lunedì 30 gennaio 2012

Si parte

Pare che dalla settimana prossima inizierò a "pendolare" tra l'avito paesello e la ducale Parma.
Ho sempre sostenuto che i cambiamenti sono sempre positivi, anche quando non pare, perché ci costringono a dare fondo alle nostre capacità di adattamento, per cui non mi lamenterò della situazione anche se, ovviamente, spostarmi dalla comodità attuale comporta un sacrificio.
Dovrò prendere la corriera delle 6:20 e quindi mi dovrò alzare, almeno, alle 5:30, come quando andavo a scuola, ma sapendo che al mattino tendo ad avviarmi con molta calma, da domani devo iniziare a cambiare abitudini.
In genere rimando le abluzione mattutine al dopo colazione, ma presto avrò poco tempo e quindi dovrò essere operativo prima, perciò il lavaggio della faccia con acqua gelata, come tradizione, verrà anticipato appena sveglio.
Tra gli aspetti negativi del trasloco va annoverato l'orario antelucano al quale dovrò svegliarmi al mattino e l'ora necessaria alla corriera per compiere il tragitto, sia all'andata che al ritorno.
Tra gli aspetti positivi annovero i seguenti:
- non avrò più una libreria comoda a portata di mano e quindi comprerò meno libri, con un decisivo risparmio mensile, anche se qui me la racconto un po' perché finirà che andrò sempre, al sabato pomeriggio, alla libreria del mio paesello;
- l'essere già a Parma, qualora io prenda su, raramente, la Polideuce-mobile, mi darà la possibilità di vedermi, almeno per cena, con alcuni amici di Parma che vedo, più o meno, con la stessa frequenza con le quali le calende ricorrevano nel calendario greco;
- passerò tutti i giorni davanti un negozio, ben fornito, che vende materiale per fare arte e quindi potrei essere stimolato a creare di più;
- avrò ben due ore da impiegare facendo qualcosa di utile come leggere, o disegni preparatori per future creature.
Andando su e giù per Parma tutti i giorni probabilmente mi verrà la nausea della ducale città e dubito fortemente che vorrò passarci anche dei pomeriggi al sabato, ma poco importa perché, ormai, causa questioni economiche, esco solo dopo cena, raramente ceno fuori al sabato e vado più spesso a Reggio, Piacenza o Cremona.
In sostanza stare qui era comodo, ma andrò dove mi porta la pagnotta; è inutile lamentarsi e quindi tanto vale organizzarsi per ricavare il meglio dalla situazione contingente.
Del resto sto anche parlando di prendere una corriera e farne una tragedia mi pare eccessivo, devo, però, pianificare gli adattamenti necessari alla bisogna, verificarli sul campo e, se è il caso, apportare le necessarie modifiche per stabilire una nuova, efficiente, routine.
Devo solo abituarmi al nuovo.
Anno nuovo vita seminuova, o almeno usato sicuro.

sabato 28 gennaio 2012

Istruzione

E' davvero uno strano fenomeno quello della moltiplicazione delle lauree, o forse dovrei parlare dell'ansia di darsi, almeno su carta, un tono.
Il faccia libro è uno strumento curioso, dà la possibilità di mantenersi in contatto con persone lontane, ma fornisce anche, a chi ci guarda, la dimensione del modo nel quale vediamo noi stessi e a volte non è un bello spettacolo quello che offriamo.
Un'altra lente deformante.
L'istruzione è l'aspetto più evidente perché campeggia allegra e fiorona sotto il nostro nome ed è sempre lì, monito, di aspirazioni, desideri, rimpianti e, forse, evidenti bugie con l'intento, presumo, di ingannare noi stessi; gli altri, coloro che ci conoscono, lo sanno benissimo qual'è la nostra formazione.
Di cosa parlo?
Vado a fornirmi come esempio.
Ho fatto, venendo bocciato un anno a causa di un mese, circa, di fogoni*( oltre ad altre difficoltà in alcune materie, per altro abbondantemente recuperate negli ultimi anni anche se la bocciatura mi ha fatto uscire con 54/60... altri tempi), l'istituto d'arte; una volta ultimata la scuola secondaria superiore mi sono iscritto a lettere moderne, d'altronde le materie umanistiche sono sempre state le mie preferite, e credo di aver frequentato forse un paio di lezioni, ma ho smesso molto presto di andare perché mi sono reso conto che senza latino e greco non sarei riuscito ad arrivarci in fondo; era una mancanza, ai miei occhi, troppo grave per essere arginata.
Avrei dovuto andare a lezioni e questo avrebbe significato un considerevole spreco di risorse finanziarie che non potevo permettermi; il mio lavoro di allora non era particolarmente renumerativo.
A posteriori e vedendo altri usciti dall'università con lacune ben più vaste delle mie, probabilmente sarei potuto arrivare in fondo al corso di laurea; all'epoca mi dispiacque rinunciare, ma oggi non costituisce per me occasione di rimpianto.
E' andata così; pazienza.
Sul mio profilo del faccialibro fa bella mostra di sé, nel campo istruzione, l'Istituto D'Arte e ne vado anche particolarmente fiero; segnare "Università" non avendo completato il corso di studi sarebbe qualcosa, per me, di inaccettabile perché non vero.
Vedo però che alcune persone, anche se non si sono laureate, alla voce istruzione hanno segnato un corso di laurea mai completato.
Aspirazione? Rimpianto?
Non so quale sia la motivazione, ma uno o più fogli di carta, per quanto sia costato acquisirli, non ci rendono persone migliori, o intelligenti, più belli o che, ma comunicano che qualcuno ha, perché ha potuto farlo, investito del denaro e del tempo su di noi permettendoci di conseguire un risultato che, speriamo, sia utile in futuro.
D'altronde il titolo di studio è importante nella misura in cui ne ricaviamo qualcosa di utile, da un punto di vista professionale e umano, non diviene inutile pedanteria e non lo utilizziamo come metro di giudizio nei confronti degli altri; oltre ad essere pedanti saremmo anche superficiali.
La vita è un affare semplice, ma noi ci teniamo moltissimo a complicarcela inutilmente e a tal fine raccogliamo tutte le scemenze possibili.

*fogone: indica l'atto di non andare a scuola all'insaputa dei genitori

mercoledì 25 gennaio 2012

Buio e nuove abitudini

Stamane mi sono connesso avviando i soliti programmi: google talk, skype, seti@home, dropbox, e mi sono appropinquato alla lettura on line del solito quotidiano.
Tutto quanto è legato a google, per cui anche questo blog, funziona normalmente; skype si collega quasi normalmente; seti@home è lì che macina dati come di consueto, ma dropbox non riesce a collegarsi e qualunque altra pagina, non google, non è visibile.
Non posso neppure accedere alla posta per vedere se ci hanno o meno inviato qualcosa.
Ho provato a riavviare i vari batolini, sono tre che controllano il nostro ingresso in rete, ma il risultato non è cambiato.
Sarà colpa dell'eruzione solare in corso? del trigono Giove-Saturno-Stromboli? E pensare che una volta me ne sarebbe fregato poco meno di nulla di questo fatto, ma adesso non poter andare in internet mi fa sentire più isolato che su uno scoglio delle Skellig.
Questo mi fa capire che il roseo futuro da stilita potrebbe darmi qualche problema.

Alla fine è deciso, si va a Parma; non so ancora di preciso il "quando", ma è deciso che prenderò la corriera. Dovrò cambiare alcune abitudini; sveglia alle cinque e mezza e quindi non potrò più leggere alla sera sino a tardi, ma dovrò andare a letto presto e sfruttare il viaggio per leggere.
Al momento ho in corso di lettura due volumi, un po' ingombranti, che mi faranno compagnia a lungo e sto valutando se leggerli solo nel fine settimana, iniziando la lettura di altri libri, magari sul kindle, o se tirarmeli a dietro.
In ogni caso l'anno è iniziato con un po' di cambiamenti.
Quello che mi dispiace è che il volume di affari ridotto farà si ch'io veda meno alcune colleghe; qui una volta lavoravano molte persone, o per lo meno un numero discreto, perché ce n'era bisogno, adesso che le cose sono cambiate siamo sempre in meno.
Speriamo di riuscire, tutti quanti, a stare a galla.
La ventata di ottimismo mattutino.

martedì 24 gennaio 2012

Momenti

Sono un mediocre, perché pessimo mi pare eccessivo, giocatore di scacchi; per quanto mi possa piacere giocarci, non ho mai nessuno con cui farlo e il risultato è che non sono particolarmente bravo.
In compenso sono abbastanza bravo con la dama italiana, ma divago e torno agli scacchi.
Quando faccio una partita a scacchi incontro sempre il "momento", cioè quell'attimo nel quale mi rendo conto che se sbaglio una determinata mossa perderò la partita.
Sovente, pur sapendo di combinare una scemenza disumana, faccio proprio la mossa sbagliata; un po' perché riconosco il momento, avverto il pericolo, ma non mi rendo conto da quale parte arriva, e un po' perché dopo aver preso coscienza di questo momento topico nella partita, me ne dimentico.
Ho pur sempre la memoria di un carasside; tre secondi.
Se la concentrazione tiene, mi rendo conto dei vari pericoli ed evito di mandare in vacca la partita e di perdere anche i calzini; ovviamente non scommetto mai, ma quando perdo a scacchi, in genere, lo faccio in modo stupido... chissà, magari lo faccio anche per farmi due risate.
Perdere fa bene, anche quando ci si è impegnati sino al midollo e si ha corso come una locomotiva, dritti, verso la meta; e fa bene perché ci insegna che alla fine della fola c'è sempre qualcuno più furbo di noi, che il tempo corre, ha da fare e non può mica stare ad aspettare te che pitocchi in giro, la vita è breve e che se le galline attraversano la strada non sono affari tuoi.
Questa cosa del più furbo è poi relativa; a volte siamo noi quelli più furbi e a volte, siamo quelli cretini, dato che non si può sapere tutto è normale che sia così.
In una conversazione non ho mai avuto la percezione di un "momento" come negli scacchi, perché del resto parlare con qualcuno non è un processo strategico, eppure ci sono momenti peculiari che se gestiti male, non causano perdite, ma fanno scendere un imbarazzo generale.
Esistono persone con un dono: quello di aprire bocca solo per dire le peggiori scemenze del creato, o raccontare le cose più imbarazzanti mai avvenute, senza per altro rendersene conto; anzi a volte raccontano queste cose andandone anche fiere, o pensando di aver fatto la battuta del secolo.
Non capiscono la differenza tra umorismo e imbarazzo, tra cose che si possono dire e condividere e cose che è meglio tenere per sé.
Il meglio di tutto ciò è che manco si rendono conto di aver vinto il premio imbarazzo dell'anno dicendo quanto di meno appropriato era possibile dire in una data circostanza.
Alcuni di questi individui, proprio per non farsi mancare nulla, abbondano anche in saccenteria e condiscendenza, creando una miscela tale da riuscire ad allontanare chiunque nel giro di pochissimo tempo; taluni sono talmente pieni di sé da non capire, non ostante la vita ci si metta anche d'impegno a distribuire loro badilate, dagli errori commessi perché convintissimi di avere sempre ragione.
Mentre dispensano quanto non richiesto, vien da pensare come sia possibile per loro stare nella stessa stanza con l'ego e tenere le finestre chiuse; se non altro l'ego ingombrante fa caldo e un sacco di compagnia, anche perché, tendenzialmente, è l'unica compagnia che potranno mai avere.
Tutto questo per dire è che se a volte l'uditorio scappa, non è perché è insensibile, ma perché preferisce fare qualcosa di più costruttivo che partecipare a uno sfoggio di inappropriate battute, aneddoti, domande o profusione di non richieste perle di saggezza.
L'umiltà serve, perché da essa ci arriva l'autoironia senza la quale ci prederemmo troppo sul serio e faremmo una vista miserrima.
Abbiamo sempre tre giorni da stare al mondo; tanto vale goderseli senza pesi inutili.

lunedì 23 gennaio 2012

Parco dello Stirone



Il Parco regionale fluviale dello Stirone è un'area che comprende il torrente Stirone e le aree ad esso circostanti.
Si trova di un'area molto vicina al mio paese.
Lo Stirone è un torrente con flusso molto irregolare di acqua, come è tipico dei torrenti e si getta nel fiume Taro, più o meno dalle parti di Fontanelle, in quella ch è nota come "boca ad Stiròn" (bocca dello Stirone).
La peculiarità del torrente, di per sé poco significativo, è data dalla presenza massiccia di fossili dell'era terziaria e quaternaria.
Ricordo di aver visitato il Parco, nato con l'intento di proteggere l'ambiente e il patrimonio fossile del torrente, alle elementari e di non esserci mai più tornato.
All'interno del Parco, che merita una e anche più d'una visita, vi sono numerosi sentieri che costeggiano il torrente.
Ieri è quindi iniziata la mia esplorazione di questa zona che, seppure vicina, è a me in buona parte sconosciuta; la speranza è anche quella di trovare aperto anche l'oratorio di San Genesio, chiesetta romanica poco distante da casa Trabucchi.
Nella prima foto si vede sullo sfondo, ma la giornata non era particolarmente limpida, anche il borgo di Vigoleno.
Tornerò presto, appena potrò, a far visita al Parco perché ne conservo dei bellissimi ricordi.

venerdì 20 gennaio 2012

Plaudo al praticante

Non so bene cosa gli sia successo, ma oggi si impegna da solo per capire le cose, vedo i suoi neuroni compiere uno sforzo di comprensione per essere autonomo e non mi ha chiesto miliardi di volte le solite cose.
Ha trovato da solo le parole mancanti; sono piacevolmente sorpreso.
Spero di essermi sbagliato sino ad ora, ne sarei felice se così fosse.

Voglio essere fiducioso.

Vita quotidiana

La mia vita segue una routine abbastanza precisa, scossa da pochi eventi perturbatori; a parte i fine settimana che, ovunque io vada, sono passati con gli amici, durante la settimana il mio esistere è scandito da i ritmi lavorativi e non potrebbe essere altrimenti dato che passo qui dentro, in studio, cinque giorni su sette.
Arrivo poco prima delle otto, accendo i computers e il riscaldamento, o apro le finestre se è estate, poi arriva la mia collega con la quale scambio un poco di chiacchiere e inizio a produrre.
Intervallo il lavoro con lo scrivere sul blog, se ho idee e tempo, leggere i blog altrui, brevi incursioni sul faccia libro, qualche chiacchiera con amici on line; tutte cose che non mi impediscono di finire sempre per tempo i compiti che mi vengono assegnati, perché sono subordinate al tempo a mia disposizione e all'urgenza dei vari lavori assegnatimi.
Sono molto rapido nel mio lavoro.
I momenti migliori sono quando il capo non c'è, ovviamente, perché non vengo interrotto di continuo e posso procedere, come una locomotiva, dritto verso la meta; con uno stile più da "ferrovie giapponesi" che non da "ferrovie italiane".
Da quando c'è il praticante esco da questo studio esaurito.
Capitava anche prima, specie al venerdì, che la lasciassi demolito la scrivania e ricercassi un po' di ristoro nell'ambiente domestico, specie quando dovevo lottare con l'Idra della Scheda del Male, ma da quanto ho lui è come se tutti i giorni avessi una testa della malefica Scheda da affrontare.
Dalle nove alle diciotto e trenta, o poco dopo perché se ne va sempre prima dell'orario di chiusura, cosa che se da un lato mi fa piacere, dall'altra mi induce a pensare a una scarsa dedizione al lavoro, è un continuo chiedermi qualcosa e spesso le domande sono talmente cretine che rimango basito e incredulo sulla mia sedia
Gli vengono dati dei documenti da scrivere in prevalenza, perché abbiamo sempre relazioni da redarre, da correggere, documentazione da integrare, risposte da dare, e il capo scrive tutto a mano e passa a lui i fogli per scriverli con il computer e lui, ogni tre per due, è qui da me a chiedermi "cosa c'è scritto", a volte anche due o tre volte per la stessa, identica parola; proprio quella della quale mi ha chiesto una traduzione pochissimi minuti prima.
Sino a qualche giorno fa fornivo la traduzione per liberarmene il prima possibile, anche perché odorando come un posacenere non lavato da un paio di mesi e usato di frequente, non mi fa piacere averlo a portata di nari, ma da qualche tempo ho deciso di mettere alla prova i suoi neuroni; rileggo la parte prima della parola che non ha capito, la parte dopo e gli chiedo di completare, dicendogli che, palesemente, la parola mancante sarà... e attendo da lui una risposta, vedo gli ingranaggi dei neuroni che grippano, bloccati da strati decennali di ruggine e lui spara una parola a caso incurante che questa possa non significare nulla nel contesto.
Allora inizio la sillabazione della parola mancante e gli dico la prima sillaba, aspettandomi che lui la completi correttamente, ma niente; altra parola a caso sparata senza un minimo di cognizione... e tutto questo per ogni singola parola che non capisce, anche se magari questa si ripete identica qualche riga più avanti e a volte torna per chiedermi nuovamente la stessa parola, perché si è dimenticato la traduzione.
"Vieni qui; leggiamo: lungo il confine saranno abbattuti alcuni -incomprensibile- e ripiantati dopo i lavori. Di cosa starà parlando?"
"fini"
"fini??? ma tu pianti i fini sui confini??? hai mai sentito parlare degli alberi della specie dei fini?? O avrà più senso pini?"
Ed è sempre così, ogni volta.
Legge e non capisce il senso di quello che legge, scrive e non capisce cosa sta scrivendo, non rilegge e non fa alcuno sforzo di comprensione, ha l'elasticità mentale di un blocco di ghisa.
Vi garantisco che la sera, quando esco di qui, sono stremato.

mercoledì 18 gennaio 2012

Niente

Oggi va così; zero idee su cosa scrivere.
In realtà ogni giorno ne capita una, ci sono comunque eventi, piccoli e grandi, dei quali parlare, ma scrivere è cosa diversa.
Potrei anche malignare* del Praticante, che sta diventando una conferma di idiozia, ma mi sa briga farlo; sospetto, tanto per dare fuoco a un po' di punti karma, che le rotelle le abbia, e che sia quindi potenzialmente un essere umano intelligente nella media, ma non è abituato a farle funzionare e quindi si dimentica di usarle.
Magari migliora, ma non voglio parlarne; non mi va.
Potrei anche scrivere del tempo: nebbia, minima -8°, massima 0°; ma l'argomento si esaurisce subito.
Pare persino martedì dal tanto sono svogliato, anche se questo non mi ha impedito di produrre le solite carrettate di disegni, modificare documenti più o meno complessi, e mettere pezze in giro.
Non ho neppure voglia di andare in libreria e vogliamo parlare dell'utilità di questo post?

So che non volevo parlarne, ma perché mi fa delle domande così cretine?
Deve andare con la mia collega, lei gli ha detto due ore fa cosa devono fare, dove si trovano, il tutto nei dettagli e chiede adesso a me cosa deve fare domani; ma cosa diavolo ne so e cosa me ne frega? Stai attento quando ti parlano.
Com'è possibile che cada continuamente dal pero?
Salvato il post in zona Cesarini malignando del praticante.

*malignare: dubito fortemente che esista in italiano, ma nel linguaggio colloquiale vuol dire "parlare male"

martedì 17 gennaio 2012

Anteprima

"Fai SEMPRE l'anteprima di stampa prima di stampare"

...e mi porta la stampa, mutila, di quello che ha fatto, ma che lingua parlo io?
Non me ne sono accorto e ho iniziato a parlare nel sumero di un sobborgo di Ur?
Glielo avrò detto, in fondo, solo sei volte.

Vai! un'altra stampa; l'avrà fatta giusta o continuerà a sbattere via della carta?

Dieci

Sono inciampato in questo pezzo che fa un elenco delle dieci, immancabili, cose che un vero intellettuale poser non può fare a meno di avere.

1) la reflex
essendo nato negli anni '70, le prime macchine fotografiche con le quali mi sono cimentato erano tutte meccaniche; non sono mai riuscito a fare una sola foto a fuoco nella mia vita prima dell'avvento delle digitali.
In parte me la racconto dicendo che la colpa è della mia miopia, ma probabilmente mi sapeva briga perdere del tempo ad allineare linee e consimili.
Ricordo di essere stato felice come un bimbo per Santa Lucia quando ho fatto le mie prime foto digitali.

2) il libro (giusto)
Per me non esistono libri "giusti" e libri "sbagliati", ma solo volumi che mi piacciono e perdite di tempo e nella seconda categoria possono, benissimo, finirci anche volumi di acclamato valore letterario, sufficientemente misconosciuti, ma che mi hanno fatto dormire sin dalle prime pagine.
Essendo un bibliolatra tendo però a leggere anche libri "giusti" e a volte anche ad apprezzarli... va bene, c'è il banner di anobii li sotto che fa bella mostra di sé, quindi questa cosa del libro "giusto" mi si confà.
Inizia la mia ascesa verso il "poser" :asd:

3) il Mac
Ebbene si; ho un mac, ma non è un portatile.
Ho anche un pc con winzozz, se è per questo, e ognuno di essi mi serve per fare cose diverse.
La scelta di passare al Mac è stata condizionata da alcuni semplici fattori che nulla hanno a che fare con quanto esposto:
- niente virus
- rarissimi blocchi improvvisi
- niente dll sparse in giro per l'HD quando disinstallo
Per lavorare uso il pc, il mio portatile, e per il resto uso il Mac.

4) la bicicletta
la mia bicicletta ha una serie di rumorini discreti, un fanale messo insieme con lo scotch da pacchi e il cestino per la spesa; più che una bicicletta da intellettuale, è una bicicletta da resdora (casalinga).
E' verissimo che è ecologica e ci si va dappertutto, ma non vedo come questa motivazione debba essere considerata con sprezzo.
Le considererò comunque nel punteggio verso la "poserezza"

5) Le toppe ovali sui gomiti della giacca
Le ho sempre odiate! detesto il colore marrone negli abiti, in tutte le sue sfumature; mi ricorda gli anni '70 dominati dalla onnipresenza del marrone.

6) il tabacco
Fumo, in media, una sigaretta all'anno; ricordo che sono un fumatore di compagnia, figuriamoci se mi metto anche ad arrotolarle le sigarette.
Sono per le cose pratiche e funzionali... ormai mi è rimasta una sola amica fumatrice e quindi non ho neppure, quasi, più motivo di fumare manco quell'unica all'anno.

7) il vinile
Contro l'anagrafe non c'è nulla da fare; col vinile ci sono cresciuto e mi piace, in alcuni casi, il fruscio della puntina sul disco e quindi ascolto tutt'ora i vecchi Lp comprati in gioventù.
Ascolto, o le converto in mp3, anche le care vecchie Mc (musicassette).
Con l'arrivo dell'mp3, al grido di "più spazio per i libri", utilizzo i file per ascoltare musica; più pratici, funzionali e non si rovinano con l'uso; questo non mi ha impedito l'acquisto di svariati cd.
Sono a favore delle cose che occupano poco posto.

8) le Clarks
Per un certo periodo, negli anni '80, non si trovava altro; o quelle o modelli similari e quindi le ho avute anche io.
Ricordo: i piedi freddi, imbarcavano acqua e si riducevano, nella pioggia, in un modo inverecondo;inutili e poi sono marroni, brrr...

9) Il giornale infilato nella tasca posteriore
Nella mia giovinezza ho letto i seguenti giornali: "repubblica", "manifesto" e "liberazione", ma in genere finivano dentro lo zaino, o nel carpettone 50x70, perché avevo idee eterodosse rispetto l'ambiente domestico.
Non li ho mai infilati nelle tasche posteriori però, avevano un certo costo, la paghetta era veramente poca (diecimilalire a settimane e dovevo mangiarci dentro due pomeriggi e foraggiarmi di libri, va da sé che se prendevo un libro non mangiavo un paio di volte) e quindi non sempre potevo permettermi l'acquisto del quotidiano.
Molto presto è iniziata la mia dermatite da politica, per cui, per preservare la mia salute, ho smesso di leggere i quotidiani.
Adesso ogni tanto ne leggo qualcuno, italiani e esteri, diversificando gli orientamenti, e rigorosamente on-line; più ecologico.

10) Moleskine
Ne ho uno, piccino ma c'è, in borsa preso nel 2007 e mai usato sino alla vacanza in Giappone; è utile come qualunque altro blocco, perché lo uso per segnare i libri, visti in libreria, da controllare a casa in modo da comprarne di doppi; oppure ci segno i conti per la divisione delle spese per le uscite di gruppo e via dicendo.
Quando lo finirò ho a casa una riserva di altri piccoli blocchi, che mi sono stati regalati nel tempo, da utilizzare e, data la disponibilità economica ridotta, dubito che ne prenderò un altro a breve.
Altro punto.

Morale: 4 punti su dieci, posso darmi del poser?

Vado a fare un po' di capanne che qua non si tirano su da sole.

lunedì 16 gennaio 2012

Venaria Reale


Questo sabato sono andato, molto presto e con un paio di amici, in quel di Venaria Reale; il paese prende il nome dalla reggia di caccia dei Savoia colà edificata.
Si tratta di un palazzo enorme, che nel tempo, oltre all'abbandono, ha avuto usi differenti, è stato anche caserma, e che dal 2007, anno nel quale sono terminati i restauri, viene usato come prestigioso contenitore di varie mostre.
Ero già stato tempo fa in occasione dell'allestimento, con colonna sonora di Laurie Anderson, di una mostra sull'Egitto allestita nelle scuderie progettato dal Juvarra.
La mostra, che sono andato a vedere questa volta, aveva per tema la moda in Italia ed è stata allestita in occasione del compleanno dell'unità italiana.
Mentre eravamo là abbiamo deciso di visitare anche la reggia.
All'interno della reggia è allestita una mostra permanente, curata da Peter Greenway, regista che io adoro, specie nei suoi film storici o che prendono spunto da opere teatrali, che celebra casa Savoia e rianima la reggia di Venaria.
La visita, comprensiva di giardini, può impiegare anche quattro ore, ma ne vale assolutamente la pena.
Il luminoso corridoio, che ho messo in foto, è uno spazio quasi metafisico, affogato nella luce e i giardini, che ho visto non certo all'apice, devono essere meravigliosi.
La politica delle foto all'interno del palazzo è... singolare; teoricamente è possibile farle dalla stanza n°27 in avanti, ma di fatto già dalla prima sala ho visto una donzella, con un obbiettivo grosso quanto una bombarda, fare foto con tanto di flash e guida a lei davanti senza che le venisse detto nulla.
Quando fate delle foto non usate MAI il flash, per due ragioni:
1) il flash rovina l'atmosfera della stanza che volete fotografare, regalando una atmosfera asettica decisamente brutta:
2) il flash DANNEGGIA i pigmenti! Per preservare le opere d'arte queste vanno fotografate sempre SENZA flash.
Se siete ne pressi di Torino non mancate di visitare, oltre a tutto quello che la città ha da offrire e gli altri palazzi più famosi, come Stupinigi ad esempio, anche Venaria Reale.
Anche il paese di Venaria merita una sosta; abbiamo mangiato dei deliziosi gnocchetti con castelmagno e una torta perce-cioccolato-amaretti buonissima.
Il viaggio è stato allietato da:
- camion di pasta andato a fuoco nei pressi di Fidenza;
- al rientro c'erano animali vaganti, di incognita natura, nei pressi di Fiorenzuola;
il tutto ricoperto, sia all'andata che al ritorno ma per fortuna non a Torino, da abbondanti nebbie.

venerdì 13 gennaio 2012

Sant'Ilario

Dato che venerdì può darsi io non possa neppure trovare il tempo per respirare, poiché torna il Capo dalle ferie e quindi spero di avere moltissime cose da fare, il tradizionale post su Sant'Ilario lo scrivo oggi, che è lunedì, per pubblicarlo venerdì.

Quest'anno niente storia della scarpetta, dato che l'ho già raccontata più di una volta la potete recuperare con la funzione "cerca", proprio quella che ogni tanto io non uso, del blog.
Quest'anno scrivo una storia diversa, raccolta in quel di Piacenza, se non proprio per la città questa storia si aggira per la provincia; è una storia di parte, ovviamente, ed è sintomatica dei rapporti, un po' travagliati, seppur si possano considerare cordiali e amichevoli se paragonati a quelli che intercorrono tra Parma e Reggio Emilia, tra le due città.
Patrono della città di Piacenza è Sant'Antonino di Piacenza, morto martire a Travo, sul Trebbia, nel 303 e forse appartenente alla legione tebana. Le sue spoglie vennero trovate da San Savino di Piacenza (330-420) al quale è dedicata una bellissima chiesa del millecento in quel di Piacenza. Sant'Antonino di Piacenza, che ebbe molto presto una chiesa a lui dedicata in città, la basilica di Sant'Antonino edificata nel 350, ultimata nel 375 e rimaneggiata a più riprese nel tempo, gode di due feste patronali: la prima il 4 luglio, con omaggio delle autorità civili e religiose, e la seconda il 13 novembre che ricorda il rinvenimento delle reliquie.
Secondo il mio racconto piacentino, un parmigiano in visita a Piacenza, rimase molto colpito dalle innumerevoli grazie che Sant'Antonino, di corporatura esile, elargiva alla città e questo lo rese un po' invidioso perché Sant'Ilario, invece, era decisamente parco, quasi restio, nel dare benedizioni a Parma.
Il nostro torna nella sua città, si reca in Duomo e ruba l'immagine di Ilario, una veneranda, nonché venerata, statua di legno in parte tarlata e, raggiunto uno dei ponti che superano la Parma, getta la statua nel torrente che, all'epoca nella quale il racconto vuole che si svolgono i fatti, era gonfio di acqua.
L'acqua entrando dai fori fatti dei tarli pareva far borbottare la statua, al che il nostro protagonista le avrebbe detto: "è inutile che brangogni*! ormai sei nella Parma e ci devi stare, così impari!" ovviamente in dialetto.

Ve l'ho detto che era un racconto di parte.

Come tutti gli anni anche quest'anno tornerò a casa con un po' di scarpe di Sant'Ilario, del resto ho studiato a Parma per un po', mia madre è stata in collegio in città durante il periodo di studi e ci è rimasto un certo attaccamento per un patrono che non è il nostro; anche se è più onesto dire che le scarpette sono buone e fa piacere mangiarle.
Le prenderò dal mio forno di fiducia, del resto non farei in tempo ad andare in città a prenderle.

*brangognare: è un verbo dialettale entrato nell'italiano corrente della zona dove vivo e sta per "lamentarsi borbottando"

giovedì 12 gennaio 2012

Comunicazione

La comunicazione coinvolge, in via esemplificativa, un mittente, un mezzo di comunicazione e un ricevente.
L'articolo "un" non deve essere inteso in senso stretto, poiché le categorie su menzionate possono essere anche una collettività di soggetti o di mezzi, quindi il mittente potrebbe essere una cultura umana, o aliena poca importa, il mezzo una serie di documenti pittorici, informatici, matematici, scritti o architettonici etc... e chi riceve può essere un'altra cultura; specificato questo tiréma inans*.
Lo scopo della comunicazione è la comprensione, di quanto trasmesso dal mittente, da parte del ricevente, per fare questo è importante che chi trasmette e chi riceve si appoggino alle medesime convenzioni e che conoscano il mezzo di comunicazione.
Una convenzione è un insieme di "segni", nel modo più ampio possibile nel quale si può interpretare tale parola, codificati che hanno il medesimo significato per chi riceve e per chi trasmette.
Se io trasmettessi un messaggio in Morse al mio vicino di pianerottolo che ignora tale linguaggio, fallirei nel processo di comunicazione perché il mio vicino non capirebbe un'ostia.
Ricordiamoci che è solo grazie alla stele di Rosetta se noi possiamo capire il geroglifico, senza quel pezzo di pietra la cultura egizia ci sarebbe stata nota solo per quello che gli altri dicevano di essa e grazie all'imponenza dei suoi resti.
Nel caso ristretto, ovvero nella comunicazione che avviene da un individuo alla società, la scelta del mezzo è molto importante, poiché mezzi diversi presuppongono linguaggi diversi e quindi il messaggio può essere più o meno incisivo a seconda del mezzo scelto.
A questo punto diventa fondamentale la conoscenza, da parte di chi trasmette, del mezzo di trasmissione; le sue regole, le sue convezioni, poiché solo così il messaggio può essere trasmesso in modo chiaro e comprensibile. C'è, quindi, da parte di chi trasmette uno sforzo affinché il messaggio possa essere ricevuto senza ambiguità.
Se parlo con qualcuno e voglio che questi capisca quanto dico, mi devo sforzare di esporre il mio punto di vista in modo chiaro, anche conciso e se il concetto è particolarmente complesso può essere utile ricorrere a una serie di brevi asserzioni che, unite insieme, esplicano il concetto che voglio trasmettere.
Con la parola scritta è più facile perché posso ricorrere a subordinate, ricordandomi, però, di non farne un uso eccessivo altrimenti il concetto si perde in una inutile marea di dati. L'altro vantaggio della parola scritta è dato dal fatto che posso rileggere e quindi curare la forma; tutto quello che è segno tangibile può essere controllato e rivisto, prima della sua diffusione, in modo che il messaggio che voglio veicolare sia chiaro ed evidente.
Quando leggo uno scritto e noto che la punteggiatura è sbagliata, la forma è terrificante, la consecutio è non pervenuta, i verbi sono scelti a caso e le parole vengono scelte solo in base alla loro diffusione, così ci si dà un tono da intellettuali che fa figo, e non per il loro senso, mi rendo conto che chi scrive deve tornare alle elementari; smetto di leggere e vado a contarmi i pori della pelle.
Potrebbe essere una provocazione, ma che io arrivi o meno in fondo allo scritto è irrilevante; il messaggio provocatorio è chiaro sin dalle prime righe. Sarò anche ben disposto di fronte a una provocazione del genere se l'autore dimostra, in altre circostante, la conoscenza del mezzo espressivo, la scrittura, che ha scelto.
Anche la provocazione, pur essendo anticonvenzionale per definizione, è sottoposta a convenzioni precise; la sua reiterazione la priva di significato e se chi la esegue non dimostra una conoscenza del mezzo di espressione, l'autore si dimostra un analfabeta.
Diventa come quelle persone che sanno parlare di un unico argomento, con un frasario da far venire un colpo apoplettico ad ogni alfabetizzato nell'arco di cento metri, e che per queste doti vengono rapidamente abbandonate a loro stesse.
La conoscenza del mezzo espressivo e la capacità di utilizzarlo a modo, sono alla base del successo della comunicazione.
Questa era la premessa.
Di recente ho letto in un libro, a proposito dell'arte contemporanea, che la capacità tecnica non è indispensabile per qualificare un'opera d'arte, ma che il criterio da usare per discernere tra croste immonde e opere d'arte è il fatto che queste ultime sono dotate di un anima, qualità che alle croste manca.
Un metro oggettivo insomma, un po' come dire "mi piace, non mi piace"... èh, già.
Questa cosa non l'ha detta proprio un cretino, ma un critico d'arte diffusamente pubblicato; non che la pubblicazione sia di per sé garante di qualità, ma è indice di quanto un messaggio può essere diffuso e favorevolmente accolto dal pubblico.
L'arte, intesa non nella sua forma di scritto ma di opera sia essa architettonica, plastica, pittorica o performance, è una forma di comunicazione come le altre e sottostà alle stesse identiche regole.
Se fallisce nel comunicare, se fallisce come provocazione, se è fatta da analfabeti, ovvero da persone che non conoscono il mezzo che utilizzano, quale diviene la sua funzione? un costoso ciàpapòra** e un supponente riempi-tempo?
Se qualifico come ignorante un autore che è incapace di scrivere in un italiano almeno in parte comprensibile, che non sa usare la sua lingua madre, perché dovrei definire "genio" chi non è in grado di fare una "o" con un bicchiere e che necessita di una ventina di righe di testo scritto per spiegare quanto voleva comunicare con la sua opera?
Pare ch'io ce l'abbia con l'arte contemporanea e di certo non posso negarlo, ma è così perché la ritengo un fallimento comunicativo incoerente e supponente.
Pace per l'incoerenza, la diversità cacofonica può essere anche pregio, ma la supponenza e l'incapacità di comunicare sono difetti troppo vistosi per essere ignorati.
Continuerò a cercare di capirla, anche se al momento i casi sono due:
1) si tratta di una mia oggettiva difficoltà di comprensione data da una eccessiva rigidità mentale in questo ambito e se così fosse, comunque, non mi sento limitato;
2) è davvero inutile e nel qual caso, come per il primo, non mi sto perdendo granché.
Devo dire che non ostante l'abbia studiata a scuola, sia andato a svariate mostre, abbia letto numerosi volumi in argomento, l'unica validità che le riconosco, a parte l'aspetto economico che è indubbio, è quella di continuare ad incuriosirmi.
Confesso però che lo sforzo di comprensione lo compio solo come ginnastica, perché per ora l'oggetto di tale sforzo si è dimostrato indegno del tempo speso per comprendere; manterrò giovane il cervello... almeno lui.
Tanto per chiarire: arrivo a considerare "arte" tutto quanto prodotto sino alle avanguardie, inizio a storcere il naso con gli anni '50, a volte l'immediato dopoguerra e mi insospettisce, in modo certo, tutta la produzione dagli anni '70 in avanti.
Posso essere qualificato come una "cariatide figurativa".

*"tiréma inans": andiamo avanti
**"ciapapòra": prendipolvere

mercoledì 11 gennaio 2012

c.v.d.

Ovvero: "come volevasi dimostrare", per chi è un po' arrugginito con gli acronimi scolastici.
Oggi è tornato il Capo ed è, stranamente, anche di buon umore. Sino a qualche anno fa tornava dalle vacanze inveendo contro l'universo mondo e iniziava a dirci che non facevamo mai niente, non concludevamo nulla senza di lui e via discorrendo.
Una volta l'ha fatto anche con me, ma visto che io avevo finito tutto quello che dovevo e avevo fatto dell'altro in più, gli ho tarpato gli argomenti e da allora con me ha smesso, ma questo non vuol dire che ripeta la solfa prendendosela in modo generico con non si sa bene chi.
Sino a qualche anno fa, insomma, andare in vacanza gli faceva malissimo.
Da qualche anno a questa parte, riesce a tornare dalle ferie in uno stato normale, persino rilassato a volte.
Ricordo anche, ma qui si va indietro nella notte dei tempi, quando nella quotidianità dello studio era consuetudine, da parte sua, abbattere Santi e Madonne con assiduità; da quando è andata via una persona specifica, e non è Vento, anche questo aspetto l'ha perso.

Come volevasi dimostrare, però. lui torna ed io produco meno; seguirlo dandogli numeri di telefono, cercandogli documenti e altro, ruba tempo alla mia produttività.
E' tornato anche il praticante e constato che la sua vescica è limitata come prima delle ferie; insomma, è tutto tornato alla normalità.

martedì 10 gennaio 2012

Senza titolo

Si tratta di considerazioni sparse, di quelle che non sai mai dove piazzare perché si susseguono a briglia sciolta senza né capo né coda.

Innanzi tutto, devo dire, sono un po' preoccupato per la situazione economica. Pare che non me ne interessi perché, in fondo, in questa manciata di bit in rete, non ne parlo mai, ma la preoccupazione resta. Non ci penso in modo ossessivo, in fondo so che posso fare altre economie, posso iniziare a coltivare ortaggi in balcone, alla bisogna, investendo in una serra; inoltre continuo a confidare nella Provvidenza che, in fondo, è un po' il mio sponsor ufficiale... potrei quasi appiccicarmi un cartello da qualche parte.
Quello che mi angustia è il clima generale di sofferenza che è palpabile ovunque; non ce l'ho con Monti, che mi ha fatto una buona impressione sinora, perché chiunque al suo posto avrebbe dovuto prendere simili misure draconiane; non ce l'ho neppure con le missioni dei finanzieri a caccia di evasori, fanno benissimo e avrebbero dovuto iniziare anche da prima.
E' proprio il clima che un po' mi opprime.
Così come sono assolutamente stanco di sentire, le rare volte che capito su un telegiornale o leggo un giornale, le solite frasi dei vari parlamentari che promettono rinunce e sacrifici da parte loro, salvo poi rimandarli alle calende greche; che gliene importa a loro? basta chiederli ai cittadini i sacrifici e mi rattrista il fatto che noi siamo fatti così; perché ognuno di noi, o per lo meno la maggior parte di noi, al loro posto si comporterebbe allo stesso modo, badando al proprio orticello e alla propria nicchia di privilegi e chissenefrega del resto.
E' quello che facciamo del resto: evadiamo le tasse, o troviamo mille modi per pagarne di meno o niente, e poi ci lamentiamo della qualità dei servizi erogati. Approfittiamo delle risorse pubbliche, in un modo o nell'altro, per fini personali e poi ci lamentiamo del fatto che le cose in Italia non funzionano.
Sono stanco di tutta questa miopia, ma il guaio è che se cambiamento ci sarà, e non ne sono poi così convinto, ci trascineremo questo stato di cose per molto tempo ancora; almeno qualche secolo.
Sono anche stufo di vedere prodotte "fiction" prive di verosimiglianza, con trame sconnesse, ambientate in situazioni idilliache dove tutto va bene, dove la gente si redime e dove le cose vanno sempre a posto da sole.
Avete notato? non abbiamo mai prodotto una sola fiction seria su gente che si arrabatta per arrivare a fine mese con uno stipendio da fame, costretta a accettare qualunque tipo di contratto iniquo pur di lavorare.
Un po' come se a noi del "sociale" non importasse poi molto, meglio farci nutrire di illusioni e continuare a curare il nostro orticello; è vero che ci hanno detto che un filo si spezza con niente e che una corda è molto più resistente pur essendo formata da fragili fili, ma, evidentemente, abbiamo inteso la metafora in senso letterale, oppure la sfoderiamo solo quando fa comodo a noi, salvo riporla da qualche parte qualora dovesse divenire d'intralcio; la coerenza in fondo è sopravvalutata.
L'unica mia speranza, come società, è che questa crisi possa insegnarci qualcosa di utile e farci capire che la cosa pubblica non è "mia" da poterne fare quello che voglio, depredarla e deturparla, ma è "nostra" e che quindi va mantenuta e migliorata per chi verrà.
La crisi economica, questa, quelle passate, quelle che verranno, sono solo la parte più evidente di un sistema sbagliato che è in sclerosi e il problema è che i cambiamenti hanno bisogno di tempi lunghi per fissarsi nella società; chissà se faremo in tempo e non mi riferisco alla presunta, quanto fantasiosa, fine del mondo, ma a una reale emergenza ambientale, e qui entra in gioco la nostra miopia come specie, che continuiamo a ignorare in virtù di immediati vantaggi economici.
Che dire? Non ostante tutto sono moderatamente ottimista; davvero, so che non pare, ma qualche segno incoraggiante di cambiamento c'è, sia per quello che riguarda la mia nazione, sia per quello che riguarda la specie umana.

lunedì 9 gennaio 2012

Almanacco

Ho una lieve crisi di idee; non so cosa scrivere sul blog.
Ho appena terminato un post su Sant'Ilario, patrono di Parma, che si festeggia venerdì e che in tale data pubblicherò, ma volevo anche scrivere due righe per oggi.
Ricordate la trasmissione "Almanacco del giorno dopo"?
Era la mia trasmissione preferita. Partiva già bene con un motivetto un po' barocco, canzone creata ad hoc per la trasmissione da Antonino Riccardo Luciani, e poi seguivano varie rubriche di curiosità; adoravo, soprattutto, "accade domani" nella quale venivano ricordati gli eventi accaduti in una tal data e si annunciava il Santo del giorno.
Avvalendomi di wikipedia riporto alcune notizie:
Nel 475 inizia il breve regno di Basilisco il quale, approfittando della fuga di Zenone causata da un complotto ordito da Verina, moglie di Leone I° e sorella di Basilisco, il di lei amante, più un paio di generali di contorno, diviene imperatore romano d'oriente. Già nell'agosto del 476 Zenone torna a Costantinopoli, Basilisco si rifugia in una chiesa e chiede, ottenendo quanto chiesto, all'imperatore Zenone che il suo sangue e quello della sua famiglia non fosse versato; Zenone promette, esilia Basilisco e famiglia in Cappadocia e li fa rinchiudere in una cisterna vuota e li lascia morire di fame... in effetti di sangue non ne ha versato.
Questo ci ricorda sempre la vicenda sentimentale di Eos e Titone.
La religione romana festeggia le Agonalia dedicate a Giano, mentre la Chiesa ricorda Sant'Adriano di Canterbury.
Oggi sono nati: Simone Beauvoir (scrittrice), Joan Baez (cantante), Louis Dupré (pittore) e ricordiamo anche Leo Gullotta (doppiatore).
Sul "tubotuo" si possono trovare alcune puntate dell'Almanacco del giorno dopo e, per comodità, metto qui i link:
Puntata del 3 luglio 1980
Parodia del Trio
Che bello che era l'Almanacco!

giovedì 5 gennaio 2012

Scelta di un libro

Non ricordo se ho scritto qualcosa del genere tempo fa, ma se l'ho fatto, saltate pure il post; al momento mi sa un po' briga usare la funzione "cerca" e poi la ripetizione degli argomenti, avvicina il blog a un dialogo nella vita reale, ove mi scordo, spesso e volentieri, se un argomento l'ho, o meno, già trattato.
I libri li scelgo in due precise occasioni: la lettura e l'acquisto.

La lettura
La scelta si basa esclusivamente sul criterio umorale; è quindi priva di un qualunque criterio, logico, fittizio o che. Dipende sempre da cosa ho voglia di leggere, se un saggio o un romanzo e da che tipo di storia. Non esiste neppure un criterio che accoppi stati d'animo con il libro ad esso più consono; li scelgo a sentimento.

L'acquisto
Bisanzio funge da richiamo, come una fonte di luce a caso per le falene, per cui se esiste in libreria qualcosa a tema bizantino, che non ho già letto, vi sono ottime probabilità che il volume in questione torni a casa con me; da notare che ho scritto "già letto" e non "già in mio possesso", perché sovente mi capita di prendere libri doppi.
Spero che a Scurano "Bisanzio" piaccia perché ne ho giusto uno doppio.
Ultimamente giro sempre con un taccuino dove annoto i titoli che mi interessano, per testarli su anobii e controllare che tali volumi già non si trovino da qualche parte nei meandri dei miei scaffali.
Il titolo è il primo richiamo; se non mi ispira tirerò dritto, se invece mi intriga entrano in gioco le valutazioni che vado ad esporre. Grazie al titolo viene già fatta una prima discriminazione per quanto riguarda il tema del volume.
L'autrice, o autore, è il secondo criterio di scelta; d'altronde "Bisanzio" appartiene a una categoria speciale. Tendo, se mi sono piaciuti i volumi precedenti e se mi ispira la quarta, a prendere spesso libri scritti dalle stesse persone; per alcuni li prendo anche a scatola chiusa, come la Rochey o la Ferri per esempio.
Alcuni autori li evito accuratamente, o perché scrivono saghe infinite, o libri fotocopie di altri, con annesso riciclo di trama e ambientazione, o perché, dopo anni di fedeltà, hanno scritto almeno due libri terrificanti che mi hanno fatto decidere a non prendere mai più un libro loro. Per i saggi il problema di "trama e ambientazione" non si pone; mi basta che mi incuriosisca il tema trattato, che mi ispiri la quarta di copertina e che, a una lettura veloce, il volume sia in grado di incuriosirmi abbastanza, o per il tema trattato o per il modo nel quale viene trattato.
La scelta della copertina del libro è basilare, in un romanzo, per catturare la mia attenzione. Tendo a preferire foto di varia natura, particolari di dipinti, disegni a mano; nel complesso la grafica del volume serve a spingermi a leggere la quarta di copertina. Devo dire che le copertine realizzate con abbondante uso di grafica computerizzata, quando questa è eccessivamente leziosa o fredda, tendono a non farmi prendere neppure in considerazione il volume. Per un saggio il problema "copertina" non si pone; anzi, le preferisco, in questo caso, disadorne e spoglie. Per quanto non si direbbe, preferisco delle copertine essenziali e con pochi fronzoli anche per i romanzi.
La casa editrice è un criterio molto importante; tendo a preferire quasi sempre le solite case editrici, (Neri Pozza, Corbaccio, Marcos y Marcos e via di seguito) perché le scelte di pubblicazione sono più vicine ai miei gusti di lettore.
Per i saggi, ancora una volta, questo criterio non è considerato; in genere mi ritengo fortunato che qualcuno abbia deciso di pubblicarlo e non mi curo molto della casa editrice che se ne è data la pena.
Tutti i fattori sopra esposti sono fondamentali per farmi decidere di leggere la quarta di copertina; essa è essenziale sia nella scelta di un romanzo che nella scelta del saggio.
In genere evito i libri che, sulla scia de "il codice da Vinci", collegano eventi o artefatti, del passato a indagini e catastrofi assortite nel presente e che presentano due, interconnesse, linee temporali; dato che leggevo molti romanzi storici e che le librerie sono invasi da romanzi del genere, di recente leggo pochissimi romanzi storici. Cerco di evitare storie con personaggi cliché, eccessivamente melense, o eccessive in qualche aspetto; di eroine/eroi perseguitati dalla sfiga al galoppo, o con tutti i pregi dell'universo, o con la tendenza ad aggrapparsi alle tende, non so che farmene.
Tutte cose che tento di indovinare dalla lettura della quarta di copertina.
In un saggio la quarta deve essere in grado di stimolare la mia curiosità e mantenere la mia attenzione.
Se quanto letto nella quarta mi ispira, si passa alla fase più importante; la lettura di pagine random del libro. A seconda di quanto letto tra le pagine decido se prendere o meno un libro.
A volte i libri li compro solo perché alcuni amici me ne hanno parlato bene, o perché mi hanno prestato un libro che mi è piaciuto.

Alla fine della giornata se esco con la voglia di prendere un libro, mi ci può volere anche un pomeriggio intero in libreria e, sovente, torno a casa a mani vuote. Anche l'acquisto di un libro, per quanto sia una scelta articolata e influenzata da diversi fattori, è pur sempre un processo umorale.

lunedì 2 gennaio 2012

Meme letterario 2011

Prendendo spunto da quanto scritto da "Georgiana's garden", aggiorno anche io il meme letterario; tanto l'avrei fatto comunque e quindi è il caso di iniziare l'anno lavorativo parlando di libri.
L'anno scorso avevo anche fatto meno fatica a farlo, mi pare di ricordare che ci fosse una simpatica funzione di anobii utile alla bisogna, ma mi sono dimenticato come avevo fatto e quindi mi sono arrangiato nei conteggi.

Quanti libri hai letto nel 2011?
Ben 50... non sono tantissimi, mi rendo conto, ma per i miei standard sono dieci in più degli abituali 40.

Quanti erano fiction e quanti no?
31 saggi
29 fiction
come al solito il numero dei saggi è lievemente superiore

Quanti scrittori e quante scrittrici?

20 autrici
29 autori
per una volta ho letto più autori che autrici

Il miglior libro letto?
metto a pari merito, non ostante i generi diversi, "Il recupero dell'Apollo 8" di Kristine Rusch e "C'era una volta la DDR" di Anna Funder

E il più brutto?
Sicuramente "Aristotele contro Averroé" di Sylvain Gouguenheim; già le premesse, annunciate dal sottotitolo messo dalla casa editrice, non sono il massimo perché ingannevoli, in più il libro deborda fastidioso gallicanesino a, quasi, ogni pagina. Si legge, per carità, e tutto sommato alcune considerazioni sono anche da valutare, ma è troppo gallicano

Il libro più vecchio che hai letto?
una antologia di letteratura bizantina di, ovviamente, autori vari

E il più recente?

"due figlie e altri animali feroci" di Leo Ortolani; è anche uno degli ultimi presi l'anno scorso ed è uscito da poco ch'io sappia

Qual è il libro col titolo più lungo?
"Antiche rocche, castelli, ristori e ritrovi di campagna fra appenino emiliano e prealpi lombarde" di Alfredo Morosetti. Ce n'era un altro con un titolo importante, ma comprendeva anche il sottotitolo.

E quello col titolo più corto?

"Imperatrix" di Edgarda Ferri

I libri più letti dello stesso autore nel 2011?
ho letto ben due libri di Rose Melikan e anche un paio di Arrigo Petacco, per il resto è stato un anno molto vario

Quanti libri scritti da autori italiani?
21 libri scritti da autori italiani

E quanti libri letti sono stati presi in biblioteca?

Nessuno, in compenso ho donato qualche libro su a Scurano; ho già fatto la pila dei libri doppi e sono pronto a darli in biblioteca

Dei libri letti, quanti erano ebook?
uno solo "Gone with the wind", ma conto di modificare questo aspetto perché mi aspettano ore di viaggi in corriera da riempire

domenica 1 gennaio 2012

Davvero?

Ebbene, complice la coincidenza delle festività con il fine settimana, mi sono giusto accorto del Natale.
La vigilia dell'ultimo dell'anno è stata una piacevole serata, passata in un posto che a me piace molto, ovvero l'agriturismo Zibramonda in quel di Quistello Mantovano, che non è proprio comodo per me, ma si mangia sempre bene, ma mi è parso un fine settimana un po' come gli altri, tant'è che domani è lunedì, inizia una nuova settimana ed è un po' come al solito.
Confido nel concerto di capodanno che possa farmi capire che oggi non è un giorno come gli altri; d'altronde potrebbe essere davvero l'ultimo anno, poi parte l'Apocalisse e buona notte.
Del resto ogni giorno è un nuovo inizio, nel quale bisogna fare programmi come se si avesse tutta l'eternità davanti a sé e andrebbe vissuto come se fosse l'ultimo, perché d'altronde nessuno sa né il giorno, né l'ora.
Come mi accade sempre la domenica mi sono alzato presto, non ostante non sia andato a letto presto, come del resto capita tutti i sabati, sono andato a fare un'ora di camminata a piedi per aiutare lo stomaco nel difficile processo digestivo, molto impegnativo data tutta la roba che ho ingurgitato ieri, e probabilmente oggi ozierò, leggendo uno dei quattro libri che ho in corso di lettura, come faccio spesso la domenica.
Di diverso c'è che mi sono informato su costi e orari dei mezzi pubblici, la corriera, per raggiungere Parma nella mia, prossima, nuova vita da pendolare; il mio abbonamento mensile varrà anche per i mezzi pubblici urbani di Parma e questa è una buona notizia, perché a volte potrei non avere voglia di farmi a piedi la distanza che separa il posto di lavoro dalla partenza della corriera.
Prenderei la stessa corriera che prendevo quando studiavo a Parma; sarà un po' come tornare indietro nel tempo e mi sono già fatto una divisione delle letture in "letture da viaggio", per le quali userò il kindle, "letture da sera" ovvero saggi da leggere davanti la stufa acceso o balcone quando farà caldo e "letture da letto", ovvero romanzi da leggere prima di addormentarmi.
I viaggi in corriera saranno anche l'occasione buona per ascoltare tutta quella musica che si agita nelle budella del Mac e che, per un motivo o per l'altro, non sono mai riuscito ad ascoltare.
So già che dopo qualche settimana potrei persino riuscire a fare come i giapponesi nella metro; addormentarmi e svegliarmi sempre vicino alla mia fermata come se avessi un sensore.
Propositi per l'anno nuovo non ne ho, però ho un po' di programmi.