Da domani finisce un anno e ne inizia un altro e, come accade sovente, anno nuovo "vita vecchia".
Non che mi dispiaccia, a parte alcuni miglioramenti sparsi qui e là, la mia solita esistenza, sinché dura, non mi dispiace per niente.
Non farò buoni propositi, perché poi non me li ricorderei e non posso neppure fare dei bilanci; un po' perché non voglio che diventino occasione per guardare a quello che non ho fatto e un po' perché, sempre complice l'avarizia di Mneme, non mi ricordo nei dettagli cosa è accaduto quest'anno.
Per l'anno nuovo vorrei un po' più di monotonia sul fronte salute; la mia è sempre la solita, ma il 2014 ha regalato, nel suo compiersi, una serie di "cose" delle quali si poteva fare a meno.
Da un punto di vista lavorativo, invece, vedo all'orizzonte profilarsi maretta e nubi temporalesche, per cui vedrò cosa poterà l'anno nuovo; possano i Numi essere compassionevoli.
Per il resto... bhè sinora in quarant'anni non è accaduto null'altro di rilevante e quindi dubito che un anno possa fare la differenza, per cui leggerò più libri.
Ecco; l'unico proposito che mi sento di fare è questo... leggere di più.
Non solo libri in inglese, ma anche in francese e cercare di sviluppare un po' il neerlandese in modo da leggere qualcosa anche in questa lingua.
Insomma, per parafrasare "Voyager", ovviamente mi riferisco a Star Trek; possa il 2015 portarvi e portarmi, quel che vogliamo tranne una cosa, in modo da avere motivo per andare avanti.
La frase originale era molto più ottimista e positiva, ma da me non si può pretendere di più.
mercoledì 31 dicembre 2014
mercoledì 26 novembre 2014
Cinema
L'ultimo film che ho visto, prima di ieri sera, è stato "Gravity"... che mi era piaciuto assai.
Ieri ho visto "Interstellar" e devo dire che mi è piaciuto; insomma... ci sono alcune cose un po' così, che non ho capito se sono imputabili al doppiaggio o meno, ma il film ha una trama.
Mi ha ricordato, per certi versi, quelle puntate di Star Trek con a tema i paradossi, per cui: "non abbiamo il tempo di parlare del tempo; non ce l'abbiamo il tempo" citando a sboccio un film... a caso :asd:
I robot del film sono... peculiari; hanno una forma che non ti aspetti e, malgrado possano indurre al riso e far nascere qualche dubbio sulla loro utilità siffatti, mi hanno colpito per l'ingegno e l'inventiva.
Robot così non se ne vedono spesso.
Se vado avanti così finirò per andare al cinema solo a vedere film di fantascienza.
Adesso, nell'attesa di tornare al cinema a vedere un nuovo film di fantascienza, mi leggo le modifiche apportate all'ultima legge regionale, che sta diventando un po' come le scale di Hogwarts; qui non fai in tempo ad abituarti a una normativa che già, la regione o lo stato, te la cambiano...
Ieri ho visto "Interstellar" e devo dire che mi è piaciuto; insomma... ci sono alcune cose un po' così, che non ho capito se sono imputabili al doppiaggio o meno, ma il film ha una trama.
Mi ha ricordato, per certi versi, quelle puntate di Star Trek con a tema i paradossi, per cui: "non abbiamo il tempo di parlare del tempo; non ce l'abbiamo il tempo" citando a sboccio un film... a caso :asd:
I robot del film sono... peculiari; hanno una forma che non ti aspetti e, malgrado possano indurre al riso e far nascere qualche dubbio sulla loro utilità siffatti, mi hanno colpito per l'ingegno e l'inventiva.
Robot così non se ne vedono spesso.
Se vado avanti così finirò per andare al cinema solo a vedere film di fantascienza.
Adesso, nell'attesa di tornare al cinema a vedere un nuovo film di fantascienza, mi leggo le modifiche apportate all'ultima legge regionale, che sta diventando un po' come le scale di Hogwarts; qui non fai in tempo ad abituarti a una normativa che già, la regione o lo stato, te la cambiano...
lunedì 10 novembre 2014
Riforme
Parlo di rado di politica, ma in questo momento sento il bisogno di fare alcuni commenti.
Qualche anno fa frequentavo con una certa costanza, complice anche l'aver più tempo a disposizione, un bellissimo forum di persone straniere alle prese con l'italica lingua e la politica italiana ha sempre destato confusione ed è sempre apparsa un affare complicato; non è così, vi assicuro che è di una semplicità imbarazzante.
La nostra politica si base su un elementare principio: "dare un colpo alla botte e uno al cerchio", oppure, per usare un detto ancora più semplice e palese "avere la botte piena e la moglie ubriaca".
Il motivo per cui da noi le riforme procedono con una lentezza tale da far apparire subitanei i fenomeni geologici, è perché si cerca di trovare una via di mezzo che riesca ad accontentare tutti, "scontentandoli" al contempo.
La nostra politica si basa su quelle "convergenze parallele" di andreottiana memoria, che potrebbero anche essere chiamate "divergenze convergenti"; noi cercheremo sempre una via di mezzo che faccia egualmente schifo a tutti e che faccia, al contempo, comodo a tutte le parti in causa.
E' ovvio che una riforma, con queste premesse, ci impiega eoni ad essere recepita.
Non pensiate, però, che vi sia una distanza, una scollatura, tra il paese reale e la politica; quest'ultima è l'espressione di un paese reale in fermento che cerca di trovare una via che salvaguardi capra e cavoli e che faccia gli interessi, al contempo, del diavolo e dell'Acqua Santa.
Chi l'ha detto che non si può servire Dio e Mammona? L'Italia, sicuramente, ci sta provando con impegno, ingegno e dedizione.
Non voglio neppure chiamarmi fuori da questa inclinazione; trovare un medio lo ritengo una virtù e il più delle volte è cosa buona mediare tra gli eccessi, ma un conto è mediare, conto diverso è volere una cosa e pure il suo contrario.
L'italica politica, che amplifica, degenerandolo e pervertendolo, "in medio stat virtus", è l'arte di ottenere una cosa e il suo contrario, spacciarla per cosa buona, indignarsi pubblicamente per l'obbrobrio creato e usandolo, però, per i propri fini e mantenendo la cosa il più a lungo possibile e con modifiche minimali, ché fa comodo, ma indignandosi per il pasticcio all'italiana creato; qualora non si fosse capito indignarsi pubblicamente è fondamentale.
domenica 9 novembre 2014
Montecchio
Le immagini sono di repertorio, probabilmente del 2010... o giù di lì.
Montecchio è nel reggiano, vicinissimo all'Enza e dirimpetto al paese di Montechiarugolo.
Il paese ha diverse iniziative meritevoli, che vi invito a guardare nel sito del Comune, e ha un pregevolissimo castello.
Ricordo che tempo fa non vi erano particolari affreschi, ma la parte più affascinante è il piano interrato con il sepolcreto; ai piani superiori vi sono graffiti della prima guerra mondiale, se non ricordo male, ed è molto bello il giro delle mura e la vista dei meccanismi dell'orologio.
Ha conservato una porzione delle mura cittadine.
Non ho ancora avuto modo di entrare in una delle chiese del paese, ma visto che vado spesso a Montecchio, prima o poi, capiterà l'occasione di entrare e vederne una.
In compenso ero andato a visitare il Santuario dell'Olmo.
Dal mio paese, per arrivarvi, ci sono almeno un paio di alternative, personalmente preferisco la via che, appena prima della località Il Moro, appena fuori Parma, volta a destra e arriva a Montechiarugolo; sul ponte che supera l'Enza è possibile vedere il castello di quest'ultimo paese e si entra in Montecchio attraverso un bellissimo viale alberato.
Montecchio è nel reggiano, vicinissimo all'Enza e dirimpetto al paese di Montechiarugolo.
Il paese ha diverse iniziative meritevoli, che vi invito a guardare nel sito del Comune, e ha un pregevolissimo castello.
Ricordo che tempo fa non vi erano particolari affreschi, ma la parte più affascinante è il piano interrato con il sepolcreto; ai piani superiori vi sono graffiti della prima guerra mondiale, se non ricordo male, ed è molto bello il giro delle mura e la vista dei meccanismi dell'orologio.
Ha conservato una porzione delle mura cittadine.
Non ho ancora avuto modo di entrare in una delle chiese del paese, ma visto che vado spesso a Montecchio, prima o poi, capiterà l'occasione di entrare e vederne una.
In compenso ero andato a visitare il Santuario dell'Olmo.
Dal mio paese, per arrivarvi, ci sono almeno un paio di alternative, personalmente preferisco la via che, appena prima della località Il Moro, appena fuori Parma, volta a destra e arriva a Montechiarugolo; sul ponte che supera l'Enza è possibile vedere il castello di quest'ultimo paese e si entra in Montecchio attraverso un bellissimo viale alberato.
Povero blog
Una volta lo seguivo di più, ma ultimamente mi dimentico sempre di scrivere qualcosa.
Un po' è perché arrivo a casa demolito e un po' è perché il tempo libero lo trascorro a fare altro; un tempo riuscivo a ritagliare un po' di tempo al lavoro da dedicare al blog, adesso non è più così.
Non ho voglia di scrivere sempre e solo la domenica, perché altrimenti il blog diventa un elenco di piagnistei irritanti.
Quindi...
Oggi, oltre a questo povero post, metterò un po' di foto di una vecchia gita fuori porta; ho continuato a farne, ma, per la maggior parte, sono tornato nei soliti posti, oppure vado a camminare qui nei dintorni del mio paese e faccio un po' di foto.
Proverò a scrivere almeno due post al mese, ma del resto l'avevo detto nel post iniziale che avrei scritto in modo aperiodico e a seconda dell'ispirazione
martedì 23 settembre 2014
Me lo ricorderò!
Quante volte usiamo questa espressione? Specie quando intendiamo legarci al dito, ovvero portarcela appresso, qualche sgarro che ci è stato fatto?
Ebbene; io la uso molto spesso... il problema è che mi dimentico i fatti che hanno generato l'attrito; ne trattengo un ricordo un po' anemico, sufficiente per farmi evitare di commettere due volte lo stesso errore, ma non bastante a farmi ricordare lo sviluppo dei fatti che hanno portato al dissapore.
Il periodo impiegato per giungere a queste diafane impressioni è di circa dieci anni... mese più, mese meno.
Per esempio: ricordo di aver scritto a una persona di chiedermi lumi riguardo a una vicenda, se avesse voluto, ma di non attendere troppo perché anche io sarei andato alla Bellaria (cimitero del mio paese)... ebbene nella remotissima ipotesi che mi venissero chieste spiegazioni, non potrei circostanziare con dei fatti perché me ne sono dimenticato.
Avrei qualche sensazione qui e là, i giudizi sviluppati sulla persona in questione, quelli restano sino a quando non ho dimenticato la persona in questione, e null'altro di utile...
Andando indietro nel tempo ricordo giusto le valutazioni sugli individui e raramente le circostanze che li hanno indotti; in più, dato che una seconda possibilità, a distanza di tempo, non la si nega a nessuno, sarei anche pronto a ricominciare da capo... il che non mi rende particolarmente sveglio.
Devo aver sbagliato alcune cose nella distribuzione dei punti esperienza quando ho compilato la scheda che norma questa mia vita.
Negli anni ho sviluppato un sistema di semplificazione dell'esistenza molto efficiente, per cui i dissapori vengono cancellati; ne trattengo l'utile e l'esperienza ricavata e mi libero del superfluo...
A volte rimango sorpreso di quante cose sia riuscito, in modo del tutto involontario e inconsapevole, a sviluppare per farmi funzionare.
Ebbene; io la uso molto spesso... il problema è che mi dimentico i fatti che hanno generato l'attrito; ne trattengo un ricordo un po' anemico, sufficiente per farmi evitare di commettere due volte lo stesso errore, ma non bastante a farmi ricordare lo sviluppo dei fatti che hanno portato al dissapore.
Il periodo impiegato per giungere a queste diafane impressioni è di circa dieci anni... mese più, mese meno.
Per esempio: ricordo di aver scritto a una persona di chiedermi lumi riguardo a una vicenda, se avesse voluto, ma di non attendere troppo perché anche io sarei andato alla Bellaria (cimitero del mio paese)... ebbene nella remotissima ipotesi che mi venissero chieste spiegazioni, non potrei circostanziare con dei fatti perché me ne sono dimenticato.
Avrei qualche sensazione qui e là, i giudizi sviluppati sulla persona in questione, quelli restano sino a quando non ho dimenticato la persona in questione, e null'altro di utile...
Andando indietro nel tempo ricordo giusto le valutazioni sugli individui e raramente le circostanze che li hanno indotti; in più, dato che una seconda possibilità, a distanza di tempo, non la si nega a nessuno, sarei anche pronto a ricominciare da capo... il che non mi rende particolarmente sveglio.
Devo aver sbagliato alcune cose nella distribuzione dei punti esperienza quando ho compilato la scheda che norma questa mia vita.
Negli anni ho sviluppato un sistema di semplificazione dell'esistenza molto efficiente, per cui i dissapori vengono cancellati; ne trattengo l'utile e l'esperienza ricavata e mi libero del superfluo...
A volte rimango sorpreso di quante cose sia riuscito, in modo del tutto involontario e inconsapevole, a sviluppare per farmi funzionare.
sabato 13 settembre 2014
Qualcosa di nuovo
Si fanno sempre nuove esperienze.
I miei libri sono sempre intonsi, anche dopo essere stati letti più volte, a meno che non si tratti di edizioni economiche... molto economiche, mantengono un'aria da volumi appena acquistati.
Ho una religiosa venerazione per i libri e quindi, anche se sono brutti, vengono trattati come reliquie.
Sono pieno di segnalibri, acquistati, regalati e improvvisati, da usare per tenere il segno di lettura; non piego mai il dorso dei libri affinché non si segni; tolgo la sovracoperta, se l'hanno, per evitare che, nella lettura o nel trasporto, si segni e si rovini... controllo anche di non lasciare segni o macchie sulle pagine, così ho luoghi ben precisi dove leggere.
I libri rovinati, perché magari in edizioni troppo economiche per sopportare una lettura, o perché presi usati o prestati a persone più allegre, vengono riparati e riportati allo stato, per quanto possibile, originario... sono realmente trattati come reliquie.
Di recente mi hanno prestato un libro "vissuto".
E' proprio una esperienza fuori dalle mie vicende solite; anche i miei amici hanno un riguardo simile al mio per i libri... del resto ci si ricerca tra simili e quindi alcuni aspetti si condividono.
Questo libro riporta segni di orecchie nelle pagine, piegate come segnalibro, il dorso del volume è segnato, anche se in modo impercettibile e alcune frasi sono sottolineate.
Al di là del fatto che il libro sia scritto bene e del giudizio che posso dare al contenuto, ciò che mi ha colpito è che le frasi sottolineate, specie quando conosci, anche se non bene, la persona che l'ha fatto, dicono molto del proprietario del volume e acquisiscono una forza diversa dalle altre frasi, perché vengono riempite della personalità di chi ha sottolineato.
Un libro vissuto porta in superficie aspetti personali... ti espone e decisamente questo non è parte della mia personalità.
Un conto è prestare un libro che ci è piaciuto, ma che non riporta quasi traccia della, o delle, letture; un conto diverso è prestare un libro che è stato vissuto, che riporta segni evidenti di gradimento che rivelano emozioni peculiari... non potrei mai fare una cosa del genere e mi sento onorato dall'aver potuto leggere qualcosa del genere.
E' stato come guardare emozioni e pensieri che non mi appartengono, ma sono di qualcuno che vedi e frequenti un po' tutti i giorni.
I libri ci parlano e dicono cose diverse nel corso del tempo, perché noi cambiamo e immagino che le frasi sottolineate finiscano per innescare ricordi di un determinato periodo della nostra vita, o ci dicano cose diverse, nel tempo, perché siamo cambiati... è bello poter riuscire a vivere un libro così; non fa per me, ma ne capisco la bellezza.
A me non piace essere in superficie o in evidenza e quindi non sarò mai in grado di sottolineare una pagina di un libro... e va bene così; "infinite diversità in infinite combinazioni" e una pacca sulla spalla a chi ha colto la citazione.
I miei libri sono sempre intonsi, anche dopo essere stati letti più volte, a meno che non si tratti di edizioni economiche... molto economiche, mantengono un'aria da volumi appena acquistati.
Ho una religiosa venerazione per i libri e quindi, anche se sono brutti, vengono trattati come reliquie.
Sono pieno di segnalibri, acquistati, regalati e improvvisati, da usare per tenere il segno di lettura; non piego mai il dorso dei libri affinché non si segni; tolgo la sovracoperta, se l'hanno, per evitare che, nella lettura o nel trasporto, si segni e si rovini... controllo anche di non lasciare segni o macchie sulle pagine, così ho luoghi ben precisi dove leggere.
I libri rovinati, perché magari in edizioni troppo economiche per sopportare una lettura, o perché presi usati o prestati a persone più allegre, vengono riparati e riportati allo stato, per quanto possibile, originario... sono realmente trattati come reliquie.
Di recente mi hanno prestato un libro "vissuto".
E' proprio una esperienza fuori dalle mie vicende solite; anche i miei amici hanno un riguardo simile al mio per i libri... del resto ci si ricerca tra simili e quindi alcuni aspetti si condividono.
Questo libro riporta segni di orecchie nelle pagine, piegate come segnalibro, il dorso del volume è segnato, anche se in modo impercettibile e alcune frasi sono sottolineate.
Al di là del fatto che il libro sia scritto bene e del giudizio che posso dare al contenuto, ciò che mi ha colpito è che le frasi sottolineate, specie quando conosci, anche se non bene, la persona che l'ha fatto, dicono molto del proprietario del volume e acquisiscono una forza diversa dalle altre frasi, perché vengono riempite della personalità di chi ha sottolineato.
Un libro vissuto porta in superficie aspetti personali... ti espone e decisamente questo non è parte della mia personalità.
Un conto è prestare un libro che ci è piaciuto, ma che non riporta quasi traccia della, o delle, letture; un conto diverso è prestare un libro che è stato vissuto, che riporta segni evidenti di gradimento che rivelano emozioni peculiari... non potrei mai fare una cosa del genere e mi sento onorato dall'aver potuto leggere qualcosa del genere.
E' stato come guardare emozioni e pensieri che non mi appartengono, ma sono di qualcuno che vedi e frequenti un po' tutti i giorni.
I libri ci parlano e dicono cose diverse nel corso del tempo, perché noi cambiamo e immagino che le frasi sottolineate finiscano per innescare ricordi di un determinato periodo della nostra vita, o ci dicano cose diverse, nel tempo, perché siamo cambiati... è bello poter riuscire a vivere un libro così; non fa per me, ma ne capisco la bellezza.
A me non piace essere in superficie o in evidenza e quindi non sarò mai in grado di sottolineare una pagina di un libro... e va bene così; "infinite diversità in infinite combinazioni" e una pacca sulla spalla a chi ha colto la citazione.
giovedì 11 settembre 2014
Problema
La mia vocazione è il romitaggio.
Ambisco a fare lo stilita, l'anacoreta o, in mancanza di meglio, anche l'igumeno e di solito l'impulso è molto forte, specie quando torno a casa svuotato, scarico e deprivato di ogni voglia di proseguire.
L'ascesi è un isolamento dal divenire e dal transeunte, una ricerca di qualcosa di Immobile; poi accadono eventi che mi riprecipitano nel corso degli eventi e che confermano che noi siamo ciò che intessiamo con gli altri e la mia vocazione vacilla, perché, che ci piaccia o meno, siamo animali sociali... troverò una via di mezzo, o forse no.
Una volta credevo di avere tutto il tempo per giungere a una via, ora il tempo si assottiglia e i giorni sono sempre meno e spesi inutilmente, o quasi, per cui farò con quanto avrò a mia disposizione, come tutti e me la farò andare bene.
Alla fine dobbiamo accontentarci, non è tanto ma è già qualcosa...
Ambisco a fare lo stilita, l'anacoreta o, in mancanza di meglio, anche l'igumeno e di solito l'impulso è molto forte, specie quando torno a casa svuotato, scarico e deprivato di ogni voglia di proseguire.
L'ascesi è un isolamento dal divenire e dal transeunte, una ricerca di qualcosa di Immobile; poi accadono eventi che mi riprecipitano nel corso degli eventi e che confermano che noi siamo ciò che intessiamo con gli altri e la mia vocazione vacilla, perché, che ci piaccia o meno, siamo animali sociali... troverò una via di mezzo, o forse no.
Una volta credevo di avere tutto il tempo per giungere a una via, ora il tempo si assottiglia e i giorni sono sempre meno e spesi inutilmente, o quasi, per cui farò con quanto avrò a mia disposizione, come tutti e me la farò andare bene.
Alla fine dobbiamo accontentarci, non è tanto ma è già qualcosa...
martedì 2 settembre 2014
Questo e quello
Anche quest'anno sono andato in vacanza; ho lasciato queste lande e me ne sono andato ad Amsterdam una settimana.
Non sono andato per fumare o per andare a donnine, ma proprio per vedere la città e i suoi musei; in itinere ho scoperto la bellissima biblioteca cittadina...
Il rientro è andato un po' come al solito e al momento non vedo l'ora di tornare in ferie per qualche giorno; abbiate pazienza, ma la mia è fortemente sollecitata e non sempre è all'altezza di quel che le chiedo di sopportare.
C'è ancora troppo caldo per leggere in corriera... continuo a credere di essere stato pensato per climi più freddi e lanciato qua per puro divertimento; comunque sia, non intendo lamentarmi del caldo perché, per quel che mi riguarda, questa estate sarà ricordata come la migliore... almeno da un punto di vista climatico.
L'umore è il solito, d'altronde quando si fanno le cose in grande, ovvero su scala cosmica, è difficile cambiare opinione subitamente.
Di recente sono giunto alla conclusione di aver sviluppato una predilezione, negli anni, per il libero arbitrio; poco importa da dove esso venga, se sia una forma di pensiero sviluppata nel tempo o un dono/maledizione divina, ciò che conta è che l'abbiamo e vale la pena di farne uso... per qualunque cosa.
Detesto le cose ripetute a macchinetta o senza avere conoscenza di esse; ogni cosa in cui credo è stata meditata, soppesata e vagliata...
Parimenti ha più valore ciò che le persone fanno, che quanto dicono.
Sono ancora privo di Ispirazione, immagino sia ancora in vacanza da qualche parte e che attenda tempi più freddi per farmi visita.
Nel mentre attendo una qualche idea degna di essere rappresentata, continuo a leggere anche se quest'anno sto leggendo meno degli altri anni; mi rifarò.
Non sono ancora pervenuto a risposte definitive migliori di 42... ma col tempo, chissà...
Non sono andato per fumare o per andare a donnine, ma proprio per vedere la città e i suoi musei; in itinere ho scoperto la bellissima biblioteca cittadina...
Il rientro è andato un po' come al solito e al momento non vedo l'ora di tornare in ferie per qualche giorno; abbiate pazienza, ma la mia è fortemente sollecitata e non sempre è all'altezza di quel che le chiedo di sopportare.
C'è ancora troppo caldo per leggere in corriera... continuo a credere di essere stato pensato per climi più freddi e lanciato qua per puro divertimento; comunque sia, non intendo lamentarmi del caldo perché, per quel che mi riguarda, questa estate sarà ricordata come la migliore... almeno da un punto di vista climatico.
L'umore è il solito, d'altronde quando si fanno le cose in grande, ovvero su scala cosmica, è difficile cambiare opinione subitamente.
Di recente sono giunto alla conclusione di aver sviluppato una predilezione, negli anni, per il libero arbitrio; poco importa da dove esso venga, se sia una forma di pensiero sviluppata nel tempo o un dono/maledizione divina, ciò che conta è che l'abbiamo e vale la pena di farne uso... per qualunque cosa.
Detesto le cose ripetute a macchinetta o senza avere conoscenza di esse; ogni cosa in cui credo è stata meditata, soppesata e vagliata...
Parimenti ha più valore ciò che le persone fanno, che quanto dicono.
Sono ancora privo di Ispirazione, immagino sia ancora in vacanza da qualche parte e che attenda tempi più freddi per farmi visita.
Nel mentre attendo una qualche idea degna di essere rappresentata, continuo a leggere anche se quest'anno sto leggendo meno degli altri anni; mi rifarò.
Non sono ancora pervenuto a risposte definitive migliori di 42... ma col tempo, chissà...
giovedì 31 luglio 2014
Sottile
Che nulla ha a che vedere con la mia parmenidea forma, ma con la mia capacità di sopportazione; ebbene si, siamo vicini alle ferie e sono a livello.
Vi sono giorni che tenermi dal trattare le persone per quel che, in un quel momento, meritano mi costa una fatica erculea; per altro, l'unica fatica che apprezzo è la pulitura delle stalle di Augia... deviare il fiume denota anche un certo acume che, per altri versi, il buon Eracle tende a non ispirarmi.
Capisco che vi siano giorni nei quali si è più o meno furbi, spesso mi sento anche io un cretino col botto, quel che non capisco, invece, è come sia possibile, pervicacemente, continuare imperterriti a ritenere una cosa fatta in un modo, non ostante l'evidenza del contrario sia rimasta, palese, in bella mostra per qualche mese...
Altro:"ah... ma perché l'avete cambiata!"
No, non è cambiata; è sempre stata così... ho disegni vecchi di anni, ancora incisi sull'argilla, con quote che dimostrano che è stata così sin dai tempi di Tiamat! C'è persino l'approvazione di Gilgamesh... ed io a perdere quaranta minuti della mia esistenza a spiegare, con inusitata pazienza, perché e per come quelle strutture non possono stare lì.
Queste cose poi, unite al solito andazzo, mi rendono anche irascibile, iracondo, intrattabile e tutta una serie di aggettivi invero piacevoli.
Coraggio; posso riuscire ad arrivare a domani sera senza passare da via Burla.
Vi sono giorni che tenermi dal trattare le persone per quel che, in un quel momento, meritano mi costa una fatica erculea; per altro, l'unica fatica che apprezzo è la pulitura delle stalle di Augia... deviare il fiume denota anche un certo acume che, per altri versi, il buon Eracle tende a non ispirarmi.
Capisco che vi siano giorni nei quali si è più o meno furbi, spesso mi sento anche io un cretino col botto, quel che non capisco, invece, è come sia possibile, pervicacemente, continuare imperterriti a ritenere una cosa fatta in un modo, non ostante l'evidenza del contrario sia rimasta, palese, in bella mostra per qualche mese...
Altro:"ah... ma perché l'avete cambiata!"
No, non è cambiata; è sempre stata così... ho disegni vecchi di anni, ancora incisi sull'argilla, con quote che dimostrano che è stata così sin dai tempi di Tiamat! C'è persino l'approvazione di Gilgamesh... ed io a perdere quaranta minuti della mia esistenza a spiegare, con inusitata pazienza, perché e per come quelle strutture non possono stare lì.
Queste cose poi, unite al solito andazzo, mi rendono anche irascibile, iracondo, intrattabile e tutta una serie di aggettivi invero piacevoli.
Coraggio; posso riuscire ad arrivare a domani sera senza passare da via Burla.
mercoledì 23 luglio 2014
Vita da ufficio
Se c'è una cosa che apprezzo moltissimo del NON vivere in Giappone, è quella di non essere obbligati a frequentare i colleghi e "capi" fuori dall'ambito lavorativo.
Innanzi tutto vi sono persone, in generale, che preferiamo frequentare, anche spesso, e altre che vorremmo evitare o vedere il minimo sindacale e, sovente, colleghi e "capi" ricadono in quest'ultima categoria.
Negli anni ci sono stati colleghi coi quali mi sono trovato bene, almeno un emerito cretino conclamato e altri che non ho ritenuto indispensabile vedere dopo l'orario di lavoro o nel tempo libero; vuoi perché mi stavano parcheggiati in camper sugli zebedei o perché non mi hanno colpito a sufficienza da instaurare un dialogo con loro... del resto, sul fronte relazionale, funziono come un gatto; vado blandito, conquistato, l'esito di queste azioni è per altro sempre incerto, e le persone con le quali mi relaziono sono state vagliate, soppesate, misurate e osservate a lungo prima di decidere una apertura nei loro confronti.
Ho partecipato, di mia spontanea iniziativa, ad eventi con colleghi perché con questi ultimi si era instaurato, col tempo e con gli anni, un rapporto diverso da quello puramente lavorativo; inoltre posso sicuramente avere un rapporto amichevole con un collega, ma non con il datore di lavoro... ci tengo a mantenere delle distanze ben precise.
Ho già detto che per me la posizione sociale, o la posizione occupata in una gerarchia a caso, è assolutamente ininfluente nel giudicare una persona; un cretino rimane tale anche se ricoperto d'oro e a capo di uno stato e come tale, ovvero come cretino, verrà da me riconosciuto... e dovrebbe subire anche la mia condiscendenza e i miei commenti mordaci.
Questo per dire che la mia socialità è felina e preferisco impiegare il mio tempo libero a fare altro, piuttosto che attendere ad eventi mondani con chiunque.
Innanzi tutto vi sono persone, in generale, che preferiamo frequentare, anche spesso, e altre che vorremmo evitare o vedere il minimo sindacale e, sovente, colleghi e "capi" ricadono in quest'ultima categoria.
Negli anni ci sono stati colleghi coi quali mi sono trovato bene, almeno un emerito cretino conclamato e altri che non ho ritenuto indispensabile vedere dopo l'orario di lavoro o nel tempo libero; vuoi perché mi stavano parcheggiati in camper sugli zebedei o perché non mi hanno colpito a sufficienza da instaurare un dialogo con loro... del resto, sul fronte relazionale, funziono come un gatto; vado blandito, conquistato, l'esito di queste azioni è per altro sempre incerto, e le persone con le quali mi relaziono sono state vagliate, soppesate, misurate e osservate a lungo prima di decidere una apertura nei loro confronti.
Ho partecipato, di mia spontanea iniziativa, ad eventi con colleghi perché con questi ultimi si era instaurato, col tempo e con gli anni, un rapporto diverso da quello puramente lavorativo; inoltre posso sicuramente avere un rapporto amichevole con un collega, ma non con il datore di lavoro... ci tengo a mantenere delle distanze ben precise.
Ho già detto che per me la posizione sociale, o la posizione occupata in una gerarchia a caso, è assolutamente ininfluente nel giudicare una persona; un cretino rimane tale anche se ricoperto d'oro e a capo di uno stato e come tale, ovvero come cretino, verrà da me riconosciuto... e dovrebbe subire anche la mia condiscendenza e i miei commenti mordaci.
Questo per dire che la mia socialità è felina e preferisco impiegare il mio tempo libero a fare altro, piuttosto che attendere ad eventi mondani con chiunque.
giovedì 17 luglio 2014
I mezzi moderni
Rimango sempre molto colpito dalle attuali corriere; davvero.
L'azienda di trasporto della mia provincia è abbastanza efficiente, i ritardi sono minimi e, in genere, causati dalla congestione cittadina o dal traffico in generale e quello di cui mi stupisco maggiormente è che: d'inverno sono riscaldate e d'estate sono dotate di aria condizionata... ci si sta anche bene.
Ai miei tempi, ovvero quando si cuocevano le tavolette di argilla prima di consegnarle agli insegnanti, le corriere avevano talune peculiarità che hanno prodotto alcuni accorgimenti.
Oggi non è più così, ma una volta le cose erano diverse.
La vetustà del mezzo era, indicativamente, data, da lungi, dal colore delle stesso; le corriere blu erano, sovente, quelle più vecchie, forse reduci da una qualche guerra punica, per cui era sicuro che avevano qualche acciacco.
D'estate i mezzi, sia blu che arancio, ovvero quelli più "moderni", erano invariabilmente afflitti da una paralisi dei finestrini; si riusciva ad aprirne giusto taluni, sparuti, e quando era possibile aprirli tutti c'era sempre qualcuno che si lamentava dell'eccesso di aria.
D'inverno erano previste due opzioni: riscaldamento rotto, ma si faceva affidamento sull'effetto stalla, con pregi e difetti del caso; in alternativa la porta del retro, all'epoca avevano solo due porte, era bloccata in modalità aperta... e allora era uno spasso fare quaranta chilometri, a meno otto sotto zero, col vento che scompiglia le chiome.
Nel caso sopra esposto si adottava la strategia dei pinguini; c'era sempre un gruppo di persone che faceva da barriera al freddo, tanto le corriere, le corse scolastiche almeno, erano sempre imballate di gente.
Inutile dire che d'estate io stavo male in corriera; non era colpa mia... soffro il caldo e ho bisogno di aria.
Ah! le meraviglie della tecnica!
L'azienda di trasporto della mia provincia è abbastanza efficiente, i ritardi sono minimi e, in genere, causati dalla congestione cittadina o dal traffico in generale e quello di cui mi stupisco maggiormente è che: d'inverno sono riscaldate e d'estate sono dotate di aria condizionata... ci si sta anche bene.
Ai miei tempi, ovvero quando si cuocevano le tavolette di argilla prima di consegnarle agli insegnanti, le corriere avevano talune peculiarità che hanno prodotto alcuni accorgimenti.
Oggi non è più così, ma una volta le cose erano diverse.
La vetustà del mezzo era, indicativamente, data, da lungi, dal colore delle stesso; le corriere blu erano, sovente, quelle più vecchie, forse reduci da una qualche guerra punica, per cui era sicuro che avevano qualche acciacco.
D'estate i mezzi, sia blu che arancio, ovvero quelli più "moderni", erano invariabilmente afflitti da una paralisi dei finestrini; si riusciva ad aprirne giusto taluni, sparuti, e quando era possibile aprirli tutti c'era sempre qualcuno che si lamentava dell'eccesso di aria.
D'inverno erano previste due opzioni: riscaldamento rotto, ma si faceva affidamento sull'effetto stalla, con pregi e difetti del caso; in alternativa la porta del retro, all'epoca avevano solo due porte, era bloccata in modalità aperta... e allora era uno spasso fare quaranta chilometri, a meno otto sotto zero, col vento che scompiglia le chiome.
Nel caso sopra esposto si adottava la strategia dei pinguini; c'era sempre un gruppo di persone che faceva da barriera al freddo, tanto le corriere, le corse scolastiche almeno, erano sempre imballate di gente.
Inutile dire che d'estate io stavo male in corriera; non era colpa mia... soffro il caldo e ho bisogno di aria.
Ah! le meraviglie della tecnica!
mercoledì 16 luglio 2014
Luglio
Posso solo che rendere grazie ai Numi, tutti e in rigoroso ordine alfabetico, oppure potrei rivolgermi a una parmenidea sfera e sbrigare così la pratica, per questo luglio benevolmente fresco... certo, ora ho caldo e sto facendo fatica ad adattarmi, ma "Parigi val bene una messa", anche se non sei ugonotto, e quindi mi sono goduto la prima, fresca, metà di luglio.
Dall'incipit si dovrebbe capire che non intendo aggrapparmi a una tenda; sarebbe comunque inutile... questo vuol dire che al momento, pur avendo lagnanze varie in coda, non ho voglia di fare la piattola.
Oggi, per altro, la corriera si è fermata senza che io mi facessi vedere e segnalassi la mia presenza.
Me ne stavo alla fermata, con l'ombrello aperto per preservarmi dal sole, a leggere una recente disposizione regionale in materia di edilizia, e la corriera si è fermata comunque; non ho potuto ringraziare l'autista, perché il mezzo era pieno di vocianti turisti di ritorno dalla visita culturale in città.
Domani è un altro giorno nel quale poter dire "ho voglia di ferie" e altre consuete affermazioni, ma dato che da gennaio si profilano grandi cambiamenti, ho voluto mettere le mani avanti dichiarando, senza mezzi termini, che per meno di così vado a fare altro.
Vedremo come andrà a gennaio e valuterò quando i cambiamenti avverranno; per ora voglio solo andare in vacanza.
Dall'incipit si dovrebbe capire che non intendo aggrapparmi a una tenda; sarebbe comunque inutile... questo vuol dire che al momento, pur avendo lagnanze varie in coda, non ho voglia di fare la piattola.
Oggi, per altro, la corriera si è fermata senza che io mi facessi vedere e segnalassi la mia presenza.
Me ne stavo alla fermata, con l'ombrello aperto per preservarmi dal sole, a leggere una recente disposizione regionale in materia di edilizia, e la corriera si è fermata comunque; non ho potuto ringraziare l'autista, perché il mezzo era pieno di vocianti turisti di ritorno dalla visita culturale in città.
Domani è un altro giorno nel quale poter dire "ho voglia di ferie" e altre consuete affermazioni, ma dato che da gennaio si profilano grandi cambiamenti, ho voluto mettere le mani avanti dichiarando, senza mezzi termini, che per meno di così vado a fare altro.
Vedremo come andrà a gennaio e valuterò quando i cambiamenti avverranno; per ora voglio solo andare in vacanza.
mercoledì 2 luglio 2014
Sic transit gloria mundi
Non sono un allegrone; frase che spesso metto come incipit e, per sgombrare il campo da ogni possibile fraintendimento, lasciatemi dire, come ho già detto, che la vita è fatica e che, La Palisse concorderebbe con me, di vita si muore.
Non importa quante volte ci diranno il contrario o affermeranno fedeltà indefinita; tutto muta, cambia e perderemo, uno alla volta o a gruppi, coloro che amiamo e che ci sono cari, siano essi persone, animali o situazioni... è nell'ordine delle cose.
Alcuni se ne andranno perché moriranno, altri perché saranno avvenuti cambiamenti inconciliabili, taluni resteranno più a lungo di altri, ma il finale è inevitabile.
Non facciamoci illusioni; del resto ne avremo a sufficienza delle delusioni, perché le aspettative recano, inevitabilmente, il germe della delusione.
Questo è quello che penso dell'esistenza anche quando sono di ottimo umore; tralascio di scrivere quel che penso quando sono di pessimo umore, del resto sono di un umore mediocremente basso da circa trentaquattro anni...dando ai primi sei anni di vita il dubbio dell'incoscienza infantile.
Eppure sono ancora qua e vado avanti perché tutto cambia ed essendo tutto indefinito non si può sapere cosa recherà domani; tutto è transeunte e muta.
E' l'incognito che, paradossalmente, diviene una costante dell'esistenza e, talvolta, le cose persistono, mutando, all'evolvere e al trascorrere del tempo; perché in questo mondo sublunare non esiste definizione.
L'inizio e la fine sono note, anche se la cronologia ci è sconosciuta, ma quello che è nel mezzo, come la morte, è dominio dell'incognito ed è questo che rende la fatica di vivere meritoria di essere portata avanti sino al suo compimento naturale.
Trovo consolante sapere che nulla nella mia vita è fisso e definito, perché vuol dire che anche se sono di umore nero da tanti anni, domani le cose potrebbero cambiare che io lo voglia o meno; le cose accadono, sono sempre inaspettate e sta a noi dare loro una connotazione.
"Non ci si può bagnare due volte nello stesso fiume" e questo è quanto di più ottimista io possa pensare.
Non tirerò in ballo la fede perché questa non la si può spiegare a chi non l'ha, e che vive benissimo senza, e chi l'ha non ha bisogno di ulteriori spiegazioni; è una tautologia e come tale ha valore solo per chi ne accetta le premesse.
Si vive per l'incognito e non ha senso averne paura, perché ogni istante è a noi sconosciuto.
Non importa quante volte ci diranno il contrario o affermeranno fedeltà indefinita; tutto muta, cambia e perderemo, uno alla volta o a gruppi, coloro che amiamo e che ci sono cari, siano essi persone, animali o situazioni... è nell'ordine delle cose.
Alcuni se ne andranno perché moriranno, altri perché saranno avvenuti cambiamenti inconciliabili, taluni resteranno più a lungo di altri, ma il finale è inevitabile.
Non facciamoci illusioni; del resto ne avremo a sufficienza delle delusioni, perché le aspettative recano, inevitabilmente, il germe della delusione.
Questo è quello che penso dell'esistenza anche quando sono di ottimo umore; tralascio di scrivere quel che penso quando sono di pessimo umore, del resto sono di un umore mediocremente basso da circa trentaquattro anni...dando ai primi sei anni di vita il dubbio dell'incoscienza infantile.
Eppure sono ancora qua e vado avanti perché tutto cambia ed essendo tutto indefinito non si può sapere cosa recherà domani; tutto è transeunte e muta.
E' l'incognito che, paradossalmente, diviene una costante dell'esistenza e, talvolta, le cose persistono, mutando, all'evolvere e al trascorrere del tempo; perché in questo mondo sublunare non esiste definizione.
L'inizio e la fine sono note, anche se la cronologia ci è sconosciuta, ma quello che è nel mezzo, come la morte, è dominio dell'incognito ed è questo che rende la fatica di vivere meritoria di essere portata avanti sino al suo compimento naturale.
Trovo consolante sapere che nulla nella mia vita è fisso e definito, perché vuol dire che anche se sono di umore nero da tanti anni, domani le cose potrebbero cambiare che io lo voglia o meno; le cose accadono, sono sempre inaspettate e sta a noi dare loro una connotazione.
"Non ci si può bagnare due volte nello stesso fiume" e questo è quanto di più ottimista io possa pensare.
Non tirerò in ballo la fede perché questa non la si può spiegare a chi non l'ha, e che vive benissimo senza, e chi l'ha non ha bisogno di ulteriori spiegazioni; è una tautologia e come tale ha valore solo per chi ne accetta le premesse.
Si vive per l'incognito e non ha senso averne paura, perché ogni istante è a noi sconosciuto.
domenica 22 giugno 2014
Tre mesi
L'ultima volta che sono andato in pausa questa è durata un decennio, quindi tre mesi non sono poi chissà cosa; però mi inquieta che in questo periodo non mi si sia manifesta una sola idea decente... sto, ovviamente, parlando delle mie Creature.
Appena è iniziato il caldo le Creature hanno smesso di apparirmi; l'ultima idea che mi è venuta non è sopravvissuta al primo scarabocchio... porella, non era nulla di che e i tempi non erano maturi per una sua evoluzione.
Il caldo tende a mandarmi in pappa i neuroni, per cui presumo di dover attendere periodi più freschi per tornare a disegnare.
Magari devo deprimermi di più.
In genere funziona così; mi deprimo, mi impegno anche con i pensieri più inquietanti, e poi un bel giorno, sotto la doccia o mentre mi lavo i denti o in corriera, mi appare la Creatura ed io sto bene per un po' e poi mi deprimo di nuovo sino al fondo del barile e oltre.
In questo periodo ho persin troppo caldo per deprimermi a modo; considerato che il caldo serio non è ancora iniziato, sarà interessante vedere come ci arrivo a fine estate.
Se il Cosmo mi vuole bene non mi farà morire in luglio :asd:
Vorrei che la frase "morire di caldo" restasse confinata nel mondo figurato e non divenisse cosa letterale; hai sentito Cosmo? niente luglio, agosto o con un caldo infernale... vabbè; dimentica quel che ho detto, mi è appena venuta in mente Eos e non vorrei fare la fine di Titono.
Tutto questo per dire che l'Ispirazione deve essersene andata in vacanza; non so dove vada ma andare in vacanza le piace moltissimo, ci va spesso e ci resta anche a lungo.
Appena è iniziato il caldo le Creature hanno smesso di apparirmi; l'ultima idea che mi è venuta non è sopravvissuta al primo scarabocchio... porella, non era nulla di che e i tempi non erano maturi per una sua evoluzione.
Il caldo tende a mandarmi in pappa i neuroni, per cui presumo di dover attendere periodi più freschi per tornare a disegnare.
Magari devo deprimermi di più.
In genere funziona così; mi deprimo, mi impegno anche con i pensieri più inquietanti, e poi un bel giorno, sotto la doccia o mentre mi lavo i denti o in corriera, mi appare la Creatura ed io sto bene per un po' e poi mi deprimo di nuovo sino al fondo del barile e oltre.
In questo periodo ho persin troppo caldo per deprimermi a modo; considerato che il caldo serio non è ancora iniziato, sarà interessante vedere come ci arrivo a fine estate.
Se il Cosmo mi vuole bene non mi farà morire in luglio :asd:
Vorrei che la frase "morire di caldo" restasse confinata nel mondo figurato e non divenisse cosa letterale; hai sentito Cosmo? niente luglio, agosto o con un caldo infernale... vabbè; dimentica quel che ho detto, mi è appena venuta in mente Eos e non vorrei fare la fine di Titono.
Tutto questo per dire che l'Ispirazione deve essersene andata in vacanza; non so dove vada ma andare in vacanza le piace moltissimo, ci va spesso e ci resta anche a lungo.
sabato 21 giugno 2014
Anglico
Vocabolo è il neurone addetto alle locuzioni verbali e alla scrittura; occupandosi solo dell'italiano se la cava con dignità.
E' un bravo lavoratore e anche quando sono intontito, dormo in piedi e simili altri stati di stanchezza, Vocabolo riesce sempre a trovare il modo di farmi comprendere quanto viene detto; magari appoggiandosi ai labiali.
Germanico e Dutch, sono ancora in fasce, tant'è che sia il tedesco che il neerlandese rientrano nella categoria di lingue che non leggo, non parlo e manco capisco quando le sento parlare; del resto conosco solo pochi vocaboli di questi idiomi e non si può certo pretendere chissà cosa.
Germanico e Dutch sono ragazzi entusiasti che fanno festa quando riconoscono, qui e là, poche parole sparse.
Franco, il neurone addetto al francese, è un po' più svagato; capisce poco, ma gliene importa anche poco, per cui si fa un po' i propri e va bene così... ho bisogno solo raramente di lui e si limita a fare il proprio dovere in modo del tutto sindacale.
Anglico, invece, è un neurone di una certo peso; efficiente nella lettura, ha un solo problema... ogni tanto si spegne.
Ci sono dei momenti, specie durante delle conversazioni lunghe, non necessariamente complesse, ma solo protratte nel tempo, nei quali improvvisamente Anglico si spegne, probabilmente si resetta, ed io resto qualche istante, pochi secondi, assolutamente incapace di capire quello che mi viene detto.
Quando Anglico si riavvia, inizio prima a leggere i labiali, con grande fatica e poi a capire quel che mi viene detto, ma con grandissima fatica per cui mi sfuggono delle cose...
Non ho ben capito perché questo avvenga; io e Anglico siamo insieme da qualche anno ed è sempre stato un bravo neurone affidabile, abbiamo solo questo inconveniente... forse esaurisce la batteria.
Evidentemente ho bisogno di fare più conversazione.
E' un bravo lavoratore e anche quando sono intontito, dormo in piedi e simili altri stati di stanchezza, Vocabolo riesce sempre a trovare il modo di farmi comprendere quanto viene detto; magari appoggiandosi ai labiali.
Germanico e Dutch, sono ancora in fasce, tant'è che sia il tedesco che il neerlandese rientrano nella categoria di lingue che non leggo, non parlo e manco capisco quando le sento parlare; del resto conosco solo pochi vocaboli di questi idiomi e non si può certo pretendere chissà cosa.
Germanico e Dutch sono ragazzi entusiasti che fanno festa quando riconoscono, qui e là, poche parole sparse.
Franco, il neurone addetto al francese, è un po' più svagato; capisce poco, ma gliene importa anche poco, per cui si fa un po' i propri e va bene così... ho bisogno solo raramente di lui e si limita a fare il proprio dovere in modo del tutto sindacale.
Anglico, invece, è un neurone di una certo peso; efficiente nella lettura, ha un solo problema... ogni tanto si spegne.
Ci sono dei momenti, specie durante delle conversazioni lunghe, non necessariamente complesse, ma solo protratte nel tempo, nei quali improvvisamente Anglico si spegne, probabilmente si resetta, ed io resto qualche istante, pochi secondi, assolutamente incapace di capire quello che mi viene detto.
Quando Anglico si riavvia, inizio prima a leggere i labiali, con grande fatica e poi a capire quel che mi viene detto, ma con grandissima fatica per cui mi sfuggono delle cose...
Non ho ben capito perché questo avvenga; io e Anglico siamo insieme da qualche anno ed è sempre stato un bravo neurone affidabile, abbiamo solo questo inconveniente... forse esaurisce la batteria.
Evidentemente ho bisogno di fare più conversazione.
martedì 17 giugno 2014
42
Perché si tratta della risposta definitiva alla domanda che ancora deve essere calcolata.
A volte ci sfugge la ragione delle cose e a volte accade perché una ragione, in effetti, non c'è.
Non sono sicuro che vi sia un disegno, del resto se le cose fossero già stabilite il libero arbitrio andrebbe un po' a spasso e questo sarebbe in contrasto con il dono della libertà, ma anche se ci fosse un disegno, basato sul libero arbitrio, la sua vastità sarebbe tale da risultare del tutto ininfluente.
Se sono una formica a spasso su di un elefante, per me ci sono solo delle cose enormi tra le quali avanzare e non percepisco l'elefante; non sarei neppure in grado di concepire l'elefante, perché sarebbe qualcosa di totalmente alieno.
Siamo, sicuramente, più intelligenti di una formica, prova ne è che qualcosa dell'universo l'abbiamo capita, ma il paragone rimane; di fronte a questioni esistenziali non siamo troppo lontani dalla formica.
Una delle affermazioni che sento spesso cita Bernardo di Chartres e, ai suoi tempi, le cose dovevano apparire proprio così; personalmente ritengo che siamo tutti più o meno della medesima altezza e ci accatastiamo gli uni sugli altri per vedere più lontano.
Preferisco usare il termine "accatastare" perché definisce un insieme non necessariamente ordinato; un po' come l'italico grumo fluido (il metodo nazionale di fare la coda).
Non sempre si sale; a volte ci si piazza a metà, altre volte si cade, in alcuni casi si sale e si procede in un modo erratico e imprevedibile, per cui 42 diventa una risposta buona come un'altra.
Mio nonno, tempo fa, fece molto tardi a casa di amici e quando uscì c'era una nebbia così fitta da non vedere la strada di casa; venne portato a casa dal suo cane che andò a prenderlo e lo guidò sulla via del ritorno.
I più fortunati di noi hanno un cane che li guida, ma per prudenza è bene dotarsi di un bastone in modo da intuire cosa ci aspetta appena un passo più avanti.
A volte ci sfugge la ragione delle cose e a volte accade perché una ragione, in effetti, non c'è.
Non sono sicuro che vi sia un disegno, del resto se le cose fossero già stabilite il libero arbitrio andrebbe un po' a spasso e questo sarebbe in contrasto con il dono della libertà, ma anche se ci fosse un disegno, basato sul libero arbitrio, la sua vastità sarebbe tale da risultare del tutto ininfluente.
Se sono una formica a spasso su di un elefante, per me ci sono solo delle cose enormi tra le quali avanzare e non percepisco l'elefante; non sarei neppure in grado di concepire l'elefante, perché sarebbe qualcosa di totalmente alieno.
Siamo, sicuramente, più intelligenti di una formica, prova ne è che qualcosa dell'universo l'abbiamo capita, ma il paragone rimane; di fronte a questioni esistenziali non siamo troppo lontani dalla formica.
Una delle affermazioni che sento spesso cita Bernardo di Chartres e, ai suoi tempi, le cose dovevano apparire proprio così; personalmente ritengo che siamo tutti più o meno della medesima altezza e ci accatastiamo gli uni sugli altri per vedere più lontano.
Preferisco usare il termine "accatastare" perché definisce un insieme non necessariamente ordinato; un po' come l'italico grumo fluido (il metodo nazionale di fare la coda).
Non sempre si sale; a volte ci si piazza a metà, altre volte si cade, in alcuni casi si sale e si procede in un modo erratico e imprevedibile, per cui 42 diventa una risposta buona come un'altra.
Mio nonno, tempo fa, fece molto tardi a casa di amici e quando uscì c'era una nebbia così fitta da non vedere la strada di casa; venne portato a casa dal suo cane che andò a prenderlo e lo guidò sulla via del ritorno.
I più fortunati di noi hanno un cane che li guida, ma per prudenza è bene dotarsi di un bastone in modo da intuire cosa ci aspetta appena un passo più avanti.
giovedì 12 giugno 2014
Conclusioni
Dopo profonde e difficili riflessioni, sono giunto alla conclusione che sono una brutta persona; molto brutta.
Proprio non ce la faccio ad essere diretto.
In qualunque situazioni mi trovi, invece di dire espressamente quello che penso, cerco sempre di trovare un modo carino per dire le cose, che offenda il meno possibile l'interlocutore, sia che questo mi stia o meno parcheggiato in camper sugli zebedei, e lo renda più disposto a valutare quanto sto dicendo.
Non si tratta mai di una menzogna, se una cosa non l'approvo non dirò il contrario, ma le mie parole tendono sempre ad essere più morbide dei miei pensieri.
Chi mi conosce l'ha capito da tempo.
Il guaio è che taluni scambiano le mie buone maniere per consenso.
Solo perché non vi sto parlando facendo roteare un badile, percuotendovi con esso, non vuol necessariamente dire ch'io approvi quel che dite o che ci tenga a vedervi ogni giorno della mia esistenza.
Il mio grosso problema è che presumo che gli altri si pongano i miei stessi dubbi e si comportino nel mio medesimo modo.
Dò troppo spazio all'intelligenza, o alla sensibilità in taluni casi, di chi mi ascolta evitando di considerare che:
1) chi ho davanti è un cretino col botto che capisce quel che gli pare e che, forse, avrebbe difficoltà a capire anche un roncolata come "gira al largo";
2) chi mi ascolta, pur essendo persona intelligente, interpreterà le cose a suo uso e consumo se non vengono dette in modo esplicito, diretto e tagliente; la cosa non deve, per forza, contemplare mezzi violenti...
3) la persona con la quale parlo aspetta solo un destro, di qualunque genere, per considerarsi assolta, o meritoria di un trattamento diverso in virtù di chissà quale fraintendimento passato... se suona contorto è perché lo è.
A volte se rivolgo parola a qualcuno è solo per rispondere a una domanda, perché sarebbe scortese non farlo.
Non ho ancora capito che per alcuni la cortesia è motivo sufficiente per intendere altro.
A volte vorrei essere dotato di maniere peggiori.
Proprio non ce la faccio ad essere diretto.
In qualunque situazioni mi trovi, invece di dire espressamente quello che penso, cerco sempre di trovare un modo carino per dire le cose, che offenda il meno possibile l'interlocutore, sia che questo mi stia o meno parcheggiato in camper sugli zebedei, e lo renda più disposto a valutare quanto sto dicendo.
Non si tratta mai di una menzogna, se una cosa non l'approvo non dirò il contrario, ma le mie parole tendono sempre ad essere più morbide dei miei pensieri.
Chi mi conosce l'ha capito da tempo.
Il guaio è che taluni scambiano le mie buone maniere per consenso.
Solo perché non vi sto parlando facendo roteare un badile, percuotendovi con esso, non vuol necessariamente dire ch'io approvi quel che dite o che ci tenga a vedervi ogni giorno della mia esistenza.
Il mio grosso problema è che presumo che gli altri si pongano i miei stessi dubbi e si comportino nel mio medesimo modo.
Dò troppo spazio all'intelligenza, o alla sensibilità in taluni casi, di chi mi ascolta evitando di considerare che:
1) chi ho davanti è un cretino col botto che capisce quel che gli pare e che, forse, avrebbe difficoltà a capire anche un roncolata come "gira al largo";
2) chi mi ascolta, pur essendo persona intelligente, interpreterà le cose a suo uso e consumo se non vengono dette in modo esplicito, diretto e tagliente; la cosa non deve, per forza, contemplare mezzi violenti...
3) la persona con la quale parlo aspetta solo un destro, di qualunque genere, per considerarsi assolta, o meritoria di un trattamento diverso in virtù di chissà quale fraintendimento passato... se suona contorto è perché lo è.
A volte se rivolgo parola a qualcuno è solo per rispondere a una domanda, perché sarebbe scortese non farlo.
Non ho ancora capito che per alcuni la cortesia è motivo sufficiente per intendere altro.
A volte vorrei essere dotato di maniere peggiori.
mercoledì 4 giugno 2014
"La valigia sul letto..."
Perché domani vado via, per ben quattro giorni, e perché la canzone di Iglesias sta parcheggiata, in tenda, nei neuroni e salta sempre fuori quando parto.
Ho fatto la valigia due volte; la prima volta ho infilato la mia roba, davvero poche cose, in uno zaino, indi ho pensato di buttare il tutto dentro al trolley... adesso mi pare di aver sprecato dello spazio perché il trolley è semivuoto e nello zaino ci sarebbe stato tutto.
Mi sto convincendo che il trolley è cosa buona e giusta.
M'è venuto anche il dubbio di aver noleggiato a vuoto l'auto; ovviamente devo ancora partire, devo ancora arrivare a Lipsia, che è dove andò, e mi pare più che opportuno iniziare ora a fare valutazioni di merito.
Il posto dove alloggerò è a qualche chilometro dal centro e vicino a un centro commerciale, quindi la spesa non dovrebbe essere un problema; l'anno scorso girai come un cretino per mezz'ora, alla cieca, per andare a far spesa in un supermercato a cinquanta metri dall'appartamento.
Quest'anno mi sono documentato prima.
Mi sono anche ricordato il caricabatteria del telefono, perché non sono sicuro di poter trovare un altro negozio, tenuto da filippini, aperto e nel quale capiscono l'inglese.
Ho risistemato la selezione musicale dell'iPod e caricato il kindle, dato che avrò moltissimo tempo, almeno all'andata, da far passare in aeroporto.
Per quanto possa volere della caffeina, devo ricordarmi dell'esperienza dell'anno scorso; in genere non sono schizzinoso e apprezzo la caffeina in ogni sua manifestazione terrena, ma il caffé bevuto all'aeroporto di Monaco era difficilmente bevibile... pareva sin decaffeinato.
Cinzia, che pure ha la cataratta, verrà con me; ricordo che Cinzia, il mio navigatore, svolge l'onorevole professione di indicatrice stradale da almeno un decennio... qualche acciacco le è consentito; porella.
Insomma; è tutto pronto.
La cosa ridicola è che mi venga l'ansia da viaggio per un percorso così breve; ma è sempre così... e poi devo appoggiarmi a Trenitalia.
Ricordo ancora, con un certo orrore, una frase sentita in autobus, dalla stazione all'aeroporto Marconi:"l'anno scorso rimasi ferma due ore per via della nebulosa"... vabbè.
Non mi porterò a dietro il pc, il rischio ch'io mi colleghi per guardare le mail del lavoro è troppo alto.
Scriverò, con la consueta flemma, al mio ritorno.
Ho fatto la valigia due volte; la prima volta ho infilato la mia roba, davvero poche cose, in uno zaino, indi ho pensato di buttare il tutto dentro al trolley... adesso mi pare di aver sprecato dello spazio perché il trolley è semivuoto e nello zaino ci sarebbe stato tutto.
Mi sto convincendo che il trolley è cosa buona e giusta.
M'è venuto anche il dubbio di aver noleggiato a vuoto l'auto; ovviamente devo ancora partire, devo ancora arrivare a Lipsia, che è dove andò, e mi pare più che opportuno iniziare ora a fare valutazioni di merito.
Il posto dove alloggerò è a qualche chilometro dal centro e vicino a un centro commerciale, quindi la spesa non dovrebbe essere un problema; l'anno scorso girai come un cretino per mezz'ora, alla cieca, per andare a far spesa in un supermercato a cinquanta metri dall'appartamento.
Quest'anno mi sono documentato prima.
Mi sono anche ricordato il caricabatteria del telefono, perché non sono sicuro di poter trovare un altro negozio, tenuto da filippini, aperto e nel quale capiscono l'inglese.
Ho risistemato la selezione musicale dell'iPod e caricato il kindle, dato che avrò moltissimo tempo, almeno all'andata, da far passare in aeroporto.
Per quanto possa volere della caffeina, devo ricordarmi dell'esperienza dell'anno scorso; in genere non sono schizzinoso e apprezzo la caffeina in ogni sua manifestazione terrena, ma il caffé bevuto all'aeroporto di Monaco era difficilmente bevibile... pareva sin decaffeinato.
Cinzia, che pure ha la cataratta, verrà con me; ricordo che Cinzia, il mio navigatore, svolge l'onorevole professione di indicatrice stradale da almeno un decennio... qualche acciacco le è consentito; porella.
Insomma; è tutto pronto.
La cosa ridicola è che mi venga l'ansia da viaggio per un percorso così breve; ma è sempre così... e poi devo appoggiarmi a Trenitalia.
Ricordo ancora, con un certo orrore, una frase sentita in autobus, dalla stazione all'aeroporto Marconi:"l'anno scorso rimasi ferma due ore per via della nebulosa"... vabbè.
Non mi porterò a dietro il pc, il rischio ch'io mi colleghi per guardare le mail del lavoro è troppo alto.
Scriverò, con la consueta flemma, al mio ritorno.
lunedì 2 giugno 2014
Mille e non più mille
Ah, già; ma sono solo quaranta.
Ebbene si, ho felicemente, perché non ho grandi cose delle quali lamentarmi, varcato la soglia degli "anta" che mi faranno compagnia, presumibilmente, per altri quattro, e dispari, decenni.
"Nel mezzo del cammin di nostra vita..." e infatti i neuroni ci hanno tenuto a ricordarmi che "vuolsi così colà dove si puote ciò che si vuole e più non dimandare".
Del resto il "mezzo del cammin" si è spostato un po' in avanti.
Presumo che i prossimi quaranta fileranno via, come un treno in corsa, ma non un regionale di Trenitalia, come i quaranta appena trascorsi; se Platone ha ragione, per la prossima vita, dovrò stare più attento alla scheda del personaggio, "i puntini possono tutto", diversamente opterò per una vita da gatto domestico con annessa abitazione e umani di servizio, opportunamente schiavizzati.
Se avessi una memoria migliore potrei anche mettermi qui a stilare un bilancio della mia esistenza, ma visto che Mneme è stata un po' parca con me, eviterò il bilancio... che tanto ha una funzione del tutto relativa; serve solo quando si è un po' duri di comprendonio e non si impara subito dai proprio errori e, talvolta, non c'è bilancio che tenga e si rimane duri di comprendonio a oltranza.
Dato che non ho ancora iniziato a produrre perossido di idrogeno e non mi è venuta la gastrite, è chiaro che sinora ho affrontato in scioltezza, merito anche di chi mi sta vicino e dei Numi che vegliano sul mio capo, quel che il Fato mi ha lanciato addosso; onestamente, per i prossimi quaranta, chiedo tempi un poco più monotoni...
Uno dei pregi dell'età è la considerazione che il tempo è breve per perderlo dietro a delle rogne: per cui se leggo un libro e lo trovo noioso, o non mi piace, non ci arrivo in fondo ma lo lascio al suo destino; se ho a che fare con... persone moleste, fuori dall'ambito lavorativo, nel quale si fa di necessità virtù, non mi sento più obbligato né ad essere cordiale e neppure a frequentarle.
Il tempo è poco e buttarlo via è un vero peccato.
Ebbene si, ho felicemente, perché non ho grandi cose delle quali lamentarmi, varcato la soglia degli "anta" che mi faranno compagnia, presumibilmente, per altri quattro, e dispari, decenni.
"Nel mezzo del cammin di nostra vita..." e infatti i neuroni ci hanno tenuto a ricordarmi che "vuolsi così colà dove si puote ciò che si vuole e più non dimandare".
Del resto il "mezzo del cammin" si è spostato un po' in avanti.
Presumo che i prossimi quaranta fileranno via, come un treno in corsa, ma non un regionale di Trenitalia, come i quaranta appena trascorsi; se Platone ha ragione, per la prossima vita, dovrò stare più attento alla scheda del personaggio, "i puntini possono tutto", diversamente opterò per una vita da gatto domestico con annessa abitazione e umani di servizio, opportunamente schiavizzati.
Se avessi una memoria migliore potrei anche mettermi qui a stilare un bilancio della mia esistenza, ma visto che Mneme è stata un po' parca con me, eviterò il bilancio... che tanto ha una funzione del tutto relativa; serve solo quando si è un po' duri di comprendonio e non si impara subito dai proprio errori e, talvolta, non c'è bilancio che tenga e si rimane duri di comprendonio a oltranza.
Dato che non ho ancora iniziato a produrre perossido di idrogeno e non mi è venuta la gastrite, è chiaro che sinora ho affrontato in scioltezza, merito anche di chi mi sta vicino e dei Numi che vegliano sul mio capo, quel che il Fato mi ha lanciato addosso; onestamente, per i prossimi quaranta, chiedo tempi un poco più monotoni...
Uno dei pregi dell'età è la considerazione che il tempo è breve per perderlo dietro a delle rogne: per cui se leggo un libro e lo trovo noioso, o non mi piace, non ci arrivo in fondo ma lo lascio al suo destino; se ho a che fare con... persone moleste, fuori dall'ambito lavorativo, nel quale si fa di necessità virtù, non mi sento più obbligato né ad essere cordiale e neppure a frequentarle.
Il tempo è poco e buttarlo via è un vero peccato.
lunedì 26 maggio 2014
Scoperte
Vi sono momenti, nella vita, di grande chiarezza che ti permettono di vedere, finalmente, le cose così come stanno; a certuni questi momenti non capitano mai...
Personalmente ne ho avuto uno oggi; davvero.
Ho sempre ritenuto di avere dei grossi problemi con il genere umano e quest'ultimo, da par suo, si è sempre premurato, specie nella mia giovinezza, di fornirmi un ampio repertorio di esperienze tali da alimentare la mia sfiducia in esso.
In risposta mi sono donato a Star Trek che esprime una attitudine positiva nei confronti dell'umanità e nelle capacità di miglioramento in essa insite.
Massì... con il tempo è possibile che si migliori come specie, mi sento abbastanza ottimista al riguardo, anche se non credo che il XXIV° secolo possa essere una stima adeguata; personalmente propendo più per i dintorni del XXX°, ammesso e non concesso che non si incorra, prima, in una estinzione di massa.
Oggi ho finalmente capito che non sono misantropo, come ho sempre pensato in passato, ma misandropo; la mia sfiducia riguarda unicamente il genere maschile.
La cosa, tutto considerato, è decisamente ironica, non da ultimo perché provo sfiducia nel genere al quale appartengo.
Considerando, però, i mutamenti culturali e l'adozione di taluni modelli anche da parte delle donne, sono convinto di poter approdare alla misantropia e provare sfiducia, equamente, per il genere umano nella sua interezza e non solo per una sua parte.
Essendo parte del genere umano, per coerenza, nutro anche scarsa fiducia in me; certi giorni mi sembra di appartenere a una specie diversa e altri giorni mi faccio moderatamente schifo...
Attenderò il XXX° secolo per avere fiducia in noi.
Personalmente ne ho avuto uno oggi; davvero.
Ho sempre ritenuto di avere dei grossi problemi con il genere umano e quest'ultimo, da par suo, si è sempre premurato, specie nella mia giovinezza, di fornirmi un ampio repertorio di esperienze tali da alimentare la mia sfiducia in esso.
In risposta mi sono donato a Star Trek che esprime una attitudine positiva nei confronti dell'umanità e nelle capacità di miglioramento in essa insite.
Massì... con il tempo è possibile che si migliori come specie, mi sento abbastanza ottimista al riguardo, anche se non credo che il XXIV° secolo possa essere una stima adeguata; personalmente propendo più per i dintorni del XXX°, ammesso e non concesso che non si incorra, prima, in una estinzione di massa.
Oggi ho finalmente capito che non sono misantropo, come ho sempre pensato in passato, ma misandropo; la mia sfiducia riguarda unicamente il genere maschile.
La cosa, tutto considerato, è decisamente ironica, non da ultimo perché provo sfiducia nel genere al quale appartengo.
Considerando, però, i mutamenti culturali e l'adozione di taluni modelli anche da parte delle donne, sono convinto di poter approdare alla misantropia e provare sfiducia, equamente, per il genere umano nella sua interezza e non solo per una sua parte.
Essendo parte del genere umano, per coerenza, nutro anche scarsa fiducia in me; certi giorni mi sembra di appartenere a una specie diversa e altri giorni mi faccio moderatamente schifo...
Attenderò il XXX° secolo per avere fiducia in noi.
domenica 11 maggio 2014
Le tradizioni di una volta
Ovvero; in fondo son rimasto l'allegrone di sempre.
Mah... non penso ci sia un meta da raggiungere, alla fine si muore tutti e quella è l'unica meta concreta con la quale termina l'esistenza, o per lo meno la vita come la conosciamo noi; poi chissà cosa ci attende e se ci attende qualcosa.
Possiamo sperare, o avere fede, in una vita successiva; sperare nella reincarnazione pur abbracciando un pensiero che proclama l'annullamento, quello che resta è che la nostra vita è in funzione, volenti o nolenti, degli altri... non potrebbe essere diversamente, dato che viviamo in un branco così ampio.
Da come ci comportiamo con gli altri sarà possibile valutare se abbiamo, o meno, condotto una buona vita; questo non vuol dire, però, far passare qualunque cosa, perché le scelte fatte hanno un prezzo e delle ripercussioni.
Anche quando pensiamo di agire per il bene è, inevitabile, che ne venga del male, perché non possiamo conoscere tutti gli esiti e anche perché, sovente, siamo concentrati unicamente su noi stessi e nel perseguire il nostro bene non vediamo il male che ne verrà agli altri, anche quando quest'ultimo ha le dimensioni di Atlante... il Titano.
Bisogna mantenersi fedeli a sé stessi, ovvero cercare di essere coerenti con quanto si professa, e tentare di causare il minor numero di danni possibile; magari, al contempo, cercare anche, nel nostro quotidiano, di migliorare la società nella quale viviamo.
Il compito è arduo e non sempre ci sarà facile svolgerlo.
Vivere è fatica, non credo sia "sofferenza" e neppure che "siamo nati per soffrire", ma che costi fatica si e per non farci schiacciare da quest'ultima, Ananke ha cosparso il mondo con l'ironia in modo tale da permetterci di cogliere l'assurdo di alcune cose e permetterci di fare due risate ogni tanto... soprattutto ridere di sé stessi fa bene, ci fa comprendere che abbiamo dei limiti, che non tutto è alla nostra portata e che spesso non bastiamo per fare tutto quello che vorremmo (nella più ampia accezione possibile, sia in senso positivo che in senso negativo).
Il film, dato il finale, pare una tragedia, ma in itinere è sicuramente tragicomico; vale la pena di trovarne gli aspetti ridicoli.
Mah... non penso ci sia un meta da raggiungere, alla fine si muore tutti e quella è l'unica meta concreta con la quale termina l'esistenza, o per lo meno la vita come la conosciamo noi; poi chissà cosa ci attende e se ci attende qualcosa.
Possiamo sperare, o avere fede, in una vita successiva; sperare nella reincarnazione pur abbracciando un pensiero che proclama l'annullamento, quello che resta è che la nostra vita è in funzione, volenti o nolenti, degli altri... non potrebbe essere diversamente, dato che viviamo in un branco così ampio.
Da come ci comportiamo con gli altri sarà possibile valutare se abbiamo, o meno, condotto una buona vita; questo non vuol dire, però, far passare qualunque cosa, perché le scelte fatte hanno un prezzo e delle ripercussioni.
Anche quando pensiamo di agire per il bene è, inevitabile, che ne venga del male, perché non possiamo conoscere tutti gli esiti e anche perché, sovente, siamo concentrati unicamente su noi stessi e nel perseguire il nostro bene non vediamo il male che ne verrà agli altri, anche quando quest'ultimo ha le dimensioni di Atlante... il Titano.
Bisogna mantenersi fedeli a sé stessi, ovvero cercare di essere coerenti con quanto si professa, e tentare di causare il minor numero di danni possibile; magari, al contempo, cercare anche, nel nostro quotidiano, di migliorare la società nella quale viviamo.
Il compito è arduo e non sempre ci sarà facile svolgerlo.
Vivere è fatica, non credo sia "sofferenza" e neppure che "siamo nati per soffrire", ma che costi fatica si e per non farci schiacciare da quest'ultima, Ananke ha cosparso il mondo con l'ironia in modo tale da permetterci di cogliere l'assurdo di alcune cose e permetterci di fare due risate ogni tanto... soprattutto ridere di sé stessi fa bene, ci fa comprendere che abbiamo dei limiti, che non tutto è alla nostra portata e che spesso non bastiamo per fare tutto quello che vorremmo (nella più ampia accezione possibile, sia in senso positivo che in senso negativo).
Il film, dato il finale, pare una tragedia, ma in itinere è sicuramente tragicomico; vale la pena di trovarne gli aspetti ridicoli.
martedì 6 maggio 2014
Zappa&Badile
Vi sono giorni nei quali sento la necessità di articolare il mio pensiero attraverso l'uso creativo della zappa e del badile; usandoli direttamente, con forza e in modo mirato, sull'interlocutore.
Essendo un convinto non violento da qualche decennio, mi sono precluse alcune forme, definiamole così, espressive; in aggiunta a questo, le mie terribili buone maniere mi impediscono anche di esternare colorite metafore.
La situazione è poi aggravata dal mio ferreo autocontrollo e dal timore di essere ingiusto con gli altri essere umani.
Vi sono giorni, però, nei quali a un tale contegno preferirei pulire le stalle di Augia... che era un epico zozzone.
Tra l'altro il contenere tutto questo tramestio interiore, che mi fa sentire come Tifeo adagiato sotto la Sicilia, è particolarmente stancante e quindi arrivo a casa per nulla pimpante e con una pazienza più sottile della pelle di bue usata da Didone; a casa, ovviamente, devo comunque far ricorso alle esigue riserve di pazienza che la giornata mi ha lasciato, perché mi sono ripromesso di non esplodere più in faccia al primo malcapitato... sovente è preferibile ch'io resti in silenzio.
Tutto questo per dire che se non sono particolarmente loquace, se rispondo a monosillabi e se, in generale, ho un atteggiamento a stento urbano, a volte anche appena al di sotto dell'urbanità, è meglio lasciarmi in pace; ringraziate i Numi per il mio autocontrollo e lasciatemi nel mio brodo, prima o poi passerà, o in alternativa mi verrà la gastrite.
Di ironico in tutto questo c'è il fatto che più a distanza tengo taluni individui, più questi tendono a importunarmi... vi devo mordere? Se adeguatamente esasperato sono sicuro di poter arrivare anche a mordere; non lo farei mai, probabilmente uscirei dalla stanza, fumando dalle orecchie, e camminerei per almeno mezz'ora per sbollire prima di rientrare con una abbondante riserva di sarcasmo.
Talvolta non mi sento particolarmente compatibile con il resto del branco umano, da qui l'anelito al romitaggio.
Per fortuna esiste la musica barocca che mi riconcilia con il cosmo.
Essendo un convinto non violento da qualche decennio, mi sono precluse alcune forme, definiamole così, espressive; in aggiunta a questo, le mie terribili buone maniere mi impediscono anche di esternare colorite metafore.
La situazione è poi aggravata dal mio ferreo autocontrollo e dal timore di essere ingiusto con gli altri essere umani.
Vi sono giorni, però, nei quali a un tale contegno preferirei pulire le stalle di Augia... che era un epico zozzone.
Tra l'altro il contenere tutto questo tramestio interiore, che mi fa sentire come Tifeo adagiato sotto la Sicilia, è particolarmente stancante e quindi arrivo a casa per nulla pimpante e con una pazienza più sottile della pelle di bue usata da Didone; a casa, ovviamente, devo comunque far ricorso alle esigue riserve di pazienza che la giornata mi ha lasciato, perché mi sono ripromesso di non esplodere più in faccia al primo malcapitato... sovente è preferibile ch'io resti in silenzio.
Tutto questo per dire che se non sono particolarmente loquace, se rispondo a monosillabi e se, in generale, ho un atteggiamento a stento urbano, a volte anche appena al di sotto dell'urbanità, è meglio lasciarmi in pace; ringraziate i Numi per il mio autocontrollo e lasciatemi nel mio brodo, prima o poi passerà, o in alternativa mi verrà la gastrite.
Di ironico in tutto questo c'è il fatto che più a distanza tengo taluni individui, più questi tendono a importunarmi... vi devo mordere? Se adeguatamente esasperato sono sicuro di poter arrivare anche a mordere; non lo farei mai, probabilmente uscirei dalla stanza, fumando dalle orecchie, e camminerei per almeno mezz'ora per sbollire prima di rientrare con una abbondante riserva di sarcasmo.
Talvolta non mi sento particolarmente compatibile con il resto del branco umano, da qui l'anelito al romitaggio.
Per fortuna esiste la musica barocca che mi riconcilia con il cosmo.
domenica 4 maggio 2014
Orecchi e comprendonio
Ecco, ci sono giorni nei quali o non sento bene le parole oppure sono duro di comprendonio; ovvero non capisco una forca.
In genere, quando mi capitano questi momenti, ne esco perché sono anche cocciuto e continuo a insistere nel comprendere quanto al momento mi sfugge.
Sovente, questi eventi di stupidità temporanea, non si verificano in presenza di astrusi concetti: la monade trina o la natura della luce etcc...; molto banalmente posso non vedere una virgola, oppure capire una cosa per un'altra.
Questa condizione mi fa sentire particolarmente cretino, ma poi ci rido su... oggi è uno di quei giorni e oggi, ovvero quando i miei neuroni hanno palesemente dimostrato la loro insindacabile voglia di svenire, ho deciso di continuare con il neerlandese; vi lascio immaginare i brillanti risultati.
Tutto questo mi fa venire in mente un episodio che si può comodamente datare all'epoca di Nabucodonosor, quando ancora usavamo l'argilla e il cuneiforme era usato comunemente.
Avendo fatto l'Istituto d'Arte le mie conoscenze di matematica sono molto elementari; ricordo che quando facemmo i sistemi di equazione, lineari e a due incognite, ci vennero insegnati due metodi di soluzione: sostituzione e confronto.
Il secondo metodo è più complesso del primo; ebbene io ero bravissimo ad applicare il metodo del confronto, ma non avevo capito quello di sostituzione e quindi non ne facevo mai uso.
A volte mi grippano i neuroni e non capisco le cose più banali.
E' imbarazzante afferrare il concetto di monade-trina, i rapporti trinitari e altre questioni di lana caprina, per poi capire pero per pomo e non afferrare una frase banale; una cosa è certa, c'è dell'ironia in tutto ciò.
In genere, quando mi capitano questi momenti, ne esco perché sono anche cocciuto e continuo a insistere nel comprendere quanto al momento mi sfugge.
Sovente, questi eventi di stupidità temporanea, non si verificano in presenza di astrusi concetti: la monade trina o la natura della luce etcc...; molto banalmente posso non vedere una virgola, oppure capire una cosa per un'altra.
Questa condizione mi fa sentire particolarmente cretino, ma poi ci rido su... oggi è uno di quei giorni e oggi, ovvero quando i miei neuroni hanno palesemente dimostrato la loro insindacabile voglia di svenire, ho deciso di continuare con il neerlandese; vi lascio immaginare i brillanti risultati.
Tutto questo mi fa venire in mente un episodio che si può comodamente datare all'epoca di Nabucodonosor, quando ancora usavamo l'argilla e il cuneiforme era usato comunemente.
Avendo fatto l'Istituto d'Arte le mie conoscenze di matematica sono molto elementari; ricordo che quando facemmo i sistemi di equazione, lineari e a due incognite, ci vennero insegnati due metodi di soluzione: sostituzione e confronto.
Il secondo metodo è più complesso del primo; ebbene io ero bravissimo ad applicare il metodo del confronto, ma non avevo capito quello di sostituzione e quindi non ne facevo mai uso.
A volte mi grippano i neuroni e non capisco le cose più banali.
E' imbarazzante afferrare il concetto di monade-trina, i rapporti trinitari e altre questioni di lana caprina, per poi capire pero per pomo e non afferrare una frase banale; una cosa è certa, c'è dell'ironia in tutto ciò.
lunedì 28 aprile 2014
La milza
La milza, in genere, se ne sta buona al suo posto e svolge le sue funzioni non indispensabili all'esistenza.
Fa da filtro, un po' come un mitile o un rene qualsiasi, anche se filtra cose diverse dal rene e dal mitile, data l'assenza di acqua marina nel corpo umano, e si comporta un po' da linfonoide periferico; fa più cose e nessuna delle quali pare essere di vitale importanza, per cui non è considerata importante ai fine della nostra esistenza.
Sino a qualche secolo fa, però, quando la teoria degli umori era in auge, la milza era sede della "bile nera" il cui eccesso prevedeva la malinconia, alla quale era associato anche un tipo fisico; come concezione era un po' primitiva, ma è rimasto nel lessico comune, per cui spleen, milza, è andato a catalogare tutto un movimento culturale e uno stato di animo... tutto sto preambolo per dire che il consueto spleen domenicale si è spostato al lunedì.
La routine la conoscete già e quindi non faccio manco il riepilogo; neppure un bignami delle puntate precedenti ché si reiterano... e quindi già sapete come concludere la frase da soli.
L'unica cosa interessante è l'osservazione di quanto mi senta svuotato al rientro a casa.
Indipendentemente dal tipo di giornata trascorsa, che sia stata piena e indaffarata, oppure moderatamente normale, senza particolari guizzi, arrivo a casa svuotato.
Non credo di poter parlare di "apatia" in senso stretto, a tratti qualche guizzo permane, ma "svuotato" rende bene l'idea.
Difficilmente al mattino parto pimpante e pieno di ottimismo del resto, storicamente, né "pimpante" e neppure "ottimista" sono definizioni a me proprie, ma talvolta mi alzo di moderato buon umore, non "troppo" che poi mi fa male, e vi sono persino alcune sere, non sempre al venerdì che poi è facile dire che al venerdì uno è contento, e comunque anche questo è un evento raro, nelle quali torno a casa con una certa moderata condizione di contentezza.
La maggior parte delle volte rientro decisamente svuotato; con zero voglia di fare qualunque cosa e persino con nessuna voglia di progettare eventi futuri.
Tra l'altro è possibile ch'io ne abbia anche già parlato nel blog da qualche parte... tutto questo per dire che la grande costante della mia esistenza è la voglia di eremo che pugna con l'esigenza di comunicare questa condizione e quindi con la ricerca di una, seppur limitata, socialità; probabilmente se mai dovessi ritirarmi in un eremo prenderei a importunare i sassi.
E' stupefacente riuscire ad ambire alla solitudine sentendo la necessità di comunicarlo agli altri; spesso e volentieri vogliamo qualcosa e pure il suo contrario... l'importante è rendersene conto e apprezzare l'ironia della cosa.
Fa da filtro, un po' come un mitile o un rene qualsiasi, anche se filtra cose diverse dal rene e dal mitile, data l'assenza di acqua marina nel corpo umano, e si comporta un po' da linfonoide periferico; fa più cose e nessuna delle quali pare essere di vitale importanza, per cui non è considerata importante ai fine della nostra esistenza.
Sino a qualche secolo fa, però, quando la teoria degli umori era in auge, la milza era sede della "bile nera" il cui eccesso prevedeva la malinconia, alla quale era associato anche un tipo fisico; come concezione era un po' primitiva, ma è rimasto nel lessico comune, per cui spleen, milza, è andato a catalogare tutto un movimento culturale e uno stato di animo... tutto sto preambolo per dire che il consueto spleen domenicale si è spostato al lunedì.
La routine la conoscete già e quindi non faccio manco il riepilogo; neppure un bignami delle puntate precedenti ché si reiterano... e quindi già sapete come concludere la frase da soli.
L'unica cosa interessante è l'osservazione di quanto mi senta svuotato al rientro a casa.
Indipendentemente dal tipo di giornata trascorsa, che sia stata piena e indaffarata, oppure moderatamente normale, senza particolari guizzi, arrivo a casa svuotato.
Non credo di poter parlare di "apatia" in senso stretto, a tratti qualche guizzo permane, ma "svuotato" rende bene l'idea.
Difficilmente al mattino parto pimpante e pieno di ottimismo del resto, storicamente, né "pimpante" e neppure "ottimista" sono definizioni a me proprie, ma talvolta mi alzo di moderato buon umore, non "troppo" che poi mi fa male, e vi sono persino alcune sere, non sempre al venerdì che poi è facile dire che al venerdì uno è contento, e comunque anche questo è un evento raro, nelle quali torno a casa con una certa moderata condizione di contentezza.
La maggior parte delle volte rientro decisamente svuotato; con zero voglia di fare qualunque cosa e persino con nessuna voglia di progettare eventi futuri.
Tra l'altro è possibile ch'io ne abbia anche già parlato nel blog da qualche parte... tutto questo per dire che la grande costante della mia esistenza è la voglia di eremo che pugna con l'esigenza di comunicare questa condizione e quindi con la ricerca di una, seppur limitata, socialità; probabilmente se mai dovessi ritirarmi in un eremo prenderei a importunare i sassi.
E' stupefacente riuscire ad ambire alla solitudine sentendo la necessità di comunicarlo agli altri; spesso e volentieri vogliamo qualcosa e pure il suo contrario... l'importante è rendersene conto e apprezzare l'ironia della cosa.
martedì 22 aprile 2014
Comunicazione e sogni
Partirò dalla seconda parte dell'argomento.
La notte scorsa ho sperimentato qualcosa che non mi accadeva dai tempi dell'adolescenza; mi sono trovato nel mezzo di un sogno inquietante e incapace di muovermi.
In gioventù sarei stato preso dal panico, ma il mio sistema di controllo ha prontamente reagito; sono rimasto incapace di muovermi, ma mi sono reso immediatamente conto del fatto che si trattava di un sogno e questo è avvenuto attraverso il riconoscimento di dettagli sbagliati.
Nel sogno c'era un comodino, che non ho e uno spazio vuoto a destra del letto che, nella realtà, non è presente.
L'ultima volta che ho avuto un sogno simile la trama prevedeva il mio rapimento da parte degli alieni; X-Files e tutta la fantascienza vista mi ha profondamente influenzato, ma il sogno si è risolto con la pirocinesi e la combustione degli alieni.
Questa volte l'idea generale era sempre quella del rapimento alieno, con tre luci colorate, ma ho dovuto trovare il modo di svegliarmi perché non sono riuscito a modificare il sogno.
Che i miei sistemi di controllo inizino a risentire del tempo che passa?
Ho idea che il loro funzionamento fuori dai normali parametri possa essere imputato allo stress generale; del resto fare da badante non è esente da stress e questo serve come introduzione al capitolo successivo.
Ultimamente, direi ormai da qualche anno, ho osservato una cosa peculiare; sovente viene ignorato quel che dico, oppure viene frainteso a seconda del comodo dell'interlocutore.
E' un comportamento molto interessante, certo fonte di irritazione, ma ciò non toglie che sia qualcosa di peculiare; devo dire che ci vuole un po' di distanza per non cedere alla tentazione del complotto, però ha come causa generale il fatto di evitare di farmi parlare... del resto che parlo a fare?
Questa osservazione contribuisce, però, alla mia irritazione generale nei confronti dell'umanità.
Continuo a considerare il romitaggio una scelta ragionevole.
La notte scorsa ho sperimentato qualcosa che non mi accadeva dai tempi dell'adolescenza; mi sono trovato nel mezzo di un sogno inquietante e incapace di muovermi.
In gioventù sarei stato preso dal panico, ma il mio sistema di controllo ha prontamente reagito; sono rimasto incapace di muovermi, ma mi sono reso immediatamente conto del fatto che si trattava di un sogno e questo è avvenuto attraverso il riconoscimento di dettagli sbagliati.
Nel sogno c'era un comodino, che non ho e uno spazio vuoto a destra del letto che, nella realtà, non è presente.
L'ultima volta che ho avuto un sogno simile la trama prevedeva il mio rapimento da parte degli alieni; X-Files e tutta la fantascienza vista mi ha profondamente influenzato, ma il sogno si è risolto con la pirocinesi e la combustione degli alieni.
Questa volte l'idea generale era sempre quella del rapimento alieno, con tre luci colorate, ma ho dovuto trovare il modo di svegliarmi perché non sono riuscito a modificare il sogno.
Che i miei sistemi di controllo inizino a risentire del tempo che passa?
Ho idea che il loro funzionamento fuori dai normali parametri possa essere imputato allo stress generale; del resto fare da badante non è esente da stress e questo serve come introduzione al capitolo successivo.
Ultimamente, direi ormai da qualche anno, ho osservato una cosa peculiare; sovente viene ignorato quel che dico, oppure viene frainteso a seconda del comodo dell'interlocutore.
E' un comportamento molto interessante, certo fonte di irritazione, ma ciò non toglie che sia qualcosa di peculiare; devo dire che ci vuole un po' di distanza per non cedere alla tentazione del complotto, però ha come causa generale il fatto di evitare di farmi parlare... del resto che parlo a fare?
Questa osservazione contribuisce, però, alla mia irritazione generale nei confronti dell'umanità.
Continuo a considerare il romitaggio una scelta ragionevole.
domenica 20 aprile 2014
Società
Il vivere in un branco molto vasto ha delle spiacevoli conseguenze e la misura della "spiacevolezza" non è preventivabile in anticipo; la si scopre in itinere ed è sempre diversa.
Alcune cose non sono socialmente accettabili, per cui ci si ritrova a fare cose che si vorrebbe non fare e a mostrarsi affabili, o per lo meno urbani, anche in quei contesti nei quali si vorrebbe esprimere le proprie opinioni con il badile.
Non bisogna vedere questo atteggiamento come un sinonimo di falsità; spesso ci si comporta così per non urtare la sensibilità altrui, ammesso e non concesso che tale sensibilità sia un ente reale, o perché sovente è più semplice sopportare, per poco tempo... si spera, una situazione spiacevole piuttosto che montare un caso, invocare la giustizia divina e perdersi in "perché" e "per come" che raramente servono alla scopo.
Veicolare, con argomenti o con il silenzio, un concetto non è un affare semplice; richiede che l'interlocutore sia predisposto ad ascoltare e che chi parla sia disposto anche a diffondersi in ampi e dettagliati, alla richiesta, "spiegoni"... se si comunica con il silenzio bisogna che l'interlocutore sia abbastanza empatico da capire il significato del non detto.
Tutto questo per dire che noi viviamo in un branco di circa sette miliardi di individui, costituito da complesse relazioni interpersonali e a volte si agogna a uno spazio pro-capite minimo di 38chilometri quadrati.
Alcune cose non sono socialmente accettabili, per cui ci si ritrova a fare cose che si vorrebbe non fare e a mostrarsi affabili, o per lo meno urbani, anche in quei contesti nei quali si vorrebbe esprimere le proprie opinioni con il badile.
Non bisogna vedere questo atteggiamento come un sinonimo di falsità; spesso ci si comporta così per non urtare la sensibilità altrui, ammesso e non concesso che tale sensibilità sia un ente reale, o perché sovente è più semplice sopportare, per poco tempo... si spera, una situazione spiacevole piuttosto che montare un caso, invocare la giustizia divina e perdersi in "perché" e "per come" che raramente servono alla scopo.
Veicolare, con argomenti o con il silenzio, un concetto non è un affare semplice; richiede che l'interlocutore sia predisposto ad ascoltare e che chi parla sia disposto anche a diffondersi in ampi e dettagliati, alla richiesta, "spiegoni"... se si comunica con il silenzio bisogna che l'interlocutore sia abbastanza empatico da capire il significato del non detto.
Tutto questo per dire che noi viviamo in un branco di circa sette miliardi di individui, costituito da complesse relazioni interpersonali e a volte si agogna a uno spazio pro-capite minimo di 38chilometri quadrati.
giovedì 17 aprile 2014
Inizia l'estate
Prematuro?
Grazie ai Numi al mattino e alla sera le temperature sono ancora accettabili, restando sotto la decina di gradi, ma di giorno si schiatta di caldo.
Vabbè; "schiattare" forse è eccessivo, se c'è un po' di brezza fresca si sta bene anche al sole, ma oggi, per la prima volta, ho avuto un caldo porco in corriera.
Dovrò documentarmi sull'espressione "caldo porco", anche se presumo che dormire con un maiale faccia decisamente caldo; esperienza che, comunque, non tengo a fare.
Va da sé che non c'è più la mezza stagione, qui una volta era tutta campagna e di mamme ce n'è una sola... la qual cosa è a volte una fortuna.
Inizio, in via preventiva, a star male al pensiero del precipitarsi dell'Estate in corsa e oggi ho sfoggiato il bellissimo, pubblicitario, ventaglio giapponese; inizierò ad andare in giro anche con un asciugamani.
E' riconosciuto, it is known, che l'asciugamano è indispensabile qualora si debba, per esempio, affrontare una truppa Vogon e avrà certamente la sua porca funzione se si deve scappare dalla Bestia Bugblatta di Traal; tra le sue molte funzioni c'è anche quella, non meno utile, di tergere il sudore.
Probabilmente non avrò bisogno dell'ombrello perché il percorso a piedi verso il lavoro è sufficientemente in ombra.
L'obiettivo, anche quest'anno, è quello di riuscire ad arrivare ad ottobre con il consueto pallore, o per lo meno riuscire a sollecitare il meno possibile la melanina... che, del resto, devo possedere in misura veramente minima; sindacale potrei dire.
Grazie ai Numi al mattino e alla sera le temperature sono ancora accettabili, restando sotto la decina di gradi, ma di giorno si schiatta di caldo.
Vabbè; "schiattare" forse è eccessivo, se c'è un po' di brezza fresca si sta bene anche al sole, ma oggi, per la prima volta, ho avuto un caldo porco in corriera.
Dovrò documentarmi sull'espressione "caldo porco", anche se presumo che dormire con un maiale faccia decisamente caldo; esperienza che, comunque, non tengo a fare.
Va da sé che non c'è più la mezza stagione, qui una volta era tutta campagna e di mamme ce n'è una sola... la qual cosa è a volte una fortuna.
Inizio, in via preventiva, a star male al pensiero del precipitarsi dell'Estate in corsa e oggi ho sfoggiato il bellissimo, pubblicitario, ventaglio giapponese; inizierò ad andare in giro anche con un asciugamani.
E' riconosciuto, it is known, che l'asciugamano è indispensabile qualora si debba, per esempio, affrontare una truppa Vogon e avrà certamente la sua porca funzione se si deve scappare dalla Bestia Bugblatta di Traal; tra le sue molte funzioni c'è anche quella, non meno utile, di tergere il sudore.
Probabilmente non avrò bisogno dell'ombrello perché il percorso a piedi verso il lavoro è sufficientemente in ombra.
L'obiettivo, anche quest'anno, è quello di riuscire ad arrivare ad ottobre con il consueto pallore, o per lo meno riuscire a sollecitare il meno possibile la melanina... che, del resto, devo possedere in misura veramente minima; sindacale potrei dire.
martedì 15 aprile 2014
La Coscienza di Zeno
Oggi sono andato in libreria; quale novità...
Ebbene; quando esco dal lavoro, con gli zebedei in rivolta e un nervoso col quale potrei alimentare una città, oppure quando sono depresso e asfaltato da quanto avviene in studio, ho, al rientro verso la fermata della corriera, due opzioni: il forno o la libreria.
Il forno mi è indispensabile quale distributore di endorfine, che mi vengono propinate nelle varie forme nelle quali può presentarsi il cioccolato; la libreria perché ai libri non si dice mai di no e mi serve come shopping terapeutico... del resto, è vero, i libri sono l'unica cosa che acquisti e ti rendono più ricco.
Avendo preso una prodigiosa, quanto intensa, torta al cioccolato ieri, oggi sono andato in libreria; l'intenzione non era proprio quella di comprare un libro, anche perché mi sono appena arrivati tre libri a tema Bisanzio, ma era mia intenzione lasciarmi ispirare dal momento.
Non ho trovato nulla da comprare, in compenso ho visto la copertina mortaccina de "La coscienza di Zeno".
Capisco che il successo di "Twilight" abbia indotto le case editrici a sfornare i classici con copertine conturbanti; sono disposto a essere comprensivo nei confronti del "figo" di turno schiaffato sulla copertina di "Jane Eyre", "Il rosso e il nero", "Cime tempestose" e via di seguito, ma schiaffare un bellone moratccino sulla copertina de "La coscienza" mi pare una presa in giro.
Non fraintendetemi, a me "La coscienza" è piaciuta moltissimo; l'ho letta e riletta assaporandola, ma posso dire molte cose di questo libro, tranne che possieda il trasporto romantico di "Cime tempestose" o "Dei promessi sposi"... e anche su quest'ultimo il trasporto romantico sarebbe opinabile (altro romanzo che, comunque, ho apprezzato... da adulto).
Il fine non giustifica i mezzi e tentare di proporre ai giovani lettori "La coscienza" come romanzo "romantico" vuol dire prenderli in giro.
"La coscienza di Zeno" non è un romanzo romantico; il protagonista vive una esistenza grigia e ci tiene a mostrarcela in tutto il suo grigiore... è un romanzo bellissimo, ma NON ha alcuna intenzione di descrivere i tormenti amorosi del Conte di Fontanabroccola, per la bella e onesta figlia del priore di Gallinella che insegna nella locale scuola per fanciulle di Contignaco.
Trovo questa operazione commerciale veramente brutta.
Il prossimo passo quale sarà? mettere un bellone mortaccino e depresso in copertina del racconto "La giara" di Pirandello? "Uno, nessuno e centomila" spacciato per novella amorosa del secolo?
Io avrei delle remore anche a definire "I promessi sposi" un romanzo "romantico", pur essendoci al centro della vicenda una storia d'amore.
Ebbene; quando esco dal lavoro, con gli zebedei in rivolta e un nervoso col quale potrei alimentare una città, oppure quando sono depresso e asfaltato da quanto avviene in studio, ho, al rientro verso la fermata della corriera, due opzioni: il forno o la libreria.
Il forno mi è indispensabile quale distributore di endorfine, che mi vengono propinate nelle varie forme nelle quali può presentarsi il cioccolato; la libreria perché ai libri non si dice mai di no e mi serve come shopping terapeutico... del resto, è vero, i libri sono l'unica cosa che acquisti e ti rendono più ricco.
Avendo preso una prodigiosa, quanto intensa, torta al cioccolato ieri, oggi sono andato in libreria; l'intenzione non era proprio quella di comprare un libro, anche perché mi sono appena arrivati tre libri a tema Bisanzio, ma era mia intenzione lasciarmi ispirare dal momento.
Non ho trovato nulla da comprare, in compenso ho visto la copertina mortaccina de "La coscienza di Zeno".
Capisco che il successo di "Twilight" abbia indotto le case editrici a sfornare i classici con copertine conturbanti; sono disposto a essere comprensivo nei confronti del "figo" di turno schiaffato sulla copertina di "Jane Eyre", "Il rosso e il nero", "Cime tempestose" e via di seguito, ma schiaffare un bellone moratccino sulla copertina de "La coscienza" mi pare una presa in giro.
Non fraintendetemi, a me "La coscienza" è piaciuta moltissimo; l'ho letta e riletta assaporandola, ma posso dire molte cose di questo libro, tranne che possieda il trasporto romantico di "Cime tempestose" o "Dei promessi sposi"... e anche su quest'ultimo il trasporto romantico sarebbe opinabile (altro romanzo che, comunque, ho apprezzato... da adulto).
Il fine non giustifica i mezzi e tentare di proporre ai giovani lettori "La coscienza" come romanzo "romantico" vuol dire prenderli in giro.
"La coscienza di Zeno" non è un romanzo romantico; il protagonista vive una esistenza grigia e ci tiene a mostrarcela in tutto il suo grigiore... è un romanzo bellissimo, ma NON ha alcuna intenzione di descrivere i tormenti amorosi del Conte di Fontanabroccola, per la bella e onesta figlia del priore di Gallinella che insegna nella locale scuola per fanciulle di Contignaco.
Trovo questa operazione commerciale veramente brutta.
Il prossimo passo quale sarà? mettere un bellone mortaccino e depresso in copertina del racconto "La giara" di Pirandello? "Uno, nessuno e centomila" spacciato per novella amorosa del secolo?
Io avrei delle remore anche a definire "I promessi sposi" un romanzo "romantico", pur essendoci al centro della vicenda una storia d'amore.
martedì 4 marzo 2014
Panico
Non ostante il mio iniziale buco normativo, non piccolo, ho imparato come si fanno le cose; cosa mettere, cosa dare e cosa è possibile evitare di fornire e riesco a farlo, tutto sommato bene, con tutti i Comuni tranne che con il mio.
Quando si tratta del mio Comune vado nel panico e, sistematicamente, mi dimentico qualcosa.
Temo di sbagliare, perché so che sono più noiosi che da altre parti, e quindi sbaglio; ovviamente poi mi scrivono per chiedere lumi o altro materiale e questo genera altra ansia che va ad aggiungersi a quella normale... Devo trovare un sistema per rompere questo circolo vizioso.
Quando si tratta del mio Comune vado nel panico e, sistematicamente, mi dimentico qualcosa.
Temo di sbagliare, perché so che sono più noiosi che da altre parti, e quindi sbaglio; ovviamente poi mi scrivono per chiedere lumi o altro materiale e questo genera altra ansia che va ad aggiungersi a quella normale... Devo trovare un sistema per rompere questo circolo vizioso.
domenica 23 febbraio 2014
Terza settimana
Con oggi si inaugura la terza settimana di raffreddore.
La bronchite è stata debellata e di ciò sono molto grato perché posso, finalmente, dormire sdraiato e non seduto; al mattino continuo a cercare di sputare un polmone, ma solo per pochi istanti e solo per due o tre tentativi.
Di contro la produzione di muco è, ancora, abbondante; sono in quella fase del raffreddore nella quale quest'ultimo si burla di me.
A volte riesco a respirare con entrambe le nari, poi me ne rimangono una e tre quarti, una e mezza, due e nessuna... tra l'altro la produzione di muco è l'adattamento evolutivo più cretino al quale io possa pensare.
Teoricamente serve per catturare batteri e altre cose in modo da proteggere le vie aree, ma visto che abbiamo la tendenza ad avere bisogno di respirare, se le nari sono ostruite dal muco abbisogna respirare con la bocca... e l'utilità di tutto il muco prodotto col raffreddore, con dispendio di liquidi, diventa pressoché inutile; probabilmente a parlare è la mia ignoranza in materia e la mia poca pazienza con il raffreddore.
Di solito la fase "apertura random" delle nari dovrebbe essere l'inizio della fine del raffreddore; vi saprò dire se anche questo è il caso, per ora sono preoccupato di non avere abbastanza fazzoletti.
La bronchite è stata debellata e di ciò sono molto grato perché posso, finalmente, dormire sdraiato e non seduto; al mattino continuo a cercare di sputare un polmone, ma solo per pochi istanti e solo per due o tre tentativi.
Di contro la produzione di muco è, ancora, abbondante; sono in quella fase del raffreddore nella quale quest'ultimo si burla di me.
A volte riesco a respirare con entrambe le nari, poi me ne rimangono una e tre quarti, una e mezza, due e nessuna... tra l'altro la produzione di muco è l'adattamento evolutivo più cretino al quale io possa pensare.
Teoricamente serve per catturare batteri e altre cose in modo da proteggere le vie aree, ma visto che abbiamo la tendenza ad avere bisogno di respirare, se le nari sono ostruite dal muco abbisogna respirare con la bocca... e l'utilità di tutto il muco prodotto col raffreddore, con dispendio di liquidi, diventa pressoché inutile; probabilmente a parlare è la mia ignoranza in materia e la mia poca pazienza con il raffreddore.
Di solito la fase "apertura random" delle nari dovrebbe essere l'inizio della fine del raffreddore; vi saprò dire se anche questo è il caso, per ora sono preoccupato di non avere abbastanza fazzoletti.
lunedì 17 febbraio 2014
"Imperfect pairings"
E' la mia lettura da corriera; si tratta di un libro scritto da Jackie Townsend.
Essendo la mia lettura da corriera, viene letto solo quando prendo il mezzo pubblico e dato che ultimamente, per motivi inesplicabili, mi sono affezionato alle infezione alle via respiratorie, non ho avuto modo di leggere molto; sono però giunto ben oltre la metà.
Non ostante sia di facili entusiasmi con le letture, per cui sovente ho tre libri in corso di lettura, sono abbastanza vorace da frequentare con religiosa assiduità le libreria, ma pigro a sufficienza per non informarmi sui volumi pubblicati in USA, per cui sono venuto a conoscenza di questo libro perché una amica ne parlò bene.
Giunto ove sono ora, posso dire anche la mia.
Il libro è scritto bene e fila via senza intoppi e la protagonista americana mi è subito stata simpatica; il protagonista, italiano, mi è andato di traverso sin dall'inizio... ora è in blando recupero, per motivi che vado ad illustrare.
All'inizio sono rimasto un po' interdetto per l'uso di "colorite metafore" (parolacce), da parte degli italiani nel libro; sarà che quando leggo mi aspetto un lessico familiare riscontrabile, anche, nella mia famiglia... ebbene, l'esperienza mi ha fatto capire che la mia famiglia è atipica.
In casa mia si fa un uso veramente parco di parolacce; posso affermare che quasi non vengono usate se non in occasioni particolari, per cui l'uso liberale che viene fatto di queste espressioni nel libro mi ha lasciato un po' stupefatto.
Il protagonista mi è subito sembrato supponente e tronfio, ma nel prosieguo della lettura l'autrice accompagna il lettore nell'ambiente parentale del protagonista, si entra nel loro lessico familiare e, per quanto continui a starmi sugli zebedei in camper, se ne capiscono meglio i tratti caratteriali e da dove essi provengano.
Il lavoro della protagonista lo prendo come il Dogma dell'Assunzione perché mi è astruso quanto la teoria delle superstringhe ma, pur essendo una parte importante della narrazione, non eccede mai i giusti confini.
Son contento di averlo mandato a prendere e di averlo iniziato a leggere.
Essendo la mia lettura da corriera, viene letto solo quando prendo il mezzo pubblico e dato che ultimamente, per motivi inesplicabili, mi sono affezionato alle infezione alle via respiratorie, non ho avuto modo di leggere molto; sono però giunto ben oltre la metà.
Non ostante sia di facili entusiasmi con le letture, per cui sovente ho tre libri in corso di lettura, sono abbastanza vorace da frequentare con religiosa assiduità le libreria, ma pigro a sufficienza per non informarmi sui volumi pubblicati in USA, per cui sono venuto a conoscenza di questo libro perché una amica ne parlò bene.
Giunto ove sono ora, posso dire anche la mia.
Il libro è scritto bene e fila via senza intoppi e la protagonista americana mi è subito stata simpatica; il protagonista, italiano, mi è andato di traverso sin dall'inizio... ora è in blando recupero, per motivi che vado ad illustrare.
All'inizio sono rimasto un po' interdetto per l'uso di "colorite metafore" (parolacce), da parte degli italiani nel libro; sarà che quando leggo mi aspetto un lessico familiare riscontrabile, anche, nella mia famiglia... ebbene, l'esperienza mi ha fatto capire che la mia famiglia è atipica.
In casa mia si fa un uso veramente parco di parolacce; posso affermare che quasi non vengono usate se non in occasioni particolari, per cui l'uso liberale che viene fatto di queste espressioni nel libro mi ha lasciato un po' stupefatto.
Il protagonista mi è subito sembrato supponente e tronfio, ma nel prosieguo della lettura l'autrice accompagna il lettore nell'ambiente parentale del protagonista, si entra nel loro lessico familiare e, per quanto continui a starmi sugli zebedei in camper, se ne capiscono meglio i tratti caratteriali e da dove essi provengano.
Il lavoro della protagonista lo prendo come il Dogma dell'Assunzione perché mi è astruso quanto la teoria delle superstringhe ma, pur essendo una parte importante della narrazione, non eccede mai i giusti confini.
Son contento di averlo mandato a prendere e di averlo iniziato a leggere.
martedì 11 febbraio 2014
Coff... Coff...
Ché qui si usano onomatopee internazionali e palesemente anglofone a causa di massicce letture di fumetti con dei paperi come protagonisti.
Riassunto delle puntate precedenti:
Dopo una breve pausa dovuta a malattia, che, per inciso, si è portata via un fine settimana, ho telefonato al medico per informarlo della mia permanenza sulla globo terracqueo, dato che non ci siamo sentiti per una decina di anni un dubbio poteva essere d'uopo, e gli ho chiesto una cura per la mia presuntissima, poiché la voce da Caina poteva, in effetti, dare adito a pensieri contrari, bronchite.
Il medico, ma il tapino non poteva saperlo, mi ha dato un farmaco contenente un principio al quale sono particolarmente sensibile (una molecola bellissima; mozzafiato), per cui mi sono ritrovato con febbre alta e peggioramento, graduale e progressivo, della mia bronchite.
Dopo un'altra settimana passata alla magione, tentando di espettorare almeno un polmone con cadenza orario, ho deciso comunque di godermi, con moderazione, il fine settimana e da ieri sono tornato in produzione.
Oh... chiariamo; non è che durante la malattia sia stato lasciato in pace. Pareva si dovesse consegnare la qualunque con urgenza folle e, infatti, al mio rientro scopro che non s'è consegnato nulla; s'aspettava il mio ritorno... ed io sono apparso con entrambi, ma non so per quanto, i polmoni.
Cosa è cambiato in questa settimana?
Intanto mi hanno tappezzato il desktop di cartelle, files e ammenicoli vari, così, novella Cariddi, ho dovuto inscenare un urlo belluino; il colpevole è stato l'Assistito.
Sa che detesto quando si va accanto al mio pc e ha pensato di stornare su di sé le mie furibonde ire; gli è anche riuscita la manovra, perché son troppo buono... ma "if looks could kill, they probably will" pur non essendo a "Jeux sans frontières".
Inoltre non è cambiato nulla; assolutamente nulla... il che potrebbe anche dire che è cambiato tutto e pare tutto uguale perché abbisogna che tutto muti perché le cose rimangano immutate (la citazione è molto libera).
Il segreto, al momento, sta nel dare alle cose il loro peso e nel trovare i risvolti comici delle cose; potrei anche enunciarne qualcuno qui di seguito, ma sarebbero, forse, un po' troppo tecnici e quindi tediosi, vi basti sapere che quel posto "is an unending source of astonishment".
Riassunto delle puntate precedenti:
Dopo una breve pausa dovuta a malattia, che, per inciso, si è portata via un fine settimana, ho telefonato al medico per informarlo della mia permanenza sulla globo terracqueo, dato che non ci siamo sentiti per una decina di anni un dubbio poteva essere d'uopo, e gli ho chiesto una cura per la mia presuntissima, poiché la voce da Caina poteva, in effetti, dare adito a pensieri contrari, bronchite.
Il medico, ma il tapino non poteva saperlo, mi ha dato un farmaco contenente un principio al quale sono particolarmente sensibile (una molecola bellissima; mozzafiato), per cui mi sono ritrovato con febbre alta e peggioramento, graduale e progressivo, della mia bronchite.
Dopo un'altra settimana passata alla magione, tentando di espettorare almeno un polmone con cadenza orario, ho deciso comunque di godermi, con moderazione, il fine settimana e da ieri sono tornato in produzione.
Oh... chiariamo; non è che durante la malattia sia stato lasciato in pace. Pareva si dovesse consegnare la qualunque con urgenza folle e, infatti, al mio rientro scopro che non s'è consegnato nulla; s'aspettava il mio ritorno... ed io sono apparso con entrambi, ma non so per quanto, i polmoni.
Cosa è cambiato in questa settimana?
Intanto mi hanno tappezzato il desktop di cartelle, files e ammenicoli vari, così, novella Cariddi, ho dovuto inscenare un urlo belluino; il colpevole è stato l'Assistito.
Sa che detesto quando si va accanto al mio pc e ha pensato di stornare su di sé le mie furibonde ire; gli è anche riuscita la manovra, perché son troppo buono... ma "if looks could kill, they probably will" pur non essendo a "Jeux sans frontières".
Inoltre non è cambiato nulla; assolutamente nulla... il che potrebbe anche dire che è cambiato tutto e pare tutto uguale perché abbisogna che tutto muti perché le cose rimangano immutate (la citazione è molto libera).
Il segreto, al momento, sta nel dare alle cose il loro peso e nel trovare i risvolti comici delle cose; potrei anche enunciarne qualcuno qui di seguito, ma sarebbero, forse, un po' troppo tecnici e quindi tediosi, vi basti sapere che quel posto "is an unending source of astonishment".
martedì 4 febbraio 2014
Sogni
Facebook è una landa popolata, oltre che da altre cose, anche da test che possono appiopparti la qualunque; animali, insetti, sanpietrini, zuppe e via dicendo.
L'aspetto simpatico è nella motivazione per la quale sei stato abbinato al porfido, piuttosto che all'azul macaubas, o la zuppa di ceci invece di quella di lenticchie.
Ieri ne ho fatto uno, che probabilmente è andato a smuovere qualcosa tra le mie sinapsi, per il quale io sarei dotato di crudeltà latente, doppia personalità, difficoltà ad integrarmi e predisposizione alla violenza; un amore.
Probabilmente vi andrebbe aggiunta anche megalomania q.b.
Stanotte ho sognato che, novello Merlino ("Excalibur") e come lui abbigliato, calotta compresa, mi sono recato al solito posto e, alzando le mani, ho frantumato i vetri sulla strada; indi, fluttuando e accompagnato da fulmini vari, come in "Grosso guaio a Chinatown", ho percorso i corridoi, devastandoli, limitandomi alle sole parti comuni perché non mi piace coinvolgere degli innocenti nei miei deliri distruttivi, sino ad arrivare al loculo.
Demolizione di tutti i vetri, plafoniere, neons ed esplosioni, usando sempre tanti fulmini che mi piacciano assai, di pcs; di fronte all'oggetto delle mi ire si è svolta una scena simile al finale di "Indiana Jones e l'ultima crociata", ma coi fulmini al posto del Sacro Graal... ho persin sentito odore di strinato.
Una scena del genere, normalmente, se vista al cinema mi regalerebbe incubi per un bel po' di tempo, ma in sogno non mi ha per nulla disturbato.
Un sogno similare lo feci un botto di anni fa; davo sempre fuoco alla gente coi fulmini, ma avevo qualcuno che li lanciava con la telecinesi.
E' chiaro che sono un po' megalomane; forse anche più di un po'... mah...
Il sogno, comunque, mi è piaciuto tanto che stamane ho fatto il bis; questa volta io non ero sul pasto e faceva tutto un bellissimo fulmine globulare.
Dio, nella sua infinita saggezza, mi ha privato del dono di usare i fulmini; sono anche una persona molto simpatica, non nel senso che sono l'anima della festa, ma che simpatizzo facilmente con le persone che mi stanno intorno, sia che io li sopporti o li detesti, in più ho anche una coscienza più che ingombrante, e questo mi porta a provare persino le loro sofferenze... avrei avuto una mostruosa collezione di sensi di colpa; probabilmente ne sarebbe bastato uno solo per indurmi a farmi fuori.
L'aspetto simpatico è nella motivazione per la quale sei stato abbinato al porfido, piuttosto che all'azul macaubas, o la zuppa di ceci invece di quella di lenticchie.
Ieri ne ho fatto uno, che probabilmente è andato a smuovere qualcosa tra le mie sinapsi, per il quale io sarei dotato di crudeltà latente, doppia personalità, difficoltà ad integrarmi e predisposizione alla violenza; un amore.
Probabilmente vi andrebbe aggiunta anche megalomania q.b.
Stanotte ho sognato che, novello Merlino ("Excalibur") e come lui abbigliato, calotta compresa, mi sono recato al solito posto e, alzando le mani, ho frantumato i vetri sulla strada; indi, fluttuando e accompagnato da fulmini vari, come in "Grosso guaio a Chinatown", ho percorso i corridoi, devastandoli, limitandomi alle sole parti comuni perché non mi piace coinvolgere degli innocenti nei miei deliri distruttivi, sino ad arrivare al loculo.
Demolizione di tutti i vetri, plafoniere, neons ed esplosioni, usando sempre tanti fulmini che mi piacciano assai, di pcs; di fronte all'oggetto delle mi ire si è svolta una scena simile al finale di "Indiana Jones e l'ultima crociata", ma coi fulmini al posto del Sacro Graal... ho persin sentito odore di strinato.
Una scena del genere, normalmente, se vista al cinema mi regalerebbe incubi per un bel po' di tempo, ma in sogno non mi ha per nulla disturbato.
Un sogno similare lo feci un botto di anni fa; davo sempre fuoco alla gente coi fulmini, ma avevo qualcuno che li lanciava con la telecinesi.
E' chiaro che sono un po' megalomane; forse anche più di un po'... mah...
Il sogno, comunque, mi è piaciuto tanto che stamane ho fatto il bis; questa volta io non ero sul pasto e faceva tutto un bellissimo fulmine globulare.
Dio, nella sua infinita saggezza, mi ha privato del dono di usare i fulmini; sono anche una persona molto simpatica, non nel senso che sono l'anima della festa, ma che simpatizzo facilmente con le persone che mi stanno intorno, sia che io li sopporti o li detesti, in più ho anche una coscienza più che ingombrante, e questo mi porta a provare persino le loro sofferenze... avrei avuto una mostruosa collezione di sensi di colpa; probabilmente ne sarebbe bastato uno solo per indurmi a farmi fuori.
venerdì 31 gennaio 2014
Affezionata
Ebbene si; ho la febbre... è lei che si è affezionata a me.
Ieri sera, scendendo dalla corriera, ho subito capito che qualcosa non andava per il verso giusto.
Per prima cosa mi facevano male le giunture; d'accordo che ho una certa età, che in autunno quando aumenta l'umido mi si blocca una spalla, ma non sono così conciato male da sviluppare dolori articolari nell'arco di pochi minuti.
In secondo luogo la mia pelle era divenuta ipersensibile, per cui i tessuti hanno iniziato ad infastidirmi, ma avendo freddo, ed essendo in pubblico, mi sono avviato, molto lentamente, verso casa.
Ieri sera, senza prendere nulla, ho avuto 38 di febbre; oggi, prendendo antipiretici, siamo a 39... se vado avanti così inizierò a delirare.
Tra l'altro mi sono accorto di parlare nel sonno; ho fatto tutto da me... mi rendo conto quando parla e al mattino mi ricordo anche cosa dico; in genere non si tratta di frasi memorabili, ma con la febbre alta potrei dire cose meravigliose.
Spesso sogno anche di accarezzare uno, o più gatti, e di sentirli fare le fusa; probabilmente sono io che russo e il mio cervello, bontà sua, decide di interpretarlo come un suono ben più nobile.
Oggi sono rimasto a casa da lavorare, anche se ho scritto due relazioni per cavarmele di torno, e ho avuto una giornata pienissima; letto, suffumigi, spremuta, letto, pranzo, letto, cena e suffumigi... al momento, di sera, sono vitalissimo.
Quest'inverno è già la seconda volta che cado preda di stati febbrili moderati, anche se la mia temperatura base è bassa, e la cosa è fonte di stupore perché, di norma, o almeno era così gli altri anni, io scoppio di salute; non di ottimismo, ma di salute... del resto bisognerà pur compensare da qualche parte.
Questa volta, dato che appena finito i suffumigi sto meglio, devo dedurre che la colpa è da ascrivere ai miei inutili bronchi.
Sono sempre stati il mio punto debole, ho i bronchi gracili, per cui ho fatto, in passato, cure termali, che le ho in paese, e ricordo che da bambino i miei mi portavano al mare a respirare un po' di jodio (con la "j" come si usava all'inizio del secolo scorso); ho delle foto, invero imbarazzanti, di me col costume... ovviamente pallidissimo come un cencio lavato in candeggina.
Dato che detesto andare al mare dovrò fare un ciclo di cure termali.
Non posso lamentarmi; per anni ho vissuto di rendita basandomi su un paio di vacanze al mare nei primi anni '80 del novecento e un ciclo di cure termali, a casa, fatto sei anni fa.
Evidentemente è giunto il momento di dare una mano ai miei poveri bronchi.
Di sicuro il periodo lavorativo e lo stress a esso collegato è una aggravante, senza contare, poi, che vi sono anche altri fattori da considerare...
Ieri sera, scendendo dalla corriera, ho subito capito che qualcosa non andava per il verso giusto.
Per prima cosa mi facevano male le giunture; d'accordo che ho una certa età, che in autunno quando aumenta l'umido mi si blocca una spalla, ma non sono così conciato male da sviluppare dolori articolari nell'arco di pochi minuti.
In secondo luogo la mia pelle era divenuta ipersensibile, per cui i tessuti hanno iniziato ad infastidirmi, ma avendo freddo, ed essendo in pubblico, mi sono avviato, molto lentamente, verso casa.
Ieri sera, senza prendere nulla, ho avuto 38 di febbre; oggi, prendendo antipiretici, siamo a 39... se vado avanti così inizierò a delirare.
Tra l'altro mi sono accorto di parlare nel sonno; ho fatto tutto da me... mi rendo conto quando parla e al mattino mi ricordo anche cosa dico; in genere non si tratta di frasi memorabili, ma con la febbre alta potrei dire cose meravigliose.
Spesso sogno anche di accarezzare uno, o più gatti, e di sentirli fare le fusa; probabilmente sono io che russo e il mio cervello, bontà sua, decide di interpretarlo come un suono ben più nobile.
Oggi sono rimasto a casa da lavorare, anche se ho scritto due relazioni per cavarmele di torno, e ho avuto una giornata pienissima; letto, suffumigi, spremuta, letto, pranzo, letto, cena e suffumigi... al momento, di sera, sono vitalissimo.
Quest'inverno è già la seconda volta che cado preda di stati febbrili moderati, anche se la mia temperatura base è bassa, e la cosa è fonte di stupore perché, di norma, o almeno era così gli altri anni, io scoppio di salute; non di ottimismo, ma di salute... del resto bisognerà pur compensare da qualche parte.
Questa volta, dato che appena finito i suffumigi sto meglio, devo dedurre che la colpa è da ascrivere ai miei inutili bronchi.
Sono sempre stati il mio punto debole, ho i bronchi gracili, per cui ho fatto, in passato, cure termali, che le ho in paese, e ricordo che da bambino i miei mi portavano al mare a respirare un po' di jodio (con la "j" come si usava all'inizio del secolo scorso); ho delle foto, invero imbarazzanti, di me col costume... ovviamente pallidissimo come un cencio lavato in candeggina.
Dato che detesto andare al mare dovrò fare un ciclo di cure termali.
Non posso lamentarmi; per anni ho vissuto di rendita basandomi su un paio di vacanze al mare nei primi anni '80 del novecento e un ciclo di cure termali, a casa, fatto sei anni fa.
Evidentemente è giunto il momento di dare una mano ai miei poveri bronchi.
Di sicuro il periodo lavorativo e lo stress a esso collegato è una aggravante, senza contare, poi, che vi sono anche altri fattori da considerare...
lunedì 27 gennaio 2014
'nzomma
Essenzialmente la parola del titolo riassume egregiamente la mia idea del periodo storico nel quale viviamo.
Non intendo dilungarmi oltre il tollerabile, ma in questa casa non esiste serata nella quale non si guardi un qualche tipo di tribuna politica; e se non è una tribuna è una trasmissione farcita di senatori, deputati e via discorrendo.
L'ultima è che la situazione attuale, a detta di uno in televisione, può essere risolta solo con l'Europa Unita; ora... dato che l'Europa è già unita, ne consegue che per "Europa Unita" si intende "farci governare da altri".
Da chi vogliamo farci governare e, soprattutto, i prescelti vorranno governarci?
Onestamente a me sentire Tizio che parla sopra Caio, che urla contro Sempronio mentre il "moderatore" tronca tutti per dire i fatti suoi, mi fa accapponare la pelle.
E' ovvio che questi, scaldando poltrone importanti, influiscono sulla mia vita e quindi dovrebbe interessarmi quanto hanno da dire; in realtà credo che l'unico modo per cambiare le cose, e farle funzionare per un po', sia qualcosa di similare a quanto avvenuto nel 1789, cosa che è improbabile accada in Italia perché noi non siamo la Francia; il mio problema è che essendo convinto non violento devo accontentarmi di azioni di protesta in linea con le mie convinzioni.
Purtroppo molti di noi, per altro, condannano negli altri ciò che, se possibile, fanno ritenendolo assolutamente legittimo.
Ma dove vogliamo andare?
Sicuramente troveremo una di quelle soluzioni rattoppo, temporanea con l'italica tendenza al sempiterno, che terrà per un po'; a noi piace mettere delle pezze e a furia di rattoppi son solo le pezze che in Italia possono funzionare, almeno sino a quando non saremo cambiati.
Non intendo dilungarmi oltre il tollerabile, ma in questa casa non esiste serata nella quale non si guardi un qualche tipo di tribuna politica; e se non è una tribuna è una trasmissione farcita di senatori, deputati e via discorrendo.
L'ultima è che la situazione attuale, a detta di uno in televisione, può essere risolta solo con l'Europa Unita; ora... dato che l'Europa è già unita, ne consegue che per "Europa Unita" si intende "farci governare da altri".
Da chi vogliamo farci governare e, soprattutto, i prescelti vorranno governarci?
Onestamente a me sentire Tizio che parla sopra Caio, che urla contro Sempronio mentre il "moderatore" tronca tutti per dire i fatti suoi, mi fa accapponare la pelle.
E' ovvio che questi, scaldando poltrone importanti, influiscono sulla mia vita e quindi dovrebbe interessarmi quanto hanno da dire; in realtà credo che l'unico modo per cambiare le cose, e farle funzionare per un po', sia qualcosa di similare a quanto avvenuto nel 1789, cosa che è improbabile accada in Italia perché noi non siamo la Francia; il mio problema è che essendo convinto non violento devo accontentarmi di azioni di protesta in linea con le mie convinzioni.
Purtroppo molti di noi, per altro, condannano negli altri ciò che, se possibile, fanno ritenendolo assolutamente legittimo.
Ma dove vogliamo andare?
Sicuramente troveremo una di quelle soluzioni rattoppo, temporanea con l'italica tendenza al sempiterno, che terrà per un po'; a noi piace mettere delle pezze e a furia di rattoppi son solo le pezze che in Italia possono funzionare, almeno sino a quando non saremo cambiati.
venerdì 24 gennaio 2014
Architetture
E' opinione comune che le nostre città siano brutte; con questa espressione non ci riferiamo mai ai centri storici, ma alle periferie che si sono espanse inglobando in loro, con brutti palazzoni, piccoli centri che si sono trovati improvvisamente da piccoli abitati di provincia con una dignità propria, a divenire parte di una brutta periferia.
La produzione di brutta architettura non può, neppure, ritenersi confinata in un periodo storico ben preciso; gli anni ottanta non hanno prodotto opere migliori degli anni sessanta e i decenni successivi agli anni ottanta sono, egualmente, imbarazzanti.
Negli ultimi anni si tende a prestare un po' più di attenzione nelle grandi opere, ma solo se queste vengono realizzate in Città Importanti e famose nel mondo; nei piccoli centri di provincia le brutture non guardano in faccia al portafogli.
Perché, ad esempio, le chiese contemporanee sono brutte e prive di anima?
Innanzi tutto anche se piazzate, solinghe, in mezzo a un campo, non vengono più progettate orientandole liturgicamente, ovvero con l'altare che volge le "spalle" ad Est, e vengono piazzate nel lotto senza un criterio preciso; in genere "perché mi piace" è motivazione sufficiente.
In aggiunta vengono concepite funzionalmente come aule assembleari e quindi non viene mai previsto lo spazio per l'apparato decorativo appropriato; la decorazione, necessaria alla funzione liturgica, altari, statue etcc... se ne stanno piazzati in mezzo all'aula con aria un po' imbarazzata, perché il progettista non ha previsto gli spazi, necessari, per loro.
Il funzionalismo, che pure ha avuto un suo perché, ha abolito la decorazione e nel fare ciò ha privato l'architettura dell'anima e impoverito, culturalmente, a un tempo, sia la committenza che il progettista.
L'architetto non è più indispensabile che sia un artista, basta che sia un procacciatore di affari e il committente non ha bisogno di chissà quale cultura, poiché l'edificio è un mezzo, legittimo come un altro, per fare soldi e dato che lo scopo principe dell'architettura è fare soldi, ecco che gli aspetti che rendono bello un organismo edilizio sono sradicati; l'effetto collaterale è una brutta città.
Noi viviamo in brutte scatole che tentiamo, a volte riuscendovi, di abbellire per renderle meno tristi e questo perché chi costruisce e chi progetta è una persona povera; tentiamo di attaccare un'anima a un oggetto che non è concepito per averne una.
Se la committenza si è impoverita è anche vero che anche gli architetti si sono impoveriti.
A noi piace il bello; prendiamo belle macchine, oggetti di design belli anche se, sovente, inutilizzabili, begli abiti, ma riteniamo accettabile vivere in scatole disadorne perché qualcuno, in un dato momento storico, ha deciso che "moderno" è uguale a "spoglio" e col tempo "spoglio" è diventato sinonimo di "economico" che si è abbracciato a "speculazione".
Non voglio generalizzare, conosco bravissimi architetti, donne, ma ne conosco anche molti il cui scopo non è fare architettura, ma fare soldi e che vengono comunque considerati professionisti rispettabili.
Pensare l'edificio anche con una componente decorativa non è, necessariamente, una scelta costosa, ma per fare qualcosa di bello, bisogna che l'architetto inizi a divenire individuo colto, aggiornato sullo stato dell'arte (basta con 'sti mattoncini a vista, tutti uguali e con 'sti stilemi da ventennio... scegliete voi quale) e che torni ad essere artista.
Un oggetto concepito in base alla sua sola funzione è un oggetto brutto e un edificio non fa eccezione.
La produzione di brutta architettura non può, neppure, ritenersi confinata in un periodo storico ben preciso; gli anni ottanta non hanno prodotto opere migliori degli anni sessanta e i decenni successivi agli anni ottanta sono, egualmente, imbarazzanti.
Negli ultimi anni si tende a prestare un po' più di attenzione nelle grandi opere, ma solo se queste vengono realizzate in Città Importanti e famose nel mondo; nei piccoli centri di provincia le brutture non guardano in faccia al portafogli.
Perché, ad esempio, le chiese contemporanee sono brutte e prive di anima?
Innanzi tutto anche se piazzate, solinghe, in mezzo a un campo, non vengono più progettate orientandole liturgicamente, ovvero con l'altare che volge le "spalle" ad Est, e vengono piazzate nel lotto senza un criterio preciso; in genere "perché mi piace" è motivazione sufficiente.
In aggiunta vengono concepite funzionalmente come aule assembleari e quindi non viene mai previsto lo spazio per l'apparato decorativo appropriato; la decorazione, necessaria alla funzione liturgica, altari, statue etcc... se ne stanno piazzati in mezzo all'aula con aria un po' imbarazzata, perché il progettista non ha previsto gli spazi, necessari, per loro.
Il funzionalismo, che pure ha avuto un suo perché, ha abolito la decorazione e nel fare ciò ha privato l'architettura dell'anima e impoverito, culturalmente, a un tempo, sia la committenza che il progettista.
L'architetto non è più indispensabile che sia un artista, basta che sia un procacciatore di affari e il committente non ha bisogno di chissà quale cultura, poiché l'edificio è un mezzo, legittimo come un altro, per fare soldi e dato che lo scopo principe dell'architettura è fare soldi, ecco che gli aspetti che rendono bello un organismo edilizio sono sradicati; l'effetto collaterale è una brutta città.
Noi viviamo in brutte scatole che tentiamo, a volte riuscendovi, di abbellire per renderle meno tristi e questo perché chi costruisce e chi progetta è una persona povera; tentiamo di attaccare un'anima a un oggetto che non è concepito per averne una.
Se la committenza si è impoverita è anche vero che anche gli architetti si sono impoveriti.
A noi piace il bello; prendiamo belle macchine, oggetti di design belli anche se, sovente, inutilizzabili, begli abiti, ma riteniamo accettabile vivere in scatole disadorne perché qualcuno, in un dato momento storico, ha deciso che "moderno" è uguale a "spoglio" e col tempo "spoglio" è diventato sinonimo di "economico" che si è abbracciato a "speculazione".
Non voglio generalizzare, conosco bravissimi architetti, donne, ma ne conosco anche molti il cui scopo non è fare architettura, ma fare soldi e che vengono comunque considerati professionisti rispettabili.
Pensare l'edificio anche con una componente decorativa non è, necessariamente, una scelta costosa, ma per fare qualcosa di bello, bisogna che l'architetto inizi a divenire individuo colto, aggiornato sullo stato dell'arte (basta con 'sti mattoncini a vista, tutti uguali e con 'sti stilemi da ventennio... scegliete voi quale) e che torni ad essere artista.
Un oggetto concepito in base alla sua sola funzione è un oggetto brutto e un edificio non fa eccezione.
mercoledì 22 gennaio 2014
In corriera
In corriera, specie se si ha finito di leggere il libro e il viaggio è appena cominciato, si ha un sacco di tempo per pensare e mettere insieme immagini varie.
Stasera, dato che a Ponte Taro ho ultimato il volume che sto leggendo, e quindi ora promuovo un altro volume a "libro da corriera" così da poter iniziare un altro libro, mi è venuto in mente il Treffen, che si è sommato al Carnevale di Venesia e, improvvisamente, mi sono visto abbigliato con tricorno, parruccone e abbigliamento settecentesco di ordinanza; ho subito pensato a quanto scomode potrebbero essere le scarpette filologicamente corrette.
Non penso che investirò mai dei soldi in un abito siffatto, non in questo momento, anche perché il mio sogno rimane l'acquisto di un tabarro; mi accontento di poco...
...e domani? Chi lo sa; il libro l'ho nello zaino, ma magari non avrò voglia di leggere e i miei neuroni potranno agghindarmi nelle fogge che più aggradano loro.
Stasera, dato che a Ponte Taro ho ultimato il volume che sto leggendo, e quindi ora promuovo un altro volume a "libro da corriera" così da poter iniziare un altro libro, mi è venuto in mente il Treffen, che si è sommato al Carnevale di Venesia e, improvvisamente, mi sono visto abbigliato con tricorno, parruccone e abbigliamento settecentesco di ordinanza; ho subito pensato a quanto scomode potrebbero essere le scarpette filologicamente corrette.
Non penso che investirò mai dei soldi in un abito siffatto, non in questo momento, anche perché il mio sogno rimane l'acquisto di un tabarro; mi accontento di poco...
...e domani? Chi lo sa; il libro l'ho nello zaino, ma magari non avrò voglia di leggere e i miei neuroni potranno agghindarmi nelle fogge che più aggradano loro.
martedì 21 gennaio 2014
Felicità
A lei piace un sacco andare in altalena ed è, paurosamente, dipendente dalla stanchezza.
Si può essere felici di andare a letto a dormire, ma non si può essere felici di essere stanchi.
Il tema della felicità mi è venuto in mente perché domani torna il mio Assistito e, diciamocelo, non che fremessi dalla voglia di tornare ai soliti ritmi da cardiopalma.
Durante la sua assenza lo scambio epistolare è stato più o meno il seguente:
Assistito:"non mi hai più detto nulla per -argomento a caso-"
io:"si; te ne ho parlato nella mail tale; comunque..."
Oppure:
Assistito:"presentala perché altrimenti faccio in tempo ad andare in pensione prima che cominci"
Come se le responsabilità civili e penali fossero le mie.
Onestamente ho deciso di fare in modo, e sono sulla buona strada, di non lasciare che la sua... persona interferisca con il mio benessere; alla fine è una pagnotta.
Ciò non toglie che l'essere umorali e, tendenzialmente, di pessimismo facile sia un problema nel raggiungimento della felicità.
Perché la felicità è uno stato della mente, va bene anche il "raccontiamocela" infischiandocene delle realtà e dei fatti; quello che conta è essere, con sé stessi, molto convincenti.
Raccontarcela è quello che facciamo quando troviamo il lato positivo nelle cose; similmente lo è anche quando ne cerchiamo, pervicacemente, il lato negativo... con la differenza che nel primo caso stiamo bene e nel secondo caso siamo messi molto, molto, male.
In fondo se i sensi non sono uno strumento affidabile di indagine, va da sé che la percezione del "reale" è una elaborata immagine deformante e allora tanto vale scegliere l'immagine che ci fa stare bene.
Col fatto che tutto scorre non abbiamo molto tempo da passare su questa Terra e non c'è motivo per renderci l'esistenza peggiore.
Non è facile e ci vuole tempo perché bisogna mutare, con i suoi tempi perché il mutamento sia duraturo... quanto lo può essere una qualunque cosa umana ovvio, un modo di pensare radicato e che, nel tempo, ha avuto la sua utilità; immagino che il processo faccia sempre parte dei "tempi interessanti".
Si può essere felici di andare a letto a dormire, ma non si può essere felici di essere stanchi.
Il tema della felicità mi è venuto in mente perché domani torna il mio Assistito e, diciamocelo, non che fremessi dalla voglia di tornare ai soliti ritmi da cardiopalma.
Durante la sua assenza lo scambio epistolare è stato più o meno il seguente:
Assistito:"non mi hai più detto nulla per -argomento a caso-"
io:"si; te ne ho parlato nella mail tale; comunque..."
Oppure:
Assistito:"presentala perché altrimenti faccio in tempo ad andare in pensione prima che cominci"
Come se le responsabilità civili e penali fossero le mie.
Onestamente ho deciso di fare in modo, e sono sulla buona strada, di non lasciare che la sua... persona interferisca con il mio benessere; alla fine è una pagnotta.
Ciò non toglie che l'essere umorali e, tendenzialmente, di pessimismo facile sia un problema nel raggiungimento della felicità.
Perché la felicità è uno stato della mente, va bene anche il "raccontiamocela" infischiandocene delle realtà e dei fatti; quello che conta è essere, con sé stessi, molto convincenti.
Raccontarcela è quello che facciamo quando troviamo il lato positivo nelle cose; similmente lo è anche quando ne cerchiamo, pervicacemente, il lato negativo... con la differenza che nel primo caso stiamo bene e nel secondo caso siamo messi molto, molto, male.
In fondo se i sensi non sono uno strumento affidabile di indagine, va da sé che la percezione del "reale" è una elaborata immagine deformante e allora tanto vale scegliere l'immagine che ci fa stare bene.
Col fatto che tutto scorre non abbiamo molto tempo da passare su questa Terra e non c'è motivo per renderci l'esistenza peggiore.
Non è facile e ci vuole tempo perché bisogna mutare, con i suoi tempi perché il mutamento sia duraturo... quanto lo può essere una qualunque cosa umana ovvio, un modo di pensare radicato e che, nel tempo, ha avuto la sua utilità; immagino che il processo faccia sempre parte dei "tempi interessanti".
venerdì 17 gennaio 2014
Millesimi
I fatti riportati dal seguente post sono puramente... immaginari.
Pensiamo di essere in un Comune a caso e di aver costruito due case, da quattro appartamenti ciascuna, su un lotto di terra, al quale è attaccato un altro lotto di terra che serve da strada di accesso.
Andiamo al nostro ufficio catastale di fiducia e assegniamo un numero a un lotto e un altro numero all'altro lotto; la strada viene battezzata mappale n°120, mentre il lotto con le due case viene battezzato come mappale n°119.
Va da sé che la strada di accesso, Mappale n°120, è proprietà comune alle due case sul Mappale n°119.
Per poter vendere gli appartamenti delle due casette, però, bisogna assegnare ad ogni appartamento e ad ogni autorimessa un altro numero chiamato subalterno, per cui: subalterno n°1, subalterno n°2, subalterno n°3, subalterno n°4 e via discorrendo sino al subalterno n°8.
Ci sono anche, però, 8 autorimesse, per cui verranno battezzate con altri subalterni; in questo caso dal n°9 al n°16.
In questo modo, quando si va a vendere, dicendo "mappale n°119, subalterno n°3" mi sto riferendo a un unico appartamento.
Chiaro sino a qui?
Dato che i due condomini hanno una strada in comune, il mappale n°120, viene redatta una tabella millesimale relativa alle proprietà comuni ai due condomini; strada di accesso, area cortilizia ed eventuali altre proprietà comuni.
Questa tabella sarà chiamata "tabella millesimale proprietà comuni ai due condomini-Tabella A".
Viene anche redatta una tabella millesimale per le spese condominiali che verrà chiamata "tabella millesimali condominiale-Tabella B".
Non è difficile; la Tabella A norma le proprietà comuni a tutti i proprietari, contemplando nel calcolo entrambi i condomini; mentre la Tabella B norma le proprietà comuni a un singolo condominio e visto che i condomini sono due, di questa tabella ce ne saranno due versioni.
Tizio compra il subalterno n°2, un appartamento, che ha nella Tabella A 109,32 millesimi e il subalterno n°8, una autorimessa, che ha nella stessa Tabella A 53,20 millesimi.
Tutte queste tabelle, calcoli, conti, valutazioni, documentazioni, vengono mandate al notaio.
Notaio:"Salve, abbiamo bisogno di sapere, relativamente al mappale 120, qual'è la proprietà che Tizio va ad acquisire; mi deve mandare la tabella millesimale relativa al mappale 120"
Io:"Ho sentito il titolare e mi ha detto che non è mai stata fatta una tabella specifica per quel mappale"
Notaio:"ma noi ne abbiamo bisogno; nell'atto pilota che ci ha mandato ci si riferisce a una specifica porzione millesimale di proprietà"
Io:"Guardi; controllo nelle carpette e guarderò gli altri atti e poi le farò sapere..."
dopo un po'...
Notaio:"ha guardato? perché senza quella tabella non possiamo fare l'atto...."
Io:"ho controllato ma non c'è una tabella specifica per quel mappale; devo ancora guardare gli altri atti. Domani le faccio sapere"
Missiva al notaio:
"Salve,
come da tabella A allegata, che disciplina la proprietà dei singoli subalterni, afferenti al mappale 119, sulle parti comuni, essendo che Tizio compra due subalterni; il sub. 2 per millesmi 109,32 e il sub.8 millesimi 53,20, ne consegue, come può desumere dalla tabella A allegata, che la proprietà di Tizio sul mappale 119 sarà di 165,52 millesimi (ovvero: 109,32+53,20=165,52).
Grazie
Polideuce"
...ma fare due somme da solo ti sapeva briga? per fortuna che dovresti averne macinate parecchie di tabelle millesimali.
Pensiamo di essere in un Comune a caso e di aver costruito due case, da quattro appartamenti ciascuna, su un lotto di terra, al quale è attaccato un altro lotto di terra che serve da strada di accesso.
Andiamo al nostro ufficio catastale di fiducia e assegniamo un numero a un lotto e un altro numero all'altro lotto; la strada viene battezzata mappale n°120, mentre il lotto con le due case viene battezzato come mappale n°119.
Va da sé che la strada di accesso, Mappale n°120, è proprietà comune alle due case sul Mappale n°119.
Per poter vendere gli appartamenti delle due casette, però, bisogna assegnare ad ogni appartamento e ad ogni autorimessa un altro numero chiamato subalterno, per cui: subalterno n°1, subalterno n°2, subalterno n°3, subalterno n°4 e via discorrendo sino al subalterno n°8.
Ci sono anche, però, 8 autorimesse, per cui verranno battezzate con altri subalterni; in questo caso dal n°9 al n°16.
In questo modo, quando si va a vendere, dicendo "mappale n°119, subalterno n°3" mi sto riferendo a un unico appartamento.
Chiaro sino a qui?
Dato che i due condomini hanno una strada in comune, il mappale n°120, viene redatta una tabella millesimale relativa alle proprietà comuni ai due condomini; strada di accesso, area cortilizia ed eventuali altre proprietà comuni.
Questa tabella sarà chiamata "tabella millesimale proprietà comuni ai due condomini-Tabella A".
Viene anche redatta una tabella millesimale per le spese condominiali che verrà chiamata "tabella millesimali condominiale-Tabella B".
Non è difficile; la Tabella A norma le proprietà comuni a tutti i proprietari, contemplando nel calcolo entrambi i condomini; mentre la Tabella B norma le proprietà comuni a un singolo condominio e visto che i condomini sono due, di questa tabella ce ne saranno due versioni.
Tizio compra il subalterno n°2, un appartamento, che ha nella Tabella A 109,32 millesimi e il subalterno n°8, una autorimessa, che ha nella stessa Tabella A 53,20 millesimi.
Tutte queste tabelle, calcoli, conti, valutazioni, documentazioni, vengono mandate al notaio.
Notaio:"Salve, abbiamo bisogno di sapere, relativamente al mappale 120, qual'è la proprietà che Tizio va ad acquisire; mi deve mandare la tabella millesimale relativa al mappale 120"
Io:"Ho sentito il titolare e mi ha detto che non è mai stata fatta una tabella specifica per quel mappale"
Notaio:"ma noi ne abbiamo bisogno; nell'atto pilota che ci ha mandato ci si riferisce a una specifica porzione millesimale di proprietà"
Io:"Guardi; controllo nelle carpette e guarderò gli altri atti e poi le farò sapere..."
dopo un po'...
Notaio:"ha guardato? perché senza quella tabella non possiamo fare l'atto...."
Io:"ho controllato ma non c'è una tabella specifica per quel mappale; devo ancora guardare gli altri atti. Domani le faccio sapere"
Missiva al notaio:
"Salve,
come da tabella A allegata, che disciplina la proprietà dei singoli subalterni, afferenti al mappale 119, sulle parti comuni, essendo che Tizio compra due subalterni; il sub. 2 per millesmi 109,32 e il sub.8 millesimi 53,20, ne consegue, come può desumere dalla tabella A allegata, che la proprietà di Tizio sul mappale 119 sarà di 165,52 millesimi (ovvero: 109,32+53,20=165,52).
Grazie
Polideuce"
...ma fare due somme da solo ti sapeva briga? per fortuna che dovresti averne macinate parecchie di tabelle millesimali.
lunedì 13 gennaio 2014
Scarpe di Sant'Ilario
Anche quest'anno è arrivato Sant'Ilario e con la festa del patrono è a me occorso che son passati molti giorni dall'ultimo post sul blog.
Non starò a raccontare la motivazione per la quale, in occasione della festa patronale, ma solo quella dedicata a Sant'Ilario, in città si fabbrichino le "scarpette"; ne ho già parlato molte altre volte sul blog da qualche parte.
Sant'Ilario di Poitiers non è il solo patrono cittadino, condivide l'onere del patronato con San Giuseppe, San Giovanni Battista e San Bernardo degli Uberti (di origini fiorentine e diventato Santo in soli sei anni; verrà incarcerato dai parmigiani, liberato da Matilde, quella di Canossa, e poi verrà richiesto dai parmigiani quale nuovo vescovo).
Fatto sta che a Parma il patronato di Sant'Ilario è una cosa seria; gli uffici pubblici chiudono, le scuole fanno feste e si cucinano le scarpette del Santo, ragion per cui oggi sono a casa.
Sarebbe potuta essere una giornata meravigliosa, non ostante la nebbia, se non fossi funestato dalla presenza di un persistente raffreddore.
Ci sono alcune cose davvero ineleganti nella vita, non che io sia l'epitome dell'eleganza, sovente rasento l'abbruttito, ma di sicuro il caldo e il raffreddore ci pongono in un continuo stato di ineleganza; sul caldo lo pensava così anche la Austen...
Allo stato attuale giro per casa con fazzoletti, espellendo muco e tentando di respirare; per fortuna non ho febbre e quindi non sono confinato al lazzaretto e posso uscire a sbrigare le mie faccende.
Suffumigi come se non ci fosse un domani e, tra uno starnuto e l'altro, cerco di andare avanti nell'apprendimento del tedesco e dell'olandese, malgrado il muco non renda le cose semplici.
Avrei bisogno di fare anche conversazione in inglese perché spesso non mi sovvengono le parole appropriate; conoscendomi, fra qualche anno, quando riuscirò a leggere il giornale in quattro lingue, riuscirò, facendo conversazione, a fare un bellissimo cincèl* incomprensibile di idiomi... sono sicuro di poterci infilare anche un po' di dialetto da qualche parte.
Qualora ve lo steste chiedendo, quest'anno non c'è stata la consueta teofania natalizia e nessuna epifania da inizio anno; inizio a sospettare che la mia Ispirazione ami i climi caldi, fatto sta che è ancora in vacanza, dispersa da qualche parte a "fare baracca"*.
Anno nuovo, vita essenzialmente vecchia; si perché di grandi novità, a parte i miei faticosi tentativi con i foresti idiomi, non ce ne sono.
"Nessuna nuova, buona nuova" perché in fondo può sempre andare peggio e quindi mi tengo le cose come stanno, si spera in meglio e nel frattempo ci si rende la vita più, o meno, interessante.
Domani andrò a fare un rilievo minimale e dovrò far baltare* delle carpette; mi si dice che per domani sia prevista acqua...
A Parma non è l'Epifania che si porta via le feste, ma Sant'Ilario per cui da domani si riprende a pieno regime.
*cincèl: confusione
*fare baracca: fare baldoria
*baltare: cadere, ma in questo contesto vale come "fare passare"
Non starò a raccontare la motivazione per la quale, in occasione della festa patronale, ma solo quella dedicata a Sant'Ilario, in città si fabbrichino le "scarpette"; ne ho già parlato molte altre volte sul blog da qualche parte.
Sant'Ilario di Poitiers non è il solo patrono cittadino, condivide l'onere del patronato con San Giuseppe, San Giovanni Battista e San Bernardo degli Uberti (di origini fiorentine e diventato Santo in soli sei anni; verrà incarcerato dai parmigiani, liberato da Matilde, quella di Canossa, e poi verrà richiesto dai parmigiani quale nuovo vescovo).
Fatto sta che a Parma il patronato di Sant'Ilario è una cosa seria; gli uffici pubblici chiudono, le scuole fanno feste e si cucinano le scarpette del Santo, ragion per cui oggi sono a casa.
Sarebbe potuta essere una giornata meravigliosa, non ostante la nebbia, se non fossi funestato dalla presenza di un persistente raffreddore.
Ci sono alcune cose davvero ineleganti nella vita, non che io sia l'epitome dell'eleganza, sovente rasento l'abbruttito, ma di sicuro il caldo e il raffreddore ci pongono in un continuo stato di ineleganza; sul caldo lo pensava così anche la Austen...
Allo stato attuale giro per casa con fazzoletti, espellendo muco e tentando di respirare; per fortuna non ho febbre e quindi non sono confinato al lazzaretto e posso uscire a sbrigare le mie faccende.
Suffumigi come se non ci fosse un domani e, tra uno starnuto e l'altro, cerco di andare avanti nell'apprendimento del tedesco e dell'olandese, malgrado il muco non renda le cose semplici.
Avrei bisogno di fare anche conversazione in inglese perché spesso non mi sovvengono le parole appropriate; conoscendomi, fra qualche anno, quando riuscirò a leggere il giornale in quattro lingue, riuscirò, facendo conversazione, a fare un bellissimo cincèl* incomprensibile di idiomi... sono sicuro di poterci infilare anche un po' di dialetto da qualche parte.
Qualora ve lo steste chiedendo, quest'anno non c'è stata la consueta teofania natalizia e nessuna epifania da inizio anno; inizio a sospettare che la mia Ispirazione ami i climi caldi, fatto sta che è ancora in vacanza, dispersa da qualche parte a "fare baracca"*.
Anno nuovo, vita essenzialmente vecchia; si perché di grandi novità, a parte i miei faticosi tentativi con i foresti idiomi, non ce ne sono.
"Nessuna nuova, buona nuova" perché in fondo può sempre andare peggio e quindi mi tengo le cose come stanno, si spera in meglio e nel frattempo ci si rende la vita più, o meno, interessante.
Domani andrò a fare un rilievo minimale e dovrò far baltare* delle carpette; mi si dice che per domani sia prevista acqua...
A Parma non è l'Epifania che si porta via le feste, ma Sant'Ilario per cui da domani si riprende a pieno regime.
*cincèl: confusione
*fare baracca: fare baldoria
*baltare: cadere, ma in questo contesto vale come "fare passare"
lunedì 6 gennaio 2014
Epifania...
...che tutte le feste si porta via; ovvero, da domani si torna alla solita vita di sempre.
Il fatto che uno speri per il meglio, non cambia il fatto che la routine sia dietro l'angolo.
Stamane ho quindi riposto le decorazioni natalizie nelle loro scatole, messo via le luci natalizie e da domani tutto riprende un po' simile a prima delle feste; fondamentalmente sarei già pronto per andare in ferie.
Il mio lavoro mi piace, per carità basta lavorare, ma è il clima ad essere faticoso; comunque sia, in qualche modo farò e la smetterò di suonare come un disco rotto.
Fortunatamente a Parma il 13 ricorre il patrono e la città, praticamente, chiude i battenti; devo quindi andare in cerca delle scarpette di Sant'Ilario.
Più o meno pronto per un altro giro di giostra, con la speranza che Vertumno dia una manata alla Fortuna e la faccia ruotare.
Per queste feste, oltre ad essere andato avanti, progressi invero minuti, nell'apprendimento del tedesco, ho iniziato ad imparare anche l'olandese e ho già iniziato a confondere le due lingue; non so se mai riuscirò a parlare in olandese, hanno una "g" molto impegnativa, ma imparare un'altra lingua non guasta.
Ancora buon anno.
Il fatto che uno speri per il meglio, non cambia il fatto che la routine sia dietro l'angolo.
Stamane ho quindi riposto le decorazioni natalizie nelle loro scatole, messo via le luci natalizie e da domani tutto riprende un po' simile a prima delle feste; fondamentalmente sarei già pronto per andare in ferie.
Il mio lavoro mi piace, per carità basta lavorare, ma è il clima ad essere faticoso; comunque sia, in qualche modo farò e la smetterò di suonare come un disco rotto.
Fortunatamente a Parma il 13 ricorre il patrono e la città, praticamente, chiude i battenti; devo quindi andare in cerca delle scarpette di Sant'Ilario.
Più o meno pronto per un altro giro di giostra, con la speranza che Vertumno dia una manata alla Fortuna e la faccia ruotare.
Per queste feste, oltre ad essere andato avanti, progressi invero minuti, nell'apprendimento del tedesco, ho iniziato ad imparare anche l'olandese e ho già iniziato a confondere le due lingue; non so se mai riuscirò a parlare in olandese, hanno una "g" molto impegnativa, ma imparare un'altra lingua non guasta.
Ancora buon anno.
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