giovedì 29 novembre 2012

"Venetia"

E' il titolo di un libro che sto leggendo ora.
Mentre a casa alterno l'Iliade, con la quale tornerò imperterrito a mettere a dura prova la vostra pazienza, con "Roma" di Donatella Puliga e Silvia Panichi, in corriera ricorro all'ebook e anobii ha qualche problema a inserirli.
Il titolo, completo di sottotitolo, è "Venetia; A supernatural thriller set in Venice" di Simon Barnes.
Non so se abbia o meno scritto altro e non ho trovato nel libro, del resto non l'ho ancora finito, note biografiche, ma devo dire che il libro mi piace.
E' lapalissiano che sia scritto in inglese; evidentemente ho macinato già parecchi libri nell'anglico idioma, per cui non sto minimamente facendo fatica a leggerlo.
L'inizio è un po' lento, ma trovo che il ritmo sia giusto per entrare nella vita dei protagonisti, imparare a conoscerli e a inserirsi nel loro ménage familiare.
La narrazione inizia a prendere i toni del thriller soprannaturale, come promesso dal sottotitolo, lentamente e circa a metà.
Mi piacciono i dialoghi, essenziali e molto verosimili; le descrizioni non sono mai ridondanti e tutto verte a fare entrare il lettore nello spirito del volume.
L'autore, pur ambientando il libro a Venezia, non ricorre agli stereotipi tipici nella descrizione dell'italiano.
Se vi piacciono i libri d'azione, questo non fa per voi; personalmente la ritengo una buona lettura.
Sono a due terzi ed è sempre possibile un improvviso peggioramento, anche se ne dubito.
L'ho comprato per Halloween, insieme a un libro della serie "Murder she wrote" in tema spiriti, perché volevo leggere un buon libro coi fantasmi e questo volume, trovato nel sito di una amica, mi è parso che  potesse essere un buon libro, come è, è una buona occasione di esercitare il mio inglese.
Il libro della "Fletcher" è una buona sceneggiatura scritta con mestiere, piacevole da leggere; ma bisogna attendersi una puntata della serie televisiva, altrimenti se ne palesano dei limiti insiti sia nella cornice nel quale si muove il libro e nella categoria di persone per le quali il libro è pensato.
Questo libro, essendo svincolato da limiti siffatti, ha la possibilità di essere, come è, un buon libro.

Dopo essermi sperticato in lodi, mi tocca anche parlare del... definiamolo un peccato veniale.
Il libro usa alcune parole e frasi in italiano la maggior parte delle quali, ahimé, è sbagliata.
Ci sono parecchie parole e nomi spagnoleggianti; doppie dove non ci vogliono; alcuni nomi mutili o privi di un doppia o un accento; una costruzione anglica di una frase... come se chi scrivesse avesse familiarità con l'italiano, ma che essa, col tempo, si sia mutata in un insieme di ricordi più o meno integri.
Questo non toglie nulla alla bontà del romanzo, d'altronde dubito che questi errori siano palesi a un lettore anglofono, ma spero che se ci sarà una seconda edizione, o se è prevista una revisione del testo, siano aggiustate anche le frasi in italiano e i nomi errati

Quando si dice un classico

Proprio mentre sono preda della rinascita, per altro mai sopita, della fascinazione per l'Iliade e la mitologia greco-romana in generale, del resto fa parte di noi, ieri sera, in uno dei rari momenti nei quali mi ritrovo davanti a uno schermo televisivo, sono incappato in un quiz a caso nel quale hanno chiesto quale di questi personaggi dell'Iliade è stato tradito dalla moglie: Menelao, Ettore, Achille ed Odisseo.
La domanda è di una banalità sconfortante, anche perché l'Iliade viene studiata a scuola, è un classico importante nella cultura occidentale, oddio ignoro se oltre atlantico, o nei paesi anglofoni extra UE, venga studiata anche nelle scuole inferiori, ma in Italia viene affrontata già alle medie inferiori; i più fortunati anche alle elementari hanno il bene di farne la conoscenza.
Ebbene; i concorrenti hanno sbagliato la domanda, non una, non due, ma tre volte, alla fine, come si dice dalle mie parti, "se non l'è zuppa, l'è pan bagné" per cui, avendo esaurito le opzioni, sono anche arrivati alla risposta giusta.
La colpa, ovviamente, è mia che saltuariamente accendo l'imbarazzante scatoletta; forse la disintossicazione non è completa.

Penelope, che, per chi si fosse messo in ascolto solo ora, è la moglie di Odisseo attende per bene vent'anni il ritorno del marito. Prima Odisseo va a Troia a guerregiare, visto che la sua giustificazione, pazzia improvvisa, viene smascherata da Menelao e da altri, poi passa un po' di tempo a zonzo per il mediterraneo, ha un interludio amoroso con Circe, la porcellizzatrice, e poi passa svariati anni con Calipso nell'isola di Ogigia e durante questi anni non hanno giocato a ramino.
Mentre Odisseo se la spassava, Penelope è rimasta a casa a tessere un sudario per Laerte; il suocero.
Avrebbe anche potuto risposarsi, rifarsi una vita, del resto i pretendenti non le mancavano, i famosi Proci, ma ha preferito attendere il ritorno di Odisseo.

Elena è la moglie di Menelao; non so se riuscirò ad essere breve... sedetevi.
E' figlia di Leda e di Zeus, gemella di Clitennestra, quella che, per non sbagliare, affila la scura in attesa del ritorno di Agamennone, nel caso scampasse alla guerra e tornasse a Micene, reo di aver accoppato la di loro figlia Ifigenia; il sospetto che se si fosse trattato di un figlio si sarebbe ripiegato su altro è legittimo.
Ha per fratelli i Dioscuri, Castore e Polluce, che però sono più grandi e moriranno, vabbè... uno muore e l'altro non vuole più vivere e verranno mutati da Zeus, padre di uno dei due, in costellazione; l'altro gemello è figlio di Leda e di suo marito Tindareo.
Viene rapita, già da bimbetta, da Teseo e da quel vecchio porco di Piritoo che poi tenteranno di rapire, gli arzilli vecchietti, Persefone; i danni della sensecenza consteranno a Teseo un pezzo di chiappa.
Elena sceglie di sposare Menelao; dato che tutti i re della Grecia la volevano in moglie e si rischiava la guerra, Odisseo, che faceva parte del cioppo di pretendenti, propone che sia Elena a scegliere lo sposo e che gli altri giurino di difendere la scelta della figlia di Leda; rarissimo caso di scelta lasciata a una donna.
Poi ci si mette di mezzo Afrodite. Qualcuno dimentica di invitare, al party del secolo, le nozze di Peleo e Teti, i genitori di Achille, Eris la dea della discordia, figlia della Notte e sorella di gente come Tanathos (la morte); non proprio l'anima della festa, ma lei se la prende a male, lancia una mela d'oro alla festa e iniziano i guai.
Era, Atena e Afrodite vanno a chiedere il giudizio di Paride Alessandro, gemello di Cassandra e figlio a sua insaputa di Ecuba e Priamo, il quale l'assegna, giustamente, ad Afrodite; solo che Era e Atena la prendono per il verso sbagliato e dato che Paride non ha imposto alcun vincolo alle dee, la dea dalle bianche braccia e la glaucopite decidono di radere al suolo Troia.
Elena viene spinta da Afrodite a scappare con Paride, mentre questo è a Sparta come emissario di Priamo e da qui parte un meccanismo di alleanze, che rieccheggia quanto accaduto con le guerre mondiali, per cui Troia e i suoi alleati si trovano ad affrontare i re della Grecia che si erano contesi la mano di Elena.
L'aspetto tragico di Elena è il suo essere in balia di Afrodite, ne è consapevole, tanto da chiamare la dea "disgraziata", ma non può fare a meno di assecondarla.
Finita la guerra tornerà a regnare come regina su Sparta a fianco di Menelao; in che condizioni è difficile dirlo perché a volte la parentela con gli déi è una maledizione.

Achille non era sposato; il legame più profondo della sua vita l'ha con Patroclo, suo cugino. Briseide, poveretta, è trattata più come pacco postale. Achille se la prende solo perché gli portano via le spoglie di guerra, mica per altro; è un continuo lamentarsi perché Agamennone ha la parte migliore.
Patroclo, poverino, doveva avere una pazienza sconfinata.

Andromaca è la moglie di Ettore e insieme formano una delle coppie, anzi, la coppia più bella dell'Iliade; sinché durano poveretti. Lui poi verrà ammazzato da Achille, invulnerabile e armato con le armi forgiate da un Dio tanto per essere sicuro di vincere, e il figlio di questi, Neottolemo, getterà dalle mura, dietro consiglio di Odisseo, il piccolo Astianatte, figlio di Ettore e Andromaca e prenderà quest'ultima come concubina.
Neottolemo, tra gli altri, accopperà anche Priamo; immaginatevi quanto poteva essere contenta Andromaca in balìa di eventi e di uomini che l'hanno trattata come un pacco postale.

martedì 27 novembre 2012

"Cantami oh Diva del Pelide Achille..."

E' più forte di me; ci sono cose che, ciclicamente devo rileggere e uno di questi testi è l'"Iliade".
In principio, devo ammettere, che l'Odissea esercitava un fascino maggiore, merito anche dell'eccellente sceneggiato, abbiate pazienza ma all'epoca si chiamavano così, che venne diretto da Franco Rossi e venne trasmesso nei primi anni '80 dalla Rai.
Mi piacque sin dalla prima visione e anche a distanza di decenni si mantiene un'ottima riduzione televisiva.
Quando poi li ho letti, ovviamente in una traduzione dato che la mia conoscenza del greco antico è pressoché nulla, l'Iliade si è guadagnata per intero i miei favori.
Non ho mai potuto sopportare Achille per alcune ragioni: innanzi tutto perché è il primo a definirsi "il migliore dei greci", attitudine di altri tempi che, quale lettore moderno, mi indispone un po'; in secondo luogo perché è un adolescente e come tale si comporta... non è ch'io ce l'abbia con gli adolescenti per partito preso, ma Achille mette il broncio e implora mamma, Teti, mica una che passa di là, di chiedere a Zeus, no... dico... Zeus che per altro l'ascolta anche, di intervenire a suo favore visto che è condannato a vivere poco... si, ma fu lui a scegliere tra una vita breve e imperitura fama e un vita lunga; poi chiede a mamma di andare da Efesto, non un fabbro qualunque, per avere delle armi per combattere contro Ettore; ultimo, ma solo perché siamo in fondo, perché l'episodio, dovrebbe essere in cima alla lista, è necrofilo.

Pentesilea era un po' cadavere, di giornata, d'accordo, ma sempre cadavere era.

Vogliamo parlare del trattamento riservato al cadavere di Ettore? Pentesilea non se l'è filata nessuno, poveretta, ma lo strazio che infligge ai resti del figlio di Priamo era considerato eccessivo persino per i suoi contemporanei.
Il meglio che gli posso dare è del raccomandato.
Per il semplice fatto che nei campi Elisi, secondo una versione, Medea, nipote del sole, Elio o Apollo vedete voi dato che esistono entrambe le versioni, sia data in sposa ad Achille, mi pare una pena da inferno dantesco per la povera figlia di Eete.
Ho sempre tifato, va da sé, per i troiani e il fatto che Odisseo combatta contro Ilio non me lo fa vedere con occhio benvolente; per il resto sarebbe un simpatico briccone.
I miei personaggi preferiti sono Cassandra, perché nessuno l'ascolta anche se ha ragione, Ettore, Andromaca, Ecuba... Enea non so, ma promette di leggere anche la fan fiction scritta da Virgilio qualche "anno" dopo.
Mi rimane un po' oscura la sorte del Palladio; ricordavo che l'aveva rubato Odisseo, ma mi sfugge come abbia fatto ad arrivare a Roma per poi andare, forse, a Constatinopoli.
Devo leggere l'Eneide e fare cosa gradita a Manto.
Anche Clitennestra mi è sempre stata simpatica, sin da quando Agamennone fa sgozzare Ifigenia per un refolo di vento, ho tifato per lei; mi spiace che abbia fatto accoppare anche Cassandra.
A proposito; oltre al club "forza Clitennestra", "Medea sei tutti noi" mi sento anche di far parte del "Gudrun fan club"... tutto sommato questo non fa di me una bella persona.
Quando uscii Troy devo dire che ero molto contento della cosa; dopo la visione dovetti incollare la mandibola e rincorrere gli zebedei.
Va bene; avevano scritto "liberamente tratto da...", ma sino alla fine non è chiaro che Ilio cadrà, il canto delle rotoballe in fiamme Omero non l'ha messo e per fortuna il film non prevedeva un canto delle navi; il mediterraneo era coperto, di sicuro sino a Scilla e dintorni, dalle navi anchee in CGI e se avessero iniziato ad elencarle non ne uscivamo vivi.
Devo dire che i pepla li ho sempre amati, ma devono muoversi entro i limiti, davvero larghi, della mitologia; devono essere mitologicamente verosimili.
Finita l'Iliade leggerò, ovviamente, l'Odissea, nella quale ho sempre amato Circe, Penelope e Nessuno; poi leggerò l'Eneide... anche se partendo come opera di propaganda, non inizia nei migliori dei modi.
Conoscendo la storia, però, leggere l'Eneide è come vedere la rivincita di Ilio; è che poi mi fanno secca Cartagine, una bella spianata di sale per essere sicuri, e mi dispiace perché a me Didone sta simpatica.
Ho una ricaduta di mitologia in corso.



giovedì 22 novembre 2012

Premio UNIA

Ebbene si; pare ch'io abbia vinto il prestigiosissimo premio UNIA!
Che cos'è questo premio? boh... è sicuramente una sorta di catena, per cui tu vinci e nomini altri sette blogger e la cosa va avanti così; quasi per inerzia.
Generalmente interrompo tutte le catene, ma visto che mi ha premiato il buon giudappeso e che si tratta di parlare di libri, mica posso tirarmi indietro.

Si tratta di rispondere ad alcune domande e quindi procedo.

Qual'è il primo libro che hai letto in assoluto?
Ovviamente non me lo ricordo. Ricordo di aver letto, alle medie un libro sui dinosauri, preso nella biblioteca della scuola e "Antiche come le montagne" di Gandhi; di quest'ultimo credo che fu oggetto anche di una scheda...ma ho dei ricordi un po' vaghi.
Devo dire, però, che ho iniziato a leggere seriamente dopo aver preso "La signora delle tempeste" di Marion Zimmer Bradley; ho proprio iniziato con della letteratura di una certa importanza.

Hai mai fatto un sogno ispirato a un libro che hai letto? Se si, racconta
Sicuramente si, ma in genere i sogni si ingarbugliano e la trama, mancando di uno sceneggiature, come molti film del resto, ne risente e spesso al mattino mi ricordo giusto una suggestione.
A volte i miei sogni sono pittorici, quasi dei tableaux vivants, e sono questi che tendo a ricordarmi, con una certa chiarezza, anche a distanza di molti anni; è incredibile quanto la mia memoria sia settata in un modo così cretino.

Qual'è la prima cosa che ti colpisce in un libro? La copertina, la trama o il titolo?
In realtà guardo prima la casa editrice; ne ho alcune che sono tra le mie preferite e quindi cerco, in libreria, prima i libri pubblicati da queste case editrici.
A seguire c'è il titolo che deve avere qualcosa che mi colpisca particolarmente; c'è da dire che la scelta del libro è influenzata, in particolar modo, dallo stato d'animo nel quale sono in quel momento.
Se il titolo mi incuriosisce allora leggo la quarta di copertina e se anche questo test viene superato, allora inizio a leggere passaggi dei libro. Spesso, la prima volta, lo poso al suo posto e torno più volte in libreria; rileggo lo stesso libro, di nuovo la quarta di copertina... a volte, invece, lo prendo per simpatia e non sto troppo a pensarci.
Dipende tutto dall'umore.
La copertina è l'ultimo degli aspetti che valuto, anche se mi piacciono i libri di un formato preciso e sono capace di non prendere un libro, anche se mi ha convinto, qualora il formato del volume non sia di mio gradimento; ad esempio detesto questa moda di pubblicare i romanzi, non libri illustrati, in un pratico formato "biolca".

Ti è mai capitato di piangere per la morte di un personaggio?
Mai di piangere come una vite tagliata, ma di commuovermi si.
Quando capita devo chiudere il libro e dormirci su per metabolizzare l'evento. Dopo Martin, però, nei cui libri i personaggi muoiono come mosche, mi sento un po' più vaccinato... vabbè; questo vale solo per i libri di Martin, per gli altri continuo a commuovermi.
Non piango, ma se muore un personaggio al quale mi ero affezionato, capita che la cosa mi porti il morale sotto le scarpe e sono capace di restare depresso, in vari stadi, per alcuni giorni; a volte anche settimane.

Qual'è il tuo genere preferito?
Il saggio storico, preferibilmente con Bisanzio e tutto ciò che è anche vagamente bizantino come soggetto.
Quando non leggo saggi sono abbastanza onnivoro riguardo la scelta dei romanzi; non leggo però horror o romanzi splatter.
Fantascienza e Fantasy sono state le mie prime letture e quindi leggo sempre volentieri libri di questi generi, ma non mi faccio troppi problemi; deve intrigarmi l'ambientazione e la trama.

Hai mai incontrato uno scrittore?
Conosco alcune persone che scrivono, anche molto bene, ma che vendono poche copie; sono aspiranti scrittori di successo.
Sono bravi ma emergere nel ramo, anche quando si ha talento, non è cosa semplice.
Ho conosciuto, anche se ormai non la vedo più, una scrittrice di successo; una persona meravigliosa.

Posta un'immagine che rappresenti cosa significa per te la lettura

Ecco... la lettura ti aiuta a vedere le cose da molteplici punti di vista e ti fa perdere nelle storie che racconta.

Come ultima parte del prestigiosissimo premio, del quale per altro non ho ancora scoperto nulla, devo nominare sette blog; sentitevi liberi di non dare seguito alla cosa, specie se avete di meglio da fare, ma se vi va...

Moky's blog
Status Viatoris
Diario di una studentessa matta
Ruminations of an obscure girl
il mio tesoro
luce della vita
la leggivendola

lunedì 19 novembre 2012

Raccontiamocela

Di recente ho sentito la seguente affermazione:"perché nell'ultima guerra le abbiamo suonate alla Germania"... ehm... sicuri?
Facciamo un ripasso generale partendo dalla Grande Guerra.
In principio noi si era alleati di Austria-Ungheria e di Germania poi, quando queste ultime hanno deciso di dichiarare guerra alla Serbia, non ci hanno avvisato, perché altrimenti ci avrebbero dovuto dare qualcosa in cambio, così prima ci siamo dichiarati neutrali, poi abbiamo siglato un patto con Londra per entrare in guerra entro un mese e abbiamo dichiarato guerra all'Austria-Ungheria ma non alla Germania.
Tutto questo perché prima di entrare in guerra abbiamo tentato di massimizzare i benefici che ne avremmo ricavato che, dati i tempi, consistevano i quei territori che erano in mano all'impero austro-ungarico.
Due parole: Caporetto e Vittorio Veneto.
Ce l'abbiamo messa tutta e ci siamo anche impegnati, ma alla fine abbiamo guadagnato i territori mancanti perché eravamo sul carro vincitore.
S'è vinta la guerra pur pareggiando; un clamoroso caso, ante litteram, di convergenza parallela.
Certo, il patto di Londra prevedeva un quantitativo imbarazzante di territori che non ci sono stati dati, per cui a fine guerra, con la conferenza di Parigi, ci siamo sentiti traditi... giudicate un po' voi sulla base di quale morale.
Tecnicamente nella prima guerra mondiale, l'Italia non era in guerra con la Germania né a fianco, né contro.
Agli albori della seconda guerra mondiale eravamo più che entusiasti dell'alleanza con la Germania.
Non si è trattato di un'alleanza capestro; i due regimi era tremendamente vicini ideologicamente.
Del resto gli italiani avevano dato prova di sufficiente ferocia e razzismo, nella creazione dell'italico impero, e non sfiguravamo di certo a fianco dei tedeschi; anzi...
Per fortuna, se non altro per le sorti del mondo, le nostre milizie erano equipaggiate appena peggio dell'Armata Brancaleone, perciò tendevamo ad allungare il fronte di guerra; più che essere d'aiuto siamo stati un impaccio e abbiamo seminato morti, soprattutto gente nostra, un po' ovunque.
Del resto i papaveri sapevano che le nostre armate non erano pronte, ma nella fretta di salire sul carro dei vincitori ci si è buttati a pesce nella guerra; metti che la Germania, come avevano previsto, avesse vinto rapidamente senza la nostra partecipazione? Si rischiava di non portare niente a casa... meglio portarci a casa quindi un po' di prestigio anche se corredato da "qualche" cadavere.
Generalmente la storia delle nostre battaglie durante il secondo conflitto mondiale è stata la seguente; noi apriamo un fronte con un paese X, ne prendiamo talmente tante da non capirne manco la provenienza e poi arrivano i tedeschi, se possono, a darci una mano e a risolvere la cosa.
Ricordo che le abbiamo prese dalla Grecia che era conciata peggio di noi.
Non era il valore a fare difetto; era tutto il resto.
A un certo punto gli alleati sbarcano in Sicilia, l'idea è quella di arrivare a Berlino passando dall'Italia; il paese si divide in due di fronte all'avanzata delle truppe alleate, una parte diventa uno stato fantoccio manovrato da Berlino, l'altra parte si schiera con gli alleati.
La battaglia di Stalingrado cambia le sorti della guerra rendendo necessario lo sbarco in Normandia per bloccare Stalin il quale, molto probabilmente, si sarebbe fermato solo davanti l'Atlantico.
Gli unici italiani ad aver dato da fare alla Germania sono stati i Partigiani, tecnicamente non un esercito, ma dei guerriglieri; del resto, in campo aperto, per ovvi motivi, non avrebbero avuto alcuna possibilità.
L'Italia ha dunque pareggiato nella seconda guerra mondiale perché s'è cambiato fronte nel mentre; penso che per risalire all'ultima volta nella quale le abbiamo suonate alla Germania, si debba andare indietro a quando non esisteva neppure l'idea di stato nazionale... non abbiamo avuto, grazie al cielo, molte occasioni per guerreggiare coi tedeschi e si spera che non se ne presentino in futuro.
L'Europa è stata teatro di talmente tante guerre da, spero, cavarcene la voglia per qualche millennio a venire.
Povera Europa; e pensare che, fosse stato per lei, si sarebbe volentieri limitata a fare la principessa fenicia e a raccogliere fiori.



giovedì 15 novembre 2012

Maniaco

Ci sono alcuni traguardi molto importanti nella vita; avere un bot sul blog, un troll che commenta i tuoi post e, perché no?, un maniaco telefonico.
Ebbene, da qualche tempo un numero di Milano, continua a cercarmi sul cellulare; rispondo e mettono giù.
Stasera mi hanno persin lasciato un bellissimo messaggio in segreteria telefonica:"drrr drrrr bbrrr dddrrr".
Caro Maniaco, manco un gemito, un sospiro; non li fanno più i maniaci di una volta.
Prima del messaggio in segreteria pensavo che fosse, semplicemente, qualcuno che sbaglia numero, ma dopo il fascinoso messaggio nella mia segreteria telefonica non so cosa pensare.
Avevo anche pensato a un computer che tenta di mandare un messaggio su un altro computer, fax, o che... ma il prefisso del mio cellulare è chiaramente quello di un telefono mobile.
Vi terrò informati se mai qualcuno dovesse attentare alla mia virtù.

Nel frattempo ho notato una cosa davvero fastidiosa.
Sono venuto a patti con l'inizio della frase con una "e", pazienza; è cosa diffusa e quindi dovrò farmene una ragione.
Quello che ho notato di recente e che mi dà fastidio, lo so... sono molte le cose che mi infastidiscono, ma sono consapevole di essere una piaga, è l'uso dell'imperfetto come se fosse un condizionale.
Davvero.
L'imperfetto come modo, manco come tempo, ipotetico?

martedì 13 novembre 2012

Martedì

Sono sicuro di averne già parlato più e più volte del mio rapporto, diciamo conflittuale, col martedì.
Col tempo, devo dire, che le cose stanno migliorando; staremo insieme, forzatamente, io ad esempio ne farei a meno, per tanti anni... spero ancora per moltissimi anni, per cui bisogna pur addivenire a un accordo.
Non possiamo continuare così facendoci del male, come se la cosa fosse reciproca; come si fa a fare del male fisico a un giorno della settimana?
Il pensiero mi ha colto più di una volta, prendere una spranga e picchiare il martedì o l'incarnazione del momento; massì mi sarei anche sfogato, ma poi? il martedì ha la brutta tendenza a ripresentarsi ad ogni settimana... c'era il rischio di finire in via Burla.
Ah! Per chi ha poca familiarità con Parma, in via Burla c'è un carcere. Una volta era nel complesso, proprio in centro città, di San Francesco, un ex monastero, e s'è doverosamente bucato la facciata di una chiesa del 1300, a spanne, per farci dentro un carcere; quando si dice la lungimiranza.
Tornando al martedì; abbiamo finalmente un accordo.
Di recente pare non essere neppure una brutta giornata, non è una meraviglia, ma neppure qualcosa di inaffrontabile; fa, più o meno, schifo come le altre... ho semplicemente deciso di guardare a qualcosa d'altro e il martedì ricambia lasciandomi addosso una stanchezza epocale.
Non mi lamento; rispetto a prima è un netto miglioramento.

Un post dal sapore vagamente inutile, ma ci tenevo a comunicare questa notizia indispensabile al progresso della specie umana.

lunedì 12 novembre 2012

Un processo lungo e noioso

Davvero; a volte disegnare e dare una mano di colore, può essere un processo per niente simpatico.
Avevo già scritto da qualche parte che l'avere un talento, come il mio, limitato non è un impedimento alla partecipazione al processo creativo; bisogna poi essere obiettivi e valutare il frutto delle nostre fatiche evitando di rifilarli ad amici e parenti.
Difficilmente, anche se produciamo la schifezza incommensurabile dell'anno, ci diranno:"complimenti; è proprio un bello schifo".
Cercheranno, bontà loro, di indorarci la pillola con mirabili arrampicate sugli specchi:"i colori sono bene abbinati", "è molto luminoso"... se vi dicono:"si abbina benissimo con la lettiera del gatto" si meritano un applauso per l'inventiva.
Sta a noi che produciamo "cose" renderci conto della qualità delle stesse; voglio dire le opere di Michelangelo, Giorgione, Tiziano, le ho viste quindi SO com'è fatto qualcosa di bello, qualcosa di meno bello e qualcosa di, francamente, impresentabile.
Gli amici ci vogliono bene e quindi non ci diranno mai che non sappiamo tenere in mano una matita se a noi fa piacere disegnare come se non ci fosse un domani e i parenti... bhè... la mamma è sempre la mamma e il babbo, spesso e volentieri, preferisce tacere.
Del partner non parlo neppure; sono tali i ricatti e giochi diplomatici che è possibile fare in una coppia, che il giudizio del partner tiene conto di tutto tranne che della valenza artistica del nostro operato.
Produrre qualcosa è però un processo lungo, ovviamente parlo di quanto accade a me.
Per quanto mi riguarda ci sono tre fasi di durata ineguale.

Prima fase: E' tutto nuovo
All'inizio sono anche allegro; mi stupisco per una cosa qualunque, dalla forma di una nuvola, al colore di una lampadina, ai disegni creati da una muffa e via discorrendo...
E' la parte più bella perché ti pare tutto nuovo, tutto bello; ragnatele e cumuli di immondizia varia compresi.
Ci sente leggeri, non ostante i chili in di più, e pare di camminare a qualche metro da terra.
Ah! è una fase meravigliosa la cui durata è variabilissima; a volte basta un niente, anche un pensiero scappato dal recinto, per frantumarla e passare alla fase successiva.
Peccato perché è veramente un periodo bellissimo.


Seconda fase: La tenda di broccato
In questa fase mi immalinconisco facile, penso alla transitorietà dell'esistere, memento mori, qui una volta era tutta campagna, ah! quand'ero giovane saltavo i fossi per il lungo e via di seguito.
Questa fase tende a durare da qualche giorno a qualche mese, nei casi veramente gravi, anche qualche anno.
Mentre sono intento a deprimermi, così, gratuitamente e immotivatamente, capita di vedere alcune immagini; una figura, un barlume di composizione, un concetto da rappresentare... quando questo accade vuol dire che la fase "tenda di broccato" sta dando i suoi frutti e che in un tempo indefinito, tra la settimane e qualche mese, si passerà all'ultima fase.
La fase tenda di broccato è devastante; intanto perché non è facile uscirne, insomma i pensieri tristi fanno come le ciliegie e si rincorrono giocando a rimpiattino, poi c'è la battaglia con l'ironia e il sarcasmo:"che due... di nuovo. E anche stavolta non sto pensando niente di originale per deprimermi. Che barba che noia".
Ho anche la tendenza a divenire poco socievole e con la tendenza alla risposta tagliente.
Questa fase può durare da qualche settimana a qualche mese; ne ho avuta una che è durata una decina d'anni... ero un fiore, uno spettacolo d'uomo; davvero.... roba che mi sarei asfaltato da solo con la mietitrebbia.

Terza fase: L'apparizione
Mentre sto bevendo il mio brodo di verdura, o sono intento alle mie funzioni fisiologiche, o sotto la doccia, al volante, insomma in una qualunque situazione a caso e sto contemplando la rovina del Cosmo, la vittoria definitiva, globale e totale dell'Entropia; proprio mentre sono lì a fare i conti, per l'ennesima volta, con le peggio cose, che per altro sono già state pensate e valutate, e quindi mi critico perché in fondo è sempre la solita solfa, ecco che, come una teofania, mi appare la Creatura in tutto il suo splendore.
Fisso l'idea su un fogliaccio basta che sia e poi la realizzo.
Durata della fase: pochi secondi.

Alla fine la creatura sarà comunque meravigliosa, perché si sa che per la mamma qualunque sgorbietto figlio suo è bellissimo... con i disegni però, scelgo quali mostrare in giro e quali è meglio non fare uscire da casa; alcuni son tanto carucci, ma non proprio nati benissimo e a volte proprio inguardabili.
L'importante è tenere a mente che il talento è poco, gli esiti variabili e non c'è motivo per mettere in imbarazzo gli amici, a meno che non sia espressamente richiesto, con il dono di una creatura.



martedì 6 novembre 2012

Fiero di me

Davvero; non mi capita spesso di esserlo.
Sono più tipo da farsi schifo, con gradi diversi, da solo, o da immusonirsi, o fare il malinconico per partito preso; così... gratuitamente, senza un motivo.
S'era capito che non sono l'allegrone della compagnia?
Che poi; siamo onesti, non sono sempre così musone, magari è la mia condizione principale, occupa buona parte della mia programmazione, specie durante l'interminabile routine settimanale, ma la mia tendenza all'ironia mi preserva da una vita di lagnanza.
Ho dato licenza di sopprimermi ai miei amici qualora dovessi passare da una lamentela all'altra.
Ho alcuni motivi per essere fieri di me.
Stamane mi sono svegliato con un nervoso e una rabbia prorompenti; avrei potuto riversare cattiveria, sarcasmo, commenti taglienti e tutta un'altra carrettata di scortesie sulle persone che mi stanno intorno e invece... niente.
Ci sono andato spesso vicino, devo dire, oggi avrei potuto aprire bocca ed eruttare la qualunque, ma decenni di autocontrollo, appreso a karate, e di non violenza, mi hanno aiutato a non esplodere gratuitamente col primo malcapitato che si fosse trovato ad passarmi davanti.
Ho persin pestato un ricordo abbandonato da un qualche proprietario di cane e non me ne sono uscito con qualche improperio; ho pensato malissimo della persona in questione e non se mi tratterò di fronte a qualcuno che lascia le deiezione del suo cane all'aria, ma non ho dato di matto... dicono portino fortuna, sarà... ma a me non pare.
Di fronte all'abituale concione dell'autista, abituale perché da almeno un mese ogni sera l'autista del mezzo pubblico pontifica su ogni cosa, avrei anche potuto sbottare e invece ho smesso di leggere, tra l'altro parla anche forte e impedendomi di capire quello che sto leggendo, ho infilato le cuffie e così ho evitato di ascoltarlo concionare; con due passeggeri che gli davano pure corda facendogli da uditorio... sia lode agli auricolari.
Son proprio contento di me stasera, non ostante tutto...
Ovviamente ho pianificato il primo passo del mio cambiamento, l'ho detto, no?, che ho un lieve problema di controllo; devo solo trovare il coraggio e la voglia di compiere il primo passo.
Avanti adagio... passi di bimbo.

domenica 4 novembre 2012

la lagna della domenica

Non saprei neppure da dove cominciare.
Da qualche tempo mi sembra di essere cristallizzato, fermo, sospeso in tempo indefinito fatto dall'incedere, continuo, delle solite mansioni, i soliti pensieri, manco questo, per inciso, sarà particolarmente originale, e che io viva, semplicemente, in attesa della fine.
Non sono depresso, cioè "ni", ho avuto decisamente momenti peggiori e ben più melodrammatici, e anche questo fa parte del problema.
Non è la routine quotidiana che mi lascia interdetto, ad esempio vorrei anche evitare di cominciare ogni capoverso con un "non", ma il modo in cui vivo quel che mi accade intorno.
Ho passato decenni, grazie all'ambiente nel quale vivo, a costruire una serie di meccanismi difensivi che mi evitassero di soccombere; l'atarassia di qualche post fa... un'altra lagna domenicale.
Dovrò trovare qualcosa da scrivere durante la settimana di appena più spensierato per alleggerire i toni del blog.
Le mie difese sono state più che utili negli anni, del resto sono ancora qui e non ho preso un autobus mattiniero per la casa madre, ma ultimamente mi sembra una gabbia.
Non è, e dai, tanto la consapevolezza che nessuna retta conoscenza è possibile a darmi dei problemi, tanto il fatto che nel controllare le emozioni mi pare di aver smesso di provarle interamente.
Oh...io i risultati di tutta questa epoché mica li ho visti e non mi sento poi particolarmente felice da risultare l'anima della festa.
O meglio; le cose le provo solo quando sono più in superficie, letteralmente, ma mentre una parte di me è impegnata a emozionarsi, fosse anche per una concrezione salina sul muro di una casa, un'altra parte di me è impegnata ad analizzare l'emozione provata e così va a finire che è come se l'avessi vissuta in parte.
Sono decenni, almeno un paio, che i miei condotti lacrimali servono solo a lubrificare i bulbi oculari.
Il meglio lo do, e la cosa non è priva di un risvolto comico, mentre sono impegnato a essere depresso, mi faccio schifo per un motivo a caso e mi sento un oggetto di porcellana in frantumi; mentre sono in questo stato meraviglioso sono anche intento a studiare il modo in cui i frantumi si sono disposti sul pavimento; non arrivo a darmi i voti con la paletta, ma sarei capacissimo di farlo.
Invece è vero; mi dò i voti con la paletta. Mi critico, per dire, se per caso incappo in un pensiero deprimente non particolarmente originale o se l'elaborazione di uno è simile a qualcosa già elaborato in precedenza, se non approfondisco qualcosa e preferisco deprimermi in modo nazional popolare.
Ho uno spleen snob e la cosa divertente è che me ne rendo conto e mi dò pure del cretino.
Solo a pochissime persone è consentito superare le prime linee difensive, qui si parla di un complesso di parecchie cinte murarie concentriche, e a nessuno è stato mai consentito di arrivare al centro delle difese; forse manco io ci sono mai stato.
Con l'età sto diventando sentimentale.
Ho sempre preferito l'Iliade all'Odissea perché nell'Iliade c'era Cassandra; evitata un po' da chiunque, ascoltata da nessuno e accoppata da Clitennestra perché rapita da Agamennone.
Mi piaceva Medea; che butta tutta la sua vita all'aria per Giasone, taglia a fette il fratello per permettere all'Argo di seminare le navi della Colchide, viene tradita da Giasone, che se la spassa con qualcun altro, e persegue la sua vendetta sino ad ammazzare i suoi figli...e per soprammercato va a finire, secondo una tradizione, sposa di Achille nei Campi Elisi.
Achille... quello che stupra il cadavere di Pentesilea sotto le mura di Troia.
Non so; paragonata all'Iliade l'Odissea manca di dramma.
Sono venuto su a cinema d'autore; dove i protagonisti hanno delle vite in varie sfumature di squallore e terminano le loro vite in tragedia e, possibilmente, in modo del tutto inutile lasciando allo spettatore domande inquietanti da metabolizzare.
Da un po' vado in cerca di storie a lieto fine; il "vissero tutti felice e contenti", magari non proprio come nelle favole, ma che almeno i protagonisti della vicenda tentano, umanamente, di raggiungere, a suon di compromessi, una vita ragionevolmente felice.
Notare "umanamente" e "ragionevolmente"; sono anche snob coi lieto fine, l'eccesso di melassa mi disturba.
Il punto è che alle soglie dei quaranta, dopo decenni di onorata carriera come pessimista convinto, passando anche la fase: "no, io non sono pessimista, sono realista"... raccontiamocela, sono giunto alla conclusione che la storia può essere a lieto fine; sono diventato possibilista.
Al momento vorrei un lieto fine, ma non so se lo voglio davvero, a che prezzo, se saprei evitare di analizzarlo come un esperimento di laboratorio o se riuscirei a viverlo nella sua interezza.
Non sono sicuro di possedere tutte le chiavi delle porte, saracinesche, grate e quant'altro che chiudono ermeticamente le mura.
Non sono sicuro di volermi esporre, vorrei, ma non so se sono o meno pronto, ma se non ora quando? Presto sarà troppo tardi e dovrò fare i conti con rimpianto ed io detesto avere dei rimpianti.
Insomma; so che non pare, ma sono depresso....con moderazione e a breve compilerò anche la critica a questa depressione; per ora ne sono favorevolmente colpito perché porta fuori cose in parte nuove.
Sono anche sull'orlo di un cambiamento e, per come sono fatto, visto che convivo con me da un po' di tempo a questa parte, se non accadrà qualcosa che mi colpirà dall'esterno, sarò io a causare, in un modo del tutto incosciente, nel significato più ampio del termine, un cambiamento.
La cosa interessante è che vorrei anche controllare il cambiamento; ho decisamente un po' troppa volontà di controllo.
Che dire? Magari espatrio...non certo per questioni lavorative, ma perché ricominciare da zero da un'altra parte potrebbe essermi d'aiuto per fare errori nuovi.
Al momento mi pare di ripetere persino gli stessi errori.