Secondo Epitteto dovremmo, ogni volta che incontriamo una persona o che ci salutiamo con essa, ricordarci che è mortale e, di conseguenza, che anche noi siamo mortali; che potremmo doverci separare perché uno dei due morirà e chi resta dovrebbe dire dell'altro "l'ho restituito".
Transitiamo brevemente e abbiamo la fortuna di dividere l'esistenza, per un tempo indefinito, breve, brevissimo o lungo, con qualcuno che diventerà importante ma che, inevitabilmente, ci verrà sottratto... o noi saremo sottratti a questo essere.
Secondo Epicuro non dovremmo temere la morte perché, dice, che quando c'è lei non ci siamo noi e quando ci siamo noi non c'è lei.
Per quanto la filosofia greca si sia interrogata sulla felicità umana, resta la difficoltà di applicare certe idee, per quanto sagge e giuste siano.
Fa male; l'abitudine non allevia e, anzi, talvolta acuisce il dolore e scegliamo, davvero, di vivere in un punto preciso del tempo... quando abbiamo patito di più, quando abbiamo subito un trauma tale da ottunderci.
Abbiamo il presente e i ricordi, poco importa se ci sarà o meno qualcosa dopo la morte, al momento, se c'è, non ne abbiamo coscienza; per chi resta non è facile.
Si va avanti anche per chi è andato via; perché avrebbe voluto restare, ma non può e perché avrebbe voluto per noi una vita felice.
Non è facile e non siamo lineari; a volte possiamo anche vivere il presente esistendo in un punto definito del passato.