Quel che facciamo è sostenuto da una motivazione precisa che si fonda su ragioni che a volte non ci sono neppure del tutto note, ma sappiamo che ci sono e finché le circostanze non cambiano, continuiamo a fare le solite cose un po' perché queste ci coinvolgono ancora e un po' per abitudine.
L'abitudine è però una brutta bestia; se da un lato è rassicurante, perché ci culla nell'illusione dell'immobilità, dall'altro la reiterazioni dei comportamenti li svuota di significato e a un certo punto ci si chiede il perché si continua a fare una determinata cosa.
Si inizia ad indagare e a scavare alla ricerca delle motivazioni e si scopre che, tutto sommato, le ragioni che sorreggevano un dato comportamento hanno, nel mutare degli eventi, perso la loro validità.
Se siamo fortunati ce ne accorgiamo in tempo e riusciamo a cambiare prima di esserne danneggiati, ma spesso se ne esce un po' claudicanti; è un bene riportare qualche cicatrice così ci si ricorda la lezione e in futuro si cercherà di non fare gli stessi errori... anche perché farne di nuovi è più interessante.
A volte nello scappare dalle nostre paure non vediamo dove andiamo e finiamo per realizzarle.
Altre volte ci riteniamo speciali, incapaci di commettere gli errori compiuti da altri... bhè... non è così; le vite altrui servono a volte come esempio, per apprendere dalle loro esperienze cosa fare e cosa non fare.
Nel momento in cui mi chiedo il perché di una cosa, vuol dire che quella "cosa" mi è diventata stretta da tempo, ha perso la sua utilità; a volte resta solo una forma di facciata da mantenere perché non si può fare diversamente o perché l'aspetto in questione è superfluo ma innocuo... ma questo non vuol dire che non sia fastidioso.
Riflessioni sparse più o meno coerenti...
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