lunedì 3 ottobre 2011

Arte e artisti

Ispirato da un articolo letto sull'arte povera, mi è venuto un po' di travaso di bile, e da una serie di personaggi discutibili, diciamo così, ho deciso di scrivere due righe riguardo l'artista.
Va da sé che trattasi di opinione personalissima; lo paleso subito, anche se è del tutto superfluo dato che solo la nostra opinione possiamo esprimere correttamente, perché si sappia che queste considerazioni sono frutto di ripetuti episodi che mi hanno lasciato del tutto basito.
In principio, ma senza partire da Tiamat o da Nyx, l'artista era un artigiano specializzato; il suo lavoro richiedeva un certo talento e anni di pratica di bottega per apprendere la manualità e le conoscenze, per poter lavorare al servizio di un qualche signore locale.
L'artista lavorava duramente per la pagnotta; sfoderando inusitate doti di captatio benevolentiae e piegandosi a quasi ogni cosa per poter mangiare.
Nel Medioevo sono rarissimi i casi nei quai conosciamo il nome dell'artista creatore di determinate opere, Wiligelmo e Antelami sono un caso raro; il considerare l'artista e quindi per estensione anche l'architetto, come un artigiano è prassi antica, poiché entrambi utilizzano, per fare le cose, la manualità e apprendono una serie di tecniche indispensabile alla realizzazione dei vari progetti.
Nel corso del tempo, iniziando dal Rinascimento, la figura dell'artista diventa sempre più vicina a quella dell'intellettuale; un personaggio che lavora tramite le idee e non con le mani.
Con le avanguardie, la perfoming art e tutti i vari movimenti contemporanei, l'aspetto privilegiato, più appariscente, del lavoro dell'artista è dato dall'idea che comunica e la capacità tecnica è scivolata in secondo piano.
Se c'è una cosa che mi fa imbestialire, sono quelle persone che "sentono" l'arte, si ritengono grandissimi geni incompresi, e non sanno tenere in mano una matita, ignorano le più semplici regole del disegno, conoscono il nome "texture" giusto perché c'è su photoshop, ma non ne hanno mai realizzata una a matita.
Per quanto possa risultare faticoso, che poi bisognerebbe sentire cosa ne pensa chi lavora in miniera, disegnare a mano senza l'ausilio di strumenti di assistenza informatici, che è come disegnare con la badante, è indispensabile per formarsi una valida conoscenza della composizione e della gestione dello spazio.
Il disegno dal vero forma l'occhio e insegna a osservare come funzionano le cose, come si torcono e come i materiali si comportano rispetto alla luce, sia essa solare o elettrica.
La conoscenza dei materiali e delle tecniche è assolutamente necessaria perché quello che abbiamo pensato posso essere realizzato nella realtà.
Il disegno a mano, dal vero, saper utilizzare l'olio, l'acquerello, l'acrilico e via discorrendo, sono l'alfabeto e le regole grammaticali del fare arte.
L'arte è un linguaggio e come tale ha un alfabeto e delle regole grammaticali e le regole non si possono innovare, o rompere, se le si ignora; è come scrivere senza conoscere la grammatica.
La cosa che detesto di più di questo periodo storico è il pressapochismo e l'arroganza di potersi ritenere grandi artisti ignorando le basi, o pensando di essere troppo grandi per aver bisogno di imparare dal principio.
Conoscere l'alfabeto, avere una buona mano, è importante ma non basta per scrivere un romanzo.
Quando mancano le conoscenze tecnica si copiano le opere altrui, riempendole di significati diversi e spacciandole per originali.
La prima volta che Malevic ha creato "quadrato bianco su fondo bianco", ha avuto un'idea geniale, ma vi è pervenuto attraverso un percorso che è passato dal disegno figurativo e dalle tecniche pittoriche ad esso connesse; ma la sessantesima tela bianca prodotta da un tizio a caso, che mi dice di nuovo?
Detesto chi si dice, proclamandolo al mondo, "io sono un artista"; se non hai fatto qualche anno di cubi, fogli, bottiglie, insomma di disegno dal vero imparando almeno a gestire il bianco e nero puoi essere al massimo un tronfio intellettuale... probabilmente mediocre.

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