La milza, in genere, se ne sta buona al suo posto e svolge le sue funzioni non indispensabili all'esistenza.
Fa da filtro, un po' come un mitile o un rene qualsiasi, anche se filtra cose diverse dal rene e dal mitile, data l'assenza di acqua marina nel corpo umano, e si comporta un po' da linfonoide periferico; fa più cose e nessuna delle quali pare essere di vitale importanza, per cui non è considerata importante ai fine della nostra esistenza.
Sino a qualche secolo fa, però, quando la teoria degli umori era in auge, la milza era sede della "bile nera" il cui eccesso prevedeva la malinconia, alla quale era associato anche un tipo fisico; come concezione era un po' primitiva, ma è rimasto nel lessico comune, per cui spleen, milza, è andato a catalogare tutto un movimento culturale e uno stato di animo... tutto sto preambolo per dire che il consueto spleen domenicale si è spostato al lunedì.
La routine la conoscete già e quindi non faccio manco il riepilogo; neppure un bignami delle puntate precedenti ché si reiterano... e quindi già sapete come concludere la frase da soli.
L'unica cosa interessante è l'osservazione di quanto mi senta svuotato al rientro a casa.
Indipendentemente dal tipo di giornata trascorsa, che sia stata piena e indaffarata, oppure moderatamente normale, senza particolari guizzi, arrivo a casa svuotato.
Non credo di poter parlare di "apatia" in senso stretto, a tratti qualche guizzo permane, ma "svuotato" rende bene l'idea.
Difficilmente al mattino parto pimpante e pieno di ottimismo del resto, storicamente, né "pimpante" e neppure "ottimista" sono definizioni a me proprie, ma talvolta mi alzo di moderato buon umore, non "troppo" che poi mi fa male, e vi sono persino alcune sere, non sempre al venerdì che poi è facile dire che al venerdì uno è contento, e comunque anche questo è un evento raro, nelle quali torno a casa con una certa moderata condizione di contentezza.
La maggior parte delle volte rientro decisamente svuotato; con zero voglia di fare qualunque cosa e persino con nessuna voglia di progettare eventi futuri.
Tra l'altro è possibile ch'io ne abbia anche già parlato nel blog da qualche parte... tutto questo per dire che la grande costante della mia esistenza è la voglia di eremo che pugna con l'esigenza di comunicare questa condizione e quindi con la ricerca di una, seppur limitata, socialità; probabilmente se mai dovessi ritirarmi in un eremo prenderei a importunare i sassi.
E' stupefacente riuscire ad ambire alla solitudine sentendo la necessità di comunicarlo agli altri; spesso e volentieri vogliamo qualcosa e pure il suo contrario... l'importante è rendersene conto e apprezzare l'ironia della cosa.
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