altro lato vista sullo stadio di rugby, con dei capannoni di contorno, gru sullo sfondo.
Il lato dello stadio è quello migliore; si vede un'ampia porzione di cielo e si vedono anche gli Appennini; vedo anche il profilo del monte Kanate; il tramonto da questo lato è meraviglioso.
Paragonata alla visuale del vecchio ufficio, dalla mia scrivania potevo ammirare, attraverso un velux, una sottile striscia di cielo, la vista dalla mia scrivania è decisamente migliorata.
Il lavoro è rimasto il solito e la reiterazione delle solite cose non aiuta a farmi pensare che quel che faccio sia utile.
A tratti mi sento proprio un ingranaggio che gira a vuoto, per nessuna ragione apparente o intrinseca; ruota e il suo movimento non produce effetto alcuno; un giorno smetterà di girare e sarà come se non fosse mai esistito. Verrà sostituito da un'altra rotella che girerà a vuoto compiendo le sue inutili e superflue mansioni.
Un altro giorno all'insegna dell'ottimismo.

Diciamocelo: se non fosse per le mie colleghe, l'ambiente sarebbe più arido e sterile di un deserto di sale...

lunedì 3 dicembre 2012

Cambio

Ebbene si; ieri ho cambiato fondo del blog.
Quello precedente, una mia creatura, per quanto gli volessi bene, è rimasto a fare da carta da parati per un po' di tempo, almeno un anno e quindi era ora di arieggiare e ritinteggiare i locali.
L'attuale fondo è un'altra mia creatura, appena più recente e l'ho fatta ispirandomi a "The color of pomegranates"; se conoscete da soli questo bellissimo film armeno, di Paradjanov, avete tutta la mia stima.
Se il film lo conoscete perché io vi ho sfrantumato l'anima a furia di parlarne, oltre ad avere la mia stima, plaudo anche alla vostra pazienza.
Al momento ho una creatura in attesa di vedere la luce, del resto si sa che a Natale ho la consueta teofania natalizia; devo solo capire in quale forma si manifesterà e se arriverà davvero per Natale, il che ridurrebbe drasticamente i tempi della "fase due", o se troverà coda in tangenziale e l'avvento sarà rimandato a data da destinarsi.
Stamane m'è venuta in mente un'immagine ispirata a un altro film di Paradjanov, colpa anche della musica armena ascoltata stamane: "The legend of Suram fortress"... proverò a schizzarla rapidamente, ma non ne sono molto convinto.
Tutto qui; davvero.


uhm... avevo scritto "blob" invece di "blog"; probabilmente perché questo blog è un ammasso informe di pensieri a caso

domenica 2 dicembre 2012

Dicembre

Avrei potuto intitolarlo anche "Natale", perché di questo si parlerò, ma visto che prima dell'otto non intendo addobbare nulla, mi pare prematuro chiamarlo Natale.
Inizierò ad addobbare per l'immacolata perché così vuole la tradizione; anche lì... avrei da dire su questa storia dell'immacolata concezione, ma eviterò di fare polemica.
Quest'anno lo spirito natalizio si è fermato da qualche parte, sarà ancora in giro per il mondo presumo, e  da me non si è presentato.
Un tempo ero molto più natalizio; oddio... a casa mia per Natale, essendo questo periodo di festa, bisognava navigare a vista, ammainando le vele per tema che il vento di tempesta le strappasse e la pioccioletta barca rollava allegra e fiorona, quindi per qualche decennio lo spirito natalizio è stato defletto dalle nubi temporalesche che si agitavano, più o meno furibonde, sul nostro tetto.
Più avanti negli anni ho sviluppato, grazie a una amica che debordava di spirito Natalizio, pur essendo atea, un certo coinvolgimento con il Natale; nulla di particolarmente entusiasta o esuberante, il mio è sempre stato un coinvolgimento modesto e contenuto.
Al momento, quest'anno, lo spirito natalizio è "non pervenuto".
Alla fine mi piace mettere fuori le lucette colorate, mettere insieme il presepe e regalare qualcosa, anche se, date le mie condizioni, verrà regalato tanto affetto e innumerevoli pacche sulle spalle, alle persone che mi stanno intorno; alla fine, per me, Natale è giusto un'occasione per, come si dice dalle mie parti, fare "baracca" in modo più o meno sonante.
Oggi, per dire, la sola idea di tirare fuori gli addobbi, stendere le luci, mettere insieme il presepe e quant'altro, mi dà da fare.
Va bene; visto che sto diventando acido vado a fare due passi, magari inciampo in una base e produco acqua e sale.

giovedì 29 novembre 2012

"Venetia"

E' il titolo di un libro che sto leggendo ora.
Mentre a casa alterno l'Iliade, con la quale tornerò imperterrito a mettere a dura prova la vostra pazienza, con "Roma" di Donatella Puliga e Silvia Panichi, in corriera ricorro all'ebook e anobii ha qualche problema a inserirli.
Il titolo, completo di sottotitolo, è "Venetia; A supernatural thriller set in Venice" di Simon Barnes.
Non so se abbia o meno scritto altro e non ho trovato nel libro, del resto non l'ho ancora finito, note biografiche, ma devo dire che il libro mi piace.
E' lapalissiano che sia scritto in inglese; evidentemente ho macinato già parecchi libri nell'anglico idioma, per cui non sto minimamente facendo fatica a leggerlo.
L'inizio è un po' lento, ma trovo che il ritmo sia giusto per entrare nella vita dei protagonisti, imparare a conoscerli e a inserirsi nel loro ménage familiare.
La narrazione inizia a prendere i toni del thriller soprannaturale, come promesso dal sottotitolo, lentamente e circa a metà.
Mi piacciono i dialoghi, essenziali e molto verosimili; le descrizioni non sono mai ridondanti e tutto verte a fare entrare il lettore nello spirito del volume.
L'autore, pur ambientando il libro a Venezia, non ricorre agli stereotipi tipici nella descrizione dell'italiano.
Se vi piacciono i libri d'azione, questo non fa per voi; personalmente la ritengo una buona lettura.
Sono a due terzi ed è sempre possibile un improvviso peggioramento, anche se ne dubito.
L'ho comprato per Halloween, insieme a un libro della serie "Murder she wrote" in tema spiriti, perché volevo leggere un buon libro coi fantasmi e questo volume, trovato nel sito di una amica, mi è parso che  potesse essere un buon libro, come è, è una buona occasione di esercitare il mio inglese.
Il libro della "Fletcher" è una buona sceneggiatura scritta con mestiere, piacevole da leggere; ma bisogna attendersi una puntata della serie televisiva, altrimenti se ne palesano dei limiti insiti sia nella cornice nel quale si muove il libro e nella categoria di persone per le quali il libro è pensato.
Questo libro, essendo svincolato da limiti siffatti, ha la possibilità di essere, come è, un buon libro.

Dopo essermi sperticato in lodi, mi tocca anche parlare del... definiamolo un peccato veniale.
Il libro usa alcune parole e frasi in italiano la maggior parte delle quali, ahimé, è sbagliata.
Ci sono parecchie parole e nomi spagnoleggianti; doppie dove non ci vogliono; alcuni nomi mutili o privi di un doppia o un accento; una costruzione anglica di una frase... come se chi scrivesse avesse familiarità con l'italiano, ma che essa, col tempo, si sia mutata in un insieme di ricordi più o meno integri.
Questo non toglie nulla alla bontà del romanzo, d'altronde dubito che questi errori siano palesi a un lettore anglofono, ma spero che se ci sarà una seconda edizione, o se è prevista una revisione del testo, siano aggiustate anche le frasi in italiano e i nomi errati

Quando si dice un classico

Proprio mentre sono preda della rinascita, per altro mai sopita, della fascinazione per l'Iliade e la mitologia greco-romana in generale, del resto fa parte di noi, ieri sera, in uno dei rari momenti nei quali mi ritrovo davanti a uno schermo televisivo, sono incappato in un quiz a caso nel quale hanno chiesto quale di questi personaggi dell'Iliade è stato tradito dalla moglie: Menelao, Ettore, Achille ed Odisseo.
La domanda è di una banalità sconfortante, anche perché l'Iliade viene studiata a scuola, è un classico importante nella cultura occidentale, oddio ignoro se oltre atlantico, o nei paesi anglofoni extra UE, venga studiata anche nelle scuole inferiori, ma in Italia viene affrontata già alle medie inferiori; i più fortunati anche alle elementari hanno il bene di farne la conoscenza.
Ebbene; i concorrenti hanno sbagliato la domanda, non una, non due, ma tre volte, alla fine, come si dice dalle mie parti, "se non l'è zuppa, l'è pan bagné" per cui, avendo esaurito le opzioni, sono anche arrivati alla risposta giusta.
La colpa, ovviamente, è mia che saltuariamente accendo l'imbarazzante scatoletta; forse la disintossicazione non è completa.

Penelope, che, per chi si fosse messo in ascolto solo ora, è la moglie di Odisseo attende per bene vent'anni il ritorno del marito. Prima Odisseo va a Troia a guerregiare, visto che la sua giustificazione, pazzia improvvisa, viene smascherata da Menelao e da altri, poi passa un po' di tempo a zonzo per il mediterraneo, ha un interludio amoroso con Circe, la porcellizzatrice, e poi passa svariati anni con Calipso nell'isola di Ogigia e durante questi anni non hanno giocato a ramino.
Mentre Odisseo se la spassava, Penelope è rimasta a casa a tessere un sudario per Laerte; il suocero.
Avrebbe anche potuto risposarsi, rifarsi una vita, del resto i pretendenti non le mancavano, i famosi Proci, ma ha preferito attendere il ritorno di Odisseo.

Elena è la moglie di Menelao; non so se riuscirò ad essere breve... sedetevi.
E' figlia di Leda e di Zeus, gemella di Clitennestra, quella che, per non sbagliare, affila la scura in attesa del ritorno di Agamennone, nel caso scampasse alla guerra e tornasse a Micene, reo di aver accoppato la di loro figlia Ifigenia; il sospetto che se si fosse trattato di un figlio si sarebbe ripiegato su altro è legittimo.
Ha per fratelli i Dioscuri, Castore e Polluce, che però sono più grandi e moriranno, vabbè... uno muore e l'altro non vuole più vivere e verranno mutati da Zeus, padre di uno dei due, in costellazione; l'altro gemello è figlio di Leda e di suo marito Tindareo.
Viene rapita, già da bimbetta, da Teseo e da quel vecchio porco di Piritoo che poi tenteranno di rapire, gli arzilli vecchietti, Persefone; i danni della sensecenza consteranno a Teseo un pezzo di chiappa.
Elena sceglie di sposare Menelao; dato che tutti i re della Grecia la volevano in moglie e si rischiava la guerra, Odisseo, che faceva parte del cioppo di pretendenti, propone che sia Elena a scegliere lo sposo e che gli altri giurino di difendere la scelta della figlia di Leda; rarissimo caso di scelta lasciata a una donna.
Poi ci si mette di mezzo Afrodite. Qualcuno dimentica di invitare, al party del secolo, le nozze di Peleo e Teti, i genitori di Achille, Eris la dea della discordia, figlia della Notte e sorella di gente come Tanathos (la morte); non proprio l'anima della festa, ma lei se la prende a male, lancia una mela d'oro alla festa e iniziano i guai.
Era, Atena e Afrodite vanno a chiedere il giudizio di Paride Alessandro, gemello di Cassandra e figlio a sua insaputa di Ecuba e Priamo, il quale l'assegna, giustamente, ad Afrodite; solo che Era e Atena la prendono per il verso sbagliato e dato che Paride non ha imposto alcun vincolo alle dee, la dea dalle bianche braccia e la glaucopite decidono di radere al suolo Troia.
Elena viene spinta da Afrodite a scappare con Paride, mentre questo è a Sparta come emissario di Priamo e da qui parte un meccanismo di alleanze, che rieccheggia quanto accaduto con le guerre mondiali, per cui Troia e i suoi alleati si trovano ad affrontare i re della Grecia che si erano contesi la mano di Elena.
L'aspetto tragico di Elena è il suo essere in balia di Afrodite, ne è consapevole, tanto da chiamare la dea "disgraziata", ma non può fare a meno di assecondarla.
Finita la guerra tornerà a regnare come regina su Sparta a fianco di Menelao; in che condizioni è difficile dirlo perché a volte la parentela con gli déi è una maledizione.

Achille non era sposato; il legame più profondo della sua vita l'ha con Patroclo, suo cugino. Briseide, poveretta, è trattata più come pacco postale. Achille se la prende solo perché gli portano via le spoglie di guerra, mica per altro; è un continuo lamentarsi perché Agamennone ha la parte migliore.
Patroclo, poverino, doveva avere una pazienza sconfinata.

Andromaca è la moglie di Ettore e insieme formano una delle coppie, anzi, la coppia più bella dell'Iliade; sinché durano poveretti. Lui poi verrà ammazzato da Achille, invulnerabile e armato con le armi forgiate da un Dio tanto per essere sicuro di vincere, e il figlio di questi, Neottolemo, getterà dalle mura, dietro consiglio di Odisseo, il piccolo Astianatte, figlio di Ettore e Andromaca e prenderà quest'ultima come concubina.
Neottolemo, tra gli altri, accopperà anche Priamo; immaginatevi quanto poteva essere contenta Andromaca in balìa di eventi e di uomini che l'hanno trattata come un pacco postale.

martedì 27 novembre 2012

"Cantami oh Diva del Pelide Achille..."

E' più forte di me; ci sono cose che, ciclicamente devo rileggere e uno di questi testi è l'"Iliade".
In principio, devo ammettere, che l'Odissea esercitava un fascino maggiore, merito anche dell'eccellente sceneggiato, abbiate pazienza ma all'epoca si chiamavano così, che venne diretto da Franco Rossi e venne trasmesso nei primi anni '80 dalla Rai.
Mi piacque sin dalla prima visione e anche a distanza di decenni si mantiene un'ottima riduzione televisiva.
Quando poi li ho letti, ovviamente in una traduzione dato che la mia conoscenza del greco antico è pressoché nulla, l'Iliade si è guadagnata per intero i miei favori.
Non ho mai potuto sopportare Achille per alcune ragioni: innanzi tutto perché è il primo a definirsi "il migliore dei greci", attitudine di altri tempi che, quale lettore moderno, mi indispone un po'; in secondo luogo perché è un adolescente e come tale si comporta... non è ch'io ce l'abbia con gli adolescenti per partito preso, ma Achille mette il broncio e implora mamma, Teti, mica una che passa di là, di chiedere a Zeus, no... dico... Zeus che per altro l'ascolta anche, di intervenire a suo favore visto che è condannato a vivere poco... si, ma fu lui a scegliere tra una vita breve e imperitura fama e un vita lunga; poi chiede a mamma di andare da Efesto, non un fabbro qualunque, per avere delle armi per combattere contro Ettore; ultimo, ma solo perché siamo in fondo, perché l'episodio, dovrebbe essere in cima alla lista, è necrofilo.

Pentesilea era un po' cadavere, di giornata, d'accordo, ma sempre cadavere era.

Vogliamo parlare del trattamento riservato al cadavere di Ettore? Pentesilea non se l'è filata nessuno, poveretta, ma lo strazio che infligge ai resti del figlio di Priamo era considerato eccessivo persino per i suoi contemporanei.
Il meglio che gli posso dare è del raccomandato.
Per il semplice fatto che nei campi Elisi, secondo una versione, Medea, nipote del sole, Elio o Apollo vedete voi dato che esistono entrambe le versioni, sia data in sposa ad Achille, mi pare una pena da inferno dantesco per la povera figlia di Eete.
Ho sempre tifato, va da sé, per i troiani e il fatto che Odisseo combatta contro Ilio non me lo fa vedere con occhio benvolente; per il resto sarebbe un simpatico briccone.
I miei personaggi preferiti sono Cassandra, perché nessuno l'ascolta anche se ha ragione, Ettore, Andromaca, Ecuba... Enea non so, ma promette di leggere anche la fan fiction scritta da Virgilio qualche "anno" dopo.
Mi rimane un po' oscura la sorte del Palladio; ricordavo che l'aveva rubato Odisseo, ma mi sfugge come abbia fatto ad arrivare a Roma per poi andare, forse, a Constatinopoli.
Devo leggere l'Eneide e fare cosa gradita a Manto.
Anche Clitennestra mi è sempre stata simpatica, sin da quando Agamennone fa sgozzare Ifigenia per un refolo di vento, ho tifato per lei; mi spiace che abbia fatto accoppare anche Cassandra.
A proposito; oltre al club "forza Clitennestra", "Medea sei tutti noi" mi sento anche di far parte del "Gudrun fan club"... tutto sommato questo non fa di me una bella persona.
Quando uscii Troy devo dire che ero molto contento della cosa; dopo la visione dovetti incollare la mandibola e rincorrere gli zebedei.
Va bene; avevano scritto "liberamente tratto da...", ma sino alla fine non è chiaro che Ilio cadrà, il canto delle rotoballe in fiamme Omero non l'ha messo e per fortuna il film non prevedeva un canto delle navi; il mediterraneo era coperto, di sicuro sino a Scilla e dintorni, dalle navi anchee in CGI e se avessero iniziato ad elencarle non ne uscivamo vivi.
Devo dire che i pepla li ho sempre amati, ma devono muoversi entro i limiti, davvero larghi, della mitologia; devono essere mitologicamente verosimili.
Finita l'Iliade leggerò, ovviamente, l'Odissea, nella quale ho sempre amato Circe, Penelope e Nessuno; poi leggerò l'Eneide... anche se partendo come opera di propaganda, non inizia nei migliori dei modi.
Conoscendo la storia, però, leggere l'Eneide è come vedere la rivincita di Ilio; è che poi mi fanno secca Cartagine, una bella spianata di sale per essere sicuri, e mi dispiace perché a me Didone sta simpatica.
Ho una ricaduta di mitologia in corso.



giovedì 22 novembre 2012

Premio UNIA

Ebbene si; pare ch'io abbia vinto il prestigiosissimo premio UNIA!
Che cos'è questo premio? boh... è sicuramente una sorta di catena, per cui tu vinci e nomini altri sette blogger e la cosa va avanti così; quasi per inerzia.
Generalmente interrompo tutte le catene, ma visto che mi ha premiato il buon giudappeso e che si tratta di parlare di libri, mica posso tirarmi indietro.

Si tratta di rispondere ad alcune domande e quindi procedo.

Qual'è il primo libro che hai letto in assoluto?
Ovviamente non me lo ricordo. Ricordo di aver letto, alle medie un libro sui dinosauri, preso nella biblioteca della scuola e "Antiche come le montagne" di Gandhi; di quest'ultimo credo che fu oggetto anche di una scheda...ma ho dei ricordi un po' vaghi.
Devo dire, però, che ho iniziato a leggere seriamente dopo aver preso "La signora delle tempeste" di Marion Zimmer Bradley; ho proprio iniziato con della letteratura di una certa importanza.

Hai mai fatto un sogno ispirato a un libro che hai letto? Se si, racconta
Sicuramente si, ma in genere i sogni si ingarbugliano e la trama, mancando di uno sceneggiature, come molti film del resto, ne risente e spesso al mattino mi ricordo giusto una suggestione.
A volte i miei sogni sono pittorici, quasi dei tableaux vivants, e sono questi che tendo a ricordarmi, con una certa chiarezza, anche a distanza di molti anni; è incredibile quanto la mia memoria sia settata in un modo così cretino.

Qual'è la prima cosa che ti colpisce in un libro? La copertina, la trama o il titolo?
In realtà guardo prima la casa editrice; ne ho alcune che sono tra le mie preferite e quindi cerco, in libreria, prima i libri pubblicati da queste case editrici.
A seguire c'è il titolo che deve avere qualcosa che mi colpisca particolarmente; c'è da dire che la scelta del libro è influenzata, in particolar modo, dallo stato d'animo nel quale sono in quel momento.
Se il titolo mi incuriosisce allora leggo la quarta di copertina e se anche questo test viene superato, allora inizio a leggere passaggi dei libro. Spesso, la prima volta, lo poso al suo posto e torno più volte in libreria; rileggo lo stesso libro, di nuovo la quarta di copertina... a volte, invece, lo prendo per simpatia e non sto troppo a pensarci.
Dipende tutto dall'umore.
La copertina è l'ultimo degli aspetti che valuto, anche se mi piacciono i libri di un formato preciso e sono capace di non prendere un libro, anche se mi ha convinto, qualora il formato del volume non sia di mio gradimento; ad esempio detesto questa moda di pubblicare i romanzi, non libri illustrati, in un pratico formato "biolca".

Ti è mai capitato di piangere per la morte di un personaggio?
Mai di piangere come una vite tagliata, ma di commuovermi si.
Quando capita devo chiudere il libro e dormirci su per metabolizzare l'evento. Dopo Martin, però, nei cui libri i personaggi muoiono come mosche, mi sento un po' più vaccinato... vabbè; questo vale solo per i libri di Martin, per gli altri continuo a commuovermi.
Non piango, ma se muore un personaggio al quale mi ero affezionato, capita che la cosa mi porti il morale sotto le scarpe e sono capace di restare depresso, in vari stadi, per alcuni giorni; a volte anche settimane.

Qual'è il tuo genere preferito?
Il saggio storico, preferibilmente con Bisanzio e tutto ciò che è anche vagamente bizantino come soggetto.
Quando non leggo saggi sono abbastanza onnivoro riguardo la scelta dei romanzi; non leggo però horror o romanzi splatter.
Fantascienza e Fantasy sono state le mie prime letture e quindi leggo sempre volentieri libri di questi generi, ma non mi faccio troppi problemi; deve intrigarmi l'ambientazione e la trama.

Hai mai incontrato uno scrittore?
Conosco alcune persone che scrivono, anche molto bene, ma che vendono poche copie; sono aspiranti scrittori di successo.
Sono bravi ma emergere nel ramo, anche quando si ha talento, non è cosa semplice.
Ho conosciuto, anche se ormai non la vedo più, una scrittrice di successo; una persona meravigliosa.

Posta un'immagine che rappresenti cosa significa per te la lettura

Ecco... la lettura ti aiuta a vedere le cose da molteplici punti di vista e ti fa perdere nelle storie che racconta.

Come ultima parte del prestigiosissimo premio, del quale per altro non ho ancora scoperto nulla, devo nominare sette blog; sentitevi liberi di non dare seguito alla cosa, specie se avete di meglio da fare, ma se vi va...

Moky's blog
Status Viatoris
Diario di una studentessa matta
Ruminations of an obscure girl
il mio tesoro
luce della vita
la leggivendola

lunedì 19 novembre 2012

Raccontiamocela

Di recente ho sentito la seguente affermazione:"perché nell'ultima guerra le abbiamo suonate alla Germania"... ehm... sicuri?
Facciamo un ripasso generale partendo dalla Grande Guerra.
In principio noi si era alleati di Austria-Ungheria e di Germania poi, quando queste ultime hanno deciso di dichiarare guerra alla Serbia, non ci hanno avvisato, perché altrimenti ci avrebbero dovuto dare qualcosa in cambio, così prima ci siamo dichiarati neutrali, poi abbiamo siglato un patto con Londra per entrare in guerra entro un mese e abbiamo dichiarato guerra all'Austria-Ungheria ma non alla Germania.
Tutto questo perché prima di entrare in guerra abbiamo tentato di massimizzare i benefici che ne avremmo ricavato che, dati i tempi, consistevano i quei territori che erano in mano all'impero austro-ungarico.
Due parole: Caporetto e Vittorio Veneto.
Ce l'abbiamo messa tutta e ci siamo anche impegnati, ma alla fine abbiamo guadagnato i territori mancanti perché eravamo sul carro vincitore.
S'è vinta la guerra pur pareggiando; un clamoroso caso, ante litteram, di convergenza parallela.
Certo, il patto di Londra prevedeva un quantitativo imbarazzante di territori che non ci sono stati dati, per cui a fine guerra, con la conferenza di Parigi, ci siamo sentiti traditi... giudicate un po' voi sulla base di quale morale.
Tecnicamente nella prima guerra mondiale, l'Italia non era in guerra con la Germania né a fianco, né contro.
Agli albori della seconda guerra mondiale eravamo più che entusiasti dell'alleanza con la Germania.
Non si è trattato di un'alleanza capestro; i due regimi era tremendamente vicini ideologicamente.
Del resto gli italiani avevano dato prova di sufficiente ferocia e razzismo, nella creazione dell'italico impero, e non sfiguravamo di certo a fianco dei tedeschi; anzi...
Per fortuna, se non altro per le sorti del mondo, le nostre milizie erano equipaggiate appena peggio dell'Armata Brancaleone, perciò tendevamo ad allungare il fronte di guerra; più che essere d'aiuto siamo stati un impaccio e abbiamo seminato morti, soprattutto gente nostra, un po' ovunque.
Del resto i papaveri sapevano che le nostre armate non erano pronte, ma nella fretta di salire sul carro dei vincitori ci si è buttati a pesce nella guerra; metti che la Germania, come avevano previsto, avesse vinto rapidamente senza la nostra partecipazione? Si rischiava di non portare niente a casa... meglio portarci a casa quindi un po' di prestigio anche se corredato da "qualche" cadavere.
Generalmente la storia delle nostre battaglie durante il secondo conflitto mondiale è stata la seguente; noi apriamo un fronte con un paese X, ne prendiamo talmente tante da non capirne manco la provenienza e poi arrivano i tedeschi, se possono, a darci una mano e a risolvere la cosa.
Ricordo che le abbiamo prese dalla Grecia che era conciata peggio di noi.
Non era il valore a fare difetto; era tutto il resto.
A un certo punto gli alleati sbarcano in Sicilia, l'idea è quella di arrivare a Berlino passando dall'Italia; il paese si divide in due di fronte all'avanzata delle truppe alleate, una parte diventa uno stato fantoccio manovrato da Berlino, l'altra parte si schiera con gli alleati.
La battaglia di Stalingrado cambia le sorti della guerra rendendo necessario lo sbarco in Normandia per bloccare Stalin il quale, molto probabilmente, si sarebbe fermato solo davanti l'Atlantico.
Gli unici italiani ad aver dato da fare alla Germania sono stati i Partigiani, tecnicamente non un esercito, ma dei guerriglieri; del resto, in campo aperto, per ovvi motivi, non avrebbero avuto alcuna possibilità.
L'Italia ha dunque pareggiato nella seconda guerra mondiale perché s'è cambiato fronte nel mentre; penso che per risalire all'ultima volta nella quale le abbiamo suonate alla Germania, si debba andare indietro a quando non esisteva neppure l'idea di stato nazionale... non abbiamo avuto, grazie al cielo, molte occasioni per guerreggiare coi tedeschi e si spera che non se ne presentino in futuro.
L'Europa è stata teatro di talmente tante guerre da, spero, cavarcene la voglia per qualche millennio a venire.
Povera Europa; e pensare che, fosse stato per lei, si sarebbe volentieri limitata a fare la principessa fenicia e a raccogliere fiori.



giovedì 15 novembre 2012

Maniaco

Ci sono alcuni traguardi molto importanti nella vita; avere un bot sul blog, un troll che commenta i tuoi post e, perché no?, un maniaco telefonico.
Ebbene, da qualche tempo un numero di Milano, continua a cercarmi sul cellulare; rispondo e mettono giù.
Stasera mi hanno persin lasciato un bellissimo messaggio in segreteria telefonica:"drrr drrrr bbrrr dddrrr".
Caro Maniaco, manco un gemito, un sospiro; non li fanno più i maniaci di una volta.
Prima del messaggio in segreteria pensavo che fosse, semplicemente, qualcuno che sbaglia numero, ma dopo il fascinoso messaggio nella mia segreteria telefonica non so cosa pensare.
Avevo anche pensato a un computer che tenta di mandare un messaggio su un altro computer, fax, o che... ma il prefisso del mio cellulare è chiaramente quello di un telefono mobile.
Vi terrò informati se mai qualcuno dovesse attentare alla mia virtù.

Nel frattempo ho notato una cosa davvero fastidiosa.
Sono venuto a patti con l'inizio della frase con una "e", pazienza; è cosa diffusa e quindi dovrò farmene una ragione.
Quello che ho notato di recente e che mi dà fastidio, lo so... sono molte le cose che mi infastidiscono, ma sono consapevole di essere una piaga, è l'uso dell'imperfetto come se fosse un condizionale.
Davvero.
L'imperfetto come modo, manco come tempo, ipotetico?

martedì 13 novembre 2012

Martedì

Sono sicuro di averne già parlato più e più volte del mio rapporto, diciamo conflittuale, col martedì.
Col tempo, devo dire, che le cose stanno migliorando; staremo insieme, forzatamente, io ad esempio ne farei a meno, per tanti anni... spero ancora per moltissimi anni, per cui bisogna pur addivenire a un accordo.
Non possiamo continuare così facendoci del male, come se la cosa fosse reciproca; come si fa a fare del male fisico a un giorno della settimana?
Il pensiero mi ha colto più di una volta, prendere una spranga e picchiare il martedì o l'incarnazione del momento; massì mi sarei anche sfogato, ma poi? il martedì ha la brutta tendenza a ripresentarsi ad ogni settimana... c'era il rischio di finire in via Burla.
Ah! Per chi ha poca familiarità con Parma, in via Burla c'è un carcere. Una volta era nel complesso, proprio in centro città, di San Francesco, un ex monastero, e s'è doverosamente bucato la facciata di una chiesa del 1300, a spanne, per farci dentro un carcere; quando si dice la lungimiranza.
Tornando al martedì; abbiamo finalmente un accordo.
Di recente pare non essere neppure una brutta giornata, non è una meraviglia, ma neppure qualcosa di inaffrontabile; fa, più o meno, schifo come le altre... ho semplicemente deciso di guardare a qualcosa d'altro e il martedì ricambia lasciandomi addosso una stanchezza epocale.
Non mi lamento; rispetto a prima è un netto miglioramento.

Un post dal sapore vagamente inutile, ma ci tenevo a comunicare questa notizia indispensabile al progresso della specie umana.

lunedì 12 novembre 2012

Un processo lungo e noioso

Davvero; a volte disegnare e dare una mano di colore, può essere un processo per niente simpatico.
Avevo già scritto da qualche parte che l'avere un talento, come il mio, limitato non è un impedimento alla partecipazione al processo creativo; bisogna poi essere obiettivi e valutare il frutto delle nostre fatiche evitando di rifilarli ad amici e parenti.
Difficilmente, anche se produciamo la schifezza incommensurabile dell'anno, ci diranno:"complimenti; è proprio un bello schifo".
Cercheranno, bontà loro, di indorarci la pillola con mirabili arrampicate sugli specchi:"i colori sono bene abbinati", "è molto luminoso"... se vi dicono:"si abbina benissimo con la lettiera del gatto" si meritano un applauso per l'inventiva.
Sta a noi che produciamo "cose" renderci conto della qualità delle stesse; voglio dire le opere di Michelangelo, Giorgione, Tiziano, le ho viste quindi SO com'è fatto qualcosa di bello, qualcosa di meno bello e qualcosa di, francamente, impresentabile.
Gli amici ci vogliono bene e quindi non ci diranno mai che non sappiamo tenere in mano una matita se a noi fa piacere disegnare come se non ci fosse un domani e i parenti... bhè... la mamma è sempre la mamma e il babbo, spesso e volentieri, preferisce tacere.
Del partner non parlo neppure; sono tali i ricatti e giochi diplomatici che è possibile fare in una coppia, che il giudizio del partner tiene conto di tutto tranne che della valenza artistica del nostro operato.
Produrre qualcosa è però un processo lungo, ovviamente parlo di quanto accade a me.
Per quanto mi riguarda ci sono tre fasi di durata ineguale.

Prima fase: E' tutto nuovo
All'inizio sono anche allegro; mi stupisco per una cosa qualunque, dalla forma di una nuvola, al colore di una lampadina, ai disegni creati da una muffa e via discorrendo...
E' la parte più bella perché ti pare tutto nuovo, tutto bello; ragnatele e cumuli di immondizia varia compresi.
Ci sente leggeri, non ostante i chili in di più, e pare di camminare a qualche metro da terra.
Ah! è una fase meravigliosa la cui durata è variabilissima; a volte basta un niente, anche un pensiero scappato dal recinto, per frantumarla e passare alla fase successiva.
Peccato perché è veramente un periodo bellissimo.


Seconda fase: La tenda di broccato
In questa fase mi immalinconisco facile, penso alla transitorietà dell'esistere, memento mori, qui una volta era tutta campagna, ah! quand'ero giovane saltavo i fossi per il lungo e via di seguito.
Questa fase tende a durare da qualche giorno a qualche mese, nei casi veramente gravi, anche qualche anno.
Mentre sono intento a deprimermi, così, gratuitamente e immotivatamente, capita di vedere alcune immagini; una figura, un barlume di composizione, un concetto da rappresentare... quando questo accade vuol dire che la fase "tenda di broccato" sta dando i suoi frutti e che in un tempo indefinito, tra la settimane e qualche mese, si passerà all'ultima fase.
La fase tenda di broccato è devastante; intanto perché non è facile uscirne, insomma i pensieri tristi fanno come le ciliegie e si rincorrono giocando a rimpiattino, poi c'è la battaglia con l'ironia e il sarcasmo:"che due... di nuovo. E anche stavolta non sto pensando niente di originale per deprimermi. Che barba che noia".
Ho anche la tendenza a divenire poco socievole e con la tendenza alla risposta tagliente.
Questa fase può durare da qualche settimana a qualche mese; ne ho avuta una che è durata una decina d'anni... ero un fiore, uno spettacolo d'uomo; davvero.... roba che mi sarei asfaltato da solo con la mietitrebbia.

Terza fase: L'apparizione
Mentre sto bevendo il mio brodo di verdura, o sono intento alle mie funzioni fisiologiche, o sotto la doccia, al volante, insomma in una qualunque situazione a caso e sto contemplando la rovina del Cosmo, la vittoria definitiva, globale e totale dell'Entropia; proprio mentre sono lì a fare i conti, per l'ennesima volta, con le peggio cose, che per altro sono già state pensate e valutate, e quindi mi critico perché in fondo è sempre la solita solfa, ecco che, come una teofania, mi appare la Creatura in tutto il suo splendore.
Fisso l'idea su un fogliaccio basta che sia e poi la realizzo.
Durata della fase: pochi secondi.

Alla fine la creatura sarà comunque meravigliosa, perché si sa che per la mamma qualunque sgorbietto figlio suo è bellissimo... con i disegni però, scelgo quali mostrare in giro e quali è meglio non fare uscire da casa; alcuni son tanto carucci, ma non proprio nati benissimo e a volte proprio inguardabili.
L'importante è tenere a mente che il talento è poco, gli esiti variabili e non c'è motivo per mettere in imbarazzo gli amici, a meno che non sia espressamente richiesto, con il dono di una creatura.



martedì 6 novembre 2012

Fiero di me

Davvero; non mi capita spesso di esserlo.
Sono più tipo da farsi schifo, con gradi diversi, da solo, o da immusonirsi, o fare il malinconico per partito preso; così... gratuitamente, senza un motivo.
S'era capito che non sono l'allegrone della compagnia?
Che poi; siamo onesti, non sono sempre così musone, magari è la mia condizione principale, occupa buona parte della mia programmazione, specie durante l'interminabile routine settimanale, ma la mia tendenza all'ironia mi preserva da una vita di lagnanza.
Ho dato licenza di sopprimermi ai miei amici qualora dovessi passare da una lamentela all'altra.
Ho alcuni motivi per essere fieri di me.
Stamane mi sono svegliato con un nervoso e una rabbia prorompenti; avrei potuto riversare cattiveria, sarcasmo, commenti taglienti e tutta un'altra carrettata di scortesie sulle persone che mi stanno intorno e invece... niente.
Ci sono andato spesso vicino, devo dire, oggi avrei potuto aprire bocca ed eruttare la qualunque, ma decenni di autocontrollo, appreso a karate, e di non violenza, mi hanno aiutato a non esplodere gratuitamente col primo malcapitato che si fosse trovato ad passarmi davanti.
Ho persin pestato un ricordo abbandonato da un qualche proprietario di cane e non me ne sono uscito con qualche improperio; ho pensato malissimo della persona in questione e non se mi tratterò di fronte a qualcuno che lascia le deiezione del suo cane all'aria, ma non ho dato di matto... dicono portino fortuna, sarà... ma a me non pare.
Di fronte all'abituale concione dell'autista, abituale perché da almeno un mese ogni sera l'autista del mezzo pubblico pontifica su ogni cosa, avrei anche potuto sbottare e invece ho smesso di leggere, tra l'altro parla anche forte e impedendomi di capire quello che sto leggendo, ho infilato le cuffie e così ho evitato di ascoltarlo concionare; con due passeggeri che gli davano pure corda facendogli da uditorio... sia lode agli auricolari.
Son proprio contento di me stasera, non ostante tutto...
Ovviamente ho pianificato il primo passo del mio cambiamento, l'ho detto, no?, che ho un lieve problema di controllo; devo solo trovare il coraggio e la voglia di compiere il primo passo.
Avanti adagio... passi di bimbo.

domenica 4 novembre 2012

la lagna della domenica

Non saprei neppure da dove cominciare.
Da qualche tempo mi sembra di essere cristallizzato, fermo, sospeso in tempo indefinito fatto dall'incedere, continuo, delle solite mansioni, i soliti pensieri, manco questo, per inciso, sarà particolarmente originale, e che io viva, semplicemente, in attesa della fine.
Non sono depresso, cioè "ni", ho avuto decisamente momenti peggiori e ben più melodrammatici, e anche questo fa parte del problema.
Non è la routine quotidiana che mi lascia interdetto, ad esempio vorrei anche evitare di cominciare ogni capoverso con un "non", ma il modo in cui vivo quel che mi accade intorno.
Ho passato decenni, grazie all'ambiente nel quale vivo, a costruire una serie di meccanismi difensivi che mi evitassero di soccombere; l'atarassia di qualche post fa... un'altra lagna domenicale.
Dovrò trovare qualcosa da scrivere durante la settimana di appena più spensierato per alleggerire i toni del blog.
Le mie difese sono state più che utili negli anni, del resto sono ancora qui e non ho preso un autobus mattiniero per la casa madre, ma ultimamente mi sembra una gabbia.
Non è, e dai, tanto la consapevolezza che nessuna retta conoscenza è possibile a darmi dei problemi, tanto il fatto che nel controllare le emozioni mi pare di aver smesso di provarle interamente.
Oh...io i risultati di tutta questa epoché mica li ho visti e non mi sento poi particolarmente felice da risultare l'anima della festa.
O meglio; le cose le provo solo quando sono più in superficie, letteralmente, ma mentre una parte di me è impegnata a emozionarsi, fosse anche per una concrezione salina sul muro di una casa, un'altra parte di me è impegnata ad analizzare l'emozione provata e così va a finire che è come se l'avessi vissuta in parte.
Sono decenni, almeno un paio, che i miei condotti lacrimali servono solo a lubrificare i bulbi oculari.
Il meglio lo do, e la cosa non è priva di un risvolto comico, mentre sono impegnato a essere depresso, mi faccio schifo per un motivo a caso e mi sento un oggetto di porcellana in frantumi; mentre sono in questo stato meraviglioso sono anche intento a studiare il modo in cui i frantumi si sono disposti sul pavimento; non arrivo a darmi i voti con la paletta, ma sarei capacissimo di farlo.
Invece è vero; mi dò i voti con la paletta. Mi critico, per dire, se per caso incappo in un pensiero deprimente non particolarmente originale o se l'elaborazione di uno è simile a qualcosa già elaborato in precedenza, se non approfondisco qualcosa e preferisco deprimermi in modo nazional popolare.
Ho uno spleen snob e la cosa divertente è che me ne rendo conto e mi dò pure del cretino.
Solo a pochissime persone è consentito superare le prime linee difensive, qui si parla di un complesso di parecchie cinte murarie concentriche, e a nessuno è stato mai consentito di arrivare al centro delle difese; forse manco io ci sono mai stato.
Con l'età sto diventando sentimentale.
Ho sempre preferito l'Iliade all'Odissea perché nell'Iliade c'era Cassandra; evitata un po' da chiunque, ascoltata da nessuno e accoppata da Clitennestra perché rapita da Agamennone.
Mi piaceva Medea; che butta tutta la sua vita all'aria per Giasone, taglia a fette il fratello per permettere all'Argo di seminare le navi della Colchide, viene tradita da Giasone, che se la spassa con qualcun altro, e persegue la sua vendetta sino ad ammazzare i suoi figli...e per soprammercato va a finire, secondo una tradizione, sposa di Achille nei Campi Elisi.
Achille... quello che stupra il cadavere di Pentesilea sotto le mura di Troia.
Non so; paragonata all'Iliade l'Odissea manca di dramma.
Sono venuto su a cinema d'autore; dove i protagonisti hanno delle vite in varie sfumature di squallore e terminano le loro vite in tragedia e, possibilmente, in modo del tutto inutile lasciando allo spettatore domande inquietanti da metabolizzare.
Da un po' vado in cerca di storie a lieto fine; il "vissero tutti felice e contenti", magari non proprio come nelle favole, ma che almeno i protagonisti della vicenda tentano, umanamente, di raggiungere, a suon di compromessi, una vita ragionevolmente felice.
Notare "umanamente" e "ragionevolmente"; sono anche snob coi lieto fine, l'eccesso di melassa mi disturba.
Il punto è che alle soglie dei quaranta, dopo decenni di onorata carriera come pessimista convinto, passando anche la fase: "no, io non sono pessimista, sono realista"... raccontiamocela, sono giunto alla conclusione che la storia può essere a lieto fine; sono diventato possibilista.
Al momento vorrei un lieto fine, ma non so se lo voglio davvero, a che prezzo, se saprei evitare di analizzarlo come un esperimento di laboratorio o se riuscirei a viverlo nella sua interezza.
Non sono sicuro di possedere tutte le chiavi delle porte, saracinesche, grate e quant'altro che chiudono ermeticamente le mura.
Non sono sicuro di volermi esporre, vorrei, ma non so se sono o meno pronto, ma se non ora quando? Presto sarà troppo tardi e dovrò fare i conti con rimpianto ed io detesto avere dei rimpianti.
Insomma; so che non pare, ma sono depresso....con moderazione e a breve compilerò anche la critica a questa depressione; per ora ne sono favorevolmente colpito perché porta fuori cose in parte nuove.
Sono anche sull'orlo di un cambiamento e, per come sono fatto, visto che convivo con me da un po' di tempo a questa parte, se non accadrà qualcosa che mi colpirà dall'esterno, sarò io a causare, in un modo del tutto incosciente, nel significato più ampio del termine, un cambiamento.
La cosa interessante è che vorrei anche controllare il cambiamento; ho decisamente un po' troppa volontà di controllo.
Che dire? Magari espatrio...non certo per questioni lavorative, ma perché ricominciare da zero da un'altra parte potrebbe essermi d'aiuto per fare errori nuovi.
Al momento mi pare di ripetere persino gli stessi errori.

martedì 23 ottobre 2012

Nomi imbarazzanti di una neonata provincia

Il governo dice "niente deroghe" e quindi, pare, che il matrimonio tra Piacenza e Parma si farà; non ostante le reticenze di uno degli sposi... Piacenza.
L'Emilia-Romagna non sarà più divisa in nove provincie, ma in quattro con Bologna quale "metropolia"; certo che se il "presidente" di Bologna lo chiamano "metropolita" potrebbe esserci una vaghissiama confusione tra cariche laiche e titoli ecclesiastici.
E pensare che Bologna ha scalpitato tanto per divenire autonoma dalla Chiesa dalla quale, formalmente, dipendeva.
Ebbene si; mi domando se la parte romagnola delle provincie avrà nome Esarcato, nel qual caso potrei trasferirmici solo per avere un Esarca... a patto, ovviamente, che quest'ultimo sia nominato da Costantinopoli e visto che c'è carenza di Basilei ultimamente, può andare bene anche il Patriarca Ecumenico di Costantinopoli; non mi formalizzo.
Onestamente speravo che le provincie fossero tutte abolite; per le competenze che hanno non ha molto senso tenerle in piedi e queste funzioni possono essere, comodamente, assolte dalla Regione.
Piacenza e Parma sono sempre andate d'amore e d'accordo sino a quando hanno potuto ignorarsi amabilmente.
Piacenza ha sempre gravitato intorno a Milano e Parma ha sempre avuto mire da capoluogo di Regione; un po' come Fidenza che si crede un capoluogo di provincia incompreso.
Povera Fidenza, sfumano, così, le sue ambizioni di divenire capoluogo di provincia.
Piacenza incolpa Parma di averle portato via la funzione di capoluogo del Ducato, dimenticandosi di aver tentato, ripetutamente, di assassinare i figli del papa; in generale l'accusa è quella di essersi comportata come una zecca.
A seguito poi si va a curiosare anche nelle vicende delle Diocesi, per cui la Diocesi di Parma si è incamerata territori della Diocesi di Piacenza-Bobbio; ci si dimentica della nascita della Diocesi di Fidenza che non si fila nessuna delle due città.
Ci sarebbe poi una ruggine più recente sorta con la nascita della Cassa di Risparmio...il corpus del cahiers de doléances è ben nutrito.
Mi immagino la drammatica crisi del genius loci di Fidenza in questo momento.
Qui si tratta di ruggine secolare che ha sedimentato nel tempo, ed è rimasta buona sino a quando le due città dovevano avere rapporti sporadici ed episodici; dopo qualche secolo di certe cose ci si ricorda meno.
Come beffa finale Piacenza è stata la Primogenita del Regno d'Italia e Reggio Emilia, altra provincia soppressa, la patria del Tricolore e, come benemerenza, vengono soppresse senza tante cerimonie e tanti saluti.
Alla ridda di ipotesi di accorpamento, Piacenza con Lodi, con Pavia, con Reggio-Emilia, con chiunque ma non con Parma, finalmente è stata posta la parola "FINE".
Come si chiamerà la nuova provincia?
Ebbene queste le proposte: PiPa, PaPi o Verdiana.
Delle tre "Verdiana" è la meno imbarazzante, per quanto PaPi sia molto d'attualità e PiPa sia semplicemente incommentabile... davvero.
Personalmente preferirei scegliere tra Piacarma o Parenza.
In un paese come il nostro nel quale ci si è accoltellati, con grande gioia, per secoli, non mi pareva proprio il caso di rinverdire secolari rancori sopprimendo random delle provincie, ognuna delle quali, o quasi, emblema di autonomie d'annata; ci avrebbe fatto più bene togliere tutte le provincie.

venerdì 19 ottobre 2012

Son problemi

Ho un problema.
Riesco a leggere, senza fatica, sia da destra verso sinistra che da sinistra verso destra e la cosa, di per sé, sarebbe anche una abilità del tutto inutile, un po' come arrotolare la lingua sull'asse mediano per intenderci, altra abilità utilissima che possiedo; ma, da un punto di vista lavorativo può essere un problema... non arrotolare la lingua, ma leggere in entrambi i versi.
Quando disegno specchio e ruoto i disegni a seconda della convenienza; in un edificio, se mi è più comodo, è facile che mantenga ferma la pianta e disegni i prospetti così come sono con l'intenzione di girarli per il loro verso in seguito.
A volte mi dimentico di girare i disegni perché non riesco a vedere l'errore; massì... ci sono le scritte, ma se per me hanno senso anche se lette da destra verso sinistra, non sono di grande utilità.
Quando c'erano i lucidi mi andava di lusso, perché mi basavo sulla brillantezza del segno; brillante nel verso giusto e opaco in quello sbagliato.
La mia carriera di disegnatore conta innumerevoli esempi di prospetti specchiati; a volte me ne accorgo, ma spesso non li vedo come errore.
Di recente sono anche peggiorato.
Una volta specchiavo l'intero prospetto, adesso mi capita anche di specchiarne solo una parte.
Il difetto non consiste nel non saper distinguere la destra dalla sinistra, cosa che, a parte un imbarazzante episodio recente, e assolutamente sporadico, ma è proprio una mia incapacità nel vedere la differenza tra una scritta composta nel verso convenzionale e nel suo contrario.

Ecco; avrei dovuto identificare qualcuno in un gruppo di persone e continuavo a sostenere che questa persona fosse a sinistra... certo; era sinistra ma dal punto di vista del gruppo fotografato e non dell'osservatore.
A volte credo che il mio cervello abbia qualche problema di comunicazione.

martedì 16 ottobre 2012

Un giorno ordinario

"Di venere e di marte non si arriva e non si parte" e dove abbiano sentito la variante con "non ci si sposa" non ne ho idea, fatto sta che a Marte e a Venere non piacciano gli arrivi e partenze; non mi pareva che abbiano mai lavorato in un albergo o in un campeggio, ma è evidente che sia martedì che venerdì sono cosiderati giorni infausti per i viaggi.
Il mio primo giorno di lavoro qui a Parma, è stato un martedì di febbraio e mi è morta la batteria; non sono superstizioso, ma a certe cose faccio caso... per poi dimenticarmene rapidamente.
Oggi sono rientrato in studio e ho fatto la seguente scoperta: qualcuno ha aperto una mia bottiglia d'acqua.
Potrei benissimo essere stato io, ma la bottiglia era sulla scrivania e, in genere, quando esco lascio la scrivania sempre in ordine; il livello di acqua è inferiore a quella integra rimasta.
Qui qualcuno ha bevuto a mie spese e manco me l'ha chiesto.
Non ne farò un dramma esistenziale, ma scoprirlo mi ha mal disposto.
A seguire è arrivato un ingegnere che aveva bisogno di alcuni documenti; mentre telefonavo alla mia collega per avere lumi, dato che ieri io non c'ero, questo ha continuato, imperterrito, a parlarmi nell'orecchio; a costo di risultare scortese ho dovuto fargli cenno, bruscamente con una mano, di chiudere quella ciabatta.
Verso mezzogiorno suona il telefono e l'impiegato di banca, all'altro capo della linea, senza presentarsi, mi chiede con chi volevo parlare;
io:"Guardi che mi ha chiamato lei"...e questo sbatte giù il telefono.
Non ostante tutto, ora mi sento anche tollerante nei confronti della specie umana; in fondo è già martedì e quindi questa è settimana corta.

lunedì 8 ottobre 2012

Innovazioni

Sulle note di una musica latino americana, che entra dalla finestra aperta, scrivo questo post che non sarà né un inno alla tecnologia, né un inno al piccione viaggiatore... anche se, quest'ultimo, per chi mangia carne, poteva anche fungere da razione di emergenza, mentre cibarsi di un cellulare può essere, oltre che poco nutriente, vagamente deleterio.
Quando ho iniziato il lautamente ricompensato, risa di sottofondo ON, mestiere di disegnatore si usavano cose astruse che ora potrebbero comparire in un museo della tecnica.
Io disegnavo con le squadre, a matita, con il portamine e utilizzavo un apposito temperamine per fare loro la punta, anche se spesso mi arrangiavo con la carta vetrata.
Utilizzavo il balaustrone; un compasso dotato di una prolunga che andava montato come Jeeg...del resto aveva i componenti anche il balaustrone.
Raramente mi avvalevo del tecnigrafo, mentre il tavolo luminoso, anche se ora si utilizza l'anta di una finestra che costa meno, non l'ho mai abbandonato.
Smisi a scuola di disegnare sulla carta, al lavoro si disegnava sul lucido; una, più o meno, sottile pellicola trasparente di plastica, in formati diversi, rotoli e fogli, sui quali si facevano i disegni tecnici.
Si facevano gli schizzi su un altro tipo di pellicola di plastica chiamata carta da burro; una pellicola più opaca del lucido e più fragile.
Si disegnava a mano con la matita, poi si passava tutto a china coi rapidi, che sono stati una grande evoluzione, della qual cosa rendo grazie altrimenti avrei riempito di macchie i miei fogli, e si usava una gomma di una pasta particolare per togliere la matita senza sbiadire la china.
I rapidi venivano caricati con delle cartucce usa e getta, ma io, che ho sempre odiato lo spreco, viaggiavo armato di siringa, guanti, boccia di inchiostra; materiale indispensabile per riempire di china il serbatoio di rapidi.
C'era poi tutta una procedura per pulire le punte dei rapidi, che erano di spessori diversi a seconda dell'evenienza, zero uno, zero due, zero tre e via dicendo, basata su bagni di alcool e lievi colpi per non piegare il filo che scorreva dentro la cannula dalla quale usciva la china.
Per correggere la china si usava una lametta da barba per grattare la superficie dei lucidi, poi ci si passava sopra con una gomma, per scaldare il lucido e uniformarne la superficie, in modo che al secondo passaggio con la china il tratto fosse uniforme.
Sulla carta non c'era santo in paradiso; un errore a china costava il rifacimento della tavola.
Non c'era gomma che cancellasse la china in modo efficiente; lavoro buttato e da rifare.
A volte, quando era richiesto dalle circostanze, si ricorreva alla copia del lucido su un un'altra pellicola di plastica chiamata radex. Era di un colore seppia più o meno carico, a volte la sfumatura era più bluastra, ma era molto più facile usare un controlucido; una fotocopia del lucido originario su un altro lucido e su questo supporto grattare via i segni era molto più semplice che non sul radex.
Si usava, per fare le solite mille mila copie che vanno associate ad ogni pratica edilizia, la macchina eliografica.
Si accoppiava il lucido all'apposita carta per eliografia, gialla, tenuta dentro sacchi neri in quanto fotosensibile, e la coppia si faceva passare attraverso una macchina che con una luce e dei vapori di ammoniaca, riproduceva il lucido.
Una volta produrre il materiale grafico di una pratica era un processo lungo che durava molto più della parte burocratica necessaria alla presentazione.
Il computer ha cambiato tutto; in un amen si fanno i disegni, li si stampa con un plotter e l'unica parte manuale è il taglio e la piega delle tavole.
Il tempo per fare i disegni è rimasto, però, invariato.
E prima facciamo il disegno in un modo e poi ci facciamo una ventina di variazioni iniziali, indi una cinquantina di versioni a seguire e dopo aver smacchinato sullo stesso canchero di edificio, si producono i definitivi.
Col fatto che non si vede la mole di lavoro fatta per ogni singola tavola, non si ha la percezione del lavoro svolto e si tende a pensare che tanto fa tutto il computer.
Morale: si lavora il triplo di prima, con tempi molto più rapidi e brevi e si prende sempre lo stesso.
Ho deciso di investire un paio di centinaia di euro e dotarmi di una tavoletta da usare al lavoro; vorrei evitare di farmi venire la sindrome del tunnel carpale a causa di tutto il lavoro svolto dal computer... nella speranza che la tavoletta serva.
Personalmente non saprei cosa fare senza pc, me ne rendo perfettamente conto, ma ci sono momenti nei quali vorrei tanto tornare ai bei tempi di Ur; una tavoletta di argilla e una canna per scrivere... così almeno posso lamentarmi del peso delle tavole di argilla in sestuplice copia.

venerdì 5 ottobre 2012

Anacronismo

Sono sicuro che s'è capita la mia, per nulla nascosta, fascinazione per Bisanzio.
No? I miei manzoniani lettori, la maggior parte dei quali vedo e frequento con assiduità, sono stati abbondantemente annoiati con Bisanzio, le icone, l'arte bizantina e via discorrendo; mentre per quei pochi che non vedo e che conosco solo grazie alla rete, hanno avuto la loro dose di noia leggendo un mio sproloquio, ogni tanto, a tema in questa selva di bit.
Ecco; questo post non sarà diverso, per la maggior parte parlerà di Bisanzio; ma sarà breve.
Lettore avvisato...

Tutto questo per dire che sebbene siano passati solo 559 anni dalla caduta di Bisanzio, io non sono ancora riuscito a metabolizzare l'evento.
No, dico... manco avessi vissuto di persona gli eventi del maggio di quel lontano episodio; eppure ogni volta che ci penso, mi viene male.
Che poi, diciamocelo, non è che Maometto II e il suo esercito, e i loro tre giorni di saccheggio, dei quali Maometto si pentirà per altro, siano stati peggiori della quarta crociata e delle mire del novantenne Dandolo che di pentirsi non l'aveva manco per i piedi*.
Venezia però, probabilmente perché figlia, anche se spesso "tenia" la definirebbe meglio, di Bisanzio non mi ha mai indotto la distanza che ho sempre tenuto nei confronti dell'Impero Ottomano; vittima di una pessima campagna settecentesca che ha preso anche me...vi sto ponendo rimedio, o almeno ci provo.
Venezia l'ho sempre vista come un pezzo d'Esarcato in Italia, e poi la città lagunare ha San Marco, la chiesa di Torcello; di bizantino a Bisanzio c'è rimasto pochino e spesso le autorità non ci tengono particolarmente a mantenere quanto lasciato dalla Roma d'oriente.
Povera Bisanzio; bistratta in occidente, passata nella lingua italiana solo come sinonimo di cavillosità, ricordiamoci che erano figli della burocrazia romana, manco in oriente se la passa bene.
Tra l'altro la bizantinite si è incancrenita solo in quest'ultimo decennio; prima avevo molti altri interessi, e probabilmente ne arriveranno altri, che al momento permangono un po' isolati.
A essere obiettivi il tutto deriva da due cose: Bisanzio, in sé, è una parola con un suono bellissimo e bizantino è parimenti mirabile; e il mosaico, il fondo dorato e il ricorrere a dei tipi nella rappresentazione artistica, crea una fortissima suggestione.
Si, lo ammetto, le immagini bizantine, specie man mano che le influenze naturalistiche vanno perdendosi, sono un po' statiche, piattine, ma sono un bellissimo preludio all'astrazione, alla rappresentazione di concetti attraverso segni evocativi figurativi, il cui compito è quello di rendere chiaro, lapalissiano, gli esempi che comunicano.
Il Rinascimento in Italia non sarebbe mai potuto essere possibile senza Bisanzio, anche se non sarebbe mai potuto nascere nella nuova Roma.
Compare di Bisanzio è l'Egitto; l'importanza dell'Egitto è sempre trascurata, lo si riduce a un racconto biblico, specie quando ripassano i "Dieci comandamenti", a un paio di faraoni, di grande attualità Tutankhamon, perché le cose che sbarlusegano piacciono a noi gazze, e più niente.
Chi se ne frega di Hatshepsut che conversava alla pari con il re Hittita, o del ruolo della donna nella civiltà egizia.
Del fatto che la scultura egizia abbia influenzato gli esordi della statuaria greca e che, pur nella sua ieraticità, abbia avuto elementi di realismo tali che bisognerà attendere l'ellenismo per ritrovarli in una statua, non si parla; artisticamente parlando l'Egitto è considerato un po' come l'espressione artistica di gente poco dotata.
Non hanno inventato la prospettiva come rappresentazione, perché non avevano alcun motivo di farlo; la rappresentazione seguiva regole diversa dall'osservazione naturale.
Tendiamo anche a dimenticare che l'Egitto, persino per i greci, era sinonimo di antichità e quindi di autorevolezza e che i greci, per darsi un tono di rispettabilità, decisero di far passare le divinità egiziane per divinità greche.
Noi non siamo il vertice di una piramide evolutiva, sia come specie che come cultura, e non possiamo permetterci di guardare agli altri come dei poveri sottosviluppati; esigenze e possibilità diverse, danno luogo ad adattamenti diversi tutti vertici evolutivi di quell'ambiente specifico.
Convenientemente dimentichiamo popoli e culture scomode perché ci piace essere etnocentrici; siamo egoisti persino come etnia.
E' solo nella contemporaneità che possiamo fare paragoni e fornire stimoli affinché vengano autonomamente elaborati, metabolizzati e interiorizzati; le imposizioni sono fallimentari.

*manco per i piedi: esattamente non so da dove arrivi, ma vuol dire "non avere assolutamente intenzione"

giovedì 4 ottobre 2012

Certezze 2... 3... boh

Sono sicuro di aver già parlato delle mie certezze esistenziali da qualche parte; che non ne ho, che poi non è vero perché non averne conta per uno e via discorrendo.
Anche la stupidità di Vento, per dire, è un caposaldo della mia esistenza.
Di recente ne ho aggiunta un'altra e con questa saliamo ben a tre; sta a vedere che ho più certezze di quanto pensassi.
Al mio capo irrita terribilmente il fatto che le persone non rispondano al cellulare; non sta a pensare che le persone possono avere altro da fare che vivere incollate alla cornetta, che magari non sempre si sente lo squillo e che, magari, in quel momento non è proprio possibile rispondere.
Lui si agita, mormora, borbotta.
Dovete sapere che io non rispondo al cellulare nelle seguenti condizioni:
- quando non lo sento; mi pare lapalissiano, ma è meglio palesarlo;
- quando sono in autobus o in corriera, perché leggo, guardo il panorama, perdo la testa tra le nuvole e poi c'è un discreto baccano e quindi diventa impossibile capire cosa l'altra persona tenta di comunicarti;
- quando sono in vacanza;
- quando guido... fa strano, lo so, ma ho questa brutta abitudine di guidare quando sono al volante.
Da quando vado in corriera a Parma e torno alle 19:30 a casa, uscendo dallo studio alle 18:00 dopo nove ore di lavoro, indovinate un po' chi mi chiama alle 18:40 circa, ovvero quando sono in corriera?
Oh... io gliel'ho detto che è inutile chiamarmi a quell'ora perché tanto non lo sento, ma lui insiste; il fegato è il suo

martedì 2 ottobre 2012

Ancora tu? Ma non dovevamo vederci più?

Ebbene; indovinate un po'?
Stamane è passata a trovarmi la Scheda del Male, onestamente non ne sentivo la mancanza, ma abbiamo fatto due chiacchiere in simpatia.
Il dialogo è stato più all'insegna del: "...e questo da dove sbuca?"; "mq.202,48 che detraggo da... ah; si... sono da compensare"; "ommioddio! perché questo numero è diverso?"
Mi sono accorto di aver usato una vecchia tabella per inserire i valori nei documenti e nelle tavole, così, adesso, mi tocca farla passare, per l'ennesima volta, come il riso alla ricerca di eventuali strafalcioni.
Al momento ho trovato un passaggio oscuro nella relazione che va chiarito: utilizzo del parcheggio pubblico per fare della viabilità e quindi devo compensare quest'ammanco aggiungendo una quota uguale di parcheggio, trovandola nel piano, ma dalla relazione non si capisce.
Non vorrei dirlo troppo forte, ma l'ho vista un po' meno in forma quindi, FORSE, potrei davvero arrivarci in fondo.
Se ci arrivo entro il 21 di dicembre sarà un chiaro segno dell'Apocalisse; i Maya si riferivano chiaramente al completamento della Scheda del Male.
Oggi cercando tra le polverose e abitate, v'ho trovato un ragno e un pesciolino d'argento, carpette ho trovato i primi conti che feci nel lontano 2007; sono passati cinque anni e ci sono ancora a dietro... m'è quasi venuto da piangere.
Non so ancora cosa farò quando porrò, se mai riuscirò a vedere quel giorno, la parola fine sulla scheda, ma è probabile che: 1) dormirò per una dozzina di ore; 2) piangerò come una vite tagliata; 3) andrò in pensione e questo vi fa capire quanto l'eventualità di una fine alla Scheda, sia materia da confinarsi nel magico e nel fantastico.

giovedì 27 settembre 2012

Come si cambia

Quando si legge di varie regole sul come scrivere un blog, viene sempre fuori che bisogna mettere un titolo appropriato al post, una sorta di sunto concettuale del contenuto dello scritto, eppure si può , come testimonia questo titolo, essere comunque sufficientemente vaghi per fungere sia da richiamo, sia da filtro... in fondo, spesso e volentieri, titoli generici promettono scritti noiosi, o all'insegna della concione.
Spero di non ricadere né nell'ultimo, né nel primo caso ma, onestamente, avrei dovuto scegliere un titolo troppo chiassoso per i miei gusti.
E' da un po' che voglio scriverne ma, per motivi vari, non ho mai trovato lo slancio per parlarne.
Partiamo da Adamo ed Eva?
In gioventù leggevo quotidiani con religiosa frequenza; iniziai con "la Repubblica", per poi passare a "liberazione" e poi al "manifesto".
Va da sé che la mia formazione comunista, innestatasi su un substrato di istruzione cristiana, ha prodotto, col tempo, una visione pascoliana dell'esistenza; tanto per chiarire qualcosa di lapalissiano insomma.
Da bravo comunista avevo un'idea tutt'altro che lusinghiera degli Stati Uniti; ne guardavo i difetti quali l'assenza di uno stato sociale degno di questo nome, un'idea del mondo visto come ente Idipendente da loro e via di seguito...
Questo stato di cose è andato avanti per un bel po' di tempo, con alterne fortune, almeno sino a quando una mia cara amica si è trasferita oltre oceano sposandosi con un cittadino statunitense.
Ho iniziato a imparare l'inglese, sebbene in un mio modo farraginoso, imparato, per altro, solo per buona educazione, mi spiace estromettere le persone dalla conversazione, e in itinere ho iniziato a leggere giornali di lingua inglese; del regno unito, irlandesi, australiani e statunitensi.
Mi sono esposto non solo alle influenze date da serie televisive, libri o cinema, ma anche a quanto gli americani possono leggere la mattina facendo colazione, o in metropolitana.
L'unica volta che sono andato negli USA è stato qualche anno fa e da turista; questo vuol dire che non posso averne un'idea precisa, perché non basta leggere qui e là per capire qualcosa di un paese e il turista gode di una condizione privilegiata.
Da questa frequentazione ho capito qualcosa che ritengo assolutamente fondamentale; gli Stati Uniti, pur con tutti i loro evidenti, difetti, sono un paese nel quale la democrazia è realmente partecipativa.
L'opinione pubblica conta, ha un peso importante, ed è in grado di cambiare le cose.
Vi ricordate il processo per l'omicidio di Meredith Kercher? vi ricordate anche le ingerenze del segretario di Stato Hillary Clinton? Lei intervenne perché un gruppo di madri, sue elettrici probabilmente, la spronò a farlo. Che sia intervenuta anche per altre ragioni poco importa; quel che conta è che un gruppo di presunti elettori chiamano e il Segretario di Stato risponde.
Ce lo vedete il presidente della Camera o del Senato d'Italia che risponde a degli ipotetici elettori, dando loro l'attenzione richiesta?
Potrei andare avanti, parlando anche della libertà di espressione e altre cose, ma non lo ritengo necessario; rimango allergico alle apologie.
Non ho mai idealizzato un paese, neppure l'URSS quando ero dotato di paraocchi importanti, ma nel tempo mi sono accorto di non aver guardato agli USA con quello sforzo di comprensione obbiettiva che riservo alle cose; li ho trattati ingiustamente per almeno una decina d'anni.
Ora cosa ne penso? Penso che siano un paese come tanti altri, meno provinciali di altri in ragione del suo multiculturalismo...sono giovani, ma si sono sforzati di applicare i principi illuministi che animano la loro costituzione; possono far sorridere alcuni comportamenti, arrabbiare altri, ma io non posso fare a meno di ricordare che il loro senso civico non è solo un'opinione, o una locuzione verbale.
I pregiudizi sono una brutta cosa, parenti stretti del provincialismo e, alla lontana, del razzismo




sabato 22 settembre 2012

Sogni torrentizi

Il mio paesello sorge sopra gli alvei, debitamente coperti, di due celeberrimi torrenti: il Ghiara, chiamata affettuosamente "la Gerra", e il Citronia che non ha, ch'io sappia, un nomignolo affettuoso.
Il Citronia entra nella Gerra da qualche parte all'altezza delle cutrettole davanti lo stabilimento Zoja, se non ricordo male, e in genere ci si ricorda sempre della Gerra.
Nel 1971, se non ricordo male, la Gerra e la Citronia, che cambiano genere a secondo del momento, esondarono e allagarono completamente il paese; considerate che la maggior parte del loro percorso è coperta, come se fossero intubati per l'estensione del paese.
Per fortuna non si può dire che il mio paese sia un dono della Gerra e del Citronia; così non equipariamo i due torrenti al Nilo e il mio paese all'Egitto.
La Gerra, sino a qualche anno fa, è sempre stata per niente pulita; non era infrequente trovare tra i suoi flutti palloni da calcio, lavatrici, biciclette e qualunque immondizia la deficienza umana sia capace di scovare.
Va da sé che nessuno, tranne i "palombari" che la ispezionano ogni tanto, la tenuta è proprio, comprensibilmente, quella da palombaro, sa cosa si estende al di sotto della copertura; personalmente ritengo che via sia istituito un regno millenario, retto da pantegane*, da noi chiamate affettuosamente "ponghe", da esposizione, in perenne lotta con le tartarughe carnivore asiatiche liberate in ogni pozza del paese.
Stanotte ho sognato che, attratto da uno strano movimento nell'acque della Gerra, scendevo nell'alveo a indagare, per poi rifugiarmi su un pilone, in alto, del ponte che supera il fiume, una volta scoperto che la Gerra era stata colonizzata da orde i siluri e da sciami di pesci romboidali coi denti da pirana... sono scese quando ho visto un gatto avvicinarsi al torrente; segno sicuro che le bestie fluviali se ne erano andate.
Di siluri nella Gerra non ce ne possono essere perché c'è poca acqua, così come pesci di alcuna sorta, date le sue acque non proprio linde; va bene, vi ho visto delle folaghe e quindi, forse, il suo stato di salute è un po' migliorato, ma rimane sempre un torrente basso.
Come commento sonoro al sogno avevo una serie di lamentele dei parmigiani per la condizione della Parma; il loro torrente era in secca e l'avo puteava...la cosa interessante è che i parmigiani si sono realmente lamentati della Parma.
Quel che è ancor più interessante è che, in genere, la Gerra secca verso marzo, maggio, e riprende a scorrere intorno a ottobre con le piogge; quest'anno il torrente ha sempre mantenuto l'acqua, mentre la Parma, si è miseramente seccata al sole.
Personalmente ritengo non eccessivo piazzare un cartello, all'imbocco della copertura della Gerra, che recita: "hic sunt dracones"... "lasciate ogni speranza voi ch'entrate" mi pare eccessivo, in fondo credo che le ponghe possano essere entità illuminate e compressive, nutro più dubbi sulle tartarughe carnivore.

*ponga: nome colloquiale, gergale, dispregiativo e per niente affettuoso, del ratto norvegese

giovedì 20 settembre 2012

Caro studente...

...di architettura, scrivo queste poche righe, che assumeranno l'aspetto di uno sproloquio, perché ogni volta che si approssima una nuova pugna contro la Scheda del Male, mi vieni in mente tu.
Goditi gli anni dell'università dove puoi progettare liberamente usando qualunque forma, soluzione tecnica e materiale che ti viene in mente, ove puoi teorizzare di soluzioni urbanistiche intorno la città ideale; attività che ti concede un'aurea da artista rinascimentale.
Una volta terminata l'università inizierà il periodo di praticantato in qualche studio a caso e potresti capitarmi tra le mani, o tra le mani di qualcuno simile a me.
Ti si parranno innanzi alcune prove; parrà una sorta di scalata verso l'acquisizione dello status di essere umano degno di attenzione.
Per i primi tempi farai fotocopie; verrai spedito al protocollo, a comprare "la qualunque", a cercare pratiche vetuste in confusionari e polverosi archivi, magari bui e frequentati dalla progenie di Shelob.
Se saprai fare le fotocopie, capacità che per alcuni è una conquista di gran vanto, ma anche se sarai riuscito a scazzare* 250 fotocopie, specie se la bisogna è grande, verrai spedito a fare da accompagnatore, su un rilievo, a chi nello studio avrà il compito di farti da mentore...e qui entro in scena io, o una figura a me assimilabile.
Per un po', alcune misure, ti verrà lasciato fare il rilievo e poi verrai bonariamente rimbrottato; ti verrà spiegato come si fanno i rilievi, quali misure vanno prese, quali, se ce ne sono, possono essere trascurate e via di seguito.
Non pensare di andare a rilevare strutture ordinate e pulite; la maggior parte saranno rustici cadenti, in precario stato di conservazione, in discutibile stabilità statica, popolati da insetti e animali di ogni genere e, spesso, incrostati di cadaverini di varia natura e "cose" organiche di natura non ben specificata.
In genere, a causa della mole di lavoro, ti verrà affidato il compito di disegnare quanto rilevato e poi verrai ripreso; per la precisione, la qualità grafica degli elaborati, le scelte compositive, l'uso di uno stile di testo piuttosto che un altro; qualcosa si trova sempre... nei casi più gravi è l'assoluta mancanza di comprensione di quanto rilevato.
Superato indenne il praticantato inizierai la libera professione e dovrai fare i conti con figure che, all'università, non hai mai incontrato prima: gli Enti pubblici e la Committenza.
La committenza in genere è una capra; vuole una casa che sia assimilabile a una capanna, due falde di tetto, con un numero elevato di locali amplissimi all'interno, anche se può fare un quantitativo risibile di superficie; che costi poco a costruirla e a mantenerla, quindi niente materiali particolari, curve strane, aggetti peculiari disassati che richiedono impermeabilizzazioni costose da realizzare; in più, come bonus, ritiene il tuo progetto, spesso e volentieri, un canovaccio sul quale può improvvisare di ogni, facendo il fabbricato più grande, con qualche abuso qui e là, che tanto sarai poi tu a cercare di giustificare in qualche modo, seminando a caso le aperture in facciata, e se ne infischieranno di tutti quei calcoli che hai fatto per rispettare le norme; la committenza è una sorta di Cariddi semianalfabeta. Del resto i mostri non sono tenuti all'istruzione elementare.
Sorella di Caridda è Scilla: l'Ente pubblico.
L'Ente pubblico ha il compito di far rispettare le norme e lo fa con burocratica pignoleria, ma soprattutto all'Ente piace cambiare; ad ogni semplificazione la norma si intricherà in un groviglio tale da renderla incomprensibile persino a chi l'ha redatta e verrà interpretata, sempre e comunque, nel modo più restrittivo possibile.
I moduli da compilare per le richieste cambieranno sempre nella forma e nel numero, di preferenza aumentando nel tempo, e richiedendo sempre più documenti e dati.
Cambieranno di continuo i metodi di calcolo degli standards da cedere, il calcolo dei rapporti di illuminazione, volume, sigle, distanze; tutto muterà e si complicherà ogni volta, sino a quando non ti chiederanno di allegare, alla richiesta, anche il tuo emocromo.
Trascuro, perché infierire mi pare brutto, l'aspetto economico...
In un mare di lavori mediocri, resi tali da fattori a te del tutto estranei, capiteranno rari interventi che daranno soddisfazione; pensa a questi pochi interventi e goditi gli anni di università.

*scazzare: ha il medesimo significato di sbagliare, ma con una accezione, importante, denigratoria, Ovviamente è un termine colloquiale

giovedì 13 settembre 2012

Letture

Un bel post sui libri, così metto un po' di vita sul blog, lo faccio riprendere dal delirio mitologico del post precedente e vi rendo partecipi della mia scoperta.
Innanzi tutto devo tediarvi un'altra volta con la mitologia, perdonatemi e siate buoni, ma proprio non me lo ricordo più.
Ho il ricordo distinto di un mito, forse di fondazione di una città, nel quale l'estensione dell'abitato era dato dalla buccia di una mela, o da una pelle di bovino, tagliata molto sottile e usata per indicare il periplo cittadino; me lo ricordo solo io? questa cosa è figlia di una peperonata o qualcuno di voi, sparuti lettori, se lo ricorda e mi può dare un nome?
L'invocazione a Mneme non è servita e non riesco a ricordarmi un fico secco.
Ho finito di leggere "Byzantine churches in Constantinople"; un saggio esaustivo, almeno nella trattazione dei singoli edifici, sulle chiese bizantine, anche se oggi mutate in moschee o ricoveri per bovini, della Regina delle città. Il saggio è scritto in modo molto professorale, per cui deve proprio piacere l'argomento per leggerlo trovandolo persino piacevole, cosa, per altro, che a me è accaduta.
Potendo attingere alla produzione anglofona su Bisanzio, mi si spalancano nuovi orizzonti di lettura.
Ho anche quasi ultimato, mancano giusto un paio di pagine, "Loro due in quella foto", o un titolo simile, di una autrice francese. Il libro è bello, mi piacciono sempre tanto i romanzi epistolari; triste ma non troppo, con una scrittura, almeno dalla traduzione, un po' scanzonata. Una lettura estiva, non è certo grande letteratura, ma che vale il tempo speso sulle pagine.
V'ho detto che sto leggendo la "Vita Nova"? bhè... dovrebbe comparire nel banner di anobii.
Si tratta di uno di quei libri affrontati a scuola e poi dimenticati da qualche parte perché Dante sa di complicato. Oltre a farmi sentire un po' Janeway, vi rimando per questo a "Star Trek Voyager", posso dire che il volume potrebbe anche intitolarsi, paradossalmente e richiamando letteratura decisamente successiva, "I dolori del giovane Dante". Dante si strugge per Beatrice, ma, essendo chi è, lo fa con sonetti, ballate, riferimenti mitologici e quant'altro un uomo colto del suo tempo poteva utilizzare in campo letterario.
Onestamente pensavo che terminare la frase con un punto e iniziare la frase successiva con la "E" fosse un errore, ma se Dante lo fa potrebbe anche avere senso; certo... Dante non usa tutte le "h" nel verbo avere che ci vogliono, ma quest'uso della "e" mi lascia cogitabondo.

domenica 2 settembre 2012

Miti, storia e affini; forse.

La mia fascinazione per la mitologia nasce in un modo abbastanza imbarazzante; è figlia di una stagione di pepla, prodotta, con ampie libertà interpretative, in Italia negli anni '60, e trasmessa al mattino, o nel primo pomeriggio, quando ero un tenero virgulto.
Mi piaceva vedere questi film colorati, caciaroni e un po', a volte ben oltre il po', kitsch.
Se le storie erano molto liberamente tratte dalla mitologia, a volte c'era giusto l'ambientazione pseudo-antica, neppure riconducibile a uno straccio di periodo storico o a una cultura reale, lo spirito baraccone e variopinto era molto vicino a quello dell'antichità genericamente intesa in quei film.
Del resto se la statuaria classica e neoclassica ci fosse giunta con la pigmentazione originaria, il Rinascimento, invece che proporre algide composizioni plastiche marmoree, avrebbe avuto esiti molto vicini alla pop-art e Warhol avrebbe avuto ben poco da aggiungere.
La storia dell'arte, specie nei primi anni dell'Istituto d'Arte, mi ha fatto rintracciare nei pepla motivi decorativi reali; ricordo un pavimento lucidissimo, in uno di questi pepla, che riproduceva fedelmente la brocchetta di Gurnià nei toni del rosso su uno sfondo azzurrognolo.
Una parte generosa, in questo processo, l'ha sicuramente giocata Pollon che era uno dei miei cartoni animati preferiti.
Tra gli olimpi la mia preferita è sempre stata Atena.
Innanzi tutto poiché suo simbolo è la civetta, ed io ho sempre amato gli strigiformi, e poi perché si tratta della divinità che ha cara l'astuzia. Non che io sia particolarmente astuto, ciò non ostante è una dote che apprezzo.
Il povero Poseidone non aveva alcuna possibilità nella contesa per il patronato sulla città di Atene; cosa potevano farsene di una fonte di acqua salata sull'Acropoli?
Ho sempre amato anche la genesi di Atena: figlia di Zeus e Meti, il Tonante, dietro consiglio di Gaia e Urano, che di queste cose se ne intendevano per esserci passati prima, ingoiò la figlia prima del parto poiché gli predissero che se Meti avesse partorito una figlia, quest'ultima avrebbe dato alla luce, in futuro, un figlio che lo avrebbe privato del dominio del cielo.
La visione dell'Odissea di Bava, sceneggiato di qualche decennio fa, visto alle elementari, ricordo che rimasi folgorato dall'uso di korai e kouros, come avrei scoperto in seguito chiamarsi, per rappresentare le divinità, me l'ha fatta apprezzare ancora di più e, negli anni, mi ha spinto a leggere, e rileggere, i poemi omerici.
Questo si è poi collegato con il mio segno zodiacale.
Non che creda allo zodiaco, tutt'altro, ma i Gemelli sono Castore e Polideuce, gemelli di Elena e Clitennestra e figli di Leda, Tindareo e Zeus.
Polideuce non volle accettare l'immortalità, propria degli déi, che gli veniva offerta da Zeus poiché Castore, ucciso prima per una questione di rapimenti, era divenuto suddito di Ade; Zeus risolse con una presenza alternata dei Dioscuri tra le divinità.
Salvarono Elena dal rapimento di Teseo e Piritto mentre questi due arzilli vecchietti, all'epoca dei fatti avrebbero dovuto avere tra gli 80 e 90 anni, se ne andavano nel regno ctonio a rapire Persefone; pessima idea che comporterà per Piritoo la presenza permanente tra i domini di Ade e a Teseo un pezzo di chiappa in cambio di qualche anno di vita sulla Terra.
La senescenza può giocare dei brutti tiri.
Tutta questa grecità si è innestata con le influenze cristiane profonde avute sin da piccolo e, naturalmente, tutto questo non poteva che portare verso l'unico reame greco e cristiano sulla Terra; l'Impero Romano D'Oriente, ecumene universale e immagine in terra dell'ordine celeste.
L'arte bizantina è un connubio felice tra astrazione e figurativismo pervaso della luce dell'irrealtà, rimando a un mondo sublimato, altro e alto; un'iperurania pervasa di luce dorata che comunica per tipi e divini esempi.
Col tempo la cristianità è divenuta più un vincolo civico e la mia filiazione religiosa ha continuato ad oscillare tra monoteismo e politeismo; ciò che è rimasto è il legame con la grecità dalla sua nascita, alla caduta di Bisanzio in mani ottomane, evento con il quale devo ancora fare i conti e metabolizzare... potenza della suggestione.
In tutto questo si inserisce una ammirazione sconfinata per l'Egitto antico, le sue genti, i suoi déi e i suoi miti; l'Egitto sarà, sin dagli albori delle civiltà più giovani vicine, non ultima quella greca, sinonimo di antichità e quindi di autorità.
Diciamocelo; un catofilo non può non subire il fascino di Bastet-Sekmet, simbolo, felino e solare con attributi benefici e malevoli, che proteggeva Ra nel suo viaggio nell'adilà dalle insidie di Apopi e Seth.
Dall'incontro con l'Egitto e con Hatshespsut è nata la curiosità, che spesso sconfina con l'ammirazione abbracciandola, per molte figure femminili del mondo antico e, poi, moderno.
Prima donne in vista che, in un mondo retto dagli uomini, si erano messe in mostra ricoprendo ruoli di potere: Hatshepsut, Cleopatra, Zenobia, Cartimandua, Boadicea, Irene, Atenaide, Zoe e Teodora, Teofano imperatrice del Sacro Romano Impero, Tamara di Georgia, Rosamunda e Ageltrude... e poi figure meno note, non solo potenti ma donne di cultura, come Aspasia, Saffo, Ipazia, Kassia,  e via dicendo.
La grecità, in ogni sua forma, debito e incarnazione, è alla base, fondante, che noi ce ne si renda conto o meno, della cultura occidentale.
La mitologia, i poemi omerici, non sono lettera morta, sorpassata e roba vecchia, ma sono vive e vegete e si agitano dentro le storie che leggiamo e viviamo; se li riconoscessimo inizieremmo a navigare in un mare di rimandi mitologici, culturali, religiosi, legati tra essi che connettono tutta la cultura occidentale con le sue origini e i suoi sviluppi futuri.
Gli artisti del rinascimento producevano, con le loro opere costruite a tavolino, ricche di riferimenti culturali, un viaggio in una parte dello scibile che poteva dilatarsi all'infinito, in una serie complessa e mai ultimata di rimandi e lo stesso vale per l'arte, negletta, di Bisanzio.