Tra poco archiviamo il 2011, come se fosse davvero possibile buttare via un anno da qualche parte e dimenticarsene.
Chiudiamo un ciclo e le conseguenze delle azioni in esso compiute, plasmeranno, almeno per un po', il nuovo ciclo; c'è solo da sperare di non aver fatto troppe scemenze.
Una volta conoscevo una persona che, in prossimità dell'ultimo dell'anno, faceva sempre un bilancio dell'anno appena trascorso; data la vita che faceva e come si sentiva dopo il consueto bilancio, ho imparato a non farne.
E' assolutamente inutile ripercorrere l'anno appena trascorso, alla ricerca dei propri sbagli, nel tentativo di apprendere qualcosa da quello che è accaduto.
Le lezioni le si impara sul momento; altrimenti si è buttato dell'altro tempo.
Quello che frega sono le premesse:
- i miei problemi sono troppo grandi per essere affrontati;
- mi fido delle persone sbagliate;
- io non mi comporto mai da stronzo;
- non sono opportunista, ma gli altri lo sono
...e via elencando altro balle consimili; queste premesse obliterano qualunque tipo di lezione la vita tenti di farci imparare... ma d'altronde il tempo è nostro e siamo liberi di buttarne in gran quantità. La cattiva notizia è che il tempo è poco, la vita è un soffio e il tempo fugge e se continuiamo a raccontarcela l'unica speranza che ci resta è che si possa continuare a farlo sino alla fine e sperare di non aprire mai gli occhi.
Ho sempre adorato l'iconografia di Giano; due volti della stessa testa che guardano in direzioni opposte.
Il futuro è ignoto, non sappiamo cosa ci riserve ed è sempre una sfida tenere a galla la barca non ostante le intemperie; il passato dovrebbe essere terra nota, ma quando ce la si racconta diventa offuscato e talmente distorto da risultare terra incognita.
Ecco quindi il mio augurio per il prossimo anno: possiate vedere chiaramente gli errori commessi, e imparare da essi se siete ancora in tempo per vivere una vita sana, altrimenti vi auguro di poter continuare a raccontarvela e a commettere sempre i soliti errori, perché in alcuni casi l'ignoranza è una benedizione.
Possiate non chiedere, perché vi sarà dato e come minimo vi sarete dimenticati di chiedere anche l'eterna giovinezza e rischiate di trovarvi poi a fare il grillo avvizzito; ricordatevi di Eos.
Possiate avere l'indispensabile ed esserne contenti.
Possiate riconoscere i vostri limiti e confini e possiate avere in dono la capacità di cambiare quello che è in vostro potere cambiare, voi stessi, e accettare quello che non è in vostro potere mutare, ovvero tutto il resto.
L'augurio che faccio a me stesso? Spero che il divenire pendolare non mi risulti troppo faticoso e di poter riuscire ad adattarmici; alcune lezioni le ho imparate in passato, spero di imparare quelle che mi riserva il futuro e per il resto la Provvidenza provvederà; del resto non mi è mai importato divenire ricco e la mia unica ambizione è quella di divenire abbastanza saggio da poter capire cosa conta nella vita.
Mi piace stare radicato a terra e mantenere, comunque, la testa nelle nuvole perché così le cose hanno un senso.
sabato 31 dicembre 2011
martedì 27 dicembre 2011
Fantasmi di creature passate
Di recente mi sono trovato nella necessità di avere un portacarte; ovvero un pezzo nel quale mettere la corrispondenza da evadere, della quale mi devo ricordare, o in transito verso il cestino e il risultato è quello che si può vedere qui sopra.
Il riferimento a un film in particolare è più che evidente, direi che si tratta proprio di una citazione in piena regola.
Molti anni fa ne avevo fatto uno simile, anzi uguale dato che ho usato gli stessi progetti di allora, ma avevo optato per un contrasto bianco/nero; attualmente lo ritengo un contrasto eccessivo e ho preferito optare per qualcosa di diverso che lasciasse vedere le venature del legno.
Mi sono venute in mente un po' di cose che ho fatto nel tempo, alcuni quadri, di uno non ricordo neppure che fine ha fatto ahimè, e che ho regalato a diverse persone con le quali, negli anni, ho rotto, per ragioni diverse, i rapporti; mi chiedo se le mie creature stiano bene o se siano finite bruciate in un caminetto sul Taro.
Alcune di quelle creature erano dipinte ad olio ed erano venute anche bene, mi dispiacerebbe sapere che sono state usate per fare chiaro agli insetti; non ne ho neppure una foto tra l'altro e forse potrei anche ricostruirle andando a memoria, ma fanno parte del passato e se ritorneranno sarà perché ne avrò l'esigenza, che ora non sento, e saranno comunque differenti.
Gli anni passano e le scelte fatte inevitabilmente ci modificano e questo è sempre un bene.
lunedì 26 dicembre 2011
Considerazioni sparse
- Alla messa di mezzanotte, durante un passaggio nel quale si parlava di "pagare i propri debiti", qualcuno in sala ha pensato bene di dire "ad averci i soldi"; l'ha detto a voce bassa, ma era dietro di me e quindi l'ho sentito.
E' molto interessante questa affermazione per molti aspetti.
Capisco se si tratta di debiti verso lo Stato, ma, fortunatamente, lo Stato comunque offre la possibilità di saldare il proprio debito a rate; possiamo sindacare sulla giustizia del processo che genera il debito, ma rimane il fatto che l'unico debito particolarmente importante lo possiamo avere o con lo Stato o con una banca, enti che richiedono un pagamento rateale.
Il debito in questione faceva riferimento a quanto contratto tra due individui e nel tempo è capitato di frequente che le persone non pagassero i propri debiti, dopo che avevano fatto lavorare altri, perché dovevano andare in ferie... a me è stato insegnato che chi lavora va pagato e a togliermi il prima possibile ogni tipo di debito, del resto a me piace dormire sereno la notte, e l'affermazione sentita in chiesa mi fa capire che del senso del Natale, o del vivere civile tout court, si preferisce capire quello che fa comodo. Siamo animali egoisti e miopi.
- quindi la tua funzione è quella di occupare spazio? Mi pari quasi un soprammobile; già non parli, in più ti muovi poco e, nel complesso, non comunichi neppure, attraverso gli occhi che sono lo specchio dell'anima, quella barlume di intelligenza che in genere si agita negli occhi dei viventi.
- alla fine della fola sei un meccanismo complesso che trasforma l'ossigeno in anidride carbonica, con la stessa intelligenza di una salvietta. L'unico pregio è il colore degli occhi, peccato che poi rovini tutto aprendo bocca.
Avevo un po' di veleno da sputare perché a tenerlo dentro fa male.
A parte queste considerazioni sparse, devo dire che il Natale è stato un buon Natale, ma per me tutti i giorni hanno qualcosa di buono e non ho bisogno di periodi speciali per stare meglio o bene.
Ogni giorno ci regale qualcosa di bello, basta volerlo vedere; non bisogna neppure avere qualche conoscenza o capacità speciale, bisogna solo aprire gli occhi e il Natale diventa solo un periodo speciale in un mare di giorni speciali.
E' molto interessante questa affermazione per molti aspetti.
Capisco se si tratta di debiti verso lo Stato, ma, fortunatamente, lo Stato comunque offre la possibilità di saldare il proprio debito a rate; possiamo sindacare sulla giustizia del processo che genera il debito, ma rimane il fatto che l'unico debito particolarmente importante lo possiamo avere o con lo Stato o con una banca, enti che richiedono un pagamento rateale.
Il debito in questione faceva riferimento a quanto contratto tra due individui e nel tempo è capitato di frequente che le persone non pagassero i propri debiti, dopo che avevano fatto lavorare altri, perché dovevano andare in ferie... a me è stato insegnato che chi lavora va pagato e a togliermi il prima possibile ogni tipo di debito, del resto a me piace dormire sereno la notte, e l'affermazione sentita in chiesa mi fa capire che del senso del Natale, o del vivere civile tout court, si preferisce capire quello che fa comodo. Siamo animali egoisti e miopi.
- quindi la tua funzione è quella di occupare spazio? Mi pari quasi un soprammobile; già non parli, in più ti muovi poco e, nel complesso, non comunichi neppure, attraverso gli occhi che sono lo specchio dell'anima, quella barlume di intelligenza che in genere si agita negli occhi dei viventi.
- alla fine della fola sei un meccanismo complesso che trasforma l'ossigeno in anidride carbonica, con la stessa intelligenza di una salvietta. L'unico pregio è il colore degli occhi, peccato che poi rovini tutto aprendo bocca.
Avevo un po' di veleno da sputare perché a tenerlo dentro fa male.
A parte queste considerazioni sparse, devo dire che il Natale è stato un buon Natale, ma per me tutti i giorni hanno qualcosa di buono e non ho bisogno di periodi speciali per stare meglio o bene.
Ogni giorno ci regale qualcosa di bello, basta volerlo vedere; non bisogna neppure avere qualche conoscenza o capacità speciale, bisogna solo aprire gli occhi e il Natale diventa solo un periodo speciale in un mare di giorni speciali.
giovedì 22 dicembre 2011
Sono tra noi...
...e purtroppo sono ovunque.
Non mi riferisco, ahimé, a una qualche specie aliena intelligente dotata, come Nessie, del dono dell'infotografabilità, ma della gente scema.
Ho dovuto inviare un file a uno studio legale, gente che svolge mansione di segreteria insomma, e dato che vi erano alcuni errori, trattavasi di una tabella, ho inviato il file fatto con un foglio di calcolo affinché potessero controllare le formule e vedere che qualcosa nei conti non andava.
La tabella, semplice devo dire, che ho inviato era un po' lunga e per poterla leggere su un A4, lo si capiva benissimo guardandola a monitor, bisognava stamparla in verticale anziché in orizzontale.
Rientro in studio e la mia collega mi dice che il capo ha chiamato perché il file stampato si vede piccolo e viene stampato su più fogli spezzati.
Mi chiedo: che razza di gente ci lavora in questo studio legale? ignorano il funzionamento dei fogli di calcolo e le relative opzioni di stampa? fanno i conti col pallottoliere? Hanno assunto dei cerebrolesi?
Io sono onestamente preoccupato; non faccio altro che inciampare in gente come Vento e se questo è il futuro che ci aspetta, se loro sono l'evoluzione della specie, vorrei estinguermi.
Non mi riferisco, ahimé, a una qualche specie aliena intelligente dotata, come Nessie, del dono dell'infotografabilità, ma della gente scema.
Ho dovuto inviare un file a uno studio legale, gente che svolge mansione di segreteria insomma, e dato che vi erano alcuni errori, trattavasi di una tabella, ho inviato il file fatto con un foglio di calcolo affinché potessero controllare le formule e vedere che qualcosa nei conti non andava.
La tabella, semplice devo dire, che ho inviato era un po' lunga e per poterla leggere su un A4, lo si capiva benissimo guardandola a monitor, bisognava stamparla in verticale anziché in orizzontale.
Rientro in studio e la mia collega mi dice che il capo ha chiamato perché il file stampato si vede piccolo e viene stampato su più fogli spezzati.
Mi chiedo: che razza di gente ci lavora in questo studio legale? ignorano il funzionamento dei fogli di calcolo e le relative opzioni di stampa? fanno i conti col pallottoliere? Hanno assunto dei cerebrolesi?
Io sono onestamente preoccupato; non faccio altro che inciampare in gente come Vento e se questo è il futuro che ci aspetta, se loro sono l'evoluzione della specie, vorrei estinguermi.
mercoledì 21 dicembre 2011
Pendolo
Pare sia ufficiale, manca ancora qualche mese, ma da un punto imprecisato nel corso del 2012 inizierò a lavorare a Parma.
Non cambio lavoro, ma il capo trasferisce, in pianta stabile, baracca e burattini nella città.
Mi dispiace lasciare il mio paesello, ma le ragioni che reggono questa scelta sono tutte valide. Non intendo certo trasferirmi in città, un po' perché sarebbe economicamente ben più dispendioso e un po' perché non potrei mai abbandonare le mie collinette, le mie chiesoline sperdute e tutto quello che di bello ho qui intorno, fosse anche solo una camminata a piedi sulla Pietra Nera.
Prenderò la corriera tutte le mattine, come quando andavo a scuola, e farò un pezzo di strada a piedi, se gli orari lo consentono, o prenderò un autobus; devo controllare gli orari.
Mia madre, cuore di mamma, si è subito preoccupata perché si ricorda che, credo il primo anno di scuola, e forse anche il secondo, la corriera tendeva a darmi nausea e inoltre, e questo ricordo è indelebile, tutte le volte che andavamo in macchina al cimitero di Roccabianca, all'epoca io sedevo dietro e stiamo parlando più o meno delle elementari, stavo sempre malissimo all'altezza del ponte sulla Rigosa Nuova.
Per quanto riguarda la corriera mi adatterò, passerà, e se proprio dovessi saltare qualche pasto di certo non mi farà male; potrebbe essere anche l'occasione buona per perdere qualcuno di quei chili che hanno deciso di fermarsi, nel corso degli anni, a farmi compagnia.
Quello che mia madre dimentica, riguardo ai viaggi verso Roccabianca, è che con qualunque tempo, e questo comprende anche i mesi più caldi e torridi, era assolutamente vietato aprire il finestrino e su quella macchina si moriva di caldo. Io non pativo l'auto, ma soffrivo di ipossia che, notoriamente, non è una condizione salubre. Credo di aver iniziato a detestare il caldo durante quei viaggi; per distrarmi dal bisogno di ossigeno, mi davano da leggere "topolino", "soldino" o "Geppo", dei quali conservo ottimi ricordi, ma a un certo punto mia madre viaggiava con il limone di emergenza che mi veniva somministrato a Soragna, perché ovviamente il fatto che io stessi male aveva altri spiacevolissimi effetti collaterali.
Mia sorella era oggettivamente più forte; lei non stava male... probabilmente riusciva a incamerare abbastanza ossigeno prima dell'inizio del viaggio.
Non so che farci; a me l'ossigeno piace e ho conservato questa predilezione, infatti tendo a stare male persino nei negozi riscaldati... ho bisogno di aria fresca per stare bene.
In ogni caso avrò moltissimo tempo in più per leggere, dovrei tornare a casa più o meno allo stesso orario.
Di andare in treno non se ne parla; continuo a sentire racconti non proprio lusinghieri da chi ha fatto, o fa, il pendolare nelle mani delle ferrovie dello stato.
Non cambio lavoro, ma il capo trasferisce, in pianta stabile, baracca e burattini nella città.
Mi dispiace lasciare il mio paesello, ma le ragioni che reggono questa scelta sono tutte valide. Non intendo certo trasferirmi in città, un po' perché sarebbe economicamente ben più dispendioso e un po' perché non potrei mai abbandonare le mie collinette, le mie chiesoline sperdute e tutto quello che di bello ho qui intorno, fosse anche solo una camminata a piedi sulla Pietra Nera.
Prenderò la corriera tutte le mattine, come quando andavo a scuola, e farò un pezzo di strada a piedi, se gli orari lo consentono, o prenderò un autobus; devo controllare gli orari.
Mia madre, cuore di mamma, si è subito preoccupata perché si ricorda che, credo il primo anno di scuola, e forse anche il secondo, la corriera tendeva a darmi nausea e inoltre, e questo ricordo è indelebile, tutte le volte che andavamo in macchina al cimitero di Roccabianca, all'epoca io sedevo dietro e stiamo parlando più o meno delle elementari, stavo sempre malissimo all'altezza del ponte sulla Rigosa Nuova.
Per quanto riguarda la corriera mi adatterò, passerà, e se proprio dovessi saltare qualche pasto di certo non mi farà male; potrebbe essere anche l'occasione buona per perdere qualcuno di quei chili che hanno deciso di fermarsi, nel corso degli anni, a farmi compagnia.
Quello che mia madre dimentica, riguardo ai viaggi verso Roccabianca, è che con qualunque tempo, e questo comprende anche i mesi più caldi e torridi, era assolutamente vietato aprire il finestrino e su quella macchina si moriva di caldo. Io non pativo l'auto, ma soffrivo di ipossia che, notoriamente, non è una condizione salubre. Credo di aver iniziato a detestare il caldo durante quei viaggi; per distrarmi dal bisogno di ossigeno, mi davano da leggere "topolino", "soldino" o "Geppo", dei quali conservo ottimi ricordi, ma a un certo punto mia madre viaggiava con il limone di emergenza che mi veniva somministrato a Soragna, perché ovviamente il fatto che io stessi male aveva altri spiacevolissimi effetti collaterali.
Mia sorella era oggettivamente più forte; lei non stava male... probabilmente riusciva a incamerare abbastanza ossigeno prima dell'inizio del viaggio.
Non so che farci; a me l'ossigeno piace e ho conservato questa predilezione, infatti tendo a stare male persino nei negozi riscaldati... ho bisogno di aria fresca per stare bene.
In ogni caso avrò moltissimo tempo in più per leggere, dovrei tornare a casa più o meno allo stesso orario.
Di andare in treno non se ne parla; continuo a sentire racconti non proprio lusinghieri da chi ha fatto, o fa, il pendolare nelle mani delle ferrovie dello stato.
lunedì 19 dicembre 2011
Buon Natale
Ne approfitto intanto che sono davanti a un monitor per mettere il tradizionale augurio Natalizio.
La foto è stata scattata in quel di Salsominore qualche anno fa, attualmente di neve non ce n'è, ma rimane il fatto che vi auguro un bellissimo Natale e felice anno nuovo. Possa il nuovo anno essere migliore di questo che sta passando e se proprio dovesse capitare l'Apocalisse a dicembre: Buona apocalisse a tutti...
Nel frattempo passate un buona Natale :)
Ed eccoci qui
Sono arrivato, senza neppure rendermene conto, all'ultima settima lavorativa prima della, brevissima e intensissima, pausa natalizia.
Uno passa anni a fare il recluso sperando, e un po' temendo, qualche contatto umano in più e poi incontra altri "emarginati" sociali e la sua vita diventa complessa da gestire; troppe cose da fare, troppa gente da vedere, appuntamenti ai quali far fronte... la vita è davvero un'opera buffa.
Essendo che mi aspetta una settimana lavorativa all'insegna della schiavitù, come da tradizione pre-festiva, non so neppure se potrò aggiornare il blog e quindi, dato che volevo scrivere di un aneddoto a tema, scrivo quello che posso oggi; seguirà, ma non so quando, anche se di sicuro prima del 23, il consueto biglietto di auguri.
Stagno è una piccola frazione nel comune di Roccabianca, probabilmente così chiamato per la presenza di uno stagno alimentato, forse, dal Po, come quello di Ragazzola il cui livello cambia col mutare dell'acqua che scorre nel grande fiume, e dista pochissimo dal fiume.
Molte tempo fa, quando i merli erano ancora bianchi probabilmente, accadde una terribile inondazione che sommerse il paese di Stagno; l'acqua era talmente alta che persino l'angelo sul campanile della chiesa si rifugiò in cielo.
Il tempo passava e le acque non volevano saperne di ritirarsi e data la vicinanza al Natale, la gente temeva di passare delle festività terribili perché anche la Chiesa, insieme alle loro case, giaceva ancora in Po.
L'angelo del campanile allora, mosso a pietà, andò a parlare con il Signore affinché questi facesse qualcosa; gli abitanti, seppure sommersa, poterono udire, per le campagne, il suono della campana della loro chiesa e si rincuorarono... fu un miracolo.
La campana di Stagno oggi fa bella mostra di sé nella chiesa di Roccabianca.
Il senso della storia? Anche quando si è perso tutto, basta veramente poco per ritrovare la speranza.
Buon Natale!
Uno passa anni a fare il recluso sperando, e un po' temendo, qualche contatto umano in più e poi incontra altri "emarginati" sociali e la sua vita diventa complessa da gestire; troppe cose da fare, troppa gente da vedere, appuntamenti ai quali far fronte... la vita è davvero un'opera buffa.
Essendo che mi aspetta una settimana lavorativa all'insegna della schiavitù, come da tradizione pre-festiva, non so neppure se potrò aggiornare il blog e quindi, dato che volevo scrivere di un aneddoto a tema, scrivo quello che posso oggi; seguirà, ma non so quando, anche se di sicuro prima del 23, il consueto biglietto di auguri.
Stagno è una piccola frazione nel comune di Roccabianca, probabilmente così chiamato per la presenza di uno stagno alimentato, forse, dal Po, come quello di Ragazzola il cui livello cambia col mutare dell'acqua che scorre nel grande fiume, e dista pochissimo dal fiume.
Molte tempo fa, quando i merli erano ancora bianchi probabilmente, accadde una terribile inondazione che sommerse il paese di Stagno; l'acqua era talmente alta che persino l'angelo sul campanile della chiesa si rifugiò in cielo.
Il tempo passava e le acque non volevano saperne di ritirarsi e data la vicinanza al Natale, la gente temeva di passare delle festività terribili perché anche la Chiesa, insieme alle loro case, giaceva ancora in Po.
L'angelo del campanile allora, mosso a pietà, andò a parlare con il Signore affinché questi facesse qualcosa; gli abitanti, seppure sommersa, poterono udire, per le campagne, il suono della campana della loro chiesa e si rincuorarono... fu un miracolo.
La campana di Stagno oggi fa bella mostra di sé nella chiesa di Roccabianca.
Il senso della storia? Anche quando si è perso tutto, basta veramente poco per ritrovare la speranza.
Buon Natale!
venerdì 16 dicembre 2011
Nuovo praticante
Pare che per due anni avremo un altro praticante, che per comodità chiamerò Ciminiera2*, il quale pare essere un modello "Vento".
Vi sono alcune differenze:
- in questo modello, ad esempio, è stata migliorata la dotazione neurale, per cui, invece di una mezza arachide, in vacanza di serie, in dotazione nel precedente modello, è stata inserita una arachide intera della quale almeno metà, ma in taluni giorni anche i tre quarti, è a spasso da qualche parte. La parziale, o completa, vacanza dell'arachide neurale è, insomma, la caratteristica principale di questi modelli;
- è stata migliorata l'interfaccia utente; parlano entrambi assassinando l'italiano, causando la spontanea autocombustione dei dizionari in area, ma il nuovo modello ha fatto un corso di bon-ton; continua a non lavarsi le mani quando va in bagno, ma l'arroganza, di serie e preponderante nel modello Vento, nel modello Ciminiera è stata posta in secondo piano.
Ciminiera2 è riuscito da solo a trovare la luce del bagno, che è il locale che frequenta con maggiore assiduità, ma dorme in piedi come Vento: dalle mie parti lo si definisce un "bamboccione", uno che non sa pulirsi il cu... ehm... non è in grado di compiere in autonomia le più semplici operazioni.
Per introdurre a modo Ciminiera2 riporterò alcuni aneddoti:
- ha impiegato dieci minuti per creare una cartella e spostarvi all'interno due file creati da lui;
- non trovava un file, creato da lui, sino a quando non si è reso conto di averlo lasciato sul desktop (il suo desktop, merito della mia assidua presenza di Mago Malvagerrimo, è praticamente privo di icone);
- ieri abbiamo avuto il seguente dialogo:
io:"fai una cartella pippo disegni nella cartella EMME e spostaci il file che hai fatto"
dopo qualche minuto... lui:"dove lo metto il file?"
io:"uhmpf...fai una cartella pippo disegni nella cartella EMME e spostaci il file che hai fatto"
dopo qualche minuto lo sento che borbotta, lui:"M... M..."
io:"no, cerca in E perché la ditta si chiama EMME e stammi a sentire quando ti parlo"
-ieri ha spento il computer e mi dice che doveva fare gli aggiornamenti, dato che lavora su un pc figlio della MIR, quindi a carbonella, gli ho detto di non farglieli fare questi aggiornamenti perché volevo tornare a casa prima del 21/12/2012... che poi mi finisce il mondo.
lui:"...e come si fa?"
mi alzo e lo spengo io; ma leggere ti sa fatica?
La cosa irritante è che gli dico di fare delle cose, non ho tempo né di ripetergliele né di farle io o di spiegargliele a prova di deficiente e questo mi guarda; mi irrita in un modo terrificante questa cosa... non stare lì a guardarmi come un'aringa carbonizzata; produci!
Questo elemento me lo dovrò sorbire per due anni; se sono sopravvissuto a Vento dovrei riuscire a sopravvivere anche a questo.
*: Ciminiera2 perché avevo, tempo fa, un altro collega che chiamavo, durante le mie lamentazioni, Ciminiera; era un geometra, non particolarmente acuto ma neppure un disastro, che fumava talmente tanto da odorare di posacenere non lavato e con incrostazioni di cenere più che decennali; questo è uguale, solo più stupido.
Vi sono alcune differenze:
- in questo modello, ad esempio, è stata migliorata la dotazione neurale, per cui, invece di una mezza arachide, in vacanza di serie, in dotazione nel precedente modello, è stata inserita una arachide intera della quale almeno metà, ma in taluni giorni anche i tre quarti, è a spasso da qualche parte. La parziale, o completa, vacanza dell'arachide neurale è, insomma, la caratteristica principale di questi modelli;
- è stata migliorata l'interfaccia utente; parlano entrambi assassinando l'italiano, causando la spontanea autocombustione dei dizionari in area, ma il nuovo modello ha fatto un corso di bon-ton; continua a non lavarsi le mani quando va in bagno, ma l'arroganza, di serie e preponderante nel modello Vento, nel modello Ciminiera è stata posta in secondo piano.
Ciminiera2 è riuscito da solo a trovare la luce del bagno, che è il locale che frequenta con maggiore assiduità, ma dorme in piedi come Vento: dalle mie parti lo si definisce un "bamboccione", uno che non sa pulirsi il cu... ehm... non è in grado di compiere in autonomia le più semplici operazioni.
Per introdurre a modo Ciminiera2 riporterò alcuni aneddoti:
- ha impiegato dieci minuti per creare una cartella e spostarvi all'interno due file creati da lui;
- non trovava un file, creato da lui, sino a quando non si è reso conto di averlo lasciato sul desktop (il suo desktop, merito della mia assidua presenza di Mago Malvagerrimo, è praticamente privo di icone);
- ieri abbiamo avuto il seguente dialogo:
io:"fai una cartella pippo disegni nella cartella EMME e spostaci il file che hai fatto"
dopo qualche minuto... lui:"dove lo metto il file?"
io:"uhmpf...fai una cartella pippo disegni nella cartella EMME e spostaci il file che hai fatto"
dopo qualche minuto lo sento che borbotta, lui:"M... M..."
io:"no, cerca in E perché la ditta si chiama EMME e stammi a sentire quando ti parlo"
-ieri ha spento il computer e mi dice che doveva fare gli aggiornamenti, dato che lavora su un pc figlio della MIR, quindi a carbonella, gli ho detto di non farglieli fare questi aggiornamenti perché volevo tornare a casa prima del 21/12/2012... che poi mi finisce il mondo.
lui:"...e come si fa?"
mi alzo e lo spengo io; ma leggere ti sa fatica?
La cosa irritante è che gli dico di fare delle cose, non ho tempo né di ripetergliele né di farle io o di spiegargliele a prova di deficiente e questo mi guarda; mi irrita in un modo terrificante questa cosa... non stare lì a guardarmi come un'aringa carbonizzata; produci!
Questo elemento me lo dovrò sorbire per due anni; se sono sopravvissuto a Vento dovrei riuscire a sopravvivere anche a questo.
*: Ciminiera2 perché avevo, tempo fa, un altro collega che chiamavo, durante le mie lamentazioni, Ciminiera; era un geometra, non particolarmente acuto ma neppure un disastro, che fumava talmente tanto da odorare di posacenere non lavato e con incrostazioni di cenere più che decennali; questo è uguale, solo più stupido.
domenica 11 dicembre 2011
"Francia o Spagna...
...basta che si magna"
Certo, da quando l'Impero di Filippo II è andato a pumitrozzole, o se preferite a rotoli, la Spagna non è più così importante, letteralmente, nel detto, ma basta far salvo il principio per comprendere un po' come si fanno le cose in Italia; a noi non importa chi è al potere, basta riempire la panza.
C'è anche da considerare il fatto che, almeno da quando la Chiesa è divenuta una voce così importante, e ingombrante, nella nostra storia, l'Italia è una nazione sponsorizzata dalla Provvidenza; un po' come "i promessi sposi" insomma.
Da circa 500 anni navighiamo a vista e sempre sull'orlo del disastro e confidiamo nelle potenze celesti che, certamente, non mancheranno di mettere una pezza.
Dobbiamo anche considerare che l'andazzo generale è quello di tirare a fregare il prossimo riuscendo, nel contempo, a non farsi fregare dal prossimo; con questa premessa è un miracolo che si sia sopravvissuti così a lungo e si sia riusciti a produrre così tanto.
Quello che la situazione attuale, e in particolare la posizione di preminenza di Francia e Germania, rafforza in me è la convinzione dell'esistenza del Genius Loci.
In origine Carlo Magno fondò il Sacro Romano Impero che, in competizione con il ruolo di Bisanzio, voleva porsi come continuatore ed erede del defunto Impero Romano; certo la prognosi non era esatta, l'Impero Romano esisteva ancora nella sua incarnazione greca, ma era più conveniente darlo per morto, anche perché al momento troppo lontano e debole per essere efficace fuori dai confini.
I Franchi però avranno parecchi problemi a tenere in funzione il Sacro Romano Impero e l'onere passò sulle spalle tedesche.
I tedeschi ci proveranno in tutte le maniere possibili, dimostrando anche una certa miopia riguardo agli equilibri di forza e ai mutamenti storici, a mantenere unito l'Impero, ma per molto tempo l'egemonia tedesca sull'Europa resterà solo un'idea contrastata un po' da chiunque; l'Austria-Ungheria, la Francia, la Spagna per un breve periodo, e grazie all'oro dell'America del sud, e, per quel che riguarda l'est, la Russia... è che loro ci hanno sempre creduto tantissimo a questa fola della supremazia.
L'Inghilterra continuerà a considerare il continente isolato e ad avere pochi interessi oltre manica.
Non ostante la prima guerra mondiale persa, contro, tra gli altri, la Francia, la Germania si imbarcherà in una seconda guerra mondiale che, per fortuna, perderà nuovamente nel tentativo di concretizzare l'egemonia sbandierata da Carlo alla fondazione del Sacro Romano Impero.
Dopo il 1947, però, dopo almeno 70 anni, ecco che la Germania è nuovamente vicina al controllo dell'Europa e, stavolta, si avvale dell'appoggio della Francia; non vi sembra un riedizione moderna del Sacro Romano Impero? Va bene... dovrebbe esserci anche l'Italia in mezzo, ma noi abbiamo sempre avuto un ruolo marginale nel Sacro Romano Impero e adesso non è poi così diverso.
Gli stati, non so come altro chiamarli se non Genius Loci, sgomitano tra loro per conquistare la bella Europa che, a mio modesto parere, è meglio se continua a scorrazzare sulla schiena di Zeus e non dar peso a questi demoni "minori".
I romani avevano visto giusto.
Il Genius Loci italico deve essere quello smemorato, artistoide, perennemente tra le nuvole, che annuisce con aria saputa alle conventions dei Genius Loci, pur non capendo assolutamente un tubo di quello che gli altri dicono, e continua a fare il gaudente... non è che sia stupido, è che proprio non gli interessa.
Certo, da quando l'Impero di Filippo II è andato a pumitrozzole, o se preferite a rotoli, la Spagna non è più così importante, letteralmente, nel detto, ma basta far salvo il principio per comprendere un po' come si fanno le cose in Italia; a noi non importa chi è al potere, basta riempire la panza.
C'è anche da considerare il fatto che, almeno da quando la Chiesa è divenuta una voce così importante, e ingombrante, nella nostra storia, l'Italia è una nazione sponsorizzata dalla Provvidenza; un po' come "i promessi sposi" insomma.
Da circa 500 anni navighiamo a vista e sempre sull'orlo del disastro e confidiamo nelle potenze celesti che, certamente, non mancheranno di mettere una pezza.
Dobbiamo anche considerare che l'andazzo generale è quello di tirare a fregare il prossimo riuscendo, nel contempo, a non farsi fregare dal prossimo; con questa premessa è un miracolo che si sia sopravvissuti così a lungo e si sia riusciti a produrre così tanto.
Quello che la situazione attuale, e in particolare la posizione di preminenza di Francia e Germania, rafforza in me è la convinzione dell'esistenza del Genius Loci.
In origine Carlo Magno fondò il Sacro Romano Impero che, in competizione con il ruolo di Bisanzio, voleva porsi come continuatore ed erede del defunto Impero Romano; certo la prognosi non era esatta, l'Impero Romano esisteva ancora nella sua incarnazione greca, ma era più conveniente darlo per morto, anche perché al momento troppo lontano e debole per essere efficace fuori dai confini.
I Franchi però avranno parecchi problemi a tenere in funzione il Sacro Romano Impero e l'onere passò sulle spalle tedesche.
I tedeschi ci proveranno in tutte le maniere possibili, dimostrando anche una certa miopia riguardo agli equilibri di forza e ai mutamenti storici, a mantenere unito l'Impero, ma per molto tempo l'egemonia tedesca sull'Europa resterà solo un'idea contrastata un po' da chiunque; l'Austria-Ungheria, la Francia, la Spagna per un breve periodo, e grazie all'oro dell'America del sud, e, per quel che riguarda l'est, la Russia... è che loro ci hanno sempre creduto tantissimo a questa fola della supremazia.
L'Inghilterra continuerà a considerare il continente isolato e ad avere pochi interessi oltre manica.
Non ostante la prima guerra mondiale persa, contro, tra gli altri, la Francia, la Germania si imbarcherà in una seconda guerra mondiale che, per fortuna, perderà nuovamente nel tentativo di concretizzare l'egemonia sbandierata da Carlo alla fondazione del Sacro Romano Impero.
Dopo il 1947, però, dopo almeno 70 anni, ecco che la Germania è nuovamente vicina al controllo dell'Europa e, stavolta, si avvale dell'appoggio della Francia; non vi sembra un riedizione moderna del Sacro Romano Impero? Va bene... dovrebbe esserci anche l'Italia in mezzo, ma noi abbiamo sempre avuto un ruolo marginale nel Sacro Romano Impero e adesso non è poi così diverso.
Gli stati, non so come altro chiamarli se non Genius Loci, sgomitano tra loro per conquistare la bella Europa che, a mio modesto parere, è meglio se continua a scorrazzare sulla schiena di Zeus e non dar peso a questi demoni "minori".
I romani avevano visto giusto.
Il Genius Loci italico deve essere quello smemorato, artistoide, perennemente tra le nuvole, che annuisce con aria saputa alle conventions dei Genius Loci, pur non capendo assolutamente un tubo di quello che gli altri dicono, e continua a fare il gaudente... non è che sia stupido, è che proprio non gli interessa.
sabato 10 dicembre 2011
Franche letture
Per un non so bene qual motivo, la mia libreria si compone, in massima parte, di libri scritti da autrici italiane; sospetto ch'io sia in cerca della "Bellonci", ovvero di qualcuna che possa sostituirla e che mi dia, leggendola, le stesse sensazioni che mi fornisce il lessico prezioso della Bellonci.
A seguire sono numerosi, anche perché il mercato ne è invaso, gli autori anglofoni; seguono poi torme di autori di etnie e culture più disparate.
Un esiguo, anche se se non minuto, numero dei mie libri proviene da Oltr'Alpe e, per la precisione, dalla Francia.
Ho notato, nella maggior parte di libri francesi che ho letto, una presenza, costante e più o meno accentuata, di gallicanesimo.
Presumo che vengano tirati su a suon di detti quali: "Di Francia ce n'è una sola", "E' sempre bella la Francia nel mondo" e "Ogni francese è bello a Francia sua".
Mentre leggi un libercolo francofono di Francia, non so come siano le cose in Québec, fa sempre capolino, più o meno annunciata da fanfare pompose, sventolii di palme e tappeti rossi, la Grandeur Française; essendo poi una presenza discreta, si piazza tra le pagine e non se ne va più via... resta lì e ogni tanto fa squillare le trombe, perché non si sa mai che ci si dimentichi della sua esistenza.
A me la Francia sta anche simpatica, anche la lingua francese mi sta simpatica, per i francesi mi riservo di valutare caso per caso, gente discutibile ce n'è un po' ovunque, ma pare che sia proprio più forte di loro e debbano rimarcare quanto la Francia sia bella, buona, simpatica, intelligente...
Dopo alcune esperienze passate, per quanto attirato da volumi francofoni, va a finire che li guardo con diffidenza perché, onestamente, non mi interessa: sapere che la radio è stata inventata da una signora di Reims perché voleva parlare con la cugina di Lione; che a Narbonne è stato costruito il primo telefono da un parigino colà residente che voleva avere notizie fresche dalla capitale; che la prima missione sulla luna partì dal cosmodrome di Bordeaux; che a Lascaux si tenne la primissima esposizione nazionale di pittura parietale e che Mont Saint Michel è la culla civiltà occidentale... basta!
Il patriottismo, quando diviene nazionalismo coincide con il provincialismo.
Probabilmente noi italiani siamo troppo esterofili per cui qualunque scemenza è sicuramente bellissima se fabbricata all'estero, perché, diciamocelo, basta un nome straniero perché le cose acquistino un'aura particolare; pensate a quanti bambini sono stati battezzati con parole imbarazzanti da usare come nome, ad esempio canale, o con nomi scritti in modo atroce, Maicòl... per dirne una, accompagnati da un cognome italianissimo solo perché il nome foresto fa tendenza.
Mi piacerebbe leggere un libro francofono senza dovermi sentire dire ogni tre per due quanto la Francia sia incommensurabile; in medio stat virtus... e i romani sono stati in Francia per un bel po', quindi dovrebbero conoscerlo anche loro questo detto.
Ricordo che tempo fa su Antenne Deux vidi una trasmissione di cinema e rimasi sconvolto perché la presentatrice prendeva in giro un film americano perché nazionalista in modo disarmante; il film aveva, a causa di questo nazionalismo, persino involontari esiti comici, ma i francesi non sono diversi... due pesi e due misure.
MI ricordo anche che in un film francese pareva che il servitore indiano seguisse il capo francese solo perché quest'ultimo, dopo avergli sterminato il villaggio donando ai "selvaggi" coperte infette con vaiolo, gli aveva insegnato il francese... éh già.
So che se vi impegnaste, cari francesi, potreste riuscire ad essere po' meno provinciali.
A seguire sono numerosi, anche perché il mercato ne è invaso, gli autori anglofoni; seguono poi torme di autori di etnie e culture più disparate.
Un esiguo, anche se se non minuto, numero dei mie libri proviene da Oltr'Alpe e, per la precisione, dalla Francia.
Ho notato, nella maggior parte di libri francesi che ho letto, una presenza, costante e più o meno accentuata, di gallicanesimo.
Presumo che vengano tirati su a suon di detti quali: "Di Francia ce n'è una sola", "E' sempre bella la Francia nel mondo" e "Ogni francese è bello a Francia sua".
Mentre leggi un libercolo francofono di Francia, non so come siano le cose in Québec, fa sempre capolino, più o meno annunciata da fanfare pompose, sventolii di palme e tappeti rossi, la Grandeur Française; essendo poi una presenza discreta, si piazza tra le pagine e non se ne va più via... resta lì e ogni tanto fa squillare le trombe, perché non si sa mai che ci si dimentichi della sua esistenza.
A me la Francia sta anche simpatica, anche la lingua francese mi sta simpatica, per i francesi mi riservo di valutare caso per caso, gente discutibile ce n'è un po' ovunque, ma pare che sia proprio più forte di loro e debbano rimarcare quanto la Francia sia bella, buona, simpatica, intelligente...
Dopo alcune esperienze passate, per quanto attirato da volumi francofoni, va a finire che li guardo con diffidenza perché, onestamente, non mi interessa: sapere che la radio è stata inventata da una signora di Reims perché voleva parlare con la cugina di Lione; che a Narbonne è stato costruito il primo telefono da un parigino colà residente che voleva avere notizie fresche dalla capitale; che la prima missione sulla luna partì dal cosmodrome di Bordeaux; che a Lascaux si tenne la primissima esposizione nazionale di pittura parietale e che Mont Saint Michel è la culla civiltà occidentale... basta!
Il patriottismo, quando diviene nazionalismo coincide con il provincialismo.
Probabilmente noi italiani siamo troppo esterofili per cui qualunque scemenza è sicuramente bellissima se fabbricata all'estero, perché, diciamocelo, basta un nome straniero perché le cose acquistino un'aura particolare; pensate a quanti bambini sono stati battezzati con parole imbarazzanti da usare come nome, ad esempio canale, o con nomi scritti in modo atroce, Maicòl... per dirne una, accompagnati da un cognome italianissimo solo perché il nome foresto fa tendenza.
Mi piacerebbe leggere un libro francofono senza dovermi sentire dire ogni tre per due quanto la Francia sia incommensurabile; in medio stat virtus... e i romani sono stati in Francia per un bel po', quindi dovrebbero conoscerlo anche loro questo detto.
Ricordo che tempo fa su Antenne Deux vidi una trasmissione di cinema e rimasi sconvolto perché la presentatrice prendeva in giro un film americano perché nazionalista in modo disarmante; il film aveva, a causa di questo nazionalismo, persino involontari esiti comici, ma i francesi non sono diversi... due pesi e due misure.
MI ricordo anche che in un film francese pareva che il servitore indiano seguisse il capo francese solo perché quest'ultimo, dopo avergli sterminato il villaggio donando ai "selvaggi" coperte infette con vaiolo, gli aveva insegnato il francese... éh già.
So che se vi impegnaste, cari francesi, potreste riuscire ad essere po' meno provinciali.
venerdì 9 dicembre 2011
Piatti
Ieri sera ero un po' provato e, a un certo punto, mi sono trovato a prendere un piatto avendo dimenticato altrove la testa e ho rotto, perché non stavo prestando attenzione a quel che facevo, un piattino di ceramica.
Questo evento ha aperto un nuovo capitolo di ricordi familiari, iniziato con: "non preoccuparti, era un servizio da caffè da sei, preso coi punti, ma io ho rotto una tazza tempo fa e quindi adesso è di nuovo pari".
Mia madre, con l'aiuto di mio padre, ha iniziato a ricordare, esibendo i superstiti, i servizi caduti nella battaglia per il lavaggio nei loro quarantuno anni di matrimonio.
Quando si sposarono le zie di mio padre regalarono loro un servizio che, a detta delle zie, avrebbero usato per moltissimi anni a venire e che per almeno mezzo secolo li avrebbe accompagnati; i primi a cadere furono i piatti piani, indi anche i fondi perirono sul campo.
Sopravvisse solo una zuppiera, che ora non viene mai usata ed è tenuta in una sorta di riserva.
Il servizio durò cinque anni; un decimo del preventivato.
Mia madre, nei primi dieci anni di matrimonio, riuscì a sterminare: tre servizi di piatti, due servizi di bicchieri (i calici, più fragili, perirono nel giro di pochi mesi) e due servizi da caffè.
Conserviamo ancora due servizi da caffè, dono di nozze, solo perché vennero rinchiusi, al sicuro, in una vetrinetta.
I miei decisero di abolire i servizi di piatti raffinati, porre un veto alla porcellana e si dotarono di robusti piatti in vetro, colore verde, dello spessore di tre millimetri che ancora resistono agli urti del tempo. Per precauzione ne presero una ventina sia di piatti piani, che di piatti fondi. Abbiamo anche un'altra serie di piatti in vetro, più sottili, ma hanno subito i colpi dell'avversa fortuna e sono stati un po' decimati.
Ci siamo anche dotati di lavastoviglie, ma mia madre la usa come un costoso scolapiatti.
Devo dire che nella mia carriera di lavapiatti annovero solo pochi caduti, ma in casa mia abbiamo solo roba robusta.
Questo evento ha aperto un nuovo capitolo di ricordi familiari, iniziato con: "non preoccuparti, era un servizio da caffè da sei, preso coi punti, ma io ho rotto una tazza tempo fa e quindi adesso è di nuovo pari".
Mia madre, con l'aiuto di mio padre, ha iniziato a ricordare, esibendo i superstiti, i servizi caduti nella battaglia per il lavaggio nei loro quarantuno anni di matrimonio.
Quando si sposarono le zie di mio padre regalarono loro un servizio che, a detta delle zie, avrebbero usato per moltissimi anni a venire e che per almeno mezzo secolo li avrebbe accompagnati; i primi a cadere furono i piatti piani, indi anche i fondi perirono sul campo.
Sopravvisse solo una zuppiera, che ora non viene mai usata ed è tenuta in una sorta di riserva.
Il servizio durò cinque anni; un decimo del preventivato.
Mia madre, nei primi dieci anni di matrimonio, riuscì a sterminare: tre servizi di piatti, due servizi di bicchieri (i calici, più fragili, perirono nel giro di pochi mesi) e due servizi da caffè.
Conserviamo ancora due servizi da caffè, dono di nozze, solo perché vennero rinchiusi, al sicuro, in una vetrinetta.
I miei decisero di abolire i servizi di piatti raffinati, porre un veto alla porcellana e si dotarono di robusti piatti in vetro, colore verde, dello spessore di tre millimetri che ancora resistono agli urti del tempo. Per precauzione ne presero una ventina sia di piatti piani, che di piatti fondi. Abbiamo anche un'altra serie di piatti in vetro, più sottili, ma hanno subito i colpi dell'avversa fortuna e sono stati un po' decimati.
Ci siamo anche dotati di lavastoviglie, ma mia madre la usa come un costoso scolapiatti.
Devo dire che nella mia carriera di lavapiatti annovero solo pochi caduti, ma in casa mia abbiamo solo roba robusta.
martedì 6 dicembre 2011
Onomatopee
Ci sono giorni nei quali è l'unica forma di comunicazione che vorrei usare col prossimo e il numero delle espressioni usate sarebbe ridotto a vari gradi di "grrrr".
Oggi è uno di questi giorni, dove le cose potendo andare storte lo faranno, dove sfoltirei volentieri il genere umano solo perché mi rivolge la parola e dove riuscire ad essere, almeno, urbano costa una fatica erculea.
Il mantenermi urbano non mi impedisce di avere un tono gelido e parlare a monosillabi, del resto se mi girano gli zebedei mica posso tirare dritto e fingere che non stia accadendo nulla.
Farei anche molto volentieri a meno di essere urbano, ma non posso mandare a fanculo chiunque, dire due ragionasse al Capo, sbranare lo stagista per la sua fastidiosissima inerzia, prendermela con la gente stupida solo per la sua stupidità, prendere la capoccia di chi proprio non vuole capire e sbattergliela contro al muro e dire a chiunque la mia opinione, senza filtro, su di loro.
Perché la verità, oltre a fare male, a volte è assolutamente inutile dirla; chi dovrebbe ascoltare e capire, non fa né l'una né l'altra cosa... a che pro, quindi, sprecare del fiato?
Se sto zitto non vuol dire che la cosa mi piaccia o che non mi interessi, ma che non c'è una soluzione diversa e in giorni come questi se aprissi bocca ne verrebbero fuori cose terribili; non ostante il sole, sopra di me si agitano nubi temporalesche.
Insomma; girate al largo che oggi mordo... se va bene.
Oggi è uno di questi giorni, dove le cose potendo andare storte lo faranno, dove sfoltirei volentieri il genere umano solo perché mi rivolge la parola e dove riuscire ad essere, almeno, urbano costa una fatica erculea.
Il mantenermi urbano non mi impedisce di avere un tono gelido e parlare a monosillabi, del resto se mi girano gli zebedei mica posso tirare dritto e fingere che non stia accadendo nulla.
Farei anche molto volentieri a meno di essere urbano, ma non posso mandare a fanculo chiunque, dire due ragionasse al Capo, sbranare lo stagista per la sua fastidiosissima inerzia, prendermela con la gente stupida solo per la sua stupidità, prendere la capoccia di chi proprio non vuole capire e sbattergliela contro al muro e dire a chiunque la mia opinione, senza filtro, su di loro.
Perché la verità, oltre a fare male, a volte è assolutamente inutile dirla; chi dovrebbe ascoltare e capire, non fa né l'una né l'altra cosa... a che pro, quindi, sprecare del fiato?
Se sto zitto non vuol dire che la cosa mi piaccia o che non mi interessi, ma che non c'è una soluzione diversa e in giorni come questi se aprissi bocca ne verrebbero fuori cose terribili; non ostante il sole, sopra di me si agitano nubi temporalesche.
Insomma; girate al largo che oggi mordo... se va bene.
giovedì 1 dicembre 2011
Incommentabile
Giugno 2011
"salve, devo venire a rilevare casa sua, quando posso venire?"
"quando vuole, può al pomeriggio verso le 18:30?"
No che non posso, io finisco di lavorare alle 19:00 e non intendo fare un rilievo di mezza giornata alla sera per te
"Mi spiace, ma mi ci vorrà MINIMO mezza giornata, mi fa sapere una data?"
Dicembre 2011
"domani alle 10:30 potrebbe, forse, può darsi, esserci qualcuno e può venire a fare il rilievo"
Ti sei proprio affrettato a darmi una data, complimentoni; peccato ch'io domani non ci sia. Il campo mi dice di aspettare e richiamarlo per mandare qualcuno, ma la stagista ha finito lo stage, io non ci sono e attendo istruzioni dal capo.
"mi fate sapere se venite o meno??"
Telefono al capo che mi dice "arrangiati"; obbedisco... basta saperlo.
"domani non è possibile, mi dia un'altra data ma si ricordi che mi ci vorrà ALMENO mezza giornata"
"come mai così tanto?"
"perché se ci sono dei cambiamenti io devo misurarli e ci vuole tempo" Idiota... non è complicato.
"umpf... vabbè"
Hai poco da fare lo scocciato, il mondo è pieno di tecnici, se non ti sta bene vai altrove, ma, soprattutto, vai a Quel Paese.
Vie brevi
Ovviamente la via più breve per chiedere a uno studio tecnico se hanno trovato da loro qualcosa che hai perso, è fare un fax.
Vediamo nel dettaglio:
1) dici alla segretaria di mandare un fax allo studio tale nel quale dici di aver dimenticato da loro la tal cosa;
2) la segretaria scrive il fax al computer e lo invia;
3) il fax lo riceve e stampa un foglio;
4) io prendo il foglio, rido, e lo deposito sulla scrivania del capo il quale guarderà dove mette le varie cose.
Non era più semplice ed economico fare una telefonata?
L'UCAS, ufficio complicazione affari semplici, non dorme MAI.
"salve, devo venire a rilevare casa sua, quando posso venire?"
"quando vuole, può al pomeriggio verso le 18:30?"
No che non posso, io finisco di lavorare alle 19:00 e non intendo fare un rilievo di mezza giornata alla sera per te
"Mi spiace, ma mi ci vorrà MINIMO mezza giornata, mi fa sapere una data?"
Dicembre 2011
"domani alle 10:30 potrebbe, forse, può darsi, esserci qualcuno e può venire a fare il rilievo"
Ti sei proprio affrettato a darmi una data, complimentoni; peccato ch'io domani non ci sia. Il campo mi dice di aspettare e richiamarlo per mandare qualcuno, ma la stagista ha finito lo stage, io non ci sono e attendo istruzioni dal capo.
"mi fate sapere se venite o meno??"
Telefono al capo che mi dice "arrangiati"; obbedisco... basta saperlo.
"domani non è possibile, mi dia un'altra data ma si ricordi che mi ci vorrà ALMENO mezza giornata"
"come mai così tanto?"
"perché se ci sono dei cambiamenti io devo misurarli e ci vuole tempo" Idiota... non è complicato.
"umpf... vabbè"
Hai poco da fare lo scocciato, il mondo è pieno di tecnici, se non ti sta bene vai altrove, ma, soprattutto, vai a Quel Paese.
Vie brevi
Ovviamente la via più breve per chiedere a uno studio tecnico se hanno trovato da loro qualcosa che hai perso, è fare un fax.
Vediamo nel dettaglio:
1) dici alla segretaria di mandare un fax allo studio tale nel quale dici di aver dimenticato da loro la tal cosa;
2) la segretaria scrive il fax al computer e lo invia;
3) il fax lo riceve e stampa un foglio;
4) io prendo il foglio, rido, e lo deposito sulla scrivania del capo il quale guarderà dove mette le varie cose.
Non era più semplice ed economico fare una telefonata?
L'UCAS, ufficio complicazione affari semplici, non dorme MAI.
bzzz...ghzz...frrr
Avete presente quando cercate di fare qualcosa, ma il cervello decide che nel mentre deve pensare ad altre dieci cose? Il risultato è un rumore di fondo, una interferenza sinaptica che vi impedisce di comunicare coi neuroni e questi fanno quello che gli pare.
Il risultato è l'apparire della scritta "attendere prego", che lampeggia come una grossa insegna al neon, sulla vostra capoccia.
Bisogna operare però una distinzione: a volte i neuroni sonno occupati in mille altre attività e pensieri e non hanno certo tempo di occuparsi di una cosa triviale come la vostra vita, mentre a volte sono rimasti a letto e hanno lasciato solo il portiere a svolgere tutto il lavoro.
E' abbastanza frequente, quando dormo poco, il secondo caso; certo vale più il mio portinaio dell'occupante della scatola cranica di Vento, ma le arachidi tostate, si sa, non brillano per intelligenza e lui ha giusto una mezza arachide.
Il primo caso capita per eccesso di stimoli, per cui non c'è un neurone libero, manco Vocabolo, che possa occuparsi della vita reale; sono troppo occupati a scriversi bellissime sceneggiature e a valutare i più disparati fatti.
In questa condizione, è il caso odierno, al lavoro concludo poco e i miei sogni si incrinano; perdo la rete contenitiva dell'autocontrollo.
Stanotte ho sognato una sorta di invasione zombie, che non perdevano pezzi ed erano molto lindi, a me le cose truculente non piacciono, che ho eliminato a fulmini e con l'ausilio di una serie di macchine volanti piccole ed intelligenti. Poteva andare bene, se non fosse per gli zombie bene educati, per un fumetto Marvel.
L'unico modo per tornare produttivi è dormire; la tastiera però è scomoda e la scrivania dell'ufficio potrebbe non essere il posto più salubre dove appisolarsi.
Oggi avrò poche funzioni, i neuroni sono impegnati a fare dell'altro.
Il risultato è l'apparire della scritta "attendere prego", che lampeggia come una grossa insegna al neon, sulla vostra capoccia.
Bisogna operare però una distinzione: a volte i neuroni sonno occupati in mille altre attività e pensieri e non hanno certo tempo di occuparsi di una cosa triviale come la vostra vita, mentre a volte sono rimasti a letto e hanno lasciato solo il portiere a svolgere tutto il lavoro.
E' abbastanza frequente, quando dormo poco, il secondo caso; certo vale più il mio portinaio dell'occupante della scatola cranica di Vento, ma le arachidi tostate, si sa, non brillano per intelligenza e lui ha giusto una mezza arachide.
Il primo caso capita per eccesso di stimoli, per cui non c'è un neurone libero, manco Vocabolo, che possa occuparsi della vita reale; sono troppo occupati a scriversi bellissime sceneggiature e a valutare i più disparati fatti.
In questa condizione, è il caso odierno, al lavoro concludo poco e i miei sogni si incrinano; perdo la rete contenitiva dell'autocontrollo.
Stanotte ho sognato una sorta di invasione zombie, che non perdevano pezzi ed erano molto lindi, a me le cose truculente non piacciono, che ho eliminato a fulmini e con l'ausilio di una serie di macchine volanti piccole ed intelligenti. Poteva andare bene, se non fosse per gli zombie bene educati, per un fumetto Marvel.
L'unico modo per tornare produttivi è dormire; la tastiera però è scomoda e la scrivania dell'ufficio potrebbe non essere il posto più salubre dove appisolarsi.
Oggi avrò poche funzioni, i neuroni sono impegnati a fare dell'altro.
mercoledì 30 novembre 2011
Nuove divinità
Siamo in crisi economica, che un po' come dire "l'acqua calda scotta", e i tempi sono incerti e via discorrendo; qualcuno vedeva il baratro già dalla fine degli anni '80, ma se queste cose le vedono i comici, o la gente comune, non si tratta di acume, ma solo di satira; ci vuole un titolato per parlare di spirito profetico.
Di questi tempi i giornali non fanno altro che parlare dei Mercati; di come stanno, delle loro reazioni, se sono ottimisti, fiduciosi, o depressi, se hanno o meno fatto colazione e visto la zia.
I Mercati sono umorali; hanno frequenti sbalzi di umore, passando da un'allegria immotivata a una depressione altrettanto immotivata, cambiano umore per delle scemenze e giocando con le loro ditina provocano danni a destra e a manca e se i soldi non ci sono fanno finta che ci siano... come all'asilo insomma.
Che il denaro fosse un dio l'avevamo capito, ma pare essere non così importante come i Mercati.
L'unico problema è che, secondo me, i Mercati sono degli adolescenti insicuri con qualche psicosi aggiunta che non guasta; noi ci stiamo facendo governare da un grosso adolescente psicotico che si chiama Mercato.
Ne vogliamo parlare? Ci piace farci del male? E' un peccato che non esistano analisti su scala socio-culturale, perché, di sicuro, la nostra società ha urgente bisogno di andare in analisi.
Siamo diventati come quei genitori che si fanno manovrare dai figli lattanti.
Che belli i tempi nei quali potevamo contare su una qualche divinità imperscrutabile, magari forcaiola, donnaiola, trascendente o immanente, moralmente claudicante, o granitica nella sua morale, ma comunque adulta e che si poteva persino punire quando si comportava male.
A me sto dio mercato e il suo compare denaro, fanno un po' schifo; che brutta gente.
Di questi tempi i giornali non fanno altro che parlare dei Mercati; di come stanno, delle loro reazioni, se sono ottimisti, fiduciosi, o depressi, se hanno o meno fatto colazione e visto la zia.
I Mercati sono umorali; hanno frequenti sbalzi di umore, passando da un'allegria immotivata a una depressione altrettanto immotivata, cambiano umore per delle scemenze e giocando con le loro ditina provocano danni a destra e a manca e se i soldi non ci sono fanno finta che ci siano... come all'asilo insomma.
Che il denaro fosse un dio l'avevamo capito, ma pare essere non così importante come i Mercati.
L'unico problema è che, secondo me, i Mercati sono degli adolescenti insicuri con qualche psicosi aggiunta che non guasta; noi ci stiamo facendo governare da un grosso adolescente psicotico che si chiama Mercato.
Ne vogliamo parlare? Ci piace farci del male? E' un peccato che non esistano analisti su scala socio-culturale, perché, di sicuro, la nostra società ha urgente bisogno di andare in analisi.
Siamo diventati come quei genitori che si fanno manovrare dai figli lattanti.
Che belli i tempi nei quali potevamo contare su una qualche divinità imperscrutabile, magari forcaiola, donnaiola, trascendente o immanente, moralmente claudicante, o granitica nella sua morale, ma comunque adulta e che si poteva persino punire quando si comportava male.
A me sto dio mercato e il suo compare denaro, fanno un po' schifo; che brutta gente.
martedì 29 novembre 2011
Spirito natalizio
Quest'anno, causa una congiuntura non proprio felice, accompagnata da una buona dosa di incertezza economica, miscelata con un po' di ansia quanta basta e il tutto non va neppure lasciato in forno perché si amalgama da sé, ho deciso di non fare regali per Natale, ma di donare tanto Spirito Natalizio... o almeno quel che avrò a disposizione.
Per questa ragione esorto i miei amici a non farmi regali di Natale; onestamente preferisco uscire una volta in più coi miei amici per un po' di chiacchiere, piuttosto che ricevere doni; quindi anche voi che passate di qua sappiatelo.
La storia del mio Spirito Natalizio è una storia strappalacrime, preparate i fazzoletti. Il tutto ha inizio quando da bambino attrezzavo il presepe; il massimo del mio spirito natalizio è stato allora. Mi piaceva disporre le statuine e disegnare quelle che non avevamo perché non potevamo permettercele. Al pomeriggio facevamo i cappelletti e alla sera si mangiava in modo parco, mentre il pranzo di Natale si caratterizzava per la presenza di pandoro o panettone; a mio padre, la cui cena di Natale quando era piccolo era a base di tonno e cipolla, pareva un pasto luculliano e a noi non importava più di tanto. Quando si è piccoli basta davvero poco. Da piccolo non ho mai ricevuto regali di Natale, sapevo che la pecunia era poca, sapevo che i regali erano in carico ai miei, e non mi importava di riceverne; mi bastavano le caramelle di Santa Lucia.
D'altronde dalle mie parti è la Santa cieca con l'asinello a portare i doni.
Crescendo il mio Spirito Natalizio non è aumentato; i regali rimangono la parte più fastidiosa, a volte pare persino un dovere. Mi fa piacere fare i regali, ma preferisco altre occasioni come i compleanni. Qualche anno fa conoscevo una persona che invece traboccava di Spirito Natalizio e qualcosa mi ha passato, ma da quando non la frequento ho recuperato quello che è sempre stato, tradizionalmente, il senso del Natale in casa mia.
Tempo dedicato alla famiglia e, per estensione, agli amici; persone con le quali dividi l'esistenza, che, nel bene e nel male, ti hanno reso quello che sei e che, con i loro racconti, ti mettono in comunicazione con coloro che non hai potuto conoscere.
Chi se ne frega dei regali, dei pasti pantagruelici, delle cene infinite e delle valanghe di regali; al confronto di qualche chiacchiera non valgono nulla.
Quest'anno il mio regalo sarà un po' di tempo e un paio di orecchie pronte ad ascoltare e, se sarà il caso, qualche battuta di spirito.
Per questa ragione esorto i miei amici a non farmi regali di Natale; onestamente preferisco uscire una volta in più coi miei amici per un po' di chiacchiere, piuttosto che ricevere doni; quindi anche voi che passate di qua sappiatelo.
La storia del mio Spirito Natalizio è una storia strappalacrime, preparate i fazzoletti. Il tutto ha inizio quando da bambino attrezzavo il presepe; il massimo del mio spirito natalizio è stato allora. Mi piaceva disporre le statuine e disegnare quelle che non avevamo perché non potevamo permettercele. Al pomeriggio facevamo i cappelletti e alla sera si mangiava in modo parco, mentre il pranzo di Natale si caratterizzava per la presenza di pandoro o panettone; a mio padre, la cui cena di Natale quando era piccolo era a base di tonno e cipolla, pareva un pasto luculliano e a noi non importava più di tanto. Quando si è piccoli basta davvero poco. Da piccolo non ho mai ricevuto regali di Natale, sapevo che la pecunia era poca, sapevo che i regali erano in carico ai miei, e non mi importava di riceverne; mi bastavano le caramelle di Santa Lucia.
D'altronde dalle mie parti è la Santa cieca con l'asinello a portare i doni.
Crescendo il mio Spirito Natalizio non è aumentato; i regali rimangono la parte più fastidiosa, a volte pare persino un dovere. Mi fa piacere fare i regali, ma preferisco altre occasioni come i compleanni. Qualche anno fa conoscevo una persona che invece traboccava di Spirito Natalizio e qualcosa mi ha passato, ma da quando non la frequento ho recuperato quello che è sempre stato, tradizionalmente, il senso del Natale in casa mia.
Tempo dedicato alla famiglia e, per estensione, agli amici; persone con le quali dividi l'esistenza, che, nel bene e nel male, ti hanno reso quello che sei e che, con i loro racconti, ti mettono in comunicazione con coloro che non hai potuto conoscere.
Chi se ne frega dei regali, dei pasti pantagruelici, delle cene infinite e delle valanghe di regali; al confronto di qualche chiacchiera non valgono nulla.
Quest'anno il mio regalo sarà un po' di tempo e un paio di orecchie pronte ad ascoltare e, se sarà il caso, qualche battuta di spirito.
venerdì 25 novembre 2011
AAA Apocalisse cercasi
Ho appena terminato di leggere un libro sulla presunta fine del mondo nel 2012.
La storia è più o meno questa: secondo il calendario maya il 21/12/2012 si chiude un ciclo e se ne apre uno nuovo. Il come si possa chiudere questo ciclo non è dato sapere, ma essendo una chiusura trattasi di un cambiamento.
Da questo conto è iniziata una caccia alla profezia apocalittica e quindi si è trovato il 2012 un po' ovunque e in qualunque cultura; tranne, misteriosamente, tra gli egizi... i greci e i romani pare non contino, si vede che in loro difetta lo spirito profetico.
Non temete però; gli egizi sono come il prezzemolo e spunteranno più avanti in modo imprevisto e per vie traverse.
Abbiamo un'ampia scelta di catastrofi tra le quali scegliere e che, per una indicibile botta di fortuna, si verificheranno un po' tutte insieme; ovviamente possiamo ambire anche al premio bonus.
Innanzi tutto stiamo attraversando una zona accidentata, più densa, della galassia che metterà a dura prova le nostre sospensioni. Questa zona, il cui attraversamento impiegherà qualche secolo, immetterà più energia nel sistema solare facendo aumentare l'attività del sole, riscaldando il pianeta terra che, nel contempo, ha iniziato uno scambio dei poli che indebolisce la magnetosfera e causa dei cedimenti nelle fasce di Van Hallen: un po' come dire che il periodo vede per la terra un aumento della sfiga in concomitanza con delle botte di fondoschiena per gli altri.
Ricapitolando: le fasce di Van Hallen ci fanno "ciao" con la manina, mentre aumenterà il quantitativo di radiazioni dal sole... le creme solari protezione 100 andranno a ruba.
La zona accidentata metterà allegria alla Fascia principale di asteroidi, alla fascia di Kuiper e alla nube di Oort; si sentiranno molto più amichevoli e in vena di giocare alle bocce con la Terra; sarà una proposta che proprio non potremo rifiutare.
Pare sia in scadenza anche il supervulcano dello Yellowstone; le caldere sarebbero pronte a fare kaboom, una cosa modello Thera/Santorini, che pare abbia provocato la fine della civiltà minoica, ma su scala americana; devono sempre strafare 'sti americani.
Gli ottimisti constatano anche che è un bel po' che non si verifica più una estinzione di massa e quindi se ne aspettano una a momenti.
Tutto questo perché perdiamo il contatto col centro della galassia.
Ovviamente dovrebbe passare anche Niburu a trovarci e a farci divenire pura coscienza...
Secondo un sensitivo che ha passato la vita assumendo cose portentose e facendo calcoli sui "I Ching", la fine del mondo per il 2012 era noto anche ai cinesi dell'antichità che, forse per fare una sorpresa, hanno criptato la notizia dietro complessi calcoli matematici sottostanti l'insieme di linee tratteggiate e intere che costituiscono i Ching.
Secondo una coppia di sensitivi, invece, la fine per il 2012 sarebbe stato nota agli atlantidei che, in fuga dalla loro isola, sprofondata più di novemila anni fa, avrebbero fondato la civiltà egizia, avrebbero poi raggiunto, a piedi, le americhe e comunicato agli Olmechi la data della fine del mondo e, questi ultimi, l'avrebbero poi passata ai Maya; gira e gira Atlantide fa sempre pop-up.
Che fare?
Io farò una lista dove segnare tutto quello che non accadrà e se una delle cosa sopraesposte dovesse accadere, avrò l'eternità nell'altro mondo per valutare gli errori fatti; d'altronde mica posso aprire l'ombrello per deviare gli asteroidi.
Nel frattempo mi piace pensare al cambiamento e illudermi che possa davvero avvenire.
La storia è più o meno questa: secondo il calendario maya il 21/12/2012 si chiude un ciclo e se ne apre uno nuovo. Il come si possa chiudere questo ciclo non è dato sapere, ma essendo una chiusura trattasi di un cambiamento.
Da questo conto è iniziata una caccia alla profezia apocalittica e quindi si è trovato il 2012 un po' ovunque e in qualunque cultura; tranne, misteriosamente, tra gli egizi... i greci e i romani pare non contino, si vede che in loro difetta lo spirito profetico.
Non temete però; gli egizi sono come il prezzemolo e spunteranno più avanti in modo imprevisto e per vie traverse.
Abbiamo un'ampia scelta di catastrofi tra le quali scegliere e che, per una indicibile botta di fortuna, si verificheranno un po' tutte insieme; ovviamente possiamo ambire anche al premio bonus.
Innanzi tutto stiamo attraversando una zona accidentata, più densa, della galassia che metterà a dura prova le nostre sospensioni. Questa zona, il cui attraversamento impiegherà qualche secolo, immetterà più energia nel sistema solare facendo aumentare l'attività del sole, riscaldando il pianeta terra che, nel contempo, ha iniziato uno scambio dei poli che indebolisce la magnetosfera e causa dei cedimenti nelle fasce di Van Hallen: un po' come dire che il periodo vede per la terra un aumento della sfiga in concomitanza con delle botte di fondoschiena per gli altri.
Ricapitolando: le fasce di Van Hallen ci fanno "ciao" con la manina, mentre aumenterà il quantitativo di radiazioni dal sole... le creme solari protezione 100 andranno a ruba.
La zona accidentata metterà allegria alla Fascia principale di asteroidi, alla fascia di Kuiper e alla nube di Oort; si sentiranno molto più amichevoli e in vena di giocare alle bocce con la Terra; sarà una proposta che proprio non potremo rifiutare.
Pare sia in scadenza anche il supervulcano dello Yellowstone; le caldere sarebbero pronte a fare kaboom, una cosa modello Thera/Santorini, che pare abbia provocato la fine della civiltà minoica, ma su scala americana; devono sempre strafare 'sti americani.
Gli ottimisti constatano anche che è un bel po' che non si verifica più una estinzione di massa e quindi se ne aspettano una a momenti.
Tutto questo perché perdiamo il contatto col centro della galassia.
Ovviamente dovrebbe passare anche Niburu a trovarci e a farci divenire pura coscienza...
Secondo un sensitivo che ha passato la vita assumendo cose portentose e facendo calcoli sui "I Ching", la fine del mondo per il 2012 era noto anche ai cinesi dell'antichità che, forse per fare una sorpresa, hanno criptato la notizia dietro complessi calcoli matematici sottostanti l'insieme di linee tratteggiate e intere che costituiscono i Ching.
Secondo una coppia di sensitivi, invece, la fine per il 2012 sarebbe stato nota agli atlantidei che, in fuga dalla loro isola, sprofondata più di novemila anni fa, avrebbero fondato la civiltà egizia, avrebbero poi raggiunto, a piedi, le americhe e comunicato agli Olmechi la data della fine del mondo e, questi ultimi, l'avrebbero poi passata ai Maya; gira e gira Atlantide fa sempre pop-up.
Che fare?
Io farò una lista dove segnare tutto quello che non accadrà e se una delle cosa sopraesposte dovesse accadere, avrò l'eternità nell'altro mondo per valutare gli errori fatti; d'altronde mica posso aprire l'ombrello per deviare gli asteroidi.
Nel frattempo mi piace pensare al cambiamento e illudermi che possa davvero avvenire.
mercoledì 23 novembre 2011
Gente
AVVERTENZA: si consiglia la lettura a chi è dotato di elasticità mentale, qualora durante la lettura vi accorgeste di prendere alla lettere le parole si consiglia, vivamente, la visita ad un analista.
Nel mondo le persone si dividono in due grandi categorie: i Catofili e i Cinofili. Mi riferisco ai Cinofili, non ai cinefili perché questa categoria unisce le persone più disparate.
Più che immaginarvi questi due gruppi come degli insiemi, e quindi iniziare a farci delle operazioni di insiemistica, pensate a un segmento.
Sia un segmento A-B di lunghezza a piacere e su di esso sia posizionato un punto M in corrispondenza del punto medio; si ponga nell'estremo A la dicitura "catofili" e nell'estremo B la dicitura "cinofili". E' possibile interpretare il segmento come una scala graduata in modo da verificare il grado di appartenenza di ogni singolo individuo.
Ovviamente ho messo i catofili in A, perché io propendo per questa categoria; come potrebbe essere diversamente, d'altronde, dato che sono cresciuto con diciassette meravigliosi felini?
Tra questi due gruppi di persone esiste la stessa capacità comunicativa che può esserci tra un gatto nato libero e con mamma gatta che gli ha insegnato a cacciare e a mangiare e un cane nato, più o meno, nelle stesse condizioni.
La comunicazione tra loro è impossibile. Quando il gatto è la coda dritta, a punto interrogativo, è contento, mentre per il cane è chiaro segnale di allarme; quando il gatto scodinzola c'è qualcosa che lo innervosisce, mentre il cane scodinzola perché felice.
Anche il rapporto che hanno con noi umani è diverso: per un cane c'è sempre un capobranco, fosse anche sé stesso, e una gerarchia al di sotto; per un gatto siamo tutti egualmente infinitamente inferiori... al massimo può considerare qualcuno di noi suo pari, ma è una concessione davvero rara.
Un cane, tendenzialmente, è un aspirapolvere che per sicurezza mangia, sia quello che è commestibile che quello che non lo è, e al limite poi lo vomita... anche se questo non esclude il fatto che potrebbe ripensarci e dare una bella leccata a quanto vomitato.
Il gatto mangia di tutto solo se proprio è alla fame e prima annusa e spesso lo lascia lì; mangia poco alla volta e spesso e se mangia qualcosa che lo fa vomitare è assolutamente intenzionale; deve pur liberarsi del pelo che ingurgita lavandosi e non ha alcuna intenzione di tornare a vedere quello che ha vomitato.
Sono diversissimi tra loro e quindi non si parlano e se lo fanno non si capiscono; un po' come un siciliano e un trentino che tentino di capirsi a vicenda esprimendosi ognuno nel proprio dialetto... ci vuole un interprete.
Per le persone è lo stesso.
I catofili puri non capiranno neppure, e la cosa è reciproca, quanto verrà detto dai cinefili puri e si considereranno a vicenda dei poveretti. Man mano che ci si avvicina al punto medio, M, le capacità di comprensione aumentano e diventa almeno possibile un dialogo.
Gatti e cani non vanno d'accordo e a forzarli a farlo si ottiene l'accordo voluto: si coalizzeranno contro di noi. Con te non ci parlo e manco ti calcolo, ma possiamo divenire temporaneamente alleati contro un nemico comune.
L'errore sta nel considerare le cose assoluti. In questo mondo sublunare tutto è sfumato e le sfumature sono ovunque; l'importante è saperlo e farci i conti.
Nel mondo le persone si dividono in due grandi categorie: i Catofili e i Cinofili. Mi riferisco ai Cinofili, non ai cinefili perché questa categoria unisce le persone più disparate.
Più che immaginarvi questi due gruppi come degli insiemi, e quindi iniziare a farci delle operazioni di insiemistica, pensate a un segmento.
Sia un segmento A-B di lunghezza a piacere e su di esso sia posizionato un punto M in corrispondenza del punto medio; si ponga nell'estremo A la dicitura "catofili" e nell'estremo B la dicitura "cinofili". E' possibile interpretare il segmento come una scala graduata in modo da verificare il grado di appartenenza di ogni singolo individuo.
Ovviamente ho messo i catofili in A, perché io propendo per questa categoria; come potrebbe essere diversamente, d'altronde, dato che sono cresciuto con diciassette meravigliosi felini?
Tra questi due gruppi di persone esiste la stessa capacità comunicativa che può esserci tra un gatto nato libero e con mamma gatta che gli ha insegnato a cacciare e a mangiare e un cane nato, più o meno, nelle stesse condizioni.
La comunicazione tra loro è impossibile. Quando il gatto è la coda dritta, a punto interrogativo, è contento, mentre per il cane è chiaro segnale di allarme; quando il gatto scodinzola c'è qualcosa che lo innervosisce, mentre il cane scodinzola perché felice.
Anche il rapporto che hanno con noi umani è diverso: per un cane c'è sempre un capobranco, fosse anche sé stesso, e una gerarchia al di sotto; per un gatto siamo tutti egualmente infinitamente inferiori... al massimo può considerare qualcuno di noi suo pari, ma è una concessione davvero rara.
Un cane, tendenzialmente, è un aspirapolvere che per sicurezza mangia, sia quello che è commestibile che quello che non lo è, e al limite poi lo vomita... anche se questo non esclude il fatto che potrebbe ripensarci e dare una bella leccata a quanto vomitato.
Il gatto mangia di tutto solo se proprio è alla fame e prima annusa e spesso lo lascia lì; mangia poco alla volta e spesso e se mangia qualcosa che lo fa vomitare è assolutamente intenzionale; deve pur liberarsi del pelo che ingurgita lavandosi e non ha alcuna intenzione di tornare a vedere quello che ha vomitato.
Sono diversissimi tra loro e quindi non si parlano e se lo fanno non si capiscono; un po' come un siciliano e un trentino che tentino di capirsi a vicenda esprimendosi ognuno nel proprio dialetto... ci vuole un interprete.
Per le persone è lo stesso.
I catofili puri non capiranno neppure, e la cosa è reciproca, quanto verrà detto dai cinefili puri e si considereranno a vicenda dei poveretti. Man mano che ci si avvicina al punto medio, M, le capacità di comprensione aumentano e diventa almeno possibile un dialogo.
Gatti e cani non vanno d'accordo e a forzarli a farlo si ottiene l'accordo voluto: si coalizzeranno contro di noi. Con te non ci parlo e manco ti calcolo, ma possiamo divenire temporaneamente alleati contro un nemico comune.
L'errore sta nel considerare le cose assoluti. In questo mondo sublunare tutto è sfumato e le sfumature sono ovunque; l'importante è saperlo e farci i conti.
lunedì 21 novembre 2011
di Nebbia
Nebbia in pianura padana; che novità.
Dato che i miei genitori vengono tutti dalla bassa, parmense o piacentina poco importa perché sempre di bassa trattasi, l'arrivo delle nebbia è occasione per rinverdire alcuni ricordi familiari.
La prima affermazione introduttiva è che oggi c'è meno nebbia di un tempo, o, per lo meno, è meno schissa. L'affermazione fa parte di quel frasario al quale appartengono tutte le frasi che ricadono nella categoria "qui una volta era tutta campagna"; luoghi comuni ma con un fondamento reale.
La nebbia è da sempre caratterizzata per il fatto di essere più o meno "schissa".
"Schissa" è un termine dialettale simile al "schiacciata" italiano e rende la densità, e quindi la scarsa visibilità, della nebbia.
Perché la nebbia esca dalla categoria "foschia", almeno dalle parti da dove arrivano i miei genitori, deve garantire una visibilità inferiore ai cento metri, altrimenti è solo "foschia" più o meno pesante.
Mio nonno abitava in un paese chiamato Costapelata, più o meno da San Giorgio Piacentino, mentre i genitori di mia nonna stavano a Cadeo; circa 15km di distanza.
Una volta mio nonno andò a trovare i genitori di mia nonna e vi andò con un suo fratello a piedi, all'epoca di auto ce n'erano pochine ed era un lusso per pochi danarosi privilegiati. Per raggiungere Cadeo bisogna fare una svolta. Rientrando alla sera calò la nebbia e mio nonno mancò la svolta perché stando sul ciglio della strada, su lato dove avrebbero dovuto trovare la svolta, non si riusciva a vedere oltre al fosso. I miei parenti continuarono ad andare avanti e indietro per un po', sino a quando non si sedettero e disperarono di riuscire a tornare a casa. Furono recuperati dal cane; erano arrivati abbastanza vicino a casa da essere sentiti dal cane che andò a recuperarli nella nebbia e li riportò a casa.
Mia madre e la sua famiglia erano più sedentari, un po' perché tutti i parenti, cugini, abitavano lontano a Genova o a Milano e un po' perché con quei due cugini che abitavano vicino al paese non andavano d'accordo; una storia lunga e triste che coinvolge il possesso di un fazzoletto di terra. I suoi racconti si limitano al niente che si vedeva dalla finestra di casa; un grigio uniforme e denso da cancellare qualunque cosa non si trovasse a 50cm di distanza.
Mio padre quando "andava a morosa"* da mia madre abitava a Fidenza; andare a Roccabianca ci vogliono circa 40 minuti. Una sera andarono al cinema e mentre tornava a casa da Roccabianca si trovò immerso nella nebbia. All'epoca aveva lo scatolino, e la nebbia era così schissa che non si vedeva un tratto dall'altro nella riga di mezzeria stradale; andando piano l'auto non si scaldava, si formava del ghiaccio all'interno del parabrezza e l'unica era guidare con la testa fuori dal finestrino.
Morale della favola: causa nebbia ha impiegato tre ore e mezza per tornare a Fidenza da Roccabianca. Decise di attendere la fine della stagione delle nebbie per tornare al paese da mia madre.
* "andare a morosa": questa espressione indica il vedersi dei fidanzati
Dato che i miei genitori vengono tutti dalla bassa, parmense o piacentina poco importa perché sempre di bassa trattasi, l'arrivo delle nebbia è occasione per rinverdire alcuni ricordi familiari.
La prima affermazione introduttiva è che oggi c'è meno nebbia di un tempo, o, per lo meno, è meno schissa. L'affermazione fa parte di quel frasario al quale appartengono tutte le frasi che ricadono nella categoria "qui una volta era tutta campagna"; luoghi comuni ma con un fondamento reale.
La nebbia è da sempre caratterizzata per il fatto di essere più o meno "schissa".
"Schissa" è un termine dialettale simile al "schiacciata" italiano e rende la densità, e quindi la scarsa visibilità, della nebbia.
Perché la nebbia esca dalla categoria "foschia", almeno dalle parti da dove arrivano i miei genitori, deve garantire una visibilità inferiore ai cento metri, altrimenti è solo "foschia" più o meno pesante.
Mio nonno abitava in un paese chiamato Costapelata, più o meno da San Giorgio Piacentino, mentre i genitori di mia nonna stavano a Cadeo; circa 15km di distanza.
Una volta mio nonno andò a trovare i genitori di mia nonna e vi andò con un suo fratello a piedi, all'epoca di auto ce n'erano pochine ed era un lusso per pochi danarosi privilegiati. Per raggiungere Cadeo bisogna fare una svolta. Rientrando alla sera calò la nebbia e mio nonno mancò la svolta perché stando sul ciglio della strada, su lato dove avrebbero dovuto trovare la svolta, non si riusciva a vedere oltre al fosso. I miei parenti continuarono ad andare avanti e indietro per un po', sino a quando non si sedettero e disperarono di riuscire a tornare a casa. Furono recuperati dal cane; erano arrivati abbastanza vicino a casa da essere sentiti dal cane che andò a recuperarli nella nebbia e li riportò a casa.
Mia madre e la sua famiglia erano più sedentari, un po' perché tutti i parenti, cugini, abitavano lontano a Genova o a Milano e un po' perché con quei due cugini che abitavano vicino al paese non andavano d'accordo; una storia lunga e triste che coinvolge il possesso di un fazzoletto di terra. I suoi racconti si limitano al niente che si vedeva dalla finestra di casa; un grigio uniforme e denso da cancellare qualunque cosa non si trovasse a 50cm di distanza.
Mio padre quando "andava a morosa"* da mia madre abitava a Fidenza; andare a Roccabianca ci vogliono circa 40 minuti. Una sera andarono al cinema e mentre tornava a casa da Roccabianca si trovò immerso nella nebbia. All'epoca aveva lo scatolino, e la nebbia era così schissa che non si vedeva un tratto dall'altro nella riga di mezzeria stradale; andando piano l'auto non si scaldava, si formava del ghiaccio all'interno del parabrezza e l'unica era guidare con la testa fuori dal finestrino.
Morale della favola: causa nebbia ha impiegato tre ore e mezza per tornare a Fidenza da Roccabianca. Decise di attendere la fine della stagione delle nebbie per tornare al paese da mia madre.
* "andare a morosa": questa espressione indica il vedersi dei fidanzati
giovedì 17 novembre 2011
Vecchio
Visto che qua si ha un'età, tanto vale parlarne.
La prima volta che ti danno del "lei" fa un po' senso, un po' perché ti pare di aver lasciato i vent'anni dietro l'angolo, anche se non ti ricordi esattamente quale, e un po' perché chi ti ha dato del "lei" aveva al'incirca dodici anni e quindi non ci dài troppo peso; è pur sempre un putén e quindi è giusto che dia del lei a chi è più grande.
Il fatto di venire consideranto un infante, non ostante i quarant'anni che ti tiri a dietro, dagli anziani del paese non conta; sei sempre stato considerato tale da loro e quindi non fanno testo.
Tornare a casa alle quattro, o alle sei, del mattino e avere bisogno di almeno una giornata, comprensiva di nottata, passata a dormire per assumere una conformazione vagamente umana, non è un segnale significativo; ci si può sempre arrampicare su un qualche specchio e dire che in fondo si lavora e quindi si è più stanchi e bla... bla... bla... un po' di sano mirror climbing insomma.
Anche il fatto di doversi avvoltolare nella lana per non prendere freddo alla spalla, al collo e a una qualunque altra articolazione, per non rischiare il blocco della medesima, non è un segnale sufficiente a farti capire che hai una età. Se si vive in pianura padana, con l'umido lussureggiante che la contraddistingue, si possono avere i reumatismi sin dalle elementari.
Quello che ti fa capire, al di là di ogni ragionevole dubbio, di essere diventato, se non vecchio, almeno stagionato è quando inizi a non capire i putén.
Loro parlono e le tue sopracciglia iniziano a confondersi con l'attaccatura dei capelli; non capisci la metà delle parole e non ti pare neppure italiano l'idioma che essi usano.
Cammini per la strada e squoti il capo incredulo per come questi putén vanno in giro vestiti, criticando anche i genitori, che probabilmente hanno la tua età, perché li mandano in giro così conciati e a stento reprimi la voglia di rifilare loro una pedata nel lato B, giusto per indurli a chinarsi e a tirarsi su le braghe.
Inevitabilmente inizi a pensare a quando tu avevi sedici anni, o giù di lì e nell'attimo in cui arrivi al "quando ero giovane io saltavo i fossi per il lungo", ti rendi conto di essere approdato alla zona luogo comune.
Non ci sono più le mezze stagioni.
Si stava meglio quando si stava peggio... anche se adesso non è che proprio si facciano grasse risate.
Il nuoto è uno sport completo.
Sono sempre i migliori che se ne vanno.
Di mamme ce n'è una sola.
Son tutte belle le mamme del mondo... sà; sulle mamme ce ne sono tre ditemi anche l'ultima così la chiudiamo.
Non bisogna vivere questo momento in modo traumatico, anzi, bisogna assaporarne i frutti; si può espettorare un po' di sarcasmo e veleno, che a tenerlo dentro fa male, con cognizione causa. In fondo ci siamo passati tutti nell'adolescenza e guardare ai putén adesso, ci serve anche a capire quanto cretini eravamo noi alla loro età e questo può aiutarci a guardare al gioviname con un po' più di comprensione; questo non vuol di certo dire trattenere il sarcasmo o i commenti acidi, certe cose è meglio buttarle fuori perché a tenerle dentro fanno male.
D'altronde intelligenza e adolescenza, per quanto facciano rima, non sono proprio parenti stretti; il dramma è quando l'adolescenza si protrae sino alla senescenza...
La prima volta che ti danno del "lei" fa un po' senso, un po' perché ti pare di aver lasciato i vent'anni dietro l'angolo, anche se non ti ricordi esattamente quale, e un po' perché chi ti ha dato del "lei" aveva al'incirca dodici anni e quindi non ci dài troppo peso; è pur sempre un putén e quindi è giusto che dia del lei a chi è più grande.
Il fatto di venire consideranto un infante, non ostante i quarant'anni che ti tiri a dietro, dagli anziani del paese non conta; sei sempre stato considerato tale da loro e quindi non fanno testo.
Tornare a casa alle quattro, o alle sei, del mattino e avere bisogno di almeno una giornata, comprensiva di nottata, passata a dormire per assumere una conformazione vagamente umana, non è un segnale significativo; ci si può sempre arrampicare su un qualche specchio e dire che in fondo si lavora e quindi si è più stanchi e bla... bla... bla... un po' di sano mirror climbing insomma.
Anche il fatto di doversi avvoltolare nella lana per non prendere freddo alla spalla, al collo e a una qualunque altra articolazione, per non rischiare il blocco della medesima, non è un segnale sufficiente a farti capire che hai una età. Se si vive in pianura padana, con l'umido lussureggiante che la contraddistingue, si possono avere i reumatismi sin dalle elementari.
Quello che ti fa capire, al di là di ogni ragionevole dubbio, di essere diventato, se non vecchio, almeno stagionato è quando inizi a non capire i putén.
Loro parlono e le tue sopracciglia iniziano a confondersi con l'attaccatura dei capelli; non capisci la metà delle parole e non ti pare neppure italiano l'idioma che essi usano.
Cammini per la strada e squoti il capo incredulo per come questi putén vanno in giro vestiti, criticando anche i genitori, che probabilmente hanno la tua età, perché li mandano in giro così conciati e a stento reprimi la voglia di rifilare loro una pedata nel lato B, giusto per indurli a chinarsi e a tirarsi su le braghe.
Inevitabilmente inizi a pensare a quando tu avevi sedici anni, o giù di lì e nell'attimo in cui arrivi al "quando ero giovane io saltavo i fossi per il lungo", ti rendi conto di essere approdato alla zona luogo comune.
Non ci sono più le mezze stagioni.
Si stava meglio quando si stava peggio... anche se adesso non è che proprio si facciano grasse risate.
Il nuoto è uno sport completo.
Sono sempre i migliori che se ne vanno.
Di mamme ce n'è una sola.
Son tutte belle le mamme del mondo... sà; sulle mamme ce ne sono tre ditemi anche l'ultima così la chiudiamo.
Non bisogna vivere questo momento in modo traumatico, anzi, bisogna assaporarne i frutti; si può espettorare un po' di sarcasmo e veleno, che a tenerlo dentro fa male, con cognizione causa. In fondo ci siamo passati tutti nell'adolescenza e guardare ai putén adesso, ci serve anche a capire quanto cretini eravamo noi alla loro età e questo può aiutarci a guardare al gioviname con un po' più di comprensione; questo non vuol di certo dire trattenere il sarcasmo o i commenti acidi, certe cose è meglio buttarle fuori perché a tenerle dentro fanno male.
D'altronde intelligenza e adolescenza, per quanto facciano rima, non sono proprio parenti stretti; il dramma è quando l'adolescenza si protrae sino alla senescenza...
lunedì 14 novembre 2011
Un impegno concreto
Siamo giunti a metà Novembre e mi ritrovo con ben due libri in lettura. Entrambi sono stati letti ben oltre la metà. Quello che mi impegno a fare, e vi assicuro che per me non è facile, è di finire entrambi prima della fine dell'anno, senza prendere in mano altri libri da leggere nel frattempo... quest'ultima è la parte più complessa, perché avere in lettura solo due libri, e per giunta così prossimi alla fine, mi mette tristezza; ma se ne inizio un altro va a finire che quelli non riuscirò a terminarli entro l'anno.
"I dimenticati" di Tim Tzouliadis
L'autore si occupa di portare alla luce una storia della quale non si parla mai. Durante la depressione del '29 molte persone credettero alla propaganda sovietica ed emigrarono nella neonata URSS, nella convinzione di potervi trovare da lavorare, la depressione causo molti disoccupati e un impoverimento generale, e condizioni di vita migliori. Molti di questi erano persone che volevano lavorare, altri erano sindacalisti o comunisti, osteggiati nel loro paese, ma tutti erano mossi dalla necessità di trovare un lavoro che permettesse loro di vivere.
Il libro, nel raccontare la loro storia e di come finirono, in quanto stranieri, preda delle purghe staliniani, che li ha confinati, a fianco di milioni di cittadini russi, nel gulag, descrive la politica di non intervento adottata dagli USA che deciso di dimenticarsi di cittadini "scomodi". Tutto il mondo è paese e ovunque, e in qualunque epoca e nazione, esistono persone più uguali di altre.
Il libro è ben fatto e si legge bene, ma per i contenuti e le descrizioni della vita nei gulag, risulta un po' impegnativo.
"Il teatro d'opera italiano" di Lorenzo Arruga
Il libro si occupa di fare un excursus nella storia dell'Opera italiana. L'ho comprato per colmare la mia ignoranza in materia, ma il volume non è scritto pensando a dei neofiti; un po' il linguaggio, un po' gli accenni ai vari libretti e librettisti, ne fanno un libro adatto per chi in materia già qualcosa sa.
Ha l'innegabile pregio di far conoscere aspetti che vanno al di là della semplice messa in scena e comunicano un amore sentito per l'Opera come forma d'arte e questo mi spinge a prendere, quando le finanze lo permetteranno, un volume serie e ben fatto che si occupi di storia della musica.
Sono giunto al capitolo su Rossini e poi ho Verdi. Dalle mie parti, specie quando i tuoi parenti vengono dalla Bassa, si viene su con Verdi che partecipa alla colonna sonora della tua infanzia, perché, per citare Guareschi, "Verdi è un galantuomo".
Questo è il mio fioretto per la fine di questo anno; ultimare i libri in corso e iniziare il 2012 con una nuova lettura.
Ho giusto un libro sulle varie profezie che dovrebbero avverarsi nel 2012 che attende di essere letto; non credo a nessuna di esse, ovviamente, ma mi piacerebbe arrivare al 31/12/2012 con una bella lista nella quale segnare tutto quello che non si è avverato.
"I dimenticati" di Tim Tzouliadis
L'autore si occupa di portare alla luce una storia della quale non si parla mai. Durante la depressione del '29 molte persone credettero alla propaganda sovietica ed emigrarono nella neonata URSS, nella convinzione di potervi trovare da lavorare, la depressione causo molti disoccupati e un impoverimento generale, e condizioni di vita migliori. Molti di questi erano persone che volevano lavorare, altri erano sindacalisti o comunisti, osteggiati nel loro paese, ma tutti erano mossi dalla necessità di trovare un lavoro che permettesse loro di vivere.
Il libro, nel raccontare la loro storia e di come finirono, in quanto stranieri, preda delle purghe staliniani, che li ha confinati, a fianco di milioni di cittadini russi, nel gulag, descrive la politica di non intervento adottata dagli USA che deciso di dimenticarsi di cittadini "scomodi". Tutto il mondo è paese e ovunque, e in qualunque epoca e nazione, esistono persone più uguali di altre.
Il libro è ben fatto e si legge bene, ma per i contenuti e le descrizioni della vita nei gulag, risulta un po' impegnativo.
"Il teatro d'opera italiano" di Lorenzo Arruga
Il libro si occupa di fare un excursus nella storia dell'Opera italiana. L'ho comprato per colmare la mia ignoranza in materia, ma il volume non è scritto pensando a dei neofiti; un po' il linguaggio, un po' gli accenni ai vari libretti e librettisti, ne fanno un libro adatto per chi in materia già qualcosa sa.
Ha l'innegabile pregio di far conoscere aspetti che vanno al di là della semplice messa in scena e comunicano un amore sentito per l'Opera come forma d'arte e questo mi spinge a prendere, quando le finanze lo permetteranno, un volume serie e ben fatto che si occupi di storia della musica.
Sono giunto al capitolo su Rossini e poi ho Verdi. Dalle mie parti, specie quando i tuoi parenti vengono dalla Bassa, si viene su con Verdi che partecipa alla colonna sonora della tua infanzia, perché, per citare Guareschi, "Verdi è un galantuomo".
Questo è il mio fioretto per la fine di questo anno; ultimare i libri in corso e iniziare il 2012 con una nuova lettura.
Ho giusto un libro sulle varie profezie che dovrebbero avverarsi nel 2012 che attende di essere letto; non credo a nessuna di esse, ovviamente, ma mi piacerebbe arrivare al 31/12/2012 con una bella lista nella quale segnare tutto quello che non si è avverato.
sabato 12 novembre 2011
giovedì 10 novembre 2011
Nomi
Dato che domani lavorerò a casa, non so se potrò postare qualcosa sul blog e ho, da qualche tempo, un aneddoto del quale parlare.
Mi hanno sempre detto che bisogna dare ai cani dei nomi brevi, perché così li riconoscono e prestano attenzione; poi magari è solo il tono di voce o che, ma quando ne hai un certo numero presumo che un nome breve possa aiutare a gestire il branco.
L'unica nozione certa che ho è quella dell'assegnazione di un nome breve; ho sempre avuto gatti.
Un giorno torno a casa a piedi, come al solito, e passo davanti a una casa nella quale vi sono tre cani che scorazzavano sul marciapiede e, dopo che sono passato, probabilmente a causa dell'avvicinamento alla strada di uno dei cani, sento il proprietario che grida: "Insomma! non ho chiamato te! Ho chiamato Asdrubale!"
Certo che se chiami i tuoi cani Asdrubale, Melchisedec, e Ildebrando, tempo che hai finito di chiamarli questi hanno già, a scelta; combinato un guaio, attraversato la strada o fatto un soggiorno di quindici giorni da qualche parte a spese tue.
Mi hanno sempre detto che bisogna dare ai cani dei nomi brevi, perché così li riconoscono e prestano attenzione; poi magari è solo il tono di voce o che, ma quando ne hai un certo numero presumo che un nome breve possa aiutare a gestire il branco.
L'unica nozione certa che ho è quella dell'assegnazione di un nome breve; ho sempre avuto gatti.
Un giorno torno a casa a piedi, come al solito, e passo davanti a una casa nella quale vi sono tre cani che scorazzavano sul marciapiede e, dopo che sono passato, probabilmente a causa dell'avvicinamento alla strada di uno dei cani, sento il proprietario che grida: "Insomma! non ho chiamato te! Ho chiamato Asdrubale!"
Certo che se chiami i tuoi cani Asdrubale, Melchisedec, e Ildebrando, tempo che hai finito di chiamarli questi hanno già, a scelta; combinato un guaio, attraversato la strada o fatto un soggiorno di quindici giorni da qualche parte a spese tue.
Creatura
Avevo detto che l'avrei messa anche qui e stavo per dimenticarmene.
Questa è l'ultima nata; l'ho prodotta domenica scorsa e ieri, verso l'una di notte, me ne è venuta in mente un'altra.
Dovrò tenermi un blocco per fermare le idee, perché ho dovuto ricorrere a un foglio già utilizzato.
Gli inizi sembrano promettenti, potrebbero essere segnali positivi di una mia nuova stagione di produzione artistica, ma non voglio illudermi e preferisco attendere di vedere come si sviluppano le cose. Dovrò fare alcuni studi, prendere dello smalto nero per fare una tinta piatta; considerando che la creatura appena postata ha avuto una gestazione di circa tre mesi, mi domando quanto tempo ci vorrà per quella pensata ieri.
Al lettore che riconosce chi è rappresentata nella creatura, una amichevole pacca sulla spalla.
Vado a produrre.
lunedì 7 novembre 2011
286
Stamane sono andato a prendere, nel colorificio del paese, uno smalto, dorato, all'acqua per lo sfondo della mia ultima creatura; così, in pausa pranzo, con il mio nuovo acquisto nella borsa e ansioso di completare la creatura, mi sono diretto a passo più che sostenuto verso casa. Marcio, bel bello, si fa per dire, scheggiando verso la magione, quando vengo fermato da una coppia: Lui & Lei.
Lui: "Scusa; volevo... ehm... farti; una domanda"
Io:"mi dica?"
Lui: "Ma... c'è un posto... uhm... qui... qui, vicino; dove... uhm... mangiare?"
Io, quasi mangiandomi le parole dalle fretta: "si guardi; sempre dritto qui sulla destra ce n'è uno"
Lui:"No, ma... uhm... volevo dire..."
Io, pensando se per caso ha una manovella da qualche parte per farlo andare un po' più veloce: "si????"
Lui:"ecco... uhm..."
Lei:"ma è lontano da qui?"
Io:"No signora, saranno duecento metri"
Lei: "grazie e buona giornata"
Io:"Grazie a lei!"
Per fortuna che è intervenuta Lei, perché il processore vocale di Lui doveva essere un 286... forse a pedali.
Lui: "Scusa; volevo... ehm... farti; una domanda"
Io:"mi dica?"
Lui: "Ma... c'è un posto... uhm... qui... qui, vicino; dove... uhm... mangiare?"
Io, quasi mangiandomi le parole dalle fretta: "si guardi; sempre dritto qui sulla destra ce n'è uno"
Lui:"No, ma... uhm... volevo dire..."
Io, pensando se per caso ha una manovella da qualche parte per farlo andare un po' più veloce: "si????"
Lui:"ecco... uhm..."
Lei:"ma è lontano da qui?"
Io:"No signora, saranno duecento metri"
Lei: "grazie e buona giornata"
Io:"Grazie a lei!"
Per fortuna che è intervenuta Lei, perché il processore vocale di Lui doveva essere un 286... forse a pedali.
domenica 6 novembre 2011
Creo
Dopo qualche tempo di silenzio, diciamo da agosto, ho finalmente dato alla luce una nuova creatura! Questa volta è di un formato decente, come quelli che utilizzavo un tempo; ho avuto caldo mentre la disegnavo e mentre la dipingevo, ho dovuto aprire le finestre come quando ero all'apice della mia produzione, e l'ho praticamente finita in mezza giornata... come un tempo.
Al momento devo solo mettere lo sfondo dorato, ma devo prima prendere della vernice apposita e fare una prova su un foglio di carta per vedere il risultato finale, e devo anche testare come reagisce, una volta asciutta, la vernice alla lacca per capelli; ho alcune parti da fissare e mi rifiuto di utilizzare del fissativo. La lacca per capelli fissa allo stesso modo di un fissativo e costa decisamente meno.
Sono proprio contento.
Anche se si tratta di un'altra teofania; non so che farci, ma al momento vengono fuori così le creature.
Ho ancora voglia di disegnare.
Quel che mi fa piacere è che questa creatura ha un'anima, non è un vuoto esercizio di stile e questo mi fa pensare ch'io abbia ancora qualcosa da dire.
Vedremo.
Quando avrò fatto anche lo sfondo la metterò anche qui sul blog.
Al momento devo solo mettere lo sfondo dorato, ma devo prima prendere della vernice apposita e fare una prova su un foglio di carta per vedere il risultato finale, e devo anche testare come reagisce, una volta asciutta, la vernice alla lacca per capelli; ho alcune parti da fissare e mi rifiuto di utilizzare del fissativo. La lacca per capelli fissa allo stesso modo di un fissativo e costa decisamente meno.
Sono proprio contento.
Anche se si tratta di un'altra teofania; non so che farci, ma al momento vengono fuori così le creature.
Ho ancora voglia di disegnare.
Quel che mi fa piacere è che questa creatura ha un'anima, non è un vuoto esercizio di stile e questo mi fa pensare ch'io abbia ancora qualcosa da dire.
Vedremo.
Quando avrò fatto anche lo sfondo la metterò anche qui sul blog.
mercoledì 2 novembre 2011
Che delusione!
Che fare la sera di Halloween? Personalmente avevo deciso di passare la serata con amici in un locale del quale, vi avevamo trascorso un paio di giorni in occasione di una cena don delitto la cui animazione era stata affidata agli ottimi "clerici vagantes", eravamo stati contenti... almeno in passato.
Telefoniamo al locale per avere lumi sul costo della serata e decidere, dati i tempi di magra certe spese vanno vagliate attentamente, e ci informano che la spesa sarebbe stata di 40euro, non pochi ma considerando la serata a tema con animazione, s'è deciso che si potevano anche spendere 40 euro.
Prima di partire per il locale ignoravo il nome della compagnia che si sarebbe occupata dell'animazione.
La prenotazione era obbligatoria e anche il costume e visto che detesto dovermi impegnare nel pensare a una maschera adeguata, ho optato per una divisa da Star Trek con un foro in lattice su una tempia; potevo sempre spacciarmi per il giocatore di ruolo che ha partecipato a un live, finito male, iniziato in concomitanza con l'apertura della stagione della caccia.
L'inizio della serata non è andato male; il cibo era buono e la cena era allietata da un terzetto di musici. I problemi sono sorti subito dopo il primo, che per altro conteneva della carne nel sugo e quindi ho dovuto arrangiarmi, ma del resto il macinato di cavallo l'ho sempre mangiato occasionalmente: viene servito del farro, una scodella per tavolo, affogato nel maiale, che ho saltato perché avrei potuto tirare mattina togliendo tutta la pancetta dal piatto, e tre pezzi di carne, porzione unica per un tavolo, con intingolo come secondo; peccato che i tavoli fossero da quattro persone. Ai miei commensali è andata bene che io non mangio carne e quindi hanno potuto avere un pezzo i carne a cranio, ma gli altri?.
Durante la cena appaiono i figuranti, alcuni, in costume, addetti all'animazione e uno mi pareva una faccia familiare, ma avendo io una pessima memoria ho pensato di aver sbagliato persona.
I costumi, molto belli, così come l'interpretazione di alcuni figuranti, sono stata la parte migliore.
Tra il secondo e il dolce, che per inciso io non ho neppure visto dipinto o da lungi con un cannocchiale, si è svolta l'animazione.
All'inizio, mentre noi si mangiava quel che c'era, si presentano un "principe" e una "contessa", mano nella mano, che ci danno il benvenuto e passa anche un "giullare" definito "giudice". Veniamo tutti radunati nella sala più grande del locale, con musica alta e un caldo bestia, e attendiamo... attendiamo... attendiamo che qualcuno ci dica che fare della nostra vita dato che noi, pubblico, avremmo dovuto essere parte della storia.
Finalmente, forse mossi a pietà e appena prima dell'insorgere di casi di ipossia, ci viene detto di girare per il castello, intervistare i figuri che vi avremmo incontrato e chiedere loro a quale famiglia essi appartengano.
Noi si gira, si chiede e quasi casualmente, si scopre che bisogna intervistare il giullare per sapere che fare; quasi casualmente scopriamo che il tutto ruota intorno ad un amuleto. Ci tengo a sottolineare che sin dal principio pare che l'amuleto fosse nascosto in una sala del locale...
Intervistiamo il giullare, che è il felice possessore dell'amuleto e ci viene detto che questo serve a far divenire mortali una delle due fazioni (solo casualmente s'è scoperto che si trattava di immortali, anche perché alcuni erano morti già da un po' e quindi passabili di un secondo e più definitivo decesso); il compito dei commensali è di formularsi una opinione sulle due fazioni, della contessa e del principe e di assegnare a uno dei due l'amuleto, comunicando la decisione al giullare, attraverso una battuta di spirito.
Solo in quella occasione abbiamo scoperto che vi erano due fazioni alla ricerca dello stesso amuleto; dircelo prima? pareva brutto?
Il pretesto su cui si basa il plot è talmente ridicolo, risibile e fragile, che non sosterrebbe manco una piuma, ma pazienza! Abbiamo iniziato a giocare e atteniamoci a queste premesse da operetta.
Perché dico che si tratta di premesse deboli? Perché non sapevamo assolutamente nulla del background di Tizio e Caio e non ci è stato fornito un contesto, quindi per me è ridicolo che una creatura immortale, con un carnet di nemici pari alla Treccani, voglia divenire vulnerabile per un giorno; per citare Palmiro: "l'alba; è sopravvalutata". Inoltre se vado a una cena con animazione non mi interessa proprio sapere la rava e la fava di Chiunque; mi serve una cosa breve su cui lavorare in un tempo molto limitato.
Altro giro di giostra per formarci una opinione sulle due fazioni che risultano gestite da due personaggi assolutamente paritetici; a questo punto ho smesso di interessarmi al gioco perché mi è parsa una colossale, inutile, perdita di tempo da ultimare il prima possibile per avere il tanto anelato e sospirato caffè!
Decidiamo di comunicare al giullare la nostra battuta di spirito, che per altro lo fa anche ridere e scopriamo quanto segue: lo scopo del gioco è di raccogliere consensi per il principe o per la contessa, in modo che loro abbiano l'amuleto... e noi? Noi niente; si è perso tre ore girando come degli idioti e facendoci prendere per il culo nel mentre.
Il metro di giudizio che ci era stato comunicato era irrilevante ai fini della trama.
Assegnato l'amuleto al principe qualcuno grida: "Ah! pazzi! sciagurati! ora le porte sono chiuse e nessuno potrà uscire"... e infatti, dopo un po' di attesa, poiché pensavo che ci fosse dell'altro, siamo usciti dalla sala e ho raggiunto il mio tavolo; volevo fare qualcosa di costruttivo, per dare un senso alla serata, e ho iniziato a contarmi i pori della pelle.
Sono arrivato a qualche migliaio prima che mi venisse detto di andare al tavolo e di attendere la caffeina.
Segue una pantomima ridicola; sento che hanno rubato l'amuleto al principe, come se me ne fregasse qualcosa, e di cercare in tutto il maniero (ho giusto cercato nella stanza nella speranza che sul finire la cosa potesse risolversi), e invece sento che il principe ha rubato a se stesso l'amuleto e che ora lo stanno combattendo.
Un vero peccato che su per Gusciola lo schiacciasassi fatichi a passare, altrimenti me lo sarei portato a dietro e sarebbe anche tornano utile.
Tutta questa inutile manfrina è durata tre ore; devo dire che anche questo, come la coda all'ASL, è un buon modo per percepire l'eternità.
E il caffè? e il dolce? Me lo sono chiesto anche io e ho scoperto che erano stati portati fuori, temperatura cinque gradi in attesa che i commensali si servissero da soli; vi lascio immaginare che piacevole temperatura avesse il caffè quando l'ho bevuto.
Manca la ciliegina sulla torta.
Finalmente la tortura è finita, per fortuna il giullare ci ha comunicato che il gioco era terminato con l'assegnazione dell'amuleto, per le prossime volte consiglio l'uso di in cartello "FINE", e andiamo a pagare e scopriamo che il costo di questa olimpiade della noia ammonta a 45euro; già... si sono sbagliati sui costi con tutte le persone che hanno chiamato per chiedere informazioni.
Morale della favola: ho mangiato poco, e so lo dico io era veramente poco, mi sono frantumato gli ammenicoli in una gara di noia in lungo, facendomi prendere per il culo con un gioco insulso, e in più mi si chiede anche un costo esorbitante.
"Fool me once shame on you, fool me twice shame on me" per cui al Castello di Gusciola (MO) non mi vedranno mai più neppure dipinto o in foto, manco il mio stand up ci manderò, ed eviterò come la peste ogni singola attività organizzata da Etemenanki perché sono già stato preso a sufficienza in giro e non mi è stata data neppure la vaselina.
Sorvolerò sull'inutile contessa, sul fatto che i figuranti abbiano dovuto prenotarsi la cena (...e quindi anche pagarsela?), ma non posso sorvolare sul fatto che i figuranti si sono guadagnati 10 punti esperienza da spendere in un qualche live; spero che la paga dei figuranti, che sono stati anche in parte e si sono impegnati, sia ammontata un po' più di 10 punti esperienza, perché dubito fortemente che l'associazione sia andata sino a Gusciola a fare animazione per puro spirito di abnegazione.
Ovviamente parlerò male di questa esperienza, del locale coinvolto e della animazione, in ogni dove e vedrò di parlarne male, soprattutto, con i gestori di locali che conosco.
Sinora non avevo una opinione di Etemenanki, avevo versioni discordi e quindi pochi elementi per farmi una opinione, ma da lunedì posso parlarne malissimo con cognizione di causa; certo... avrei preferito che il conto fosse meno salato; pace per i 45euro, che comunque bruciano, ma quelle tre ore della mia vita nelle quali sono stato preso per il culo, nessuno me le potrà rendere.
Incasso, faccio esperienza e prenderò provvedimenti.
Dimenticavo.
Cari ragazzi di Etemenanki, per le prossime volte pagate uno sceneggiatore! I commenti che ho sentito, girando per le sale, erano tutto fuorché lusinghieri e a furia di creare masse di scontenti in giro si finisce per bruciarsi ogni piazza; in alternativa imparate a schivare la verdura marcia.
Telefoniamo al locale per avere lumi sul costo della serata e decidere, dati i tempi di magra certe spese vanno vagliate attentamente, e ci informano che la spesa sarebbe stata di 40euro, non pochi ma considerando la serata a tema con animazione, s'è deciso che si potevano anche spendere 40 euro.
Prima di partire per il locale ignoravo il nome della compagnia che si sarebbe occupata dell'animazione.
La prenotazione era obbligatoria e anche il costume e visto che detesto dovermi impegnare nel pensare a una maschera adeguata, ho optato per una divisa da Star Trek con un foro in lattice su una tempia; potevo sempre spacciarmi per il giocatore di ruolo che ha partecipato a un live, finito male, iniziato in concomitanza con l'apertura della stagione della caccia.
L'inizio della serata non è andato male; il cibo era buono e la cena era allietata da un terzetto di musici. I problemi sono sorti subito dopo il primo, che per altro conteneva della carne nel sugo e quindi ho dovuto arrangiarmi, ma del resto il macinato di cavallo l'ho sempre mangiato occasionalmente: viene servito del farro, una scodella per tavolo, affogato nel maiale, che ho saltato perché avrei potuto tirare mattina togliendo tutta la pancetta dal piatto, e tre pezzi di carne, porzione unica per un tavolo, con intingolo come secondo; peccato che i tavoli fossero da quattro persone. Ai miei commensali è andata bene che io non mangio carne e quindi hanno potuto avere un pezzo i carne a cranio, ma gli altri?.
Durante la cena appaiono i figuranti, alcuni, in costume, addetti all'animazione e uno mi pareva una faccia familiare, ma avendo io una pessima memoria ho pensato di aver sbagliato persona.
I costumi, molto belli, così come l'interpretazione di alcuni figuranti, sono stata la parte migliore.
Tra il secondo e il dolce, che per inciso io non ho neppure visto dipinto o da lungi con un cannocchiale, si è svolta l'animazione.
All'inizio, mentre noi si mangiava quel che c'era, si presentano un "principe" e una "contessa", mano nella mano, che ci danno il benvenuto e passa anche un "giullare" definito "giudice". Veniamo tutti radunati nella sala più grande del locale, con musica alta e un caldo bestia, e attendiamo... attendiamo... attendiamo che qualcuno ci dica che fare della nostra vita dato che noi, pubblico, avremmo dovuto essere parte della storia.
Finalmente, forse mossi a pietà e appena prima dell'insorgere di casi di ipossia, ci viene detto di girare per il castello, intervistare i figuri che vi avremmo incontrato e chiedere loro a quale famiglia essi appartengano.
Noi si gira, si chiede e quasi casualmente, si scopre che bisogna intervistare il giullare per sapere che fare; quasi casualmente scopriamo che il tutto ruota intorno ad un amuleto. Ci tengo a sottolineare che sin dal principio pare che l'amuleto fosse nascosto in una sala del locale...
Intervistiamo il giullare, che è il felice possessore dell'amuleto e ci viene detto che questo serve a far divenire mortali una delle due fazioni (solo casualmente s'è scoperto che si trattava di immortali, anche perché alcuni erano morti già da un po' e quindi passabili di un secondo e più definitivo decesso); il compito dei commensali è di formularsi una opinione sulle due fazioni, della contessa e del principe e di assegnare a uno dei due l'amuleto, comunicando la decisione al giullare, attraverso una battuta di spirito.
Solo in quella occasione abbiamo scoperto che vi erano due fazioni alla ricerca dello stesso amuleto; dircelo prima? pareva brutto?
Il pretesto su cui si basa il plot è talmente ridicolo, risibile e fragile, che non sosterrebbe manco una piuma, ma pazienza! Abbiamo iniziato a giocare e atteniamoci a queste premesse da operetta.
Perché dico che si tratta di premesse deboli? Perché non sapevamo assolutamente nulla del background di Tizio e Caio e non ci è stato fornito un contesto, quindi per me è ridicolo che una creatura immortale, con un carnet di nemici pari alla Treccani, voglia divenire vulnerabile per un giorno; per citare Palmiro: "l'alba; è sopravvalutata". Inoltre se vado a una cena con animazione non mi interessa proprio sapere la rava e la fava di Chiunque; mi serve una cosa breve su cui lavorare in un tempo molto limitato.
Altro giro di giostra per formarci una opinione sulle due fazioni che risultano gestite da due personaggi assolutamente paritetici; a questo punto ho smesso di interessarmi al gioco perché mi è parsa una colossale, inutile, perdita di tempo da ultimare il prima possibile per avere il tanto anelato e sospirato caffè!
Decidiamo di comunicare al giullare la nostra battuta di spirito, che per altro lo fa anche ridere e scopriamo quanto segue: lo scopo del gioco è di raccogliere consensi per il principe o per la contessa, in modo che loro abbiano l'amuleto... e noi? Noi niente; si è perso tre ore girando come degli idioti e facendoci prendere per il culo nel mentre.
Il metro di giudizio che ci era stato comunicato era irrilevante ai fini della trama.
Assegnato l'amuleto al principe qualcuno grida: "Ah! pazzi! sciagurati! ora le porte sono chiuse e nessuno potrà uscire"... e infatti, dopo un po' di attesa, poiché pensavo che ci fosse dell'altro, siamo usciti dalla sala e ho raggiunto il mio tavolo; volevo fare qualcosa di costruttivo, per dare un senso alla serata, e ho iniziato a contarmi i pori della pelle.
Sono arrivato a qualche migliaio prima che mi venisse detto di andare al tavolo e di attendere la caffeina.
Segue una pantomima ridicola; sento che hanno rubato l'amuleto al principe, come se me ne fregasse qualcosa, e di cercare in tutto il maniero (ho giusto cercato nella stanza nella speranza che sul finire la cosa potesse risolversi), e invece sento che il principe ha rubato a se stesso l'amuleto e che ora lo stanno combattendo.
Un vero peccato che su per Gusciola lo schiacciasassi fatichi a passare, altrimenti me lo sarei portato a dietro e sarebbe anche tornano utile.
Tutta questa inutile manfrina è durata tre ore; devo dire che anche questo, come la coda all'ASL, è un buon modo per percepire l'eternità.
E il caffè? e il dolce? Me lo sono chiesto anche io e ho scoperto che erano stati portati fuori, temperatura cinque gradi in attesa che i commensali si servissero da soli; vi lascio immaginare che piacevole temperatura avesse il caffè quando l'ho bevuto.
Manca la ciliegina sulla torta.
Finalmente la tortura è finita, per fortuna il giullare ci ha comunicato che il gioco era terminato con l'assegnazione dell'amuleto, per le prossime volte consiglio l'uso di in cartello "FINE", e andiamo a pagare e scopriamo che il costo di questa olimpiade della noia ammonta a 45euro; già... si sono sbagliati sui costi con tutte le persone che hanno chiamato per chiedere informazioni.
Morale della favola: ho mangiato poco, e so lo dico io era veramente poco, mi sono frantumato gli ammenicoli in una gara di noia in lungo, facendomi prendere per il culo con un gioco insulso, e in più mi si chiede anche un costo esorbitante.
"Fool me once shame on you, fool me twice shame on me" per cui al Castello di Gusciola (MO) non mi vedranno mai più neppure dipinto o in foto, manco il mio stand up ci manderò, ed eviterò come la peste ogni singola attività organizzata da Etemenanki perché sono già stato preso a sufficienza in giro e non mi è stata data neppure la vaselina.
Sorvolerò sull'inutile contessa, sul fatto che i figuranti abbiano dovuto prenotarsi la cena (...e quindi anche pagarsela?), ma non posso sorvolare sul fatto che i figuranti si sono guadagnati 10 punti esperienza da spendere in un qualche live; spero che la paga dei figuranti, che sono stati anche in parte e si sono impegnati, sia ammontata un po' più di 10 punti esperienza, perché dubito fortemente che l'associazione sia andata sino a Gusciola a fare animazione per puro spirito di abnegazione.
Ovviamente parlerò male di questa esperienza, del locale coinvolto e della animazione, in ogni dove e vedrò di parlarne male, soprattutto, con i gestori di locali che conosco.
Sinora non avevo una opinione di Etemenanki, avevo versioni discordi e quindi pochi elementi per farmi una opinione, ma da lunedì posso parlarne malissimo con cognizione di causa; certo... avrei preferito che il conto fosse meno salato; pace per i 45euro, che comunque bruciano, ma quelle tre ore della mia vita nelle quali sono stato preso per il culo, nessuno me le potrà rendere.
Incasso, faccio esperienza e prenderò provvedimenti.
Dimenticavo.
Cari ragazzi di Etemenanki, per le prossime volte pagate uno sceneggiatore! I commenti che ho sentito, girando per le sale, erano tutto fuorché lusinghieri e a furia di creare masse di scontenti in giro si finisce per bruciarsi ogni piazza; in alternativa imparate a schivare la verdura marcia.
venerdì 28 ottobre 2011
Al telefono
Interlocutore: "Salve, sono della Luce e vorrei parlare con un titolare"
Io: "di che cosa è che ha bisogno?"
Int: "la chiamo per delle informazioni riguardo la luce"
Io: "allora può parlare con me"
Int: "io devo parlare con un titolare perché prende decisioni per gli appuntamenti"
Io: "no; può parlare con me o parlare con nessuno. Veda lei"
Int: "non è così che si fa..."
Io: "è proprio così che si fa. Cosa vuole fare? Parla con me?"
Int: "richiamerò"
Bravo; richiama invano... sempre da me devi passare perché io rispondo al telefono e di nuovo gli spiegherò che o parla con me, oppure parla da solo.
Io: "di che cosa è che ha bisogno?"
Int: "la chiamo per delle informazioni riguardo la luce"
Io: "allora può parlare con me"
Int: "io devo parlare con un titolare perché prende decisioni per gli appuntamenti"
Io: "no; può parlare con me o parlare con nessuno. Veda lei"
Int: "non è così che si fa..."
Io: "è proprio così che si fa. Cosa vuole fare? Parla con me?"
Int: "richiamerò"
Bravo; richiama invano... sempre da me devi passare perché io rispondo al telefono e di nuovo gli spiegherò che o parla con me, oppure parla da solo.
mercoledì 26 ottobre 2011
Quel che non so
Le cose che ignoro sono innumerevoli e, in quanto tali, non posso certo farne un elenco. Come molti altri, sono in buona compagnia, non posso fare tutto da solo perché alcune cose richiedono conoscenze che non ho. Un po' di umiltà e' assolutamente necessaria per riconoscere i propri limiti: alcune cose possono essere fatte da soli, per altre ci vuole una mano affinché sia possibile conseguire un certo risultato e altre cose sono oltre le nostre capacita' e abbiamo bisogno di qualcuno che ci dica come fare.
Un campo del quale ho solo conoscenze marginali e' la fotografia, quindi se volessi fare qualcosa di più che premere un bottone, dovrei sentire qualcuno che possa consigliarmi in merito: sentirò quindi la mia amica Filomena (nome assolutamente inventato).
Filomena mi consigliera' come fare parlandomi di obbiettivi, di fuoco, di esposizione e altre cose che ignoro. Pur avendo una formazione artistica se voglio migliorare le mie capacita' nel ramo fotografico, dovrò seguire pedissequamente i consigli di Filomena in modo da poter apprendere le basi e poi su queste trovare una mia via; in questo modo imparerò qualcosa di nuovo. Del resto quando non si sa fare una cosa non c'e' nulla di meglio che farsi spiegare da chi ne sa di più, che non necessariamente deve avere più anni. Alcuni pero' cercano aiuto con un secondo fine perché commettono un errore di valutazione. Si ritengono già in grado di saper fare, anche se si tratta della prima volta che compiono una data azione, e chiedono aiuto solo perché ambiscono a sentirsi dire quanto sono bravi, o a sentirsi dire che e' proprio come hanno fatto loro che si fa. In questo modo si ottiene un risultato prevedibile : verremo aiutati per un po' ma poi non troveremo più nessuno disposto ad ascoltarci. Chi vorrebbe del resto avere a che fare con qualcuno convinto di aver sempre ragione? Questo ragionamento funziona anche sul piano psicologico; alcune cose possiamo cambiarle da soli, per altre abbiamo bisogno di un appoggio e per alcune, quelle delle quali non riusciamo proprio venirne a capo, ci serve qualcuno che ci indichi la via. Anche in questo campo ci vuole l'umiltà di saper ammettere i propri limiti, di capire che non si può sempre aver ragione; del resto c'e' sempre qualcuno più bravo, sveglio o intelligente di noi... Perché quindi non approfittare delle conoscenze di chi e' già arrivato dove vogliamo essere anche noi?
Un campo del quale ho solo conoscenze marginali e' la fotografia, quindi se volessi fare qualcosa di più che premere un bottone, dovrei sentire qualcuno che possa consigliarmi in merito: sentirò quindi la mia amica Filomena (nome assolutamente inventato).
Filomena mi consigliera' come fare parlandomi di obbiettivi, di fuoco, di esposizione e altre cose che ignoro. Pur avendo una formazione artistica se voglio migliorare le mie capacita' nel ramo fotografico, dovrò seguire pedissequamente i consigli di Filomena in modo da poter apprendere le basi e poi su queste trovare una mia via; in questo modo imparerò qualcosa di nuovo. Del resto quando non si sa fare una cosa non c'e' nulla di meglio che farsi spiegare da chi ne sa di più, che non necessariamente deve avere più anni. Alcuni pero' cercano aiuto con un secondo fine perché commettono un errore di valutazione. Si ritengono già in grado di saper fare, anche se si tratta della prima volta che compiono una data azione, e chiedono aiuto solo perché ambiscono a sentirsi dire quanto sono bravi, o a sentirsi dire che e' proprio come hanno fatto loro che si fa. In questo modo si ottiene un risultato prevedibile : verremo aiutati per un po' ma poi non troveremo più nessuno disposto ad ascoltarci. Chi vorrebbe del resto avere a che fare con qualcuno convinto di aver sempre ragione? Questo ragionamento funziona anche sul piano psicologico; alcune cose possiamo cambiarle da soli, per altre abbiamo bisogno di un appoggio e per alcune, quelle delle quali non riusciamo proprio venirne a capo, ci serve qualcuno che ci indichi la via. Anche in questo campo ci vuole l'umiltà di saper ammettere i propri limiti, di capire che non si può sempre aver ragione; del resto c'e' sempre qualcuno più bravo, sveglio o intelligente di noi... Perché quindi non approfittare delle conoscenze di chi e' già arrivato dove vogliamo essere anche noi?
Cinque libri
Ed eccoci al giorno di pioggia nel quale attingo a questa idea e la copio brutalmente per un post.
Certo potrei narrarvi del sogno di stanotte nel quale un me stesso alto otto metri, o su di lì, camminava per la città sulle note de la marcia imperiale di Star Wars, ma visto che i miei sogni abbondano in questo accumulo di bit, non mi pare il caso di dilungarmi nella narrazione.
Le mie doti di scrittore sono tutto sommato risibili; la mia unica prova decente è un racconto breve, scritto in forma di diario, con protagonista la Cesira e le clienti ritardatarie del suo salone di bellezza. Forse un giorno lo metterò anche qua.
Scrivo solo qui sul blog e di certo queste righe non possono considerarsi pezzi di elevata, ma neppure bassa, letteratura, ma mi piace leggere e quindi qualora la scrittura fosse il mio mezzo di espressione enumero i cinque libri che avrei voluto scrivere:
"Iliade"
"Odissea"
Ho sempre amato la mitologia greca e queste narrazioni sono una perfetta commistione tra eventi reali e mitologia; le ho sempre adorate.
"Il nome della rosa"
perché ho amato il terreno teologico e filosofico nel quale si sviluppa il romanzo
"rinascimento privato"
o un qualunque altro libro di Maria Bellonci, perché adoro il suo registro lessicale e il suo stile
"il fu Mattia Pascal"
perché mi hanno sempre affascinato le premesse del romanzo.
Certo potrei narrarvi del sogno di stanotte nel quale un me stesso alto otto metri, o su di lì, camminava per la città sulle note de la marcia imperiale di Star Wars, ma visto che i miei sogni abbondano in questo accumulo di bit, non mi pare il caso di dilungarmi nella narrazione.
Le mie doti di scrittore sono tutto sommato risibili; la mia unica prova decente è un racconto breve, scritto in forma di diario, con protagonista la Cesira e le clienti ritardatarie del suo salone di bellezza. Forse un giorno lo metterò anche qua.
Scrivo solo qui sul blog e di certo queste righe non possono considerarsi pezzi di elevata, ma neppure bassa, letteratura, ma mi piace leggere e quindi qualora la scrittura fosse il mio mezzo di espressione enumero i cinque libri che avrei voluto scrivere:
"Iliade"
"Odissea"
Ho sempre amato la mitologia greca e queste narrazioni sono una perfetta commistione tra eventi reali e mitologia; le ho sempre adorate.
"Il nome della rosa"
perché ho amato il terreno teologico e filosofico nel quale si sviluppa il romanzo
"rinascimento privato"
o un qualunque altro libro di Maria Bellonci, perché adoro il suo registro lessicale e il suo stile
"il fu Mattia Pascal"
perché mi hanno sempre affascinato le premesse del romanzo.
lunedì 24 ottobre 2011
Creature
Credo si sia capito, anche grazie ai vari post, indizi e quant'altro sparso per il blog, che io dipingo; l'immagine del profili, lì a destra, l'ho fatta io e fa parte di un quadro abbastanza grande.
Nulla di particolarmente strabiliante; sono cosciente dei limiti del mio talento, per cui non tendo all'autocelebrazione, ma ritengo di aver creato, nel tempo, pochi quadri belli, molti validi, alcuni guardabili e pochi, per fortuna, imbarazzanti e francamente impresentabili.
Il mio massimo periodo creativo è avvenuto appena finito l'Istituto d'Arte; ero capace di dipingere una creatura ad ogni settimana. Col tempo la produzione si è rallentata e da alcuni anni produco una creatura con cadenza annuale. Ho fatto anche un simpatico periodo di crisi creativa, panico da foglio bianco, mi sono anche chiesto se avessi ultimato le cose da dire, mi sono anche trovato ripetitivo e inaridito.
Finito il boom iniziale ho rantumato nel fondo per svariati anni. Attualmente pare che qualcosa si stia muovendo anche su questo fronte, ma è molto faticoso.
Ricordo che agli inizi mi bastava avere un foglio davanti per disegnare qualcosa, anche di complesso e scoprire un senso nell'opera finita; non dovevo pensare a nulla, mi bastava anche una vaghissima suggestione o una digestione importante.
Adesso devo prima elaborare l'idea, ricercare i riferimenti iconografici, pensare alla composizione e tutto questo processo può impiegare un tempo variabile da qualche mese a qualche anno; alla fine c'è l'esecuzione materiale dell'opera che può impiegare svariati mesi a seconda della durata delle ferie di madonna Ispirazione.
Non che nel frattempo non dipinga o non disegni, ma sono tutte cose minute, piccoli formati, con una striminzita, quando nulla, idea portante; niente di particolarmente soddisfacente il più delle volte.
Inoltre sto subendo una acutizzazione degli aspetti più baracconi, barocchi e sbarluseganti, del mio gusto decorativo.
Probabilmente sto cercando di reinventare, inconsciamente, la mia tecnica per adeguarla alle mie nuove, visto che la mia tecnica è stata elaborata circa vent'anni fa, idee e al mio nuovo modo di sentire e percepire il mondo; il processo in sé non è male, ma sta durando da una eternità e sarebbe carino che finisse in tempi brevi... o quantomeno in tempi utili, il tempo passa e mica divento più giovane.
Nulla di particolarmente strabiliante; sono cosciente dei limiti del mio talento, per cui non tendo all'autocelebrazione, ma ritengo di aver creato, nel tempo, pochi quadri belli, molti validi, alcuni guardabili e pochi, per fortuna, imbarazzanti e francamente impresentabili.
Il mio massimo periodo creativo è avvenuto appena finito l'Istituto d'Arte; ero capace di dipingere una creatura ad ogni settimana. Col tempo la produzione si è rallentata e da alcuni anni produco una creatura con cadenza annuale. Ho fatto anche un simpatico periodo di crisi creativa, panico da foglio bianco, mi sono anche chiesto se avessi ultimato le cose da dire, mi sono anche trovato ripetitivo e inaridito.
Finito il boom iniziale ho rantumato nel fondo per svariati anni. Attualmente pare che qualcosa si stia muovendo anche su questo fronte, ma è molto faticoso.
Ricordo che agli inizi mi bastava avere un foglio davanti per disegnare qualcosa, anche di complesso e scoprire un senso nell'opera finita; non dovevo pensare a nulla, mi bastava anche una vaghissima suggestione o una digestione importante.
Adesso devo prima elaborare l'idea, ricercare i riferimenti iconografici, pensare alla composizione e tutto questo processo può impiegare un tempo variabile da qualche mese a qualche anno; alla fine c'è l'esecuzione materiale dell'opera che può impiegare svariati mesi a seconda della durata delle ferie di madonna Ispirazione.
Non che nel frattempo non dipinga o non disegni, ma sono tutte cose minute, piccoli formati, con una striminzita, quando nulla, idea portante; niente di particolarmente soddisfacente il più delle volte.
Inoltre sto subendo una acutizzazione degli aspetti più baracconi, barocchi e sbarluseganti, del mio gusto decorativo.
Probabilmente sto cercando di reinventare, inconsciamente, la mia tecnica per adeguarla alle mie nuove, visto che la mia tecnica è stata elaborata circa vent'anni fa, idee e al mio nuovo modo di sentire e percepire il mondo; il processo in sé non è male, ma sta durando da una eternità e sarebbe carino che finisse in tempi brevi... o quantomeno in tempi utili, il tempo passa e mica divento più giovane.
venerdì 21 ottobre 2011
Fonti di irritazione
Qualche post fa, forse uno, parlavo di percorsi e comportamenti che teniamo con frequenza lungo il corso del tempo; vi sono anche cose che negli anni mantengono inalterata la loro capacità di farci perdere Trapezunte e tutto il resto... poi spiego la ragione di questo post.
Personalmente sono tre, più un'aggiunta in misura minore, le cose che mi fanno decidere tirare dritto per la strada e abbandonare al loro destino le persone.
1) Mai dirmi chi devo o non devo frequentare.
Per quanto riguarda la scelta delle persone da frequentare ritengo valido un unico parere: il mio. Ogni altro parere in essere può essere esposto come opinione, ma non bisogna mai dirmi "quella/o non devi frequentarla/o" o "é meglio che non la/o vedi più". I miei amici e le persone che frequento possono essere ampiamente sottoposte a critiche se è il caso, ma non accetto ordini in argomento.
Nella mia vita è capitato tre volte che qualcuno mi abbia detto una cosa del genere.
Il primo fu mio padre e all'epoca dovevo obbedirgli, ma visto che ritenevo il mio giudizio migliore del suo, ho solo fatte salve le apparenze e ho continuato imperterrito a vedere la persona sottoposta a censura; questa persona la vedro ancora oggi dopo più di vent'anni.
La seconda volta è accaduto alle superiori; un paio di miei compagni di classe decisero che avrei dovuto smettere di frequentare una delle mie poche amiche, quando lo sono venuto a sapere ho mollato l'infelice duo, che per inciso condividevano una mezza arachide nella scatola cranica, ricordo con orrore le ripetizioni di storia, e ho continuato a vedere la mia amica; dopo più di vent'anni, non ostante alcuni incidenti di percorso dei quali parlerò più avanti, continuo a vedere questa persona regolarmente.
La terza volta è stata in qualche misura più grave. All'epoca della scuola superiore le mie amicizie ammontavano a circa tre persone, due sono le persone nominate sopra sottoposte a censura da terzi, e l'altra era una ragazza, che per comodità di narrazione chiamerò H, che ho continuato a vedere per molti anni dopo la scuola superiore e che mi ha aiutato, sotto molti aspetti, ad aprire qualche porta nelle turrite mure che mi circondavano. In un periodo un po' travagliato della nostra amicizia, l'episodio è stato l'inizio del tramonto, avevo iniziato a vedere una persona, conosciuta tramite un'altra amica, ed H mi disse :"anche lei però... guarda stai attento; non dovresti uscire con lei". La cosa mi lasciò stercofatto perché H ed io ci conoscevamo, all'epoca, da almeno una decina d'anni e credevo avesse imparato che vi sono cose che mi fanno alzare gli scudi e armare i siluri fotonici (la nerdezza non può mai essere abbandonata).
Il risultato di questa infelice frase, concausa di altri fattori, è stato che H non la vedo più da almeno nove anni, mentre l'altra persona, che ora è felicemente accasata, continuo a vederla.
2)Mai tirarmi per la giacchetta.
E' assolutamente lecito che le persone si sfoghino con me raccontandomi i fatti che le travagliano, esprimendo anche opinioni poco lusighieri su amici, o conoscenti, comuni, ma in una lite tra persone che conosco e riguardante fatti ai quali non sono stato presente, non mi si deve mai chiedere di schierarmi per l'una o per l'altra.
Chi viene a tirarmi per la giacchetta chiedendo il mio appoggio viene immediatamente silurato senza tante cerimonie e riguardi di alcun genere. Ho commesso una volta l'errore di sposare acriticamente una causa, senza aver partecipato direttamente agli eventi, e il Cosmo mi ha permesso di rimediarvi e da allora non intendo ripetere lo stesso sbaglio.
Posso fornire conforto e qualche consiglio, ma non prenderò posizione e insistere affinché io mi schieri vuol dire perdermi.
3)Mai obbligarmi a farmi fare cose che non voglio fare.
Una volta ero decisamente più insicuro ed ero più propenso a piegarmi a fare cose controvoglia, ma poi opponevo resistenza passiva. Il processo di resistenza passiva è però fonte di stress, tensioni e in generale si sta male in itinere, specie quando si fanno le cose perché le circostanze, per far salve delle amicizie, ce lo impongono.
Certo, alcune cose, volente o nolente, le devo fare per il mio bene e se le faccio è perché mi rendo conto che mi serve farle; per cui mi forzo a farle, ma basta darmi un po' di tempo per farmi capire che è necessario ch'io faccia qualcosa, anche controvoglia, perché io ci rifletta sopra e la faccia. Negarmi i miei tempi è gravissimo; mi fa andare tutto di traverso e poi io mi pianto sulle mie posizioni e divento inamovibile.
Non starò a raccontare tutta la rava e la fava, ne verrebbe fuori una gamba inutile, ma H era coinvolta; basti sapere che da allora insistere nel farmi fare qualcosa che non voglio fare, equivale a farsi mollare come un piccione in una grondaia a dicembre.
L'aggiunta è un corollario alla terza fonte di irritazione massima, ma è meno grave delle precedenti, anche se la reiterazione le procura una promozione immediata:
4)Non obbligarmi a vedere persone sulle quali ho espresso dubbi e che non mi piacciono.
A lungo andare assocerò la persona irritante con colei, o colui, che è all'origine dell'obbligazione e, anche se nutro stima per la persona in questione, il fatto che mi obblighi a vedere persone palesemente non grate, ridurrà progressivamente a zero la mia stima.
Potrei quasi fare un manuale di istruzioni d'uso della mia persona.
Scrivo tutto questo perché ieri sera mi è capitata tra le mani, mentre cercavo alcune cose, l'ultima lettera che mi scrisse H e leggendola, pur avendo colto alcuni aspetti, mi sono reso conto che pur conoscendomi bene, era riuscita nel giro di pochissimo tempo, uno o due anni, a fare tutte e quatto le cose che riescono da sempre a indispormi. Verso la fine della missiva mi scriveva: "non allontanarci"; te lo ricordi H.? Eppure è bastato ch'io non mi sia fatto sentire per una settimana, dopo anni e anni di telefonate e lettere da parte mia, spostamenti che facevo sempre io, perché le settimane divenissero anni; pensavo di meritare, dopo un "non è cambiato nulla" da parte tua, almeno una telefonata... evidentemente non era così, pazienza.
Non scrivo tutto questo con rancore, o rabbia, o delusione, è tutto troppo lontano perché possa ancora toccarmi, ma per darti una spiegazione della quale probabilmente non saprai cosa farti, ma potrebbe esserti utile per il futuro con altre persone.
Non credere ch'io abbia rimpianti; le scelte che ho fatto all'epoca si confermano ogni giorno come le migliori.
Le persone sono sempre in grado di stupirci e l'abitudine ad esse non è mai garanzia di eterna frequentazione; tutto scorre e cambia e più mobili di altri eventi sono i rapporti interpersonali che sempre sono fluidi.
Ci sono però alcune costanti che sono alla base del nostro essere, un nucleo che rimane, affinandosi, nel tempo e non bisogna mai andare contro questo nucleo; la saggezza popolare dice che le persone vanno pettinate per il loro verso e ha ragione.
Personalmente sono tre, più un'aggiunta in misura minore, le cose che mi fanno decidere tirare dritto per la strada e abbandonare al loro destino le persone.
1) Mai dirmi chi devo o non devo frequentare.
Per quanto riguarda la scelta delle persone da frequentare ritengo valido un unico parere: il mio. Ogni altro parere in essere può essere esposto come opinione, ma non bisogna mai dirmi "quella/o non devi frequentarla/o" o "é meglio che non la/o vedi più". I miei amici e le persone che frequento possono essere ampiamente sottoposte a critiche se è il caso, ma non accetto ordini in argomento.
Nella mia vita è capitato tre volte che qualcuno mi abbia detto una cosa del genere.
Il primo fu mio padre e all'epoca dovevo obbedirgli, ma visto che ritenevo il mio giudizio migliore del suo, ho solo fatte salve le apparenze e ho continuato imperterrito a vedere la persona sottoposta a censura; questa persona la vedro ancora oggi dopo più di vent'anni.
La seconda volta è accaduto alle superiori; un paio di miei compagni di classe decisero che avrei dovuto smettere di frequentare una delle mie poche amiche, quando lo sono venuto a sapere ho mollato l'infelice duo, che per inciso condividevano una mezza arachide nella scatola cranica, ricordo con orrore le ripetizioni di storia, e ho continuato a vedere la mia amica; dopo più di vent'anni, non ostante alcuni incidenti di percorso dei quali parlerò più avanti, continuo a vedere questa persona regolarmente.
La terza volta è stata in qualche misura più grave. All'epoca della scuola superiore le mie amicizie ammontavano a circa tre persone, due sono le persone nominate sopra sottoposte a censura da terzi, e l'altra era una ragazza, che per comodità di narrazione chiamerò H, che ho continuato a vedere per molti anni dopo la scuola superiore e che mi ha aiutato, sotto molti aspetti, ad aprire qualche porta nelle turrite mure che mi circondavano. In un periodo un po' travagliato della nostra amicizia, l'episodio è stato l'inizio del tramonto, avevo iniziato a vedere una persona, conosciuta tramite un'altra amica, ed H mi disse :"anche lei però... guarda stai attento; non dovresti uscire con lei". La cosa mi lasciò stercofatto perché H ed io ci conoscevamo, all'epoca, da almeno una decina d'anni e credevo avesse imparato che vi sono cose che mi fanno alzare gli scudi e armare i siluri fotonici (la nerdezza non può mai essere abbandonata).
Il risultato di questa infelice frase, concausa di altri fattori, è stato che H non la vedo più da almeno nove anni, mentre l'altra persona, che ora è felicemente accasata, continuo a vederla.
2)Mai tirarmi per la giacchetta.
E' assolutamente lecito che le persone si sfoghino con me raccontandomi i fatti che le travagliano, esprimendo anche opinioni poco lusighieri su amici, o conoscenti, comuni, ma in una lite tra persone che conosco e riguardante fatti ai quali non sono stato presente, non mi si deve mai chiedere di schierarmi per l'una o per l'altra.
Chi viene a tirarmi per la giacchetta chiedendo il mio appoggio viene immediatamente silurato senza tante cerimonie e riguardi di alcun genere. Ho commesso una volta l'errore di sposare acriticamente una causa, senza aver partecipato direttamente agli eventi, e il Cosmo mi ha permesso di rimediarvi e da allora non intendo ripetere lo stesso sbaglio.
Posso fornire conforto e qualche consiglio, ma non prenderò posizione e insistere affinché io mi schieri vuol dire perdermi.
3)Mai obbligarmi a farmi fare cose che non voglio fare.
Una volta ero decisamente più insicuro ed ero più propenso a piegarmi a fare cose controvoglia, ma poi opponevo resistenza passiva. Il processo di resistenza passiva è però fonte di stress, tensioni e in generale si sta male in itinere, specie quando si fanno le cose perché le circostanze, per far salve delle amicizie, ce lo impongono.
Certo, alcune cose, volente o nolente, le devo fare per il mio bene e se le faccio è perché mi rendo conto che mi serve farle; per cui mi forzo a farle, ma basta darmi un po' di tempo per farmi capire che è necessario ch'io faccia qualcosa, anche controvoglia, perché io ci rifletta sopra e la faccia. Negarmi i miei tempi è gravissimo; mi fa andare tutto di traverso e poi io mi pianto sulle mie posizioni e divento inamovibile.
Non starò a raccontare tutta la rava e la fava, ne verrebbe fuori una gamba inutile, ma H era coinvolta; basti sapere che da allora insistere nel farmi fare qualcosa che non voglio fare, equivale a farsi mollare come un piccione in una grondaia a dicembre.
L'aggiunta è un corollario alla terza fonte di irritazione massima, ma è meno grave delle precedenti, anche se la reiterazione le procura una promozione immediata:
4)Non obbligarmi a vedere persone sulle quali ho espresso dubbi e che non mi piacciono.
A lungo andare assocerò la persona irritante con colei, o colui, che è all'origine dell'obbligazione e, anche se nutro stima per la persona in questione, il fatto che mi obblighi a vedere persone palesemente non grate, ridurrà progressivamente a zero la mia stima.
Potrei quasi fare un manuale di istruzioni d'uso della mia persona.
Scrivo tutto questo perché ieri sera mi è capitata tra le mani, mentre cercavo alcune cose, l'ultima lettera che mi scrisse H e leggendola, pur avendo colto alcuni aspetti, mi sono reso conto che pur conoscendomi bene, era riuscita nel giro di pochissimo tempo, uno o due anni, a fare tutte e quatto le cose che riescono da sempre a indispormi. Verso la fine della missiva mi scriveva: "non allontanarci"; te lo ricordi H.? Eppure è bastato ch'io non mi sia fatto sentire per una settimana, dopo anni e anni di telefonate e lettere da parte mia, spostamenti che facevo sempre io, perché le settimane divenissero anni; pensavo di meritare, dopo un "non è cambiato nulla" da parte tua, almeno una telefonata... evidentemente non era così, pazienza.
Non scrivo tutto questo con rancore, o rabbia, o delusione, è tutto troppo lontano perché possa ancora toccarmi, ma per darti una spiegazione della quale probabilmente non saprai cosa farti, ma potrebbe esserti utile per il futuro con altre persone.
Non credere ch'io abbia rimpianti; le scelte che ho fatto all'epoca si confermano ogni giorno come le migliori.
Le persone sono sempre in grado di stupirci e l'abitudine ad esse non è mai garanzia di eterna frequentazione; tutto scorre e cambia e più mobili di altri eventi sono i rapporti interpersonali che sempre sono fluidi.
Ci sono però alcune costanti che sono alla base del nostro essere, un nucleo che rimane, affinandosi, nel tempo e non bisogna mai andare contro questo nucleo; la saggezza popolare dice che le persone vanno pettinate per il loro verso e ha ragione.
giovedì 20 ottobre 2011
Sogno
Il sogno di stanotte è stato molto carino.
Ero in viaggio all'estero, stavo facendo il turista in Germania, anche se non si trattava di una città in particolare ed era una versione idealizzata della Germania. Avevo un amico che mi ha fatto da guida e anche da autista e parlava italiano; ovviamente io mi rivolgevo ai locali con un bellissimo inglese, così perfetto come solo nei sogni può esserlo.
Ricordo che a un certo punto superavamo un fiume di una bellissima tonalità di turchese; non attraverso un ponte, ma l'auto era sollevata magneticamente su una sorta di monorotaia e le barche abbandonate, che una volta erano inutilizzate, erano state unite e recuperate sino a formare nuove unità abitative.
Ci addentriamo nel centro medioevale della città, con strane aggiunte barocche minimali qui e là, e mi accorgo che mi serve un interprete perché, ovviamente, non capisco il tedesco e compare Rossarame che mi traduce di volta in volta; dato che avevo già una guida tedesca non era indispensabile la sua presenza, ma nel sogno aveva senso.
A un certo punto ricordo che avviene questo dialogo:
Amico tedesco: "certo che vista una chiesa del '300, viste tutte; sono praticamente tutte uguali"
io: "si... un po' come i templi in Giappone"
Amico tedesco:"non sono mai stato in Giappone; come sono i templi?"
Rossarame:"bhè... quelli buddhisti sono variamente marroni e quelli shintoisti sono tutti arancioni :asd:" (c'era chiaramente un :asd: finale)
Ero in viaggio all'estero, stavo facendo il turista in Germania, anche se non si trattava di una città in particolare ed era una versione idealizzata della Germania. Avevo un amico che mi ha fatto da guida e anche da autista e parlava italiano; ovviamente io mi rivolgevo ai locali con un bellissimo inglese, così perfetto come solo nei sogni può esserlo.
Ricordo che a un certo punto superavamo un fiume di una bellissima tonalità di turchese; non attraverso un ponte, ma l'auto era sollevata magneticamente su una sorta di monorotaia e le barche abbandonate, che una volta erano inutilizzate, erano state unite e recuperate sino a formare nuove unità abitative.
Ci addentriamo nel centro medioevale della città, con strane aggiunte barocche minimali qui e là, e mi accorgo che mi serve un interprete perché, ovviamente, non capisco il tedesco e compare Rossarame che mi traduce di volta in volta; dato che avevo già una guida tedesca non era indispensabile la sua presenza, ma nel sogno aveva senso.
A un certo punto ricordo che avviene questo dialogo:
Amico tedesco: "certo che vista una chiesa del '300, viste tutte; sono praticamente tutte uguali"
io: "si... un po' come i templi in Giappone"
Amico tedesco:"non sono mai stato in Giappone; come sono i templi?"
Rossarame:"bhè... quelli buddhisti sono variamente marroni e quelli shintoisti sono tutti arancioni :asd:" (c'era chiaramente un :asd: finale)
mercoledì 19 ottobre 2011
"Meglio soli che male accompagnati"
Questa frase credo che sia una delle mie preferite. Lo so, ho detto in altri post che la solitudine non è cosa bella, per nessuno, ma è anche vero che sovente ci si ritrova a gestire un rapporto, sia di amicizia o altro, che va stretto e allora tanto vale chiedersi se ne valga o meno la pena di andare avanti.
A volte ci sono dei margini di miglioramento, a volte no, ogni caso è diverso e va valutato singolarmente, specie quando in ballo c'è qualcosa di più di una episodica conoscenza, ma arrivare alla questione "ne vale la pena" è sintomo che moltissime cose non vanno.
Dato che perché le cose non funzionino bisogna essere almeno in due, va da sé che le colpe vanno divise almeno per due, ma non sempre ognuno riceve metà della colpa.
Se c'è una cosa che mi lascia basito sono quelle persone che fingono di prendersi delle colpe solo per il gusto di sentirsi dire: "no; non è colpa tua. Tu hai fatto tutto quello che potevi e non puoi ritenere sbagliato cercare l'appoggio altrui"... si tratta di un modo come un altro per manlevarsi di ogni responsabilità.
Il peggio è quando non puoi neppure fare una critica perché verrebbe presa come un atto di lesa maestà; nel qual caso non si tratta di amicizia o che, ma di una forma di sudditanza.
Vediamo sempre il mondo con delle lenti deformanti, che cambiano le cose a seconda della nostra sensibilità, della nostra predisposizione alla lagnanza in lungo e del nostro vittimismo e l'idea che abbiamo di noi stessi non fa eccezione; ci vediamo in un modo che è più o meno distorto e a volte la distorsione è tale che ci impedisce di capire cosa stiamo guardando.
Se il mondo ci dice che stiamo facendo qualcosa di sbagliato vi sono tre possibilità:
1) abbiamo ragione noi e il mondo non capisce niente, ma si tratta di una possibilità remotissima, da considerare per ultima e solo se i risultati ci danno ragione.
2) ha ragione il mondo; possibilità ben più probabile
3) ci chiamiamo Beverly Crusher e abbiamo un figlio che, giocando in posti dove non dovrebbe giocare, ci ha rinchiuso in una bolla spazio-tempo che sta collassando.
Come si fa a capire se ricadiamo nell'ipotesi uno o nell'ipotesi due? La tre non la considero perché vale solo se avete recitato in TNG.
Basta guardare a come ci siamo comportati nel tempo, esiste sempre un modus operandi riconoscibile, e tendiamo a fare più o meno lo stesso errore, specie se non siamo abituati a fare dell'autocritica; è vitale riuscire ad avere un po' di obiettività e riuscire a guardare alle cose come se non ci coinvolgessero, per poterle valutare in modo equilibrato.
E' come quando si litiga: non bisogna rivangare episodi avvenuti nel precambriano e tirarli fuori ogni volto, ma valutare il singolo episodio, riducendolo quindi alle sue dimensioni effettive, o guardare al piano generale e capire dov'è l'errore da correggere.
L'obiettività è la chiave per l'equilibrio, per capire che siamo fallibili, siamo tutti capaci di comportarci e compiere il male e per capire che conoscendo i nostri difetti possiamo porvi rimedio.
"Conosci te stesso" rimane il consiglio migliore mai dato nella storia dell'umanità.
A volte ci sono dei margini di miglioramento, a volte no, ogni caso è diverso e va valutato singolarmente, specie quando in ballo c'è qualcosa di più di una episodica conoscenza, ma arrivare alla questione "ne vale la pena" è sintomo che moltissime cose non vanno.
Dato che perché le cose non funzionino bisogna essere almeno in due, va da sé che le colpe vanno divise almeno per due, ma non sempre ognuno riceve metà della colpa.
Se c'è una cosa che mi lascia basito sono quelle persone che fingono di prendersi delle colpe solo per il gusto di sentirsi dire: "no; non è colpa tua. Tu hai fatto tutto quello che potevi e non puoi ritenere sbagliato cercare l'appoggio altrui"... si tratta di un modo come un altro per manlevarsi di ogni responsabilità.
Il peggio è quando non puoi neppure fare una critica perché verrebbe presa come un atto di lesa maestà; nel qual caso non si tratta di amicizia o che, ma di una forma di sudditanza.
Vediamo sempre il mondo con delle lenti deformanti, che cambiano le cose a seconda della nostra sensibilità, della nostra predisposizione alla lagnanza in lungo e del nostro vittimismo e l'idea che abbiamo di noi stessi non fa eccezione; ci vediamo in un modo che è più o meno distorto e a volte la distorsione è tale che ci impedisce di capire cosa stiamo guardando.
Se il mondo ci dice che stiamo facendo qualcosa di sbagliato vi sono tre possibilità:
1) abbiamo ragione noi e il mondo non capisce niente, ma si tratta di una possibilità remotissima, da considerare per ultima e solo se i risultati ci danno ragione.
2) ha ragione il mondo; possibilità ben più probabile
3) ci chiamiamo Beverly Crusher e abbiamo un figlio che, giocando in posti dove non dovrebbe giocare, ci ha rinchiuso in una bolla spazio-tempo che sta collassando.
Come si fa a capire se ricadiamo nell'ipotesi uno o nell'ipotesi due? La tre non la considero perché vale solo se avete recitato in TNG.
Basta guardare a come ci siamo comportati nel tempo, esiste sempre un modus operandi riconoscibile, e tendiamo a fare più o meno lo stesso errore, specie se non siamo abituati a fare dell'autocritica; è vitale riuscire ad avere un po' di obiettività e riuscire a guardare alle cose come se non ci coinvolgessero, per poterle valutare in modo equilibrato.
E' come quando si litiga: non bisogna rivangare episodi avvenuti nel precambriano e tirarli fuori ogni volto, ma valutare il singolo episodio, riducendolo quindi alle sue dimensioni effettive, o guardare al piano generale e capire dov'è l'errore da correggere.
L'obiettività è la chiave per l'equilibrio, per capire che siamo fallibili, siamo tutti capaci di comportarci e compiere il male e per capire che conoscendo i nostri difetti possiamo porvi rimedio.
"Conosci te stesso" rimane il consiglio migliore mai dato nella storia dell'umanità.
martedì 18 ottobre 2011
"Che confusione..."
...ma non è "perché ti amo"; tanto per citare liberamente i Ricchi e Poveri.
E' passata quasi una settimana dal mio ultimo post e avrei voluto scrivere qualcosa sul blog in questi giorni, e avrei forse avuto anche argomenti dei quali trattare, ma gli ultimi giorni sono stati all'insegna della più completa confusione.
Abbiamo iniziato subito con una questione catastale di sovrapposizioni che non tornavano e che ci siamo trascinati per un bel po', a questo si è aggiunto un po' di casino creato dal Capo riguardo a dei telefoni e che ora, come un domino, sta divenendo sempre più complesso e costoso.
Dato che il capo è nervoso, ho giusto avuto conferma che dovrà andarsene, anche se non so quando, oggi si inventa anche le cose dicendo che telefona su un cellulare quando quest'ultimo non ha emesso suoni... e non compare neppure la chiamata non risposta.
Spero che la settimana si chiuda senza troppi casini, perché io ne avrei anche avuti a sufficienza.
Oggi mi sono dovuto fermare in pausa pranzo e questo vuol dire che alle cinque leverò le tende.
E' passata quasi una settimana dal mio ultimo post e avrei voluto scrivere qualcosa sul blog in questi giorni, e avrei forse avuto anche argomenti dei quali trattare, ma gli ultimi giorni sono stati all'insegna della più completa confusione.
Abbiamo iniziato subito con una questione catastale di sovrapposizioni che non tornavano e che ci siamo trascinati per un bel po', a questo si è aggiunto un po' di casino creato dal Capo riguardo a dei telefoni e che ora, come un domino, sta divenendo sempre più complesso e costoso.
Dato che il capo è nervoso, ho giusto avuto conferma che dovrà andarsene, anche se non so quando, oggi si inventa anche le cose dicendo che telefona su un cellulare quando quest'ultimo non ha emesso suoni... e non compare neppure la chiamata non risposta.
Spero che la settimana si chiuda senza troppi casini, perché io ne avrei anche avuti a sufficienza.
Oggi mi sono dovuto fermare in pausa pranzo e questo vuol dire che alle cinque leverò le tende.
giovedì 13 ottobre 2011
Raganella
"Quando ero bambina c'era, ma c'è anche adesso, un canale vicino a casa che comunicava direttamente con il Po; all'epoca il Po era più pulito e ricordo che c'era pieno di rane. Alla sera si sentivano dei concerti meravigliosi; le rane gracidavano sempre.
Una volta ho anche preso in mano una raganella; era piccola, di un bel verde, del colore dell'erba. Molto socievole, per cui la tenevo sul palmo della mano e lei si è lasciata accarezzare; hanno una bella pelle morbida."
Augusta Genitrice
A Salso di raganelle non ne ho mai viste, siamo pieni di rospi smeraldini, ma raganelle non ne ho mai viste. L'unica volta che ne ho vista una è stato al cimitero di Roccabianca molto tempo fa. Vicino alle tombe dei miei nonni, i cui corpi riposano in terra perché loro avranno altro da fare, c'era un grosso cespuglio, adesso non credo ci sia più, e lì in mezzo c'era una bellissima raganella.
Tutto sommato siamo una famiglia amante degli anfibi.
Avrei potuto utilizzare, per questo post, il superpotere della "lagnanza ammorbante", tanto per citare Silvia Ziche, ma ho preferito raccontare d'altro; non ho dimenticato il blog, è che in questi giorni ho avuto molte cose da fare e poco tempo per pensare a qualcosa di diverso dal lavoro... al quale torno.
lunedì 10 ottobre 2011
Novembre
Kate Bush "Wild Man"
Per quest'anno, per quel che mi riguarda, Natale arriverà a Novembre e sarà questo mese ad essere ancora magico :)
Per quest'anno, per quel che mi riguarda, Natale arriverà a Novembre e sarà questo mese ad essere ancora magico :)
giovedì 6 ottobre 2011
"Un giorno di pioggia..."
"...Andrea e Giuliano incontrano Licia per caso"
Non vi canterò tutta la sigla, un po' perché non la so a memoria e un po' perché trovavo abbastanza inutile il cartone.
Avrei potuto fregare questa bella idea a Ferruccio, ma anche questa non è male, ma le terrò entrambe per un giorno di pioggia, quando le idee latitano e non so cosa scrivere sul blog.
Non che debba essere necessariamente un reale giorno di pioggia; intendiamolo in senso figurato, come quando piove e non vuoi uscire, ma restare sotto a una coperta, un buon libro, ad ascoltare la pioggia che cade e non vuoi fare altro per tutta la giornata.
Potrebbe benissimo anche chiamarsi un giorno di caldo porco, quando c'è troppo caldo anche solo per pensare e l'unica cosa che si vuole fare è rintanarsi all'ombra e al fresco in qualche pertugio ipogeo.
Tutto questo per dire che sto proseguendo la lettura di "Gone with the wind", un libro ben fatto con una protagonista strepitosa, e questa lettura mi ha fatto fare alcune considerazioni sugli effetti collaterali dell'emancipazione femminile.
In genere questo evento enumera le conquiste della donna e di seguito viene attaccata la crisi dell'uomo; ecco, stamane, durante le consuete abluzioni mattutine, ho fatto una considerazione diversa.
Relegando la donna in cucina l'uomo si è fornito di una badante, una sorta di assistente sociale, la cui perdita, poiché finalmente la donna ha potuto superare i confini domestici, ha costretto l'uomo all'indipendenza.
Grazie all'emancipazione femminile, anche gli uomini oggi possono fare molte cose senza l'ausilio della badante, ad esempio:
- possono lavare e stirare da soli il proprio vestiario;
- possono rammendarsi il vestiario senza bisogno dell'assistente sociale;
- sono in grado di farsi da mangiare, evitando quindi la morte per fame o il dilapidare un patrimonio in cene fuori;
- cambiare i pannolini alla prole senza andare nel panico di fronte a una cosa così semplice;
- lavare le stoviglie e mettere ordine in casa senza rischiare di vivere in porcile e prendersi qualche malattia interessante... e via discorrendo.
Ancora molto c'è da fare; d'altronde la percentuale di uomini autosufficienti non è elevata ed è un po' come se fossimo appena entrati nell'adolescenza.
Ci voleva proprio l'emancipazione femminile per farci maturare.
Non vi canterò tutta la sigla, un po' perché non la so a memoria e un po' perché trovavo abbastanza inutile il cartone.
Avrei potuto fregare questa bella idea a Ferruccio, ma anche questa non è male, ma le terrò entrambe per un giorno di pioggia, quando le idee latitano e non so cosa scrivere sul blog.
Non che debba essere necessariamente un reale giorno di pioggia; intendiamolo in senso figurato, come quando piove e non vuoi uscire, ma restare sotto a una coperta, un buon libro, ad ascoltare la pioggia che cade e non vuoi fare altro per tutta la giornata.
Potrebbe benissimo anche chiamarsi un giorno di caldo porco, quando c'è troppo caldo anche solo per pensare e l'unica cosa che si vuole fare è rintanarsi all'ombra e al fresco in qualche pertugio ipogeo.
Tutto questo per dire che sto proseguendo la lettura di "Gone with the wind", un libro ben fatto con una protagonista strepitosa, e questa lettura mi ha fatto fare alcune considerazioni sugli effetti collaterali dell'emancipazione femminile.
In genere questo evento enumera le conquiste della donna e di seguito viene attaccata la crisi dell'uomo; ecco, stamane, durante le consuete abluzioni mattutine, ho fatto una considerazione diversa.
Relegando la donna in cucina l'uomo si è fornito di una badante, una sorta di assistente sociale, la cui perdita, poiché finalmente la donna ha potuto superare i confini domestici, ha costretto l'uomo all'indipendenza.
Grazie all'emancipazione femminile, anche gli uomini oggi possono fare molte cose senza l'ausilio della badante, ad esempio:
- possono lavare e stirare da soli il proprio vestiario;
- possono rammendarsi il vestiario senza bisogno dell'assistente sociale;
- sono in grado di farsi da mangiare, evitando quindi la morte per fame o il dilapidare un patrimonio in cene fuori;
- cambiare i pannolini alla prole senza andare nel panico di fronte a una cosa così semplice;
- lavare le stoviglie e mettere ordine in casa senza rischiare di vivere in porcile e prendersi qualche malattia interessante... e via discorrendo.
Ancora molto c'è da fare; d'altronde la percentuale di uomini autosufficienti non è elevata ed è un po' come se fossimo appena entrati nell'adolescenza.
Ci voleva proprio l'emancipazione femminile per farci maturare.
mercoledì 5 ottobre 2011
Geometria e altro
Ci sono tre rette; la retta "r" è parallela alla retta "p" e la retta "p" è parallela alla retta "q" per cui, per la proprietà transitiva, la retta "q" è parallela alla retta "r".
La proprietà transitiva si applica anche alla matematica, ma quando viene applicata alla filosofia diviene un sillogismo che è uno strumento elementare e fallibile di ragionamento.
Un esempio di sillogismo assurdo è il seguente: "Socrate è un animale; i cani sono animali, quindi Socrate è un cane" e probabilmente il buon Socrate, date le abitudini igieniche della Grecia classica, avrà anche avuto un afrore importante, ma di certo non era un cane.
Questo per dire che le proprietà degli oggetti geometrici non sono applicabili ai rapporti interpersonali perché le persone non sono punti, rette e superfici.
Platone con l'Iperurania sostiene che le idee sono collegate agli oggetti materiali che rappresentano, non sono però un oggetto specifico, ma l'archetipo di esso; questo perché tra il dire e il fare c'è di mezzo il mare.
Solo gli archetipi di oggetti semplici come punti e linee coincidono con gli oggetti reali, perché in questo caso l'oggetto reale non esiste se non come costruzione matematica.
Può capitare che ci si faccia un'idea di sé del tutto sbagliata; se accade basta applicare il metodo scientifico: osservare la realtà, capire dove l'idea si discosta dal reale e desumere una nuova idea di sé partendo dalle osservazioni.
D'altronde se anche il Diavolo, che è un angelo caduto il cui nome significa "portatore di luce", fa le pentole e non i coperchi chi siamo noi per azzeccarle sempre tutte?
C'è sempre qualcuno più bravo.
La proprietà transitiva si applica anche alla matematica, ma quando viene applicata alla filosofia diviene un sillogismo che è uno strumento elementare e fallibile di ragionamento.
Un esempio di sillogismo assurdo è il seguente: "Socrate è un animale; i cani sono animali, quindi Socrate è un cane" e probabilmente il buon Socrate, date le abitudini igieniche della Grecia classica, avrà anche avuto un afrore importante, ma di certo non era un cane.
Questo per dire che le proprietà degli oggetti geometrici non sono applicabili ai rapporti interpersonali perché le persone non sono punti, rette e superfici.
Platone con l'Iperurania sostiene che le idee sono collegate agli oggetti materiali che rappresentano, non sono però un oggetto specifico, ma l'archetipo di esso; questo perché tra il dire e il fare c'è di mezzo il mare.
Solo gli archetipi di oggetti semplici come punti e linee coincidono con gli oggetti reali, perché in questo caso l'oggetto reale non esiste se non come costruzione matematica.
Può capitare che ci si faccia un'idea di sé del tutto sbagliata; se accade basta applicare il metodo scientifico: osservare la realtà, capire dove l'idea si discosta dal reale e desumere una nuova idea di sé partendo dalle osservazioni.
D'altronde se anche il Diavolo, che è un angelo caduto il cui nome significa "portatore di luce", fa le pentole e non i coperchi chi siamo noi per azzeccarle sempre tutte?
C'è sempre qualcuno più bravo.
martedì 4 ottobre 2011
Serie Tv
Non capita spesso che mi dilunghi a parlare di quello che guardo in un dato periodo, un po' perché preferisco leggere e un po' perché, in genere, mi limito a riguardare alcune trasmissioni vecchie.
Di nuovo ci sono solo alcune serie, persino in corso di trasmissione, il resto sono tutte serie vecchie già trasmesse e prese in dvd.
Raumpatrouille
Sono quasi arrivato in fondo, mi manca giusto una puntata, di questa bella serie tedesca degli anni '60. Quel che ho apprezzato di più, che in altre serie televisivi di fantascienza manca, è la vita da dopo lavoro; l'equipaggio della Orion fa volentieri baldoria e bevono come spugne dopo il lavoro... d'altronde sono bavaresi e ridono un sacco.
Niente seriosità alla Derrick, insomma, ma una serie ben fatta con dei protagonisti quasi caciaroni.
Un vero peccato che consti di sole sette puntate.
The Big Bang Theory
La serie è davvero ben fatta, le puntate durano venti minuti, o giù di lì, e la guardo in streaming perché è ancora in corso e non avendo il satellite me la posso godere tramite internet in lingua originale.
Castle
Gli scrittori che indagano mi sono sempre piaciuti dai tempi della Fletcher e questa serie è proprio ben fatta. Le trame non sono mai scontate, il rapporto tra i protagonisti è molto bello e persino il personaggio della figlia di Castle, che sinora era la parte più debole della serie (compare comunque in modo marginale), ultimamente si è riscattata.
Gimme, Gimme, Gimme
Uno degli ultimi acquisti dal Regno Unito. Sinora ho visto solo il pilot ma devo dire che promette bene; la protagonista, che mi aveva già dato del filo da torcere per capirla in "Absolutely fabulous", dove interpreta il capo di Patsy, mi ricorda anche una persona che conoscevo una volta.
Il dvd arriva privo di sottotitoli di alcun genere e quindi mi aspetta un discreto sforzo di comprensione.
Hyperdrive
Gli interessi britannici non sono mai stati in mani migliori.
Si tratta di una serie televisiva di fantascienza, sull'onda de "the hitchhiker's guide to the galaxy" e "red dwarf", che narra le vicende di un equipaggio scalcagnato, a bordo della HMS Camden Lock, in missione per la galassia alla ricerca di possibili partners commerciali per la Gran Bretagna.
Pan Am
Ho giusto visto il pilot, perché solo quello hanno trasmesso sinora, e devo dire che mi è proprio piaciuto; in più c'è Cristina Ricci che adoro da quando faceva la figlia nuotatrice di Cher in Mermaids.
Game of Thrones
Sinora ho visto solo il pilot e devo dire che mi è proprio piaciuta, ma per una ragione o per l'altra, non sono mai riuscito ad andare avanti e dovrò rimediare prima dell'inizio della prossima stagione.
Direi che sono più che abbastanza considerato che le mie serate in genere sono consacrate alla lettura.
Di nuovo ci sono solo alcune serie, persino in corso di trasmissione, il resto sono tutte serie vecchie già trasmesse e prese in dvd.
Raumpatrouille
Sono quasi arrivato in fondo, mi manca giusto una puntata, di questa bella serie tedesca degli anni '60. Quel che ho apprezzato di più, che in altre serie televisivi di fantascienza manca, è la vita da dopo lavoro; l'equipaggio della Orion fa volentieri baldoria e bevono come spugne dopo il lavoro... d'altronde sono bavaresi e ridono un sacco.
Niente seriosità alla Derrick, insomma, ma una serie ben fatta con dei protagonisti quasi caciaroni.
Un vero peccato che consti di sole sette puntate.
The Big Bang Theory
La serie è davvero ben fatta, le puntate durano venti minuti, o giù di lì, e la guardo in streaming perché è ancora in corso e non avendo il satellite me la posso godere tramite internet in lingua originale.
Castle
Gli scrittori che indagano mi sono sempre piaciuti dai tempi della Fletcher e questa serie è proprio ben fatta. Le trame non sono mai scontate, il rapporto tra i protagonisti è molto bello e persino il personaggio della figlia di Castle, che sinora era la parte più debole della serie (compare comunque in modo marginale), ultimamente si è riscattata.
Gimme, Gimme, Gimme
Uno degli ultimi acquisti dal Regno Unito. Sinora ho visto solo il pilot ma devo dire che promette bene; la protagonista, che mi aveva già dato del filo da torcere per capirla in "Absolutely fabulous", dove interpreta il capo di Patsy, mi ricorda anche una persona che conoscevo una volta.
Il dvd arriva privo di sottotitoli di alcun genere e quindi mi aspetta un discreto sforzo di comprensione.
Hyperdrive
Gli interessi britannici non sono mai stati in mani migliori.
Si tratta di una serie televisiva di fantascienza, sull'onda de "the hitchhiker's guide to the galaxy" e "red dwarf", che narra le vicende di un equipaggio scalcagnato, a bordo della HMS Camden Lock, in missione per la galassia alla ricerca di possibili partners commerciali per la Gran Bretagna.
Pan Am
Ho giusto visto il pilot, perché solo quello hanno trasmesso sinora, e devo dire che mi è proprio piaciuto; in più c'è Cristina Ricci che adoro da quando faceva la figlia nuotatrice di Cher in Mermaids.
Game of Thrones
Sinora ho visto solo il pilot e devo dire che mi è proprio piaciuta, ma per una ragione o per l'altra, non sono mai riuscito ad andare avanti e dovrò rimediare prima dell'inizio della prossima stagione.
Direi che sono più che abbastanza considerato che le mie serate in genere sono consacrate alla lettura.
lunedì 3 ottobre 2011
Arte e artisti
Ispirato da un articolo letto sull'arte povera, mi è venuto un po' di travaso di bile, e da una serie di personaggi discutibili, diciamo così, ho deciso di scrivere due righe riguardo l'artista.
Va da sé che trattasi di opinione personalissima; lo paleso subito, anche se è del tutto superfluo dato che solo la nostra opinione possiamo esprimere correttamente, perché si sappia che queste considerazioni sono frutto di ripetuti episodi che mi hanno lasciato del tutto basito.
In principio, ma senza partire da Tiamat o da Nyx, l'artista era un artigiano specializzato; il suo lavoro richiedeva un certo talento e anni di pratica di bottega per apprendere la manualità e le conoscenze, per poter lavorare al servizio di un qualche signore locale.
L'artista lavorava duramente per la pagnotta; sfoderando inusitate doti di captatio benevolentiae e piegandosi a quasi ogni cosa per poter mangiare.
Nel Medioevo sono rarissimi i casi nei quai conosciamo il nome dell'artista creatore di determinate opere, Wiligelmo e Antelami sono un caso raro; il considerare l'artista e quindi per estensione anche l'architetto, come un artigiano è prassi antica, poiché entrambi utilizzano, per fare le cose, la manualità e apprendono una serie di tecniche indispensabile alla realizzazione dei vari progetti.
Nel corso del tempo, iniziando dal Rinascimento, la figura dell'artista diventa sempre più vicina a quella dell'intellettuale; un personaggio che lavora tramite le idee e non con le mani.
Con le avanguardie, la perfoming art e tutti i vari movimenti contemporanei, l'aspetto privilegiato, più appariscente, del lavoro dell'artista è dato dall'idea che comunica e la capacità tecnica è scivolata in secondo piano.
Se c'è una cosa che mi fa imbestialire, sono quelle persone che "sentono" l'arte, si ritengono grandissimi geni incompresi, e non sanno tenere in mano una matita, ignorano le più semplici regole del disegno, conoscono il nome "texture" giusto perché c'è su photoshop, ma non ne hanno mai realizzata una a matita.
Per quanto possa risultare faticoso, che poi bisognerebbe sentire cosa ne pensa chi lavora in miniera, disegnare a mano senza l'ausilio di strumenti di assistenza informatici, che è come disegnare con la badante, è indispensabile per formarsi una valida conoscenza della composizione e della gestione dello spazio.
Il disegno dal vero forma l'occhio e insegna a osservare come funzionano le cose, come si torcono e come i materiali si comportano rispetto alla luce, sia essa solare o elettrica.
La conoscenza dei materiali e delle tecniche è assolutamente necessaria perché quello che abbiamo pensato posso essere realizzato nella realtà.
Il disegno a mano, dal vero, saper utilizzare l'olio, l'acquerello, l'acrilico e via discorrendo, sono l'alfabeto e le regole grammaticali del fare arte.
L'arte è un linguaggio e come tale ha un alfabeto e delle regole grammaticali e le regole non si possono innovare, o rompere, se le si ignora; è come scrivere senza conoscere la grammatica.
La cosa che detesto di più di questo periodo storico è il pressapochismo e l'arroganza di potersi ritenere grandi artisti ignorando le basi, o pensando di essere troppo grandi per aver bisogno di imparare dal principio.
Conoscere l'alfabeto, avere una buona mano, è importante ma non basta per scrivere un romanzo.
Quando mancano le conoscenze tecnica si copiano le opere altrui, riempendole di significati diversi e spacciandole per originali.
La prima volta che Malevic ha creato "quadrato bianco su fondo bianco", ha avuto un'idea geniale, ma vi è pervenuto attraverso un percorso che è passato dal disegno figurativo e dalle tecniche pittoriche ad esso connesse; ma la sessantesima tela bianca prodotta da un tizio a caso, che mi dice di nuovo?
Detesto chi si dice, proclamandolo al mondo, "io sono un artista"; se non hai fatto qualche anno di cubi, fogli, bottiglie, insomma di disegno dal vero imparando almeno a gestire il bianco e nero puoi essere al massimo un tronfio intellettuale... probabilmente mediocre.
Va da sé che trattasi di opinione personalissima; lo paleso subito, anche se è del tutto superfluo dato che solo la nostra opinione possiamo esprimere correttamente, perché si sappia che queste considerazioni sono frutto di ripetuti episodi che mi hanno lasciato del tutto basito.
In principio, ma senza partire da Tiamat o da Nyx, l'artista era un artigiano specializzato; il suo lavoro richiedeva un certo talento e anni di pratica di bottega per apprendere la manualità e le conoscenze, per poter lavorare al servizio di un qualche signore locale.
L'artista lavorava duramente per la pagnotta; sfoderando inusitate doti di captatio benevolentiae e piegandosi a quasi ogni cosa per poter mangiare.
Nel Medioevo sono rarissimi i casi nei quai conosciamo il nome dell'artista creatore di determinate opere, Wiligelmo e Antelami sono un caso raro; il considerare l'artista e quindi per estensione anche l'architetto, come un artigiano è prassi antica, poiché entrambi utilizzano, per fare le cose, la manualità e apprendono una serie di tecniche indispensabile alla realizzazione dei vari progetti.
Nel corso del tempo, iniziando dal Rinascimento, la figura dell'artista diventa sempre più vicina a quella dell'intellettuale; un personaggio che lavora tramite le idee e non con le mani.
Con le avanguardie, la perfoming art e tutti i vari movimenti contemporanei, l'aspetto privilegiato, più appariscente, del lavoro dell'artista è dato dall'idea che comunica e la capacità tecnica è scivolata in secondo piano.
Se c'è una cosa che mi fa imbestialire, sono quelle persone che "sentono" l'arte, si ritengono grandissimi geni incompresi, e non sanno tenere in mano una matita, ignorano le più semplici regole del disegno, conoscono il nome "texture" giusto perché c'è su photoshop, ma non ne hanno mai realizzata una a matita.
Per quanto possa risultare faticoso, che poi bisognerebbe sentire cosa ne pensa chi lavora in miniera, disegnare a mano senza l'ausilio di strumenti di assistenza informatici, che è come disegnare con la badante, è indispensabile per formarsi una valida conoscenza della composizione e della gestione dello spazio.
Il disegno dal vero forma l'occhio e insegna a osservare come funzionano le cose, come si torcono e come i materiali si comportano rispetto alla luce, sia essa solare o elettrica.
La conoscenza dei materiali e delle tecniche è assolutamente necessaria perché quello che abbiamo pensato posso essere realizzato nella realtà.
Il disegno a mano, dal vero, saper utilizzare l'olio, l'acquerello, l'acrilico e via discorrendo, sono l'alfabeto e le regole grammaticali del fare arte.
L'arte è un linguaggio e come tale ha un alfabeto e delle regole grammaticali e le regole non si possono innovare, o rompere, se le si ignora; è come scrivere senza conoscere la grammatica.
La cosa che detesto di più di questo periodo storico è il pressapochismo e l'arroganza di potersi ritenere grandi artisti ignorando le basi, o pensando di essere troppo grandi per aver bisogno di imparare dal principio.
Conoscere l'alfabeto, avere una buona mano, è importante ma non basta per scrivere un romanzo.
Quando mancano le conoscenze tecnica si copiano le opere altrui, riempendole di significati diversi e spacciandole per originali.
La prima volta che Malevic ha creato "quadrato bianco su fondo bianco", ha avuto un'idea geniale, ma vi è pervenuto attraverso un percorso che è passato dal disegno figurativo e dalle tecniche pittoriche ad esso connesse; ma la sessantesima tela bianca prodotta da un tizio a caso, che mi dice di nuovo?
Detesto chi si dice, proclamandolo al mondo, "io sono un artista"; se non hai fatto qualche anno di cubi, fogli, bottiglie, insomma di disegno dal vero imparando almeno a gestire il bianco e nero puoi essere al massimo un tronfio intellettuale... probabilmente mediocre.
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