Stamane sono andato al protocollo, dopo aver passato solo mezz'ora in banca, in coda, in attesa del mio turno; c'è poco da fare, la mia banca può concorrere ai campionati mondiali di lentezza.
Al protocollo me la sono cavata con poco, mi sono fatto spiegare due cose dalle gentilissima signora che vi lavoro e così ho scoperto di aver inviato, nel tempo, all'indirizzo sbagliato alcune delle mie pratiche; quindi in Comune hanno sistemato i miei errori senza dirmi niente.
L'ho sempre detto che passiamo la vita a mettere delle pezze e che ognuno di noi è il cretino di qualcun altro.
Il mio Comune è molto particolare, ma non tanto per le persone che vi lavorano, con le quali, almeno quelle con le quali ho avuto a che fare, ho sempre avuto ottimi rapporti, ma perché sono convinto che vi sia un ambiente lavorativo terrificante e questo si riversa sulla logica con la quale vengono affrontanti i casi generali e particolari.
Chi vi ha avuto a che fare so di cosa parlo e gli altri dovranno tirare a indovinare.
Fuori c'è caldo, le cicale sono intente a cantare già dalle prime ore della mattina e, notando la saracinesca alzata sono andato anche in libreria ove, manco a farlo apposta, ho comprato due libri.
Le ferie mi fanno malissimo; compro troppi libri.
Ho incrociato anche una signora che necessitava di indicazioni stradali e poi mi sono accorto di un rumore preciso; ho alzato gli occhi al cielo e ho visto un quadrimotore, non saprei di che tipo, sorvolare il paese e mi è venuta l'ansia.
Il volo dell'aereo sul mio paese, in una tranquillissima e calda giornata di agosto, mi ha fatto collegare l'evento con quanto è accaduto 68 anni fa; un collegamento del tutto irrazionale, ma mi sono dovuto ripetere che non abbiamo in corso alcuna guerra e che quindi non rischiavamo di essere bombardati.
Ho ancora in mente la visita al museo di Hiroshima di qualche anno fa e la vista di quella porzione di marciapiede con un'ombra nella pietra; lì c'era una persona in attesa che un ufficio, credo un banca, aprisse... di questa persona è rimasta solo l'impronta sulla pietra.
Questo mi ha anche fatto ricordare un episodio di un'altra calda estate di alcuni anni fa; stavo rincasando, con gli occhiali scuri e il volto basso, puntando a tutte le pozze di ombre, per schivare il sole, quando mi sento chiamare in francese.
Mi volto e vedo una signora che mi fa cenno di avvicinarmi e in francese mi dice che dobbiamo nasconderci, perché gli aerei ci stano sorvolando e ci bombarderanno; la signora era abbastanza anziana per essersela fatta tutta la seconda guerra e in quel momento stava, in effetti, passando un piccolo aereo a motore e così ho passato almeno un quarto d'ora nel tentativo, coronato da successo, di calmarla, spiegandole che la guerra era finita e che nessuno ci avrebbe bombardato.
68 anni sono tanti, ma evidentemente quanto è accaduto non è sufficiente a farci capire determinate cose.
Questo mi fa anche ricordare la visita a una mostra fotografica sui campi di sterminio nazisti.
Ero alle elementari e la mostra era stata organizzata in un'altra scuola del mio paese.
Mi pare di ricordare che fosse inverno, perché venne buio presto; ricordo, vagamente, i primi due pannelli di foto, un'immagine, nella mia mente, confusa di gente scheletrica di fronte a strutture vaghe, e poi, mi è stato raccontato, sono svenuto.
Il resto della visita l'ho passato in portineria con la bidella, un bicchiere di limonata calda in mano, in attesa che mia madre passasse a prendermi; quella notte non dormii e neppure quelle seguenti, mi ci volle un po' per liberarmi dagli incubi.
Il problema è che come gruppo siamo stupidi e tendiamo a ripetere gli stessi errori nel tempo.
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