venerdì 29 aprile 2011

Finalmente!

Si sono sposati, che si sappia. Lui ha detto "si" anche lei ha detto "si"; oh! sono proprio contento per due motivi:
1)perché insieme sono proprio carini e fanno una bella coppia;
2)perché così, finalmente, i media la smetteranno di prendermi a picconate gli zebedei con questa storia.
Non ne potevo più; hanno iniziato un mese prima con la storia di questo matrimonio, ne hanno analizzato ogni virgola, dal comportamento dei genitori di lei, alla scelta degli abiti, alle lamentele delle Ferguson, e poi il peana degli invitati. Sono convinto che tra le carrettate di libri e fictions, qualcuno abbia fatto anche una analisi semiologica, filologica e, perché no, abbia buttato lì anche una motivazione derivata direttamente dalla meccanica quantistica.
Ho visto pochi minuti di telegiornale e ho fatto in tempo a vedere anche l'abito della sposa, un bell'abito semplice nelle linee e privo di effetto meringa; colore avorio, a meno che non fosse bianco candido e l'avorio l'abbia mostrato il mio tubo catodico reduce dalle guerre puniche, con uno strascico più corto di quello del Papa.
Il giornalista si è premurato di renderci partecipi del fatto che:
- Elton John era presente con la "moglie"... certo, a meno che suo marito non si fosse agghindato come una damina del '700 è difficile prenderlo per una donzella, ma pazienza;
- ha precisato che la chiesa nella quale si sono sposati è stata usata anche per funerali della madre dello sposo. Del resto è una chiesa e di norma questi edifici sono usati per battesimi, matrimoni, funerali e funzioni liturgiche assortite; se l'avessero usata per il sei nazioni sarebbe stato decisamente più inusuale...
- ci ha detto che tutti hanno previsto per la coppia una vita lunga e felice, in contrasto, ci ha proprio tenuto a precisarlo, con la tradizione di famiglia...
Non so se stesse o meno gufando, ma Will se fossi in te una grattatina ai gioielli di famiglia me la darei; così... in via scaramantica.
Auguro loro una vita di coppia il più possibile normale e un lungo matrimonio e sono sicuro che questo è possibile solo se non dovranno sguinzagliare per la casa nugoli di cani addestrati a sbranare macchine fotografiche; ce la facciamo a lasciarli un po' in pace sti due poveretti?
Il guaio è che dopo il matrimonio inizierà la caccia ad ogni piccolo, insignificante, rigonfiamento della pancia di lei. Chiariamo: è un essere umano, soggetto a variazioni di peso e anche se attendesse un fantolino, potrebbe avere una maternità più serena senza dover scappare dal paparazzo che compare nel pudding o nel bagno di casa.
Luga vita e prosperità... e priva di paparazzi pettegoli e ficcanaso.

Errata corrige: l'abito era proprio immacolato, si vede che il tubo catodico del mio televisore, che ha trasmesso i discorsi di Annibale e di Scipione, ormai non ne può più :asd:

giovedì 28 aprile 2011

San Vitale

L'anno scorso ho dato poche notizie sul nostro Santo Patrono da Esarcato e quindi quest'anno mi dilungherò.
Innanzi tutto direi che merita la narrazione del ritrovamento delle notizie relative a Vitale.
Nel IV° secolo Sant'Ambrogio, che non era ancora Santo ed era impegnato in un braccio di ferro con il potere temporale incarnato da Teodosio, scopre le tombe dei Santi Gervasio e Protasio i quali accanto a loro avevano un opuscolo, diciamo così, scritto da un certo Filippo che si proclama "servus Christi", nel quale viene narrata la vita dei due Santi e dei loro Santi genitori.
I Santi Gervasio e Protasio sono figli dei Santi Vitale e Valeria; vengono festeggiati tutti insieme e quindi è un "prendi uno e ne festeggi quattro", perché, d'altronde, non è bello separare le famiglie.
Vitale era un soldato romano che accompagnò, facendogli forza, Ursicino, medico ligure, condannato alla decollazione in quanto cristiano, verso il martirio ordinato dal giudice Paolino.
Paolino poi impone un po' di tortura anche a Vitale, ma visto che il soldato non abiura lo fa seppellire; ovviamente vivo, o comunque ancora in vita.
Vitale e Ursicino sono martirizzati a Ravenna, ma Vitale è originario di Milano come la moglie Valeria.
Immediatamente sulla sua tomba iniziano ad avvenire prodigi. La moglie Valeria si reca a Ravenna per potersi riprendere i resti di suo marito, ma i cristiani del luogo glielo impediscono perché non volevano perdere i miracoli che Vitale stava operando e così Valeria se ne torna verso casa; sulla via per Milano incontra un gruppo di pagani, che dovevano avere un "più 10 al livello del mostro come ultimi della loro specie", che la invitano a sacrificare con loro; Valeria rifiuta, viene presa a bastonate, portata a Milano, non si sa da chi, vi morirà dopo tre giorni.
Il racconto è ritenuto un po' sospetto, comunque sia Vitale godrà di venerazione precoce; considerato che Vitale dovrebbe essere stato martirizzato nel III°sec e la chiesa a lui dedicata a Ravenna è del VI°, è chiaro che, confusione o meno, fu un Santo amato sin da subito.
Per l'anno prossimo, in occasione del Santo Patrono, vedrò di inventarmi qualcosa d'altro.

mercoledì 27 aprile 2011

Le ferie son finite

Come per tutti del resto.
Sono rientrato ieri alle mie solite faccende; esecutivi, disegni di edifici vari e via discorrendo.
L'aspetto positivo di questa settimana è che sarà breve e perciò dovrei riuscire ad arrivarci in fondo senza trasformarmi in una lagna insopportabile e inascoltabile.
Questo sabato mattina non lavoro e quindi sto valutando cosa fare di me; potrei restarmene a letto un po' più, anche se dormendo con le finestre aperte non è possibile dormire più delle 6:30, oppure potrei andare a fare un giro in bici in quel di Fidenza, o tornare a Pietranera e inerpicarmici da un altro lato.
Nel frattempo ho anche terminato una nuova lettura e prima di prendere in mano un altro libro, pensavo di ultimare i libri di Guareschi; sono arrivato in fondo alle avventure del Mondo Piccolo.
Ieri sono stato "allietato" dall'esecuzione, per cinque volte consecutive, di un quanto mai anonimo brano pop che, salendo dalla strada, si è insinuato dentro ai nostri velux; il brano era così memorabile che neppure la reiterazione è bastata a farmelo entrare in testa :asd:
Ho anche visto una cosa che mi ha fatto sentire vecchio più o meno come un deinonychus. Camminavo bel bello, si fa per dire, verso casa quando davanti a me vedo una coppia con passeggino; una coppia giovanissima con lui che camminava a gambe quasi divaricate per tenere su i pantaloni e non ho potuto fare a meno di pensare a quanto cretino potesse essere in una scala da uno a dieci... quando mi sono accorto che aveva anche una cintura ho optato per un dieci.
Fra poco inizierò e enumerare i miei acciacchi e a criticare l'operato degli operai nei cantieri edili; dovrò iniziare a fare una lista dei luoghi comuni da utilizzare quando la memoria mi abbandona :asd:

lunedì 25 aprile 2011

In bicicletta



Queste due qui sopra le ho fatte oggi mentre me ne andavo in bicicletta tra Salsomaggiore e Ponte Ghiara; la pista ciclabile è stata ripristinata, il collegamento è stato rifatto con un po' di ghiaia fine, dopo che, qualche tempo fa, il torrente Ghiara se ne era portato via un pezzo.
So che non sembra, ma c'era moltissima gente in giro per la pista che la percorreva a piedi, in bicicletta e, ahimè, anche col motorino; ovviamente il fatto che si chiami "pista ciclabile" che riporti un divieto di circolazione ai mezzi a motore, è assolutamente una indicazione e quindi i motorini ci passano comunque... e poi ci lamentiamo delle grandi cose, ma se nelle piccole ognuno fa quel che gli pare fregandosene degli altri e ovvio che anche le grandi non possano andare bene.

Questa l'ho fatta questo inverno durante un rilievo in una casa qui vicino al mio paese... non sono sicuro di averle messe queste foto; se ne stavano da un po' nel telefono.

Pietranera (Pellegrino P.me)






Stamane avrei voluto andare in visita alla Pietra di Bismantova, diciamo che ho voglia di tornarci, ma non mi andava di fare tutta la strada sino a Castelnovo ne' Monti e così ho optato per una pietra vicino a casa, comoda da raggiungere e sulla vetta della quale non ero mai salito.
Si chiama PIetranera e si trova nel comune di Pellegrino Parmense, confina con il mio comune, e dista forse una decina di chilometri da casa mia; ci si arriva, una delle due strade, passando da Grotta. A bordo della strada vi sono alcuni, rarissimi, spazi dove si può parcheggiare la macchina e poi inerpicarsi a piedi sino in cima.
Per arrivare in vetta ci vuole circa un'ora, la salita è un po' più facile dell'inerpicata che si deve fare per raggiungere il castello Pallavicino di Varano Marchesi e più impegnativa del sentiero più battuto che sale sulla Pietra di Bismantova.
E' una bellissima passeggiata che regala un panorama stupendo.

sabato 23 aprile 2011

S.Giovanni in Croce, Rivarolo Mantovano






...ma le foto sono solo di Rivaralo Mantovano e il motivo lo si scopre solo andando avanti con la lettura. Stamane, dopo aver dormito quattro ore circa, ho seguito il mio programma pre-pasquale che prevedeva un gita in quel di S.Giovanni in Croce per fare un paio di foto, e magari qualcuna in più, alla villa Medici del Vascello; questo palazzo vide, nei mesi estivi, la presenza di Cecilia Gallerani che lo animò facendolo divenire un centro culturale.
La Gallerani, oltre che amante di Ludovico il Moro, amica di Isabella D'Este, fu anche modella di Leonardo da Vinci che la ritrasse nel celebre quadro "La dama con l'ermellino".
Il castello ha vissuto un lungo periodo di abbandono e venne utilizzato in modo non sempre appropriato, mi si dice anche come deposito di copertoni, ma da qualche anno è divenuto di proprietà del comune; attualmente non è possibile fotografare il bel loggiato, che ingentilisce la facciata sul fronte strada del maniero, perché, è questa è una bella notizia, sono iniziati i restauri. Oltre a questa villa il paese offre da visitare una bella chiesa, cinquecentesca, nei pressi di Villa Medici del Vascello. La chiesa necessita di alcune opere di restauro, ma vale assolutamente una visita. All'interno della chiesa Parrocchiale, un edificio religioso risalente al ventennio, è possibile ammirare dei bei quadri secenteschi e alcuni affreschi provenienti dalla chiesa di S.Zavedro.
S. Zavedro rimane un po' fuori dal paese, ma è impossibile non trovarla. Durante alcuni lavori sono venuti alla luce alcuni resti di una chiesa precedente, che darebbero conferma della leggenda che fa risalire la fondazione della chiesa a Teodolinda Regina dei Longobardi. Non sono entrato, anche se pare che l'ingresso avvenga da una porta laterale, ma tanto dovrò tornare e quindi chiederò se l'interno della chiesa è visitabile. Dalle foto che ho visto, presenti sul sito del Comune di S.GIovanni in Croce, e dallo stato dei luoghi anche questa chiesa avrebbe bisogno di un restauro.
Da S.Giovanni ho poi proseguito per un castello chiamato "Mina della Scala"; si trova in un paese chiamato Casteldidone ed è lungo la strada che collega S.GIovanni a Rivarolo Mantovano.
Il mio arrivo a Rivarolo non è iniziato benissimo; dopo aver fotografato Porta Parma, che è uguale a Porta Mantova che potete vedere nelle foto, mi sono addentrato nel paese e all'improvviso mi è piovuto un piccione vicino. Non so esattamente cosa gli sia successo, fatto sta che stava volando e a un certo punto è precipitato al suolo mancandomi di pochi centimetri; pochi secondi dopo la scheda di memoria, della mia macchina fotografica, mi ha restituito un errore irreversibile... morendo, la carogna, si è portata via tutte le foto fatte a S.Giovanni in Croce; dovrò tornarvi.
A Rivarolo, oltre alle porte e la cinta muraria risalenti alla prima metà del '600 e ascrivibili a Scipione Gonzaga che resse quelle terre, è possibile visitare una bella chiesa, con facciata ottocentesca, che racchiude all'interno una pregevolissima cappella cinquecentesca; ovviamente vi sono poi altre pale d'altare del '600 e del '700. Conserva anche pochi frammenti lapidei dell'antica pieve.
L'ampia piazza centrale, sulla quale si affaccia l'attuale palazzo del Comune, un tempo Palazzo del Pretorio, è fronteggiata da portici e da edifici compatti molto uniformi; l'insieme generale è molto gradevole. Molto interessante l'impianto urbanistico ortogonale. Le mura di cinta oggi sono abitate ed è possibile vedere porte, portoni e finestre dove una volta v'era solo un lungo muro privo di aperture, ma in alcuni tratti è ancora possibile vedere tracce delle merlature.
Questa estate tornerò a S.Giovanni in Croce per fare due foto e mi porterò un paio di schede... ah! a S.Giovanni c'è anche un pregevole teatro ascrivibile agli anni '20 del XX° secolo.

giovedì 21 aprile 2011

"auguri"!!!

Immancabile come il post natalizio, non potevo esimermi dall'augurare ai miei pochi e fedeli lettori una Buona Pasqua :)

Domani me ne resto a casa e ho programmato una bellissima inerpicata su per un colle qui vicino alla ricerca di rovi e, se capita, di pietre squadrate o comunque un segno tangibile della presenza del Castello della Gallinella. Pare un po' una ossessione e me ne rendo conto, ma la prima volta lo sentii nominare dalla mia insegnate delle elementari e da allora ho cercato di capire, a fasi alterne e a seconda di quel che mi permetteva la memoria, dove si trovasse.
Sabato, probabilmente nel pomeriggio e sicuramente dopo le 15:00, me ne andrò in quel di San Giovanni in Croce; al ritorno preparerò il dolce col mascarpone e poi leggerò.
Domenica e lunedì sono consacrati al parentado perché a casa mia vige il detto: "Natale con i tuoi e Pasqua pure" :asd:

Posterò se potrò, ma se non posso spero che passiate una splendida Pasqua :)

martedì 19 aprile 2011

Origini

Questo post di Regina e questo di Melissa, mi hanno fatto pensare al fatto di quanto siano importanti le proprie origini; la mia è giusto curiosità.
I miei nonni, sia quelli materni che paterni, erano tutti contadini e, per quel che ne so, anche i loro genitori lo erano; probabilmente la mia genìa è spuntata dalla Terra come i guerrieri che Giasone seminò in Colchide, con la differenza che noi si è impugnata la vanga e il vomero.
Abbiamo poche lettere superstiti di mio nonno materno e basta, il che mi fa pensare che i miei avi siano stati troppo impegnati a lavorare la terra per lasciare qualcosa di scritto... ammesso, e non concesso, che avessero avuto l'opportunità di imparare a leggere e a scrivere.
I ricordi di famiglia arrivano ai miei nonni, e le loro vicende familiari sono state più che travagliate; onestamente non saprei se ha patito più mio nonno materno o mia nonna paterna.
Entrambi hanno accumulato una serie di sfortune, sopportate con una fede ammirevole, da meritarsi il Paradiso o il Nirvana.
So che abbiamo avuto un parente emigrato negli Stati Uniti del quale però non sappiamo nulla; sappiamo che è morto e che non sono tornate indietro le ossa e per quel che ne sappiamo, pur avendo moglie e figli qui in Italia, avrebbe potuto benissimo essersi fatto una famiglia oltreoceano... tra l'altro era andato in California.
Una mia parente si è suicidata, ma erano gli anni immediatamente dopo la Grande Guerra, quando la fame si pativa ovunque, e probabilmente soffriva di depressione.
Un mio parente è stato in un campo di concentramento, ma, dato che la mia famiglia, almeno una parte, perché l'altra parte puntava in direzione opposta, ha sempre virato un po' a destra, si trattava di un campo organizzato dagli alleati dove lo curarono per la malaria (...e qui le notizie sono nebulose); so soltanto che morì al rientro in Italia perché il suo medico curante , non sapendo l'inglese, non aveva capito cosa ci fosse scritto nella ricetta che il medico alleato aveva scritto... e qua si possono fare delle considerazioni sulla presunzione dell'una e dell'altra parte.
Le vicende umane di mia nonna paterna e di mio nonno materno resteranno esclusive narrazioni familiari, ma sono state piene di difficoltà e tribolazioni.
Pare che mia nonna materna avesse origini nobili; e la cosa non deve stupire dato che la zona è piena di famiglie nobiliari.
Il ramo dal quale veniva mia nonna doveva essere talmente cadetto, che l'avo in questione non è stato fornito manco di pezze da applicare alle terga; a meno che non sia nato fuori dal matrimonio per cui il lascito di pezze non è stato neppure preso in considerazione.
Mi piacerebbe però scoprire qualcosa di più, ma per farlo bisogna avere tempo e bisogna scartabellare negli archivi diocesani, alla ricerca di matrimoni e decessi, per avere un appiglio dal quale partire; magari lo farò da pensionato... sempre che all'epoca io non sia ridotto in miseria, nel qual caso lascerò il compito a qualcun altro.
Tutto sommato è una curiosità che può o meno essere soddisfatta, in fondo vivo nelle stesse zone sulle quali i miei avi hanno speso tanto sudore, guardo le stesse colline e gli stessi fiumi e ad essi sono affezionato; in fondo i Lari sono sempre con me, anche se non so chi essi siano.

lunedì 18 aprile 2011

"brommö"

Ieri pomeriggio, dopo l'escursione domenicale e visto che comunque ero di strada, mi sono fermato, come è intuibile del titolo del post, a Ikea in quel di Parma dove, grazie a uno sconto, ho preso una sedia comoda da usare in balcone per poter leggere.
Il titolo del post è il nome della sedia.
Per un motivo o per l'altro non ho mai fatto un uso diverso del balcone da quello di stendibiancheria.
Dove abitavo prima avevamo un balcone e un bellissimo terrazzo; oddio... forse "bellissimo" è un po' esagerato, però era ampio e avremmo potuto utilizzarlo anche per mangiare fuori durante le sere estive, ma questo terrazzo presentava alcuni piccoli problemi: 1)era esposto, in modo totale e completo, alla popolazione felina del quartiere e perciò, pur permettendoci di avere un numero variabile di gatti più o meno domestici tutti gli anni, cenare fuori avrebbe attirato orde di felini pronti a reclamare una porzione di cibo; 2)i vicini di casa, noi abitavamo al piano primo, che stavano sopra di noi usavano lanciare di sotto di tutto come macchinine giocattolo, pesci rossi morti, scarpe, nidiacei e criceti in cerca di libertà e rudo variamente assortito.
Al balcone si accedeva unicamente dalla camera dei miei ed era usato per stendere, perciò era un continuo via vai e leggere con qualcuno che ti chiede "cosa leggi?" o è in vena di chiacchiere non è il massimo.
Attualmente abito al piano primo, non ho nessuno sopra di me, ma continuo a non fare uso del balcone ma spero, grazie a "brommö", di riuscire a educarmi a utilizzare questa porzione di casa che sino ad ora è stata solo una appendice da pulire, buona solo per stenderci i panni e per tenerci le piante.
Per Pasqua ho programmato alcune uscite: sabato andrò in visita ai rovi del Castello della Gallinella, del quale ho parlato qualche post fa, e poi pensavo di andare a fare un giro in quel di Pietra Nera nel comune di Pellegrino Parmense, indi ho intenzione di andare in visita a S. Giovanni in Croce, nel cremonese, ove c'è la "casa" di Cecilia Gallerani. La villa della Gallerani, che in realtà di si chiama "villa Medici del Vascello" è stata di recente acquisita dal Comune e quindi non credo sia visitabile, necessita di una massiccia opera di restauro, ma spero di vederla dal parco della villa e di poter trovare qualche chiesa aperta; per precauzione andrò al mattino.

domenica 17 aprile 2011

Castellarano







Castellarano si erge, come spesso capita in Italia, su insediamenti precedenti (liguri, etuschi, galli, romani...) e sono state rinvenute alcune pregevoli sepolture longobarde che però si trovano nei musei di Modena e Reggio Emilia.
La peculiarità del paese è data dalla presenza di quella che è chiamata la Rocchetta, ovvero un edificio difensivo che funge da snodo e gestisce gli ingressi, due, al borgo antico.
La parte vecchia del paese, superata la Rocchetta, si inerpica su una collina sino ad arrivare a un castello e a una chiesa. L'abitato mostra segni di interventi cinquecenteschi, rifacimenti dei primi del '900, ma risulta, prevalentemente, ben restaurato. La maggior parte degli edifici sono stati restaurati e sono abitati. La chiesa pare essere più antica di quello che appare dalla facciata settecentesca. Su una spianata, ora adibita a parco, si erge una torre con orologio e si accede al castello.
Il castello è privato, ho letto sul sito del Comune che è visitabile solo in rare occasioni, ma sembra essere, a parte alcune sopraelevazioni antiche, fedele all'impianto difensivo originario.

Scandiano





Scandiano nasce nel 1262 per volere di Gilberto Fogliani, sulla base di precedenti insediamenti neolitici, dei quali rimangono tracce nel museo di Reggio Emilia. La fondazione del paese avviene attraverso la costruzione di un maniero, attorno al quale poi vengono, come capitava all'epoca spesso, costruite delle abitazioni.
Il castello subisce notevoli rimaneggiamenti ad opera dei Boiardo, dei Thiene e degli Estensi, sino a dargli l'aspetto attuale che è una commistione di vari stili. Darà i natali a Matteo Maria Boiardo, autore de l' "Orlando Innamorato".
Il paese dà l'impressione di essere sorto attorno al castello con un preciso disegno difensivo; sono riconoscibili le porte e quello che pare essere il perimetro della cita muraria. In questo giro sono stato un po' sfortunato con le chiese perché non ne ho trovate aperte neppure una.
All'interno del cortile d'onore del castello è possibile vedere la stratificazione architettonica del maniero che ne testimonia le varie modificazioni.

sabato 16 aprile 2011

Ricordi d'infanzia in musica

Portobello
Time bokan
Video killed the radio star
Maledetta primavera
Cogli la prima mela
La favola mia
Splendido splendente
Vanità di Vanità
...e questa perché era la colonna di apertura di un programma radiofonico di una cara amica di mia madre, coi capelli rossi e che guidava un maggiolino grigio, che era sempre molto gentile con me e mia sorella. Ricordo ancora la cioccolata calda che ci dava da bere quando andavamo, le rare volte, a trovarla.

venerdì 15 aprile 2011

S.O.S. rospi

L'ho già detto che vivo "vicino alla stagno"? Alzi la mano chi ha colto la citazione :asd:
Se non l'ho fatto è perché non è vero, ma visto che l'occasione era ghiotta per sfoggiare una citazione mi pareva brutto perderla.
I miei genitori non sono originari di Salso, ma provengono da altre parti dell'Emilia, e quando si sono trasferiti qui io non ero neppure in cantiere. Per molti anni abbiamo abitato in case prossime al centro del paese e perciò il mio contatto con la campagna si limitava a, settimanali, visite ai nonni paterni che curavano un podere a Siccomonte.
Diciamo che il primo contatto con la campagna non è stato dei migliori; tutti i miei parenti vivono, più o meno, in campagna, perciò spesso andavamo in qualche stalla. Non ho mai avuto, pur essendo stato un bambino fifone, paura delle vacche, in compenso mi terrorizzavano i cani... di qualunque taglia; cuccioli compresi.
Evidentemente Bastet mi aveva già marchiato a fuoco :asd:
Fatto sta che solo da quando vivo dove sto ora son,o venuto in contatto in modo più diretto con quella parte di campagna che, pur foranea, è prossima alla città.
Casa mia è su una collina ed è l'ultima del paese prima dei campi.
Il mio vicino di casa, al contrario, deve essere talmente cittadino da pensare che le bistecche vengano coltivate già così.
Una volta la collina dietro casa mia era usata come pascolo per le pecore, così, più o meno verso settembre, ci alzavamo al belato delle pecore che brucavano l'erba; era un ottimo modo per tenere il prato corto e per concimare la collina, ma il vicino di casa tanto ha detto e fatto da riuscire a mandarle via e adesso, per tagliare l'erba, usano i trattori...
In autunno il vicino inizia la santa crociata contro i grilli. Le povere bestiole sentono freddo e si rifugiano a frotte nello scantinato e lui passa almeno una settimana ad acciaccarli tutti.

Digressione: ho già raccontato del trauma che mi hanno causato i grilli?...uhm... Mio nonno un giorno ci diede dei peperoni da fare essiccare al sole e mia madre li mise sul terrazzo. Al pomeriggio uscii sul terrazzo e tutti i grilli, e per me seienne erano tantissimi, mi saltarono, spaventati, addosso, ma io ero più spaventato di loro e andai a rifugiarmi, chiudendo a chiave la porta, al buio nello sgabuzzino di casa.

Di recente il vicino ha preso ad avercela coi rospi che si rifugiano nel nostro sottoscala. A primavera li si vede in giro per le scale condominiali e il mio vicino è uso ad ammazzarli.
Essendo che la casa è circondata dai campi e da rivoli di acqua i rospi abbondano, mi capita spesso di doverli mettere fuori dal mio garage, perciò a primavera inizia la caccia al rospo. A mia madre fa un po' senso prenderli in mano, così in genere mi dice dove ha visto esattamente un rospo, io mi armo di guanto e vado a prendere l'anfibio per metterlo fuori così da salvarlo dalle ire del vicino.
Ieri ne ho salvato uno.
Mi spiace dover usare i guanti, perché hanno una pelle morbida e fresca, ma l'esperienza di essere sollevati da terra da una forza ignota, possibilmente malevola, causa loro la liberazione della vescica per cui ora ho il "rospo-guanto" atto alla bisogna.

giovedì 14 aprile 2011

Rilettura

La mia maestra delle elementari, quella che ci diceva sempre di pensare almeno dieci volte a quello che vogliamo dire e poi di pensare un'altra volta se è o meno il caso di dirlo, diceva sempre che prima di consegnare i compiti dovevamo rileggerli.
Un consiglio davvero saggio che , anche se con moderazione ahimé, cerco di seguire ancora oggi; con anglico moderno termine lo possiamo chiamare editing.
Si sta lì, con le dita pronte, e si rilegge quello che si è scritto; si corregge la punteggiatura, togliendo, o aggiungendo dove sono in due, i puntini di sospensione e magari usando anche una virgola e il punto e virgola al loro posto; si mette a posto la consecutio in modo che sia chiaro in quale cavolo di tempo avvengono le azioni; si dà una sistemata ai verbi, agli ausiliari e alla forma in generale; si cerca, ne l limite del possibile, di scrivere un pezzo che sia comprensibile e che non richieda la stele di Rosetta per essere letto.
A scuola la rilettura è fondamentale per non ricevere una sana bacchettata dall'insegnante, o l'equivalente moderno dato che la bacchetta non s'usa più, ma a causa del poco tempo spesso è fatta un po' di corsa e ci si abitua a rileggersi come a scuola; un tanto al chilo e di corsa.
Con il tempo, però, si matura e quando ci si rilegge si trovano non solo errori sparsi a pioggia, ma anche concetti claudicanti, male in arnese, che, poverini, paiono un po' buttati su, anche se, all'epoca, ci sono parsi enucleati con una chiarezza sorprendente.
In genere rileggo un paio di volte quello che scrivo, ma mi limito a dare giusto una sgrossatura e a correggere gli errori di battitura e la punteggiatura; poi, una volta affidato alla rete il post, mi ricordo di quello che ho scritto giusto sino al giorno dopo... dopo due giorni mi ricordo giusto delle cose essenziali, ad esempio: come mi chiamo, dove sto di casa, già sul "che ho fatto la sera prima" ci devo pensare su un po', per cui i ricordi legati ai miei post paiono delle effimere.
Evito accuratamente di rileggermi a distanza di molto tempo, per evitare di entrare in disaccordo con me stesso; magari il concetto ha anche mantenuto una sua validità, ma trovo la forma discutibile; oppure la forma si affronta, ma il concetto è espresso male o barcolla, oppure è un disastro su tutta la linea...
Credo che sia assolutamente normale trovare le cose fatte anni prima per lo meno ingenue, non necessariamente sbagliate ma "male in arnese" si, o comunque con una serie di difetti variamente lunga; si cresce, si cambia, i gusti si affinano e se dovessi trovare "buono" qualcosa fatto cinque anni fa mi chiederei, seriamente, se c'è qualcosa che non va.
Se mi accadesse di ritenere valido una vecchia creatura e la trovassi priva di difetti, allora penserei di, nel lasso di tempo dalla creazione a ora, non essere cambiato di una virgola; di non essere cresciuto insomma.
Sono comunque affezionato a quanto fatto in passato perché è comunque parte di me, ma so che oggi farei diversamente e che domani farò le cose in modo ancora diverso.
Certi concetti restano punti più solidi di altri, ma pur nella loro solidità sono soggetti a piccoli mutamenti, mentre altri, persa la loro utilità, sono abbandonati lungo la via, poiché tenerli sarebbe un inutile gravame da portarsi a dietro; questo perché credo che le certezze che a noi sono date siano poche e che non cambiare opinione e modo di fare le cose, col tempo, sia sinonimo di miopia.
Non mi citerò mai addosso pedissequamente, per quanto la memoria da carasside possa complottare per farmi ripetere le cose, perché farlo vuol dire essere ingabbiato in uno schema rassicurante ma terribilmente artificiale e sbagliato.
Mantengo nel tempo alcune idee fisse solo se nel tempo hanno provato la loro solidità e per fare questo è necessario sgrossarle di volta in volta, in modo tale che solo il nucleo rimane con una variazione minima, ma le sfumature sono completamente nuove e diverse...
"panta rei" e non lo si può fermare...

...e pensare che volevo scrivere qualcosa di lieve; vabbè... tra un paio di giorni me ne sarò dimenticato :asd:

mercoledì 13 aprile 2011

Tate&Ludwig

Ieri sera ho visto questo filmato e mi sono venute in mente le visite al Ludwig di Colonia (ah! Colonia!): con la corsa in kayak su una strada della bassa padana, con gli sguardi, giustamente, perplessi delle vacche al pascolo... anche se sospetto che il filmato potesse essere stato girato nel sud della Francia che fa, incomprensibilmente, più arte impegnata della bassa padana; la Trimurti su un carretto che guarda la televisione; teste di putto realizzate con burro/sapone/quel-che-era buttate nella vasca... e quelle opere dada con l'accumulo di ogni cosa trovata in giro. Ricordo però che anche alla Tate erano esposte opere di una certa sostanza: matasse di lana colorata stese; tappeti pelosi rossi, anni '70, tondi e di altre forme appesi al soffitto; il filmato di una che doveva essersi fumata di ogni e che non sapeva manco dove stesse di casa; un filmato tristissimo di uno in mutande in un grande stanzone...
A me l'arte contemporanea piace, intendiamoci, ma deve almeno comunicarmi qualcosa di più dell'essere fine a sé stessa; di scoprire che un kayak si rovina su una strada col ghiaietto me ne frega punto o poco, l'usura l'abbiamo già scoperta da tempo e tutto sommato preferisco l'uso, cardassiano, di un blocco di travertino da svariati quintali per significare la transitorietà della vita, che un kayak inseguito da una vacca... per quanto quest'ultimo sia molto più divertente :asd:
Probabilmente sono io che non capisco certe operazioni, o opere, che vengono divulgate come "arte", ma spesso mi viene in mente il Manzoni... e non mi riferisco al romanziere.
Tutto sommato si fanno certe cose perché: nessuno le hai mai fatte e per far parlare di sé. Il problema è che ormai è già stato fatto tutto e per riempire di significati diversi oggetti o idee già usati non ci vuole del talento, ma solo un po' di malizia e di intelligenza e il far parlare di sé, se fa bene al portafogli, non giova all'arte in sé.
Ognuno fa un po' quel che gli pare, se trova qualcuno coi contatti giusti diventa famoso e la sua opera diventa "arte", altrimenti finisce nell'immondizia, col risultato che la cerchia di estimatori di arte contemporanea si riduce ai parenti dell'artista, a chi ci guadagna con la vendita delle opere, e a chi si dà un tono per capire che ne sa.
A me fa un po' tristezza.
L'arte figurativa, che pure, e mi riferisco a quella rinascimentale, non era di facile lettura, aveva dalla sua la possibilità di essere letta a più livelli: uno superficiale che ne risalta le forme e la capacità tecnica; uno mediano che riconosce i riferimenti e le allegorie citate; e uno approfondito che, mettendo insieme tutto quanto viene esposto, ne ricava il senso dell'opera.
L'arte contemporanea ha un unico livello di lettura; quello dell'artista che l'ha concepita. Le viene dato un titolo altisonante, criptico e poi l'osservatore deve sforzarsi di capire cosa guarda, per cui l'opera d'arte diventa uno sforzo di comprensione che, il più delle volte, non vale neppure la pena di compiere perché sono veicolati idee e concetti già espressi, e in modo migliore, nel passato.
Nello sforzo di massificare l'arte la si è resa ancora più elitaria con un effetto complessivo molto dadaista; da qui dove si va? mah... una direzione non c'è mai stata e non è detto che si vada sempre avanti, nulla ci vieta di tornare anche indietro.

martedì 12 aprile 2011

A corto

Oggi sono completamente a corto di argomenti; è raro che mi capiti una cosa del genere, perché di solito ho sempre un argomento di conversazione col quale tediare il mio prossimo.
Non è la prima volta che mi ritrovo a corto di argomenti, ma in genere mi basta poco per trovare qualcosa della quale scrivere: un episodio di storia locale, vita familiare, una "tirata" depressevole da tenda di broccato , oppure narro una delle innumerevoli figure imbarazzanti fatte nel tempo... questa volta invece non ho nulla da dire; mi pare di essere più vuoto del cranio di Vento.
Non ho smesso di fare figure imbarazzanti, continuo allegramente a farne, ma non me ne vengono in mente di carine.
Potrei commentare alcune notizie di attualità, ma vorrei mantenere il linguaggio di questo blog moderatamente pulito e il turpiloquio non è un buon modo per mantenere questa politica.
Mi spiace anche non scrivere nulla; non perché senta l'obbligo morale a scrivere qualcosa, ma perché scrivere qui mi serve come diversivo dal mio lavoro e distrarsi ogni tanto fa bene.
La mia maestra delle elementari ci diceva sempre che dovevamo pensare almeno dieci volte prima di aprire bocca e poi pensare almeno un'altra volta sull'utilità di quanto stiamo per dire; fortunatamente non ha mai parlato di "intelligenza" altrimenti potevamo starcene tutti zitti che, in fondo, credo fosse quello al quale puntava.
Complice anche la primavere la svogliatezza si estende sulla mia esistenza; ho poca voglia di fare.

Mah... comunque domenica pensavo di andare in quel di Castellarano, perciò se sono in forma metterò un resoconto di una gita fuori porta seria.
L'aspetto positivo della scampagnata in bicicletta di domenica è stato che ho avuto conferma della posizione del la Gallinella, mi è stato anche detto che si può andare a vedere i cumuli di sassi, per cui questa estate, quando sarò a casa, potrei attrezzarmi in modo adeguato e andare.
Questo inutile post va a fare compagni agli altri.

ah! 'petta che salviamo il post in zona Cesarini.
Domenica, di ritorno da quel di Pontegrosso, mi sono fermato, doverosamente, in libreria.
Ho comprato un libro, e questa non è una novità, del resto ne ho presi tre anche oggi usufruendo dei miei 27€ di sconto, e ho assistito a una scena che... lascerò a voi giudicare.
E' entrata una coppia, madre e figlio, quest'ultimo avrà avuto almeno trent'anni, il quale ha iniziato a curiosare nei libri e ho sentito la madre dirgli:
"guarda che hai detto due minuti che, ti ricordo, sono fatti da 120 secondi", dopo un poco gli dice: "hai fatto? hai finito?" e lui: "un attimo...".
Pareva che la signora avesse l'allergia ai libri di Edina Monsoon

domenica 10 aprile 2011

Domenica in bici

Dopo essere andato in quel di Carpaneto stamane, avrebbe dovuto esserci un raduno di 500, che però pare esserci oggi pomeriggio, e aver incontrato un po' di parenti, compreso parenti dei quali non mi ricordavo assolutamente ma che mi ha fatto molto piacere vedere, ho deciso che nel pomeriggio avrei inforcato la bicicletta e sarei andato a Pietranera.
Per chi non è pratico di queste zone farò un riassunto brevissimo: Salso, il mio paesello, è adagiato in una conca, abbracciato dalle colline e le sue frazioni si sparpagliano sui bricchi e sulle strade di fondo valle. Pietranera è un ofiolite, di una certa importanza, che si trova là ove il comune di Salso confina con Pellegrino Parmense, Pietranera è nel comune di Pellegrino, e ci si arriva da un paese chiamato Grotta dal quale si inerpica una stradina che, lasciandosi alla destra la torre degli Aioni, un mastio diruto, arriva a Pietranera e prosegue sino a congiungersi con la statale che collega il mio paese con Bardi; questa è la strada meno in salita per arrivarci.
Per arrivare a Grotta bisogna però percorrere cinque chilometri, circa, in costante salita; anzi, ogni tanto la salita si entusiasma e aumenta la pendenza.
Così sono partito pieno di baldanza ma, più o meno all'altezza della Trattoria Predosa, dove per altro si mangia bene, ho capito che se avevo intenzione di continuare a vivere dovevo ridimensionare il mio obiettivo; mi sono accontentato di arrivare a Pontegrosso, all'incrocio con la strada che, inerpicandosi allegramente su una collina, conduce all'abitato di Grotta.

il Monte Kanate coronato di antenne. Si è sempre chiamato Kanate con la "k" sin dai tempi nei quali la "k" era una lettera esotica per nomi foresti e per materiali da fumetto

il greto del torrente Ghiara che, bello arzillo, prosegue verso Salsomaggiore dove riceverà il Citronia; qui è in località Contignaco

il baldo torrente Ghiara dal ponte di Pontegrosso, fotografato durante una indispensabile pausa ossigeno; mi sono sentito un po' carretta

il tarassaco che, nel dialetto locale, vengono affettuosamente chiamati "pitaciò"; credo che abbiano anche un altro nome colloquiale ma non è particolarmente lusinghiero e quindi lo ometterò

un bellissimo pino marittimo in località Pontegrosso; si trova davanti a quella che, una volta, era la trattoria di Pontegrosso


tra questi due colli sorgeva il castello della Gallinella. Agli inizi del XIX° secolo della fortezza resisteva solo il mastio che era attorniato da alcune abitazioni edificategli intorno. L'amministrazione comunale dell'epoca pensò bene di concedere una licenza di scavo per una cava di pietra e in pochi anni questa causò la rovina del castello e delle case attorno che rovinarono al suolo.
Oggi del castello rimangono il nome, un mucchio di sassi e rovi in loco, il nome del maniero e la fama della durezza dei suoi Signori (devo recuperare dove ho scovato questa notizia...). Secondo un mio libercolo un po' datato, la Soprintendeza, ne salvò uno sperone a memoria tangibile della presenza del maniero. Venne usato come luogo di tortura durante la congiura di Francesco e NIccolò ai danni degli zii Giacomo e Giovanni Pallavicino per convincere il capitano del marchese, un altro Pallavicino da quanto ho capito, a consegnare le carte del suo Signore ai nipoti assassini; "pelavicino" nomen omen

Uno dei viali alberati del mio paese

venerdì 8 aprile 2011

Previsioni

Oggi è il giorno otto aprile 2011 e fuori ci sono 32°; onestamente non so se arrivo vivo, quest'anno, alla fine dell'estate.
Come minimo mi squaglio prima da qualche parte.
Al momento sento i neuroni che fanno le valigie, si chiamano a raccolta, controllano il passaporto e sono pronti per partire, da soli ovviamente, verso qualche fredda meta vacanziera; credo che quest'anno se ne vadano in Groelandia e, come al solito, non manderanno neppure una cartolina.
Quest'anno, per altro, me ne resto qui nel borgo, col neurone che ha pescato la pagliuzza corta o al quale "tocca", non ho capito se il malcapitato viene estratto a sorte oppure se hanno organizzato dei turni, a prendere il sano caldo, umido e afoso, padano... e se inizia già al principio di aprile...
Lo so; tempo addietro ho anche detto che mi sarebbe piaciuto un po' di caldo, ma mi aspettavo un inizio tranquillo... quest'anno la Primavera non ha fatto neppure in tempo a mettere il naso fuori di casa che è stata travolta dall'Estate.
E' vero, il caldo in Giappone è peggiore, ma la vacanza nipponica è stata un corso di sopravvivenza e non è servita a temprarmi, anche perché ho questa abitudine a respirare e il caldo mi fa boccheggiare come un carasside sulla battigia; inoltre in Giappone tendevo a sdraiarmi sul condizionatore appena se ne presentava l'opportunità.
Ci tornerò nel sol levante; ma di certo non in agosto.
Tutto ciò per dire che potrei evaporare per le vie del paese e lasciare una macchia di resti secchi sul selciato.

giovedì 7 aprile 2011

Mitiche origini

Non partirò da Nyx e dalle sue uova e neppure dalla Grande Starnazzante, ma diciamo che la prendo un po' alla larga, senza dilungarmi troppo, per arrivare al punto che voglio enunciare come conclusione del post.

Leda e Tindaro hanno avuto un po' di figli, complice anche Zeus che si intrometteva sovente tra i due coniugi e a lui sono ascrivibili almeno due figli della coppia, e hanno avuto: Castore, Polluce, o Polideuce, Elena, Clitennestra e Filonoe.
Quest'ultimo non se lo fila nessuno e perciò me ne dimentico anche io. Castore e Polluce sono gemelli, Elena e Clitennestra sono gemelle.
Di queste coppie gemellari uno dei due gemelli è figlio di Zeus, Polideuce e Elena, l'altro è figlio di Tindaro, Clitennestra e Castore.
Chiariamo, ché altrimenti non si capisce, che Polideuce e Castore sono i fratelli maggiori; poi finiranno a fare la costellazione dei Gemelli quando Castore tirerà il calzino e Polluce non riuscirà ad andare avanti senza di lui...
Clitennestra diventerà, a ragione, vagamente vendicativa, era meglio se Agamennone la lasciava stare Ifigenia invece di sacrificarla per un refolo di vento, mentre Elena, che era sin da bimba bellissima, avrà la tendenza sin da piccola a farsi rapire dai passanti.
Il primo rapimento avviene per mano di Teseo, quello che ha mollato Arianna come un piccione su un'isoletta sperduta come ringraziamento per averlo aiutato a venire a capo del Labirinto di Dedalo, e del suo compagno di bisboccia Piritoo. All'epoca dei fatti erano entrambi più che stagionati, ma Piritoo, se ricordo bene, era scapolo e quindi decisero che era tempo di maritarsi con la donna più bella del mondo.
Gli arzilli vecchietti arrivano a Sparta e rapiscono Elena, che all'epoca era una fantolino; i Dioscuri, Castore e Polluce, partono da Sparta, inseguono i rapitori e portano a casa Elena... da grande poi si farà rapire, per altri motivi, da Paride ma andiamo troppo oltre.
Avendole prese dai Dioscuri, Teseo e Piritoo sono rimasti senza donzella da maritare a quest'ultimo e perciò decidono di puntare a un'altra fanciulla a portata di mano: Persefone.
Manco aspettano che la figlia di Demetra si faccia la sua scorrazzata semestrale sulla terra e si recano negli inferi per rapirla al marito Ade (il quale l'aveva rapita, a sua volta, alla di lei madre Demetra). Il piano fallisce e con uno stratagemma Ade li fa sedere su due troni di pietra; rimangono incollati agli scranni sino a quando Eracle libera Teseo, che lascerà un pezzo di chiappa sull'infero scranno, mentre Piritoo è rimasto là perché Eracle non è riuscito a scrostarlo dalla sedia.
Questo dettaglio mi fa pensare a una cosa.
In genere negli altri paesi quando un parlamentare viene beccato a fare qualcosa di sbagliato, questo si dimette, in Giappone si umilia anche pubblicamente, qui da noi... nisba. Esiste un attaccamento morboso alla poltrona, così mi chiedo: ce le fornisce Ade gli scranni per il parlamento e ministeri vari? Il patto è che chiunque ci si sieda in cima finirà poi dritto agli inferi così come lo concepivano i greci? Se così fosse non sarebbe male, d'altronde nessuno di costoro avrebbe diritto ad accedere ai campi Elisi e quindi passerebbero l'eternità come ombre amorfe e incolori...

mercoledì 6 aprile 2011

"Qui una volta...

...era tutta campagna"
Non si tratta di un post a tema: "luoghi comuni. Un elenco sragionato dei più usati", anche se dovrò iniziare a mettermi avanti coi lavori e a ripassarli per una eventuale conversazione.
Lavoro nell'edilizia, anche se da un punto di vista progettuale, quello che faccio io è disegnare edifici, o interventi, che andranno a sorgere su aree che una volta erano agricole; perciò il luogo comune ha un fondamento di verità.
Le città si allargano, vengono classificati nuovi lotti di terreno e quindi viene sottratto spazio all'ambiente rurale, alle coltivazioni.
Il punto è che la terra agricola è preziosa, e non solo quella agricola ma al momento mi limito con la campagna, un fabbricato lo possiamo abitare, ma non possiamo mangiarcelo, ha un apporto nutritivo pari a zero, e convertirla a zona edificabile è un vero spreco; vero è che le persone devono avere un tetto sulla capoccia, ma è anche vero che esistono in ogni città schiere di edifici vuoti, abbandonati e cadenti che nessuno abita o recupera... così si classificano nuove aree ex-agricole e si recupera pochino perché il recupero costa di più.
Tutto sommato siamo privi, e chissà se potremo fare in tempo a svilupparla, di una coscienza di specie; siamo assolutamente capaci di fare i nostri interessi, come individui, ma proprio non riusciamo a fare gli interessi della nostra specie.
Siamo opportunisti, e probabilmente la cosa andava bene e ci ha permesso di sopravvivere quando la terra era popolata da condomini sulle zampe, ma col progredire della civiltà questo opportunismo è divenuto un po' deleterio.
Siamo miopi e lo siamo sin dalle più piccole cose.
Perché, ad esempio, buttare per terra plastica, carta, sigarette e altro, quando il cestino è a un tiro di schioppo? O perché buttare l'immondizia nei fiumi, o in discariche abusive avendo un centro di smaltimento a cinque o sei chilometri da casa? Per non pagare quel niente che il comune ci chiede per smaltire un rifiuto speciale? Perché buttare via qualcosa quando è ancora nuova e potrebbe svolgere ancora per molto tempo la sua funzione?...e via discorrendo.
Siamo miopi e non c'è ottico che possa darci un paio di occhiali per correggere la miopia, anche perché pare che non siamo neppure in grado di imparare, come specie, dai nostri sbagli; ci prenderemo il nostro bel meteorite, o quel che sarà, e finiremo come oggetto di studio da parte degli scarafaggi quando, insieme con Cher, domineranno la Terra.

martedì 5 aprile 2011

"Director's cut"

Non mi riferisco alla centoventinovesima versione di un qualche film di successo al quale, giusto per vendere la nuova versione in altissima definizione, roba da poterci fare anche colazione coi protagonisti, e al modico costo di un paio di organi singoli, sono stati aggiunti cinque inutili minuti di girato.
Mi riferisco al "nuovo" album di Kate Bush.
Guardate che è un argomento nuovo, sinora non vi ho mai frantumato gli zebedei, miei manzoniani lettori, con la Sig.ra del Kent... eppure avrei potuto; ah! se avrei potuto..
Il suo primo pezzo ch'io abbia mai sentito fu "The sensual world", era il 1989 e ne rimasi assolutamente stregato; ne vidi il video che mi ricordò, per alcuni versi, alcune scene di Kagemusha.
Da allora mi diedi da fare per recuperare quanto da lei inciso e non fu una gran fatica dato che la produzione della Nostra ammonta a ben 8 LP; una produzione minima ma, a mio avviso di gran qualità.
Dopo "the red shoes", del 1993, ho un vivido ricordo di me stesso in corriera mentre mi reco a scuola con il walkman e questo album nelle orecchie, ho atteso l'avvento di un suo nuovo lavoro come una epifania.
Nel 2005 esce "aerial" ed è stata una teofania in grande stile; l'ho ascoltato e riascoltato, e lo riascolto tutt'ora molto volentieri, illudendomi che, chissà, Kate avrebbe potuto incidere un altro album prima del Secondo Avvento.
"Director's cut" non è esattamente un nuovo lavoro, ma un riarrangiamento di brani presenti in "the red shoes" e "the sensual world", almeno a quanto ho letto sinora in giro per la rete, ma ho anche letto, e la fonte è autorevole, che Kate Bush sta addirittura lavorando a del nuovo materiale. Con questa uscita viene inaugurata la sua casa di produzione, è tornata finalmente in possesso completo dei diritti dei suoi brani, e quindi credo che sia giusto festeggiare l'evento con una nuova uscita.
Certo che se il nuovo album esce nel 2012 sarà il segno definitivo; ci deve essere una scritta Maya da qualche parte che indica l'uscita di un album di Kate Bush per il 2012 come l'inequivocabile segno della fine del mondo :asd:
Il primo singolo della nuova edizione dei vecchi successi, che entrerà quanto prima tra i miei averi, è "deeper understanding", dall'album "the sensual world", e trasmesso in anteprima ieri dalla Radio BBC2 (sia lode alla BBC che sei anni fa trasmisero in anteprima anche "king of the moutain").
Adesso vi incollo la prima versione, quella dell'album originale con le Bulgarka ai cori:
"Deeper Understanding"
... e l'edizione rieditata:
"Deeper Understanding"

...la resistenza è inutile: sarete rieditati!...però a me questa versione piace! E perdonatemi l'uso eccessivo di puntini di sospensione; sarà l'età :asd:

venerdì 1 aprile 2011

Raccolta differenziata

Non sapevo che per fare la raccolta differenziata fosse necessaria una conoscenza approfondita della meccanica quantistica, non disgiunta dalla padronanza della lingua Be'ena'a.
Carta
...e che ci mettiamo nella carta?
Il polistirolo? NO
involucri di plastica? NO
mettiamo la carta dentro un bel sacchetto di plastica, legato stretto stretto, e poi lo buttiamo nella carta? NO
il cartone del latte in tetrapak e le confezioni di biscotti con quel bell'interno argentato? NO
Solo ed esclusivamente della CARTA. Niente gomma, plastica, o materiali composti come il tetrapak, le confezioni dei biscotti, carta plastificata etcc...
Plastica, vetro e barattolame
Qui dentro ci vanno i contenitori di plastica come le bottiglie dell'acqua, dei detersivi, imballo di plastica. Ci buttiamo dentro anche l'alluminio e il vetro.
...e il polistirolo? Non è plastica e non va nella plastica.
La carta la buttiamo nella carta; NON nella plastica.
Il tetrapak e i materiali compositi NON vanno nella plastica.
indifferenziato
Ci buttiamo il polistirolo, i materiali compositi, il tetrapak e tutto quello che non va negli altri contenitori.
Nel dubbio è meglio buttare i rifiuti nell'indifferenziato che lanciare la roba a caso.
I comuni distribuiscono anche delle guide a cosa buttare e dove, per cui non pare difficile, eppure, ogni volta che vado a buttare il rudo, trovo sempre le cose sbagliate nei vari contenitori.
Plastica nella carta e carta nella plastica, polistirolo sia nella carta che nella plastica, gomma un po' ovunque e via discorrendo... mah...
Nel frattempo, dopo aver passato una vita a legare i sacchi dell'immondizia perché nessuno in condominio si prendeva la briga di farlo e di sostituire il sacco, ora passo la mia esistenza a controllare la raccolta differenziata e a disassemblare il rudo altrui.