Dopo essere andato in quel di Carpaneto stamane, avrebbe dovuto esserci un raduno di 500, che però pare esserci oggi pomeriggio, e aver incontrato un po' di parenti, compreso parenti dei quali non mi ricordavo assolutamente ma che mi ha fatto molto piacere vedere, ho deciso che nel pomeriggio avrei inforcato la bicicletta e sarei andato a Pietranera.
Per chi non è pratico di queste zone farò un riassunto brevissimo: Salso, il mio paesello, è adagiato in una conca, abbracciato dalle colline e le sue frazioni si sparpagliano sui bricchi e sulle strade di fondo valle. Pietranera è un ofiolite, di una certa importanza, che si trova là ove il comune di Salso confina con Pellegrino Parmense, Pietranera è nel comune di Pellegrino, e ci si arriva da un paese chiamato Grotta dal quale si inerpica una stradina che, lasciandosi alla destra la torre degli Aioni, un mastio diruto, arriva a Pietranera e prosegue sino a congiungersi con la statale che collega il mio paese con Bardi; questa è la strada meno in salita per arrivarci.
Per arrivare a Grotta bisogna però percorrere cinque chilometri, circa, in costante salita; anzi, ogni tanto la salita si entusiasma e aumenta la pendenza.
Così sono partito pieno di baldanza ma, più o meno all'altezza della Trattoria Predosa, dove per altro si mangia bene, ho capito che se avevo intenzione di continuare a vivere dovevo ridimensionare il mio obiettivo; mi sono accontentato di arrivare a Pontegrosso, all'incrocio con la strada che, inerpicandosi allegramente su una collina, conduce all'abitato di Grotta.
il Monte Kanate coronato di antenne. Si è sempre chiamato Kanate con la "k" sin dai tempi nei quali la "k" era una lettera esotica per nomi foresti e per materiali da fumetto
il greto del torrente Ghiara che, bello arzillo, prosegue verso Salsomaggiore dove riceverà il Citronia; qui è in località Contignaco
il baldo torrente Ghiara dal ponte di Pontegrosso, fotografato durante una indispensabile pausa ossigeno; mi sono sentito un po' carretta
il tarassaco che, nel dialetto locale, vengono affettuosamente chiamati "pitaciò"; credo che abbiano anche un altro nome colloquiale ma non è particolarmente lusinghiero e quindi lo ometterò
un bellissimo pino marittimo in località Pontegrosso; si trova davanti a quella che, una volta, era la trattoria di Pontegrosso
tra questi due colli sorgeva il castello della Gallinella. Agli inizi del XIX° secolo della fortezza resisteva solo il mastio che era attorniato da alcune abitazioni edificategli intorno. L'amministrazione comunale dell'epoca pensò bene di concedere una licenza di scavo per una cava di pietra e in pochi anni questa causò la rovina del castello e delle case attorno che rovinarono al suolo.
Oggi del castello rimangono il nome, un mucchio di sassi e rovi in loco, il nome del maniero e la fama della durezza dei suoi Signori (devo recuperare dove ho scovato questa notizia...). Secondo un mio libercolo un po' datato, la Soprintendeza, ne salvò uno sperone a memoria tangibile della presenza del maniero. Venne usato come luogo di tortura durante la congiura di Francesco e NIccolò ai danni degli zii Giacomo e Giovanni Pallavicino per convincere il capitano del marchese, un altro Pallavicino da quanto ho capito, a consegnare le carte del suo Signore ai nipoti assassini; "pelavicino" nomen omen
Uno dei viali alberati del mio paese
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